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sfera di competenza dal regolamento delimitata per ciascuna
commissione permanente e per le quali, pertanto,
l'individuazione della Commissione competente in via
primaria non risulti facile e chiaramente univoca».
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Pur presentando aspetti di indubbia rilevanza, il
parere risulta scarsamente studiato sia negli aspetti
procedurali sia in quelli di una sua incidenza sugli
orientamenti di politica legislativa.
Intorno alla fase preparatoria del procedimento
legislativo, nella quale detti pareri sono compresi, si
ravvisa infatti una scarsa considerazione dei problemi che
si presentano nella sede consultiva a causa della
deformalizzazione del processo di acquisizione istruttorio.
A ciò si deve aggiungere la tendenza ad attribuire maggiore
importanza al rapporto fra pareri espressi e al successivo
iter del provvedimento presso le commissioni competenti in
1 Marozza G., “L'iter legislativo: l'esame preliminare”, in Il regolamento della Camera dei deputati:
Storia, istituti, procedure, a cura del Segretario generale della Camera dei deputati, Roma 1968, p.361.
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via primaria, piuttosto che alla fase consultiva
procedimentale nella sua autonomia.
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L'attività di espressione dei pareri appare
eterogenea: assume limiti ed efficacia diversi a seconda
che si diriga su un provvedimento attivato in sede
referente o in sede legislativa (art. 94 reg. Cam.;
definita “sede deliberante” per il Senato dall'art. 28 reg.
Sen.). Infatti, si qualifica nel primo caso come attività
ausiliaria in senso soltanto “atecnico”, in quanto i membri
della commissione sono anche membri dell'Assemblea che poi
esaminerà definitivamente il progetto; nel secondo caso è
attività ausiliaria in senso proprio, in quanto rivolta dai
membri della commissione che esprime il parere ai membri
(diversi) di quella chiamata a deliberare: in questa
eventualità trova quindi massima espressione quella
funzione di garanzia, dovuta alla diversa composizione dei
2 Cfr. Zampetti U., “Note sull'attività consultiva delle commissioni permanenti della Camera dei
deputati”, in Riv. trim. dir. pubb., 1986, p. 162.
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due collegi, che è alla base dell'attività ausiliaria.
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Nella funzione legislativa sono dunque individuabili
elementi tipici della consulenza e dei pareri riscontrabili
sul terreno della funzione amministrativa. La stessa
tipologia di questi ultimi riflette la classificazione
conosciuta dal diritto pubblico che distingue fra pareri
facoltativi, obbligatori e vincolanti.
Facoltativi sono quei pareri stabiliti dal Presidente
d'Assemblea sulla base della propria valutazione
discrezionale, quando un progetto, pur riguardando
essenzialmente materie di competenza di una singola
commissione, investe anche profili riguardanti competenze
attribuite ad altre commissioni (art. 73 reg. Cam.; art. 38
reg. Sen.).
Si definiscono pareri obbligatori quelli che,
previsti dai regolamenti e dalla prassi ormai consolidata,
3 Cfr. Elia L., “Le commissioni parlamentari italiane nel procedimento legislativo”, in Arch. giur., 1961,
p. 64.
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devono essere sempre richiesti ad alcune commissioni in
relazione alle specifiche competenze loro assegnate.
I pareri vincolanti costituiscono delle vere e
proprie «forche caudine»
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in grado di «rallentare,
condizionare o addirittura bloccare l'approvazione» del
progetto di legge: quando una commissione esamina un
progetto di legge in sede legislativa o redigente, se essa
non attende questi pareri e non si adegua al loro
contenuto, il progetto medesimo è sottratto alla sua
competenza e rimesso all'Assemblea (art. 93 reg. Cam.; art.
40 reg. Sen.).
Diversamente accade, come si avrà modo di vedere, nel
procedimento in sede referente, ove la conclusione
dell'iter procedurale può attuarsi a prescindere
dall'acquisizione dei pareri, i quali non assumono mai
carattere vincolante. Sicché, gli apporti della commissione
4 Cfr. Massai A., Dentro il Parlamento, Milano 1996.
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chiamata ad esprimere il parere adempiono ad un ruolo di
mera collaborazione nel procedimento legislativo. La
visione tradizionale dei pareri, come strumenti necessari
ad integrare competenze di più commissioni in ordine a
progetti di legge in cui è rinvenibile un'ampia gamma di
interessi non riconducibili ad una sola commissione,
risulta invece insoddisfacente se riferita all'attività
svolta dalle “commissioni-filtro” (commissioni i cui pareri
sono vincolanti).
Infatti, quella finalità di collaborazione nell'esame
di un progetto di legge ravvisabile nell'attività
consultiva svolta in sede referente mal si attaglia
all'attività svolta in sede legislativa o redigente, ove il
carattere vincolante dei pareri espressi muta lo schema
concettuale dell'attività consultiva e la qualifica come
attività di codeterminazione del contenuto dell'atto
normativo, sia pure con riferimento a specifici aspetti
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procedurali del progetto di legge.
5
Si ritiene, infatti, indispensabile che le valutazioni
delle commissioni di merito siano integrate da giudizi di
altri organi, che svolgono uno specifico compito di
garanzia, onde assicurare il rispetto di principi ai quali
l'ordinamento riconosce valore preponderante e l'uniformità
delle soluzioni legislative adottate in determinate
materie.
1.2. Le modifiche regolamentari alla Camera e al Senato
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Il numero veramente esiguo dei progetti di legge su
cui le commissioni diverse dalla I (affari costituzionali)
o dalla V (bilancio), ovvero le “commissioni-filtro”, hanno
5 Cfr. Zampetti U., op. cit., p. 179 e ss.
6 Circa il ruolo che i regolamenti parlamentari rivestono nell’ambito dell’ordinamento giuridico V.
Galeotti, Il procedimento legislativo, 1985, Giuffrè, p.159 ss. Per l’autore le norme poste in essere dai
regolamenti parlamentari, in particolare quelle che riguardano il procedimento legislativo, valgono e
spiegano la loro rilevanza come norme di diritto oggettivo. Per tale motivo, ad esse è necessario riferirsi
per ricostruire la disciplina del procedimento legislativo. L’autore, pertanto, critica le teorie di coloro che
considerano le norme create dai regolamenti come mere norme interne e ritiene che nel comporre la
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espresso i loro pareri, ha portato a configurare l'istituto
del parere come uno strumento di scarsa incidenza per
orientare le scelte di politica legislativa.
Evidenziano una scarsa considerazione dell'attività
stessa l'apporto esterno al Parlamento di soggetti diversi
(da cui è derivata una progressiva attenuazione del
contributo prodotto in seno alle commissioni) e la mancanza
nell'attività consultiva ordinaria (è denominata così
quella svolta dalle commissioni in sede referente), oltre
che di efficacia cogente, anche dell'esame sugli
emendamenti introdotti sull'originario progetto di legge
dalle commissioni competenti per il merito. La conseguente
marginalizzazione dell'attività consultiva ordinaria, a
fronte di una sempre più rilevante centralità dell'attività
speciale (quella svolta dalle “commissioni-filtro”), ha
indotto a riferire l'attività consultiva pressoché
disciplina del procedimento legislativo sia necessario rifarsi a queste anche se sottratte al sindacato di
legittimità della Corte Costituzionale.
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all'attività speciale. In questo senso si sono prospettate
in sede di stesura regolamentare due diverse soluzioni: a)
il restringimento dell'attività consultiva ordinaria
limitandola alle sole ipotesi di esigenze di integrazione
di competenze, con conseguente dilatazione del numero delle
“commissioni-filtro”; b) l'attribuzione al Presidente della
Camera, all'atto in cui propone all'Assemblea
l'assegnazione in sede legislativa di un progetto di legge,
il potere di indicare le commissioni il cui parere si
ritenga utile acquisire, fornendo efficacia vincolante ai
pareri da esse espresse nell'ambito dei profili di
competenza.
L'esigenza di decongestionare l'attività di organi
chiamati ad esercitare contemporaneamente funzioni
legislative, nelle materie di specifica competenza, e
funzioni consultive, nei confronti di altre commissioni,
costituisce uno degli aspetti denunciati ed illustrati
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nella relazione della Giunta per il Regolamento della
Camera che ha accompagnato la proposta di modifica del
1987.
Questa necessità, che si ricollega ad un ben più
ampio disegno di revisione delle competenze e, in
definitiva, di tutta la macchina parlamentare
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, ha trovato
soluzione in quella riforma regolamentare, la quale si è
orientata verso due linee conduttrici: la revisione delle
competenze delle commissioni, da un lato, e il
rafforzamento dell'attività consultiva, dall'altro. Nel
primo senso, si è attribuito un nuovo ruolo alla
commissione lavoro, divenuta così “commissione filtro”,
capace di formulare pareri con effetti vincolanti nei
confronti delle altre commissioni ogniqualvolta le proposte
di legge, al loro esame in sede legislativa, comportino
7 Nel documento II, n. 4, della Camera dei deputati, X legisl., vengono denunciate «la frammentazione
legislativa operata dalla massiccia produzione di leggine legate al soddisfacimento di microinteressi
capaci di trovare nel ristretto seno delle commissioni una certa rappresentatività; l'insufficiente
coordinamento e la contraddittorietà di provvedimenti legislativi con riflessi su materie affini, ma facenti
capo a commissioni distinte».
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effetti sulla disciplina del pubblico impiego.
L'azione unificante svolta da tale commissione nell'ambito
del pubblico e del privato dovrebbe riuscire a far
prevalere le esigenze di omogenei trattamenti e di lotta ai
diversi livelli retributivi.
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La sottrazione alla commissione affari costituzionali
della competenza primaria in materia di lavoro, ora passata
alla commissione lavoro, produce l'effetto di
decongestionare l'attività della prima commissione,
indirizzandola più efficacemente sullo svolgimento in sede
consultiva delle funzioni di verifica e di garanzia
costituzionale.
L'innovazione di maggior rilievo, che ha portato ad un
rafforzamento dell'attività consultiva, di cui si dirà al
paragrafo successivo, concerne la previsione di “pareri
8 Nella seduta della Giunta del Regolamento del 23.7.87 si verificò una vivace discussione intorno al
conferimento alla commissione lavoro della competenza per tutte le categorie di pubblico impiego. Si era
paventato il rischio di frammentazioni e di rincorse salariali derivanti dall'aver sottratto alla commissione
lavoro la competenza in materia di trattamenti economici normativi di alcune categorie di lavoratori
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rinforzati” (art. 73, 1° bis e art. 93, comma 3 bis del
reg. Cam.).
Al Senato, la riforma del 1988 ha portato, come era
negli intendimenti, ad assegnare un nuovo ruolo alla
commissione giustizia riguardo all'ampliamento della
consultabilità in tema di sanzioni penali e amministrative,
configurandola come una sorta di “commissione semi-filtro”.
Infatti, si tratta di un parere obbligatorio (art. 40,
comma 4 per i disegni di legge; e art. 41, comma 5 del reg.
Sen., relativo agli emendamenti), ma non vincolante per le
altre commissioni permanenti, come invece quelli delle
commissioni I e V. Sono norme la cui emanazione si è resa
opportuna, poiché in passato si sono manifestate delle
situazioni contraddittorie: la commissione giustizia
attuava una lenta e graduale opera di depenalizzazione di
interi settori dell'ordinamento, mentre contemporaneamente
(dirigenti, forze di polizia, magistrati, ecc.). Ma, come fu osservato, il potere di esprimere pareri
vincolanti nei confronti di altre commissioni dovrebbe attenuare detti rischi.
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le altre commissioni di merito sanzionavano con norme
penali le violazioni a disposizioni sostanziali da esse
approvate.
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Pure obbligatorio è il parere della commissione
parlamentare per le questioni regionali (art. 40, comma 9
reg. Sen.). Effetto procedimentale nuovo del parere
contrario della V commissione (bilancio) per mancanza della
copertura finanziaria prevista dall'art. 81, ultimo comma,
Cost.: in aula la deliberazione sugli emendamenti oggetto
dei pareri avviene attraverso la votazione nominale con
scrutinio simultaneo (art. 102 bis reg. Sen.).
L'istituzione della commissione speciale per le
politiche comunitarie (ora XIV commissione permanente)
compiuta nel 1990 alla Camera e la costituzione della
Giunta per gli affari delle Comunità europee, già prevista
nel regolamento del Senato con la riforma del '71 (art.
23), consentono di collocare l'attività consultiva del
9 Cfr. Di Ciolo V., Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, Milano 1994, p. 381.
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Parlamento italiano nella fase discendente di attuazione
dei procedimenti di formazione di decisioni comunitarie.
1.3. I pareri rinforzati
La riforma regolamentare del 1987 alla Camera ha
portato a stabilire che, qualora un progetto di legge
assegnato ad una commissione «reca disposizioni che
investono in misura rilevante la competenza di altra
Commissione», si verificano due eventualità. Nella prima,
«il Presidente della Camera può stabilire che il parere di
quest'ultima Commissione sia stampato ed allegato alla
relazione scritta per l'Assemblea» (art. 73, comma 1-bis
reg. Cam).
Nella seconda eventualità, relativa a quando il
progetto di legge è stato assegnato in sede legislativa, il
Presidente della Camera può stabilire che il parere
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dell'altra commissione, qualunque essa sia, nel caso venga
disatteso determini lo stesso effetto importante previsto
per alcune commissioni da altre norme regolamentari alle
quali rimanda esplicitamente l'art. 93, comma 3-bis reg.
Cam., e cioè che il progetto di legge è rimesso
all'Assemblea. Ordinariamente, il progetto è rimesso
all'Assemblea quando si verificano due ipotesi: «nel caso
che la commissione in sede legislativa non ritenga di
aderire al parere della Commissione bilancio, della
Commissione affari costituzionali o della Commissione
lavoro e queste vi insistano» (art. 93, comma 3 reg. Cam.),
e nel caso che la commissione non intenda aderire ai
pareri espressi su particolari emendamenti, perché «gli
emendamenti implicanti maggiori spese o diminuzione di
entrate, quelli che richiedono un esame per gli aspetti di
legittimità costituzionale nonché per gli aspetti
concernenti il pubblico impiego non possono essere votati