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INTRODUZIONE
Gli studi sugli effetti dell’atmosfera del punto vendita sul comportamento
dei clienti hanno assunto un’importanza crescente nelle ricerche di
marketing (Addis, 2005).
In Italia sono sempre più diffusi punti vendita che puntano su una
stimolazione totale del cliente e che ricorrono ad ambientazioni particolari
dotate di elevate capacità attrattive. Gli studi più recenti dimostrano come
la dimensione ludica dello shopping, sia sempre più decisiva nella
formazione dei modelli di comportamento dei consumatori, sempre più alla
ricerca di esperienze d’acquisto entusiasmanti e coinvolgenti (Castaldo,
Botti, 1999). Lo shopping è oggi uno dei rari “divertimenti” cittadini non a
pagamento, tanto che un buon numero di individui trova piacevole
“vagare” negli spazi commerciali (Rieunier, 2000). Mutano i bisogni dei
consumatori, alcuni dei quali ricercano nello shopping un’esperienza
gratificante in sé e coinvolgente anche sul piano psicologico. L’offerta
delle imprese deve necessariamente ampliarsi, non più solo beni e servizi,
ma vere e proprie “esperienze” di shopping attraverso l’utilizzo strategico
di stimoli sensoriali che impattano sulla sfera emotiva degli acquirenti.
L’ambientazione del punto vendita, quindi, diviene uno dei principali
strumenti di comunicazione per posizionare l’insegna e rafforzare il legame
con il cliente. E’ stato dimostrato che l’ambiente di vendita impatta
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maggiormente sulla scelta del punto vendita rispetto all’offerta
merceologica (Darden, Erdem e Darden, 1983). L’utilizzo degli stimoli
sensoriali, soprattutto di luci, colori e suoni in un contesto commerciale, è
ormai divenuta prassi diffusa, anche se l’influenza degli stessi sul
comportamento del consumatore resta un tema poco approfondito negli
studi di marketing. Obiettivo del presente lavoro è quello di comprendere
in che misura l’ambientazione del punto vendita possa influenzare
comportamenti e stati d’animo del cliente, rendendolo protagonista di una
vera e propria “shopping experience”.
Nel primo capitolo ci si soffermerà sulle caratteristiche del consumatore
post-moderno e sugli aspetti psicologici del consumo. La post–modernità è
caratterizzata dalla perdita di centralità dei sistemi ideologici e metafisici
che organizzavano dall’alto il “senso della vita”, trasformando l’azione
quotidiana degli individui in una ricerca continua della realizzazione di
determinati valori (a cui si aderiva a livello astratto e di principio). In una
società in cui la dinamica di acquisto obbedisce non alla logica dei bisogni
primari e funzionali ma piuttosto a quella dei “sogni”, il successo di un
attore economico (un’azienda, un prodotto, un servizio) dipende dalla sua
capacità di vendere, cioè di indurre un desiderio e di influenzare una scelta
tra le molte possibili.
Nel secondo capitolo saranno prese in esame le evoluzioni del marketing
attinenti alla psicologia del consumatore e del prodotto.
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Anche il marketing, infatti, si adegua alle necessità del nuovo consumatore,
in particolare si focalizza sulla necessità per le imprese di offrire ai propri
clienti non solo prodotti ma esperienze nuove ed emozionanti. Sia nella
letteratura economica (Pine, Gilmore, 1999) che in quella di marketing
(Schmitt, 1996; Schmitt, Simonson, 1997), si afferma una nuova
prospettiva, quella esperienziale, che pone particolare enfasi sulla
percezione multisensoriale del consumatore. Secondo questo approccio, in
un contesto economico in cui il consumatore dispone di abbondanti risorse
finanziarie, ma ha difficoltà a scegliere il prodotto o il servizio nell’ambito
di un’offerta addirittura eccessiva e non sempre percepita come
differenziata, il vantaggio competitivo si consegue solo riuscendo a fargli
vivere un’esperienza memorabile di consumo e/o di acquisto. Sono tutti i
suoi sensi a dover essere raggiunti per indurre in lui la percezione di stati
emozionali positivi, fondamentali per ottenere comportamenti d'acquisto e
di consumo favorevoli all’azienda.
Ulteriormente connessi agli studi di marketing (in particolare al marketing
dei sensi), sono gli studi della Psicologia ambientale, di cui si tratterà nel
capitolo terzo. Da un punto di vista teorico, è soprattutto la psicologia
ambientale (Mehrabian, Russell, 1974) a fornire alcuni stimolanti spunti
applicativi al contesto distributivo (Donovan, Rossiter, 1982; De Luca,
2000; Vianelli, 2001). Essa aiuta infatti ad evidenziare se e come le
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variabili del punto vendita che ne determinano l’atmosfera influenzano gli
stati emozionali e quindi il comportamento dei consumatori.
L’ultimo capitolo, infine, è dedicato all’esposizione di una ricerca
etnografica svolta nel punto vendita la Feltrinelli di Bari. L’indagine ha
previsto l’utilizzo di due importanti strumenti: l’osservazione partecipata e
le interviste etnografiche. Le osservazioni sono state utilizzate per
analizzare in profondità le caratteristiche del contesto fisico; le interviste,
invece, hanno permesso di cogliere dalla viva voce dei clienti, aspetti
altrimenti ignorati circa le loro sensazioni, emozioni ed abitudini all’interno
di questa libreria.
In questo modo è stato possibile individuare gli elementi maggiormente
utilizzati all’interno del punto vendita, per realizzare un’adeguata
stimolazione sensoriale ed un coinvolgimento totale del cliente.
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CAPITOLO I
LA PSICOLOGIA DEL CONSUMATORE E LA
COMUNICAZIONE POLISENSORIALE
1. Premessa
Il comportamento del consumatore attrae da tempo studiosi di differenti
aree disciplinari; nel contesto del marketing e della psicologia del
marketing in particolare, la comprensione delle dinamiche sottese alle
decisioni di acquisto del consumatore ha ormai acquisito un ruolo centrale
(Trevisani, 2001). Le ricerche condotte negli ultimi trent'anni hanno
evidenziato come le scelte e i giudizi dei consumatori siano influenzati in
modo sistematico dalla caratteristiche individuali del decisore, dalla natura
del problema da risolvere e dal contesto sociale. Per molto tempo gli esperti
di marketing si sono concentrati sugli acquisti dei consumatori, ovvero
sull’attività che più direttamente è collegata al successo o all’insuccesso di
mercato delle imprese (Dalli, Romani, 2000). Col passar del tempo però, è
emerso sempre più chiaramente come l’acquisto costituisca uno degli
elementi che concorrono alla definizione di un processo più complesso
all’interno del quale il possesso e l’utilizzo dei beni di consumo
rappresentano importanti variabili (Dalli, Romani, 2000). Gli oggetti di
consumo diventano oggetti del desiderio e si mettono in relazione con
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l'identità del consumatore, con i suoi valori e il suo stile di vita,
coinvolgendo le sfere affettive, percettive, emotive e simboliche.
Alla luce di queste riflessioni, nei paragrafi che seguono si cercherà di
fornire una descrizione quanto più possibile esaustiva delle caratteristiche
del consumatore post-moderno: della sua natura relazionale e d’azione, dei
suoi bisogni di divertimento e piacere, dell’importanza delle emozioni e
del simbolismo.
2. Consumer psychology vs consumer behavior
Le discipline che si occupano delle condotte di consumo, sono ad oggi
molto numerose: economia, marketing, statistica, antropologia, sociologia,
psicologia, semiotica, etnologia; tracciare i confini tra i diversi approcci
non è sempre facile (Siri, 2001). Non esiste per l'analisi del comportamento
del consumatore una teoria univoca ed universalmente accettata, ci sono
piuttosto prospettive diverse, più o meno consolidate, che si affiancano
generando una realtà ambigua e non strutturata (Fabris, 2003). In ambito
psicologico, si va dalle interpretazioni più razionali del comportamentismo
e del cognitivismo, alle nuove tendenze post-moderne che affermano una
visione più fluida e contestuale della costruzione del senso, certamente più
adeguata alle trasformazioni che stanno avvenendo nella nostra epoca.
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Il risultato è una serie di studi diversi che fanno capo ad assunzioni
differenti, sia per gli obiettivi che per le metodologie. Manca dunque una
vera e propria identità sia alla ricerca sul consumatore in generale, che alla
psicologia del consumatore, e ciò si riflette anche nelle differenti
definizioni date ai campi di studio, che passano da Consumer psychology a
Consumer behavior, lasciando intendere orientamenti prettamente
psicologici oppure orientamenti maggiormente collegati al marketing e al
controllo dell'azione del consumatore. La dizione Consumer psychology è
comunque più recente e maggiormente legata alla psicologia, in particolare
essa si concentra sulla rilevanza, nella vita quotidiana, dell’esperienza di
consumo e cerca di applicare il patrimonio delle conoscenze e dei metodi
psicologici alla comprensione del senso di questo agire dotato di significato
che indichiamo con la parola “consumatore” (Fabris, 2003).
3. Fattori cognitivi ed aspetti emotivi nei comportamenti di
consumo
Per molti anni la psicologia ha cercato di fornire delle norme universali al
fine di predire il comportamento individuale, in particolare è sorta l’erronea
idea che si possano individuare delle leggi e dei modelli esplicativi del
comportamento umano. In molti studi di marketing (Siri, 2004),
perseguendo quest’ottica, si è affermata l’opinione che l’uomo e il suo
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comportamento possano essere semplificati e razionalizzati in processi
facilmente comprensibili e soprattutto oggettivi. Gli esperti della Prima
Rivoluzione Cognitivista (Harrè, 1998) hanno descritto il loro modello di
mente umana come strettamente connesso al funzionamento del computer e
dei suoi flussi processuali (approccio HIP: Human Information Processing).
Questo modello spiega i processi cognitivi basandosi sull’analogia dei
processi cognitivi umani con i processi di elaborazione dell’informazione
tipici del computer. I processi cognitivi vengono rappresentati come
diagrammi di flusso ispirati dagli algoritmi che descrivono il modo in cui
un programma di computer “processa” l’informazione. Questo approccio
allo studio del comportamento umano ha caratterizzato la ricerca
psicologica per molto tempo rispondendo alle richieste razionali del mondo
del marketing. La visione del consumatore è stata quindi assimilata a
pulsioni più o meno inconsce e bisogni elementari attivati da automatismi
associativi (Siri, 1998) o, nella migliore delle ipotesi, animata da una forte
razionalità o moralità. Il consumatore è stato quindi definito come un
essere condizionato da alcuni impulsi di base derivati da necessità
essenziali, un essere estremamente razionale che sceglie e decide in base a
calcoli di vantaggi e convenienze. Il suo comportamento è stato studiato in
termini di leggi generali, analizzato nella sua razionalità e logicità; la
percezione, l’attenzione, la motivazione sono state descritte in termini di
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fattori secondari comunque caratterizzanti un modello razionalizzante del
comportamento di consumo.
Ciò nonostante, da qualche anno si assiste ad un profondo cambiamento.
Esistono ormai notevoli evidenze sul fatto che il consumatore non agisca
seguendo esclusivamente una logica razionale, il senso che attribuisce alle
cose guida, a volte inaspettatamente, il modo di percepire la realtà, una
realtà che viene ricostruita di volta in volta dai processi di simbolizzazione
e dai significati che le si attribuiscono. In questo processo di
significazione, la percezione della realtà è fortemente influenzata dal
contesto socio-culturale nonché dalle emozioni e dalle motivazioni
dell’individuo. Secondo Lewin (1935) le forze ambientali hanno un ruolo
di grande rilievo nello sviluppo dell’individuo e nella determinazione del
suo comportamento, di conseguenza l’ambiente esperito dall’individuo è
immaginabile come potenzialmente diverso non solo da persona a persona,
ma anche per la stessa persona in momenti differenti. Si riconosce dunque
al soggetto, un ruolo attivo nei processi di conoscenza, in particolare
emerge l’influenza del processo di significazione individuale sulla
cognizione; lo stesso oggetto o lo stesso prodotto può assumere un
significato diverso nel tempo e nello spazio. Per comprendere appieno i
processi di percezione della realtà, appare quindi fondamentale fare
riferimento ai filtri individuali e sociali che l’individuo utilizza, e
considerare l’influenza esercitata dall’attribuzione individuale di significato
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4. La percezione
Nella lunga transizione verso la società postmoderna, si registrano notevoli
evidenze (Fabris, 2003) sul fatto che il consumatore compri e ricerchi
esperienze e non più semplici prodotti. In questo processo esperienziale
alquanto complesso, la percezione di stimoli visivi, uditivi, tattili, olfattivi e
gustativi ha assunto un ruolo determinante per chi si occupa di consumi.
Ogni giorno l’individuo è letteralmente bombardato da stimoli che
producono un flusso continuo di sensazioni; molti di essi lo colpiscono e lo
attraggono, tanti altri non riescono a catturare la sua attenzione neanche per
pochi secondi (Siri, 2004). Messaggi pubblicitari, notizie radio/televisive,
colori e packaging dei prodotti cercano di attirare la nostra attenzione,
eppure essa opera costantemente una selezione, attraverso meccanismi più
o meno consapevoli spesso determinati dalle nostre esperienze, dai nostri
desideri, dalle condizioni specifiche del contesto in cui ci troviamo ad
agire. Questo processo di selezione, organizzazione e integrazione delle
informazioni, ci rende capaci di focalizzare, esplorare ed integrare i segnali
che riceviamo. Il sistema che organizza tutte le esperienze, riassumibile con
il termine “cognizione”, è capace di dare un significato alle esperienze ed
all’ambiente in cui l’individuo vive e agisce.
L’interpretazione degli stimoli e dei dati provenienti dal mondo esterno
richiede la messa in moto di un processo dinamico, influenzato da
abitudini, da cose già apprese, da credenze e conoscenze pregresse, dai