2
Nel primo capitolo l’attenzione verrà dedicata all’evoluzione del concetto di
modernizzazione e alle teorie che hanno tentato di illustrare il percorso dell’Occidente e
dei paesi in via di sviluppo verso la modernità. Nel secondo capitolo si prenderà in esame
la relazione tra modernità e Islam, partendo da una descrizione dei dati relativi al mondo
musulmano e dei differenti approcci alle sfide della modernizzazione, per giungere
all’analisi di concetti quali il razionalismo, il secolarismo, la democrazia e la società
civile in un’ottica islamica. Nel terzo e quarto capitolo si analizzerà l’esperienza storica
di Iran e Turchia con particolare riferimento all’evoluzione della situazione femminile.
Nel quinto capitolo si tratterà la questione della società civile e dell’associazionismo
femminile nel mondo musulmano, per poi approfondirne i concetti relativamente
all’esperienza di Iran e Turchia attraverso lo studio di due casi concreti.
3
1. La modernizzazione
1.1 Caratteristiche della modernizzazione
La modernizzazione è un processo di mutamento su larga scala che comporta una
serie di cambiamenti all’interno della società. Si individua a livello economico nello
sviluppo industriale e nell’affermarsi di un mercato capitalistico, a livello politico nella
costituzione di regimi ed istituzioni democratiche, e in ambito culturale nella crescente
secolarizzazione della società e più in generale nel cambio del sistema di valori. A questi
fondamentali aspetti del processo di modernizzazione si associano lo sviluppo scientifico
e tecnologico, l’urbanizzazione e crescita demografica, livelli sempre maggiori di
istruzione, diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, mobilità sociale e crescente
partecipazione alla sfera politica ed economica di una nazione. Atteggiamenti, valori,
conoscenze di una società moderna differiscono profondamente da quelli tipici di una
società tradizionale (Martinelli 1998).
Lo sviluppo della scienza e della tecnologia rappresenta la fonte primaria della
crescita economica e del cambiamento sociale. Da esso prendono le mosse innanzitutto
l’industrializzazione e successivamente il progressivo formarsi di un mercato
capitalistico. L’industrializzazione, così come si manifesta a partire dal XIX secolo, con
il suo aspetto spettacolare e con gli sconvolgimenti che ne conseguono, rappresenta la
prima e più eclatante manifestazione della modernizzazione. Essa comporta naturalmente
la distruzione delle forme economiche tradizionali, quindi la sostituzione del lavoro
umano ed animale con l’energia meccanica e la divisione del lavoro in base alle
competenze specialistiche dei lavoratori.
Al fenomeno dell’industrializzazione consegue inevitabilmente quello
dell’urbanizzazione. Esso si associa allo sviluppo economico e rappresenta la logica
conseguenza delle possibilità di impiego offerte dai centri urbani. Le percentuali di
popolazione urbana continuano tutt’oggi a crescere e superano il 50%1 non solo nei paesi
modernizzati ma anche nei paesi in via di sviluppo (PVS) dove tale fenomeno risulta
1
Fonte United Nations Department of Economic and Social Affairs, Population Division.
4
addirittura disfunzionale, giacché non riflette il ritmo di crescita dell’industria e
dell’economia urbana causando dunque problemi di sovraurbanizzazione e
disoccupazione.
L’urbanizzazione accelera la crescita demografica che, associata alla riduzione dei
tassi di mortalità, a loro volta conseguenza del progresso scientifico, si presenta come un
problema molto sentito soprattutto nei PVS, dove addirittura si potrebbe parlare di
esplosione demografica. Al contrario, nei paesi sviluppati si registrano ritmi opposti,
poiché il forte calo nei tassi di natalità sta dando luogo all'invecchiamento della
popolazione occidentale.
L’alfabetizzazione, livelli sempre più alti di istruzione e una sempre maggiore
accessibilità ai mezzi di comunicazione di massa, contribuiscono in maniera decisiva alla
diffusione di nuovi modelli e comportamenti associati alla modernità. Mentre da un lato
si determina dunque l’abbandono delle consuetudini di vita tradizionali, dall’altro si
riducono drasticamente le distanze geografiche e si consolida, come diretta conseguenza
del processo di internazionalizzazione, un mondo sempre più globalizzato.
Tipica di una società moderna è inoltre la mobilità sociale, che da luogo a
cambiamenti radicali all’interno delle classi sociali, favorendo da una parte il declino dei
contadini e la crescita di borghesia e classe operaia, e dall’altra una maggiore
differenziazione che si esprime come pluralità di stili di vita e maggiori possibilità di
scelta in tutti i campi. Fondamentale è anche l’emergere di una nuova personalità
moderna, cioè quella dell’imprenditore innovatore, il più delle volte promotore del
mutamento.
A livello politico, si può rilevare come l’avanzare del processo di
modernizzazione nel mondo comporti una maggiore affermazione dei regimi democratici
e più in generale stimoli l’interesse dei cittadini a prendere parte alla complessità della
vita moderna e alla politica di massa. Come conseguenza di stravolgimenti quali
l’industrializzazione e l’urbanizzazione, gli individui sradicati dai loro ambienti e ritmi di
vita tradizionali, avvertono un concomitante cambiamento nelle loro necessità primarie:
sorgono così istituzioni volte a tutelare i diritti dei cittadini sia in ambito lavorativo ma
anche per quanto riguarda settori come i trasporti, la casa, la salute, l’istruzione.
L’emergere di tali bisogni richiede una crescita quantitativa e qualitativa
5
dell’amministrazione pubblica e un approccio delle élite politiche più orientato alla tutela
della popolazione. Il più logico e naturale sbocco di tali fenomeni è pertanto uno stato
democratico e secolare, svincolato da ogni legame con l'autorità religiosa (Martinelli
1998).
Le trasformazioni all’interno della società che il processo di modernizzazione
comporta, sono influenzate e a loro volta continuano ad influenzare il sistema dei valori
di massa, favorendo il rafforzarsi di razionalismo, individualismo, utilitarismo e
stimolando rapidi mutamenti nelle concezioni del mondo e dell’uomo e nelle norme che
regolano i comportamenti, tutti fattori che contribuiscono alla creazione e alla diffusione
di una cultura della modernità. Nelle società avanzate infatti, la libertà di espressione e la
partecipazione politica, la fiducia interpersonale, la tolleranza delle minoranze sono
sempre più importanti per fasce di popolazione sempre più vaste.
Nell’analisi di Ronald Inglehart (2006), l’accento viene posto soprattutto sul
cambiamento culturale e dei valori che prende piede in una data società come
conseguenza diretta del processo di modernizzazione. Basandosi sui dati del World
Values Surveys, un progetto internazionale che si occupa dell’investigazione dei
mutamenti socioculturali e politici della nostra epoca, Inglehart sostiene
l’interdipendenza tra le variabili politiche e socioeconomiche di una società e il sistema
di valori su cui questa si fonda, affermando che in una società modernizzata l’azione
elettiva prevale rispetto a quella prescrittiva. Egli osserva che lo sviluppo
socioeconomico e i livelli più alti di educazione e informazione forniscono agli individui
più indipendenza materiale, sociale e intellettuale e nuove scale di valori. Cambiano
dunque i livelli di sicurezza e si accentuano le mete a cui prima la società non dava
troppa importanza, come la conquista di maggiori standard di libertà su tutti i fronti, un
atteggiamento che Inglehart definisce ‘autoespressione’. Infatti, mentre dopo la
rivoluzione industriale ha luogo un passaggio dai valori tradizionali a quelli secolari-
razionali, nella fase post-industriale si verifica un altro importante mutamento culturale
con il passaggio dai valori della sopravvivenza, incentrati sulla sicurezza economica e
fisica, a quelli dell’autoespressione, che danno invece grande importanza alla qualità
della vita. Per Inglehart si assiste dunque a un processo di sviluppo umano che accentua
sempre più l’importanza della libertà e dell’individualità e contemporaneamente riduce
6
gli obblighi esterni alla volontà umana grazie all’aumento di risorse materiali, sociali e
cognitive a disposizione degli individui. Il crescente senso di sicurezza veicolato dalla
modernità comporta dunque un minor bisogno di regole, soprattutto quelle appartenenti
alla sfera religiosa, dunque una maggiore attenzione ai valori e alle necessità
dell’individuo in quanto tale. In particolare, tali cambiamenti culturali incrementano le
possibilità di autonomia individuale, di parità e di democrazia promuovendo dunque
l’emancipazione umana su vari fronti e quindi una maggiore affermazione dei diritti
dell’individuo. In altre parole la modernizzazione crea le condizioni per cui gli individui
possano basare la propria vita su decisioni autonome. Un’enfasi maggiore sui valori
dell’autoespressione conduce ciascuno a difendere la propria libertà di scelta e d’altra
parte le istituzioni democratiche stabiliscono i diritti per cui sussistano tali principi di
libertà. Logicamente, sebbene valori come la libertà siano propri della stessa natura
umana, in quelle società in cui viene a mancare la certezza stessa della sopravvivenza, tali
valori non rivestono un’importanza o attenzione fondamentali giacché la sicurezza
esistenziale stessa non viene garantita.
Le caratteristiche sopra delineate riguardano innanzitutto la modernità europea ma
si possono riscontrare, in misura e sequenze diverse, anche nell’esperienza di paesi in
ritardo rispetto a quelli europei. Le grosse varianti rintracciabili nei vari processi di
modernizzazione lasciano pensare che le vie verso la modernità siano molteplici e che
queste dipendano dai codici genetici dei vari paesi, dalle modalità di contatto con i paesi
più sviluppati, insomma da cause interne ed esterne che avremo l’occasione di esaminare
più avanti (Martinelli 1998).
Storicamente dunque la modernizzazione è un prodotto europeo ed americano che
solo più tardi si manifesta nel resto del mondo. Nata per illustrare il mutamento che stava
investendo le società occidentali, la teoria della modernizzazione si sviluppa per spiegare
i meccanismi attraverso i quali le varie periferie del mondo cercano di ridurre il divario
che le separa dai paesi più sviluppati. I primi accenni al concetto di modernizzazione si
cominciano ad avere in epoca illuminista, quando si assiste alla nascita
dell’industrializzazione, alla crescita economica, ad un forte aumento demografico e a
grossi stravolgimenti all’interno delle classi sociali. La scienza inizia a sua volta a fornire
7
una serie di idee che fondandosi sull’impiego della ragione come unico strumento di
conoscenza, si opponevano spregiudicatamente ai principi della rivelazione divina,
sfidando il monopolio intellettuale della chiesa. Si consolida dunque sempre più la
convinzione per cui il progresso tecnologico e lo sviluppo socioeconomico avrebbero
fornito all'umanità un controllo sempre maggiore della realtà circostante rendendo
possibile un progresso illimitato della conoscenza e della tecnica (Inglehart 2006).
1.2 Teoria classica della modernizzazione
La modernizzazione è per natura un fenomeno inarrestabile che, caratterizzando
la storia mondiale a partire dalla rivoluzione francese e dalla guerra di indipendenza
americana, si sostituisce più tardi al semplice concetto di industrializzazione,
affermandosi dunque come scienza sociale e diventando il tema sociologico per
eccellenza. I primi studi condotti in merito avevano un approccio evoluzionistico che
definisce il processo di modernizzazione come un susseguirsi di stadi che conducono ad
alti livelli di sviluppo tecnologico e sociale.
L’interesse per gli studi sulla modernizzazione si rafforza negli anni cinquanta e
sessanta con la pretesa di spiegare lo stato di arretratezza di molte società, situazione che
diviene critica soprattutto nel periodo post-coloniale, quando i territori reduci dal
disfacimento degli imperi coloniali si trovano a dover fare i conti con grossi problemi di
crescita economica e importanti trasformazioni sociali e politiche. La teoria classica della
modernizzazione si propone di individuare una soluzione a tali problemi, a sostegno
dell’idea che i paesi meno avanzati possano svilupparsi alla stregua dei paesi moderni e
con il sostegno di questi ultimi. Il sottosviluppo di molti degli stati nel secondo
dopoguerra veniva attribuito alle caratteristiche strutturali di ciascun paese, e in
particolare ai loro sistemi socio-culturali e politico-istituzionali che affondavano le
proprie radici nel tradizionalismo. Tali elementi erano considerati degli ostacoli per
l’evoluzione delle società tradizionali ed era imprescindibile che fossero rimpiazzati da
valori moderni in modo che queste società potessero seguire il percorso capitalista. Le
nazioni ricche e sviluppate si presentavano dunque come i fautori del processo di
modernizzazione attraverso il loro supporto militare, economico e culturale nei confronti
8
delle società arretrate. Ne risultava pertanto che gli stati che avessero abbracciato la
modernizzazione avrebbero beneficiato di maggiore ricchezza e benessere perché più
aperti al cambio sociale e culturale mentre quelle società che affondavano nel
tradizionalismo si sarebbero inevitabilmente chiuse ad ogni speranza di progresso e
sviluppo. Con la teoria classica della modernizzazione, si marca dunque chiaramente la
differenza tra paesi occidentali e non – the west and the rest, bollando come primitivi e
inferiori gli stati che non mostrano alcun tipo di apertura o interesse al mutamento sociale
(Martinelli 1998).
I primi studi sulla modernizzazione sono influenzati dalle interpretazioni
struttural-funzionaliste di Parsons (1971), che definisce le società come sistemi naturali e
chiusi, vale a dire come entità dotate di confini propri e di meccanismi che assicurano la
loro continuità. Secondo questa interpretazione dunque, nelle società dei paesi arretrati,
certi aspetti relativi alla cultura, alle tradizioni e alle strutture sociali locali fungono da
fattore inibitore per la crescita e lo sviluppo economico, politico e sociale. Questa
interpretazione contribuisce a consolidare il concetto della dicotomia tradizione-
modernità.
Studiosi come Inkeles (1974), mettono in evidenza il processo di formazione della
personalità moderna come elemento essenziale per l’avvio del processo di
modernizzazione. Caratteristiche di questa personalità sono la disponibilità
all’innovazione e al cambiamento, il rispetto per gli altri individui e per i diritti di questi,
il rispetto per le leggi e le regole di mercato, la fiducia nelle proprie capacità e nel
progresso, nella democrazia e nel capitalismo.
Un altro importante contributo alla teoria della modernizzazione è rappresentato
dalla sequenza degli stadi di sviluppo elaborata da Rostow (1960), che riguarda in primo
luogo la crescita economica. Partendo dall’esame di una società tradizionale, Rostow
sottolinea la necessità di consolidare l’idea di progresso economico come meta
desiderabile. Ad una prima fase di preparazione in cui una società comincia ad adottare
prerequisiti quali l’utilizzo dei prodotti della scienza, la nascita di banche e la diffusione
dei mezzi di comunicazione, segue il decollo economico. Quando il paese riesce a
collocarsi nell’economia internazionale si può parlare di maturità fino al culmine di
questo processo che vede il diffondersi di elevati consumi di massa. Pur delineando
9
questo modello, Rostow si mostra consapevole delle differenze tra l’esperienza dei paesi
europei e di quelli in via di sviluppo, e individua per questi ultimi la presenza di vantaggi
come la disponibilità di nuove tecnologie e prestiti internazionali ma anche di svantaggi
come gli alti tassi di crescita della popolazione e la disoccupazione.
Analogamente al modello delle soglie critiche dello sviluppo economico, si può
parlare di stadi anche per quanto concerne lo sviluppo politico e sociale. Soprattutto agli
studi di Rokkan (1969) si deve la formulazione di una sequenza di soglie critiche dello
sviluppo politico. Secondo questa analisi, le premesse per la modernità politica risiedono
in un imprescindibile consolidamento dell'identità nazionale, favorito soprattutto da
istituzioni, simboli collettivi e mezzi di comunicazione di massa impegnati a svolgere una
funzione di socializzazione. La formazione di un’identità nazionale conduce ad una crisi
di legittimazione, la cui risoluzione è data dal raggiungimento di un accordo sulla fonte
dell'autorità nazionale. Tale accordo può aver luogo tra politica e religione come nei paesi
islamici, tra politica e ideologia come nei paesi comunisti o tra politica e familismo,
com’era il caso del nostro stesso paese nel secolo scorso. Seguono poi la soglia di
penetrazione, in cui il governo ha il compito di consolidare la fiducia del popolo
attraverso un’amministrazione statale capace di motivare i cittadini verso il cambiamento,
e la soglia di partecipazione e di integrazione, in cui una richiesta sempre maggiore di
partecipazione al processo decisionale favorisce una più equa distribuzione degli
incarichi amministrativi, dei benefici e delle risorse a i vari settori della società. In ultimo
luogo, Rokkan individua la soglia della distribuzione, in cui si verifica un trasferimento
delle risorse verso le fasce più deboli e svantaggiate della popolazione, stadio ultimo del
processo di modernizzazione.
In termini di sviluppo sociale, molto spesso si verificano grossi squilibri tra la
disponibilità di risorse e crescita della popolazione, e quindi la crescita economica e dello
sviluppo politico non soddisfa la rivoluzione delle aspettative e si corre il rischio che
questo fenomeno possa dare luogo a delle rivendicazioni di massa, che vedono
protagoniste le fasce sociali più svantaggiate, attratte dai modelli di vita e di consumo
degli strati di popolazione più sviluppati. Martinelli (1998) individua a questo proposito
una teoria delle soglie critiche dello sviluppo sociale, in cui attribuisce grande importanza
alla necessità di far fronte ad alcune disfunzioni sociali del processo di modernizzazione.
10
Il superamento di queste fasi critiche corrisponde innanzitutto ad un maggior controllo
demografico e dell’urbanizzazione poiché, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, la
crescita smisurata della popolazione e un trasferimento in massa verso i centri urbani,
rallentano e addirittura arrivano ad impossibilitare il naturale processo di
modernizzazione della società. Altre soglie critiche si individuano nel superamento del
conflitto di classe, nell’attuazione di programmi di scolarizzazione di massa in cui è
specialmente necessario che riceva una maggiore considerazione la figura femminile.
Infatti, l’accesso delle donne a livelli sempre più alti di istruzione e al mercato del lavoro
conduce naturalmente ad un declino della fertilità e quindi ad un maggior controllo
demografico. Fondamentale appare anche la questione ambientale, che dovrebbe essere
affrontata con più consapevolezza da parte dei governi, in favore di uno sviluppo
economico ed industriale ecologicamente compatibile (Martinelli, 1998).
Come si è visto, il successo della modernizzazione deriverebbe dunque dal
superamento graduale di ciascuna di queste soglie critiche del processo di sviluppo
economico, politico e sociale appena descritto ma è anche vero che molto spesso il ritmo
assai rapido del cambiamento non conduce agli esiti previsti e anzi, impedisce il formarsi
di uno stato legittimo, di un sistema politico moderno e dei fenomeni sociali che ne
derivano quali urbanizzazione, alfabetizzazione, crescita demografica oppure causa grossi
squilibri tra sviluppo politico, economico e sociale.
1.3 Critiche alla teoria classica
L’approccio classico al fenomeno della modernizzazione appena analizzato,
descrive una convergenza delle società in direzione di un modello unico rappresentato da
sistemi economici e sociali molto simili tra loro. Tale visione sostiene infatti la necessità
che lo sviluppo dei paesi tradizionali avvenga sulla scia dei modelli di sviluppo
occidentali, causando l’inevitabile distruzione della cultura indigena e la sua sostituzione
con i moderni modelli di società occidentali. Ma la grande variabilità esistente tra le
diverse società moderne e in via di modernizzazione ha dimostrato la semplicità di questa
teoria, che è stata dunque riformulata a sostegno della convinzione secondo cui l’eredità
culturale di un popolo possa e debba modellare le risposte agli stimoli della