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ricovero presso una struttura di salute mentale equivalesse per il resto dei giorni a
voler segnare come insana la persona assistita. Ho creduto di trovare uomini e
donne strani. Ho trovato uomini e donne con i miei identici problemi, persone
con le stesse difficoltà nell’affrontare la quotidianità, con mogli, mariti, figli e
lavoro. Ho trovato nei loro occhi la disperazione dell’angoscia del ”come fare”,
del “piuttosto meglio morire che stare a soffrire”. Una sofferenza silente, interna.
Una sofferenza che purtroppo in alcuni casi si è risolta per loro nella peggiore
forma per noi, l’unica considerata migliore per loro.
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Introduzione
La persona malata di una patologia somatica è il più delle volte in grado di
recuperare risorse psicologiche per gestire gli eventi o chiedere aiuto, consapevole
e cosciente della situazione che deve affrontare. Il paziente disturbato nella mente,
appare, il più delle volte incapace di chiedere aiuto e poter fronteggiare il proprio
disagio. Il disagio lo manifesta proprio in modi inadeguati al rapportarsi. Il malato
mentale, spesso, rifiuta l’accudimento e l’aiuto degli operatori, i farmaci, i
programmi terapeutici ed anche qualsiasi forma comunicativa che si può
instaurare con gli infermieri stessi. D’altro canto questo rifiuto può comportare
sovente all’equipe d’assistenza un senso d’inadeguatezza, nel gestire la propria
emotività, i propri vissuti d’ansia, insofferenza e noia. E’ proprio il
coinvolgimento emotivo che permette l’instaurarsi di una partecipazione empatica
allo stato affettivo con il malato mentale. Si deve considerare come il momento
più adeguato perché s’instauri una relazione terapeutica in senso lato. Occorre
saper individuare i bisogni dell’utente con una certa obiettività. Ciò è ottenibile
con il superamento dei propri impulsi ed il coinvolgimento personale privo di
criticità del proprio vissuto d’emozioni. Significa imparare per l’infermiere a
relazionare in modo diverso dalla solita tipologia di reparto comune. Una
relazione umana vissuta dal disturbato mentale, come una relazione affidabile,
sincera e coerente.
Altro punto molto importante la collaborazione in modo attivo con l’équipe di
reparto; deve avvenire un’integrazione degli interventi di ognuno degli operatori:
questo per offrire e ricordare al malato che la chiarezza, la sicurezza e la coerenza
non sono perse nel nuovo ambiente ospedaliero in cui deve soggiornare, anzi li
deve mantenere o modificare secondo l’aiuto proposto. Non si ritrova, all’esterno
dell’ambito psichiatrico, alcuna forma d’assistenza infermieristica che si
preoccupi del malato in un modo così particolare; verificare se ha dormito
adeguatamente, se ha mangiato, se è triste e perché lo è; se piange e perché, se ha
litigato con qualcuno.
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Il paziente psichiatrico comporta nella sua gestione numerose difficoltà perché:
y Il paziente si presenta prevalentemente in una situazione di patologia in
fase acuta: è delirante, allucinato, agitato, ansioso e confuso. Può a volte
agire d’impulso, manifestando azioni aggressive verso se stesso o verso gli
operatori. Questo comporta interventi terapeutici che si possono risolvere
per la maggior parte dei casi in una forma rappresentata dalla contenzione
fisica diretta e da quella più naturalmente applicata, la farmacologica.
y Il paziente non ha coscienza di malattia alcuna. Nella relazione che viene a
stabilirsi tra l’operatore ed il malato, vi è un limite; l’operatore stesso è
proprio la persona che deve essere il vicariante delle funzioni difettate
dall’utente disturbato.
y La vicinanza con il paziente nella fase acuta della malattia, al momento del
ricovero, influenza certamente, l’atteggiamento dell’operatore che lo
accoglie prima e di quelli che lo seguiranno nei turni poi. L’intervento non
si limita a quello farmacologico, che richiede un tempo limitato rispetto a
quello relazionale che deve perdurare con il soggiorno nell’SPDC.
Il Servizio psichiatrico di Diagnosi e Cura rappresenta una vera soluzione alle
richieste di bisogno d’aiuto del paziente acuto, o rappresenta una trasposizione
delle passate strutture manicomiali in forma ospedaliera, dove parte del cammino
svolto in maniera corretta, riguarda solamente la formazione del gruppo
terapeutico all’interno operante? L’infermiere è parte del gruppo terapeutico
operante all’interno di uno SPDC, la sua forma relazionale d’assistenza
(completamente diversa da quella relazionale che il malato mentale stabilisce con
il medico) è utile per attuare una strategia terapeutica ?
Alla prima domanda si potrebbe rispondere che le strutture potrebbero essere
relative: chi le rende adattabili, vivibili e fruibili è il gruppo interno operante. E' la
mentalità acquisita di ognuno e la formazione che, rendendo un gruppo stabile,
coordinato, può variare l’assetto di vita relazionale all’interno del reparto. Un
cambiamento della professionalità e della preparazione del personale è
inequivocabile. E’ la parte del gruppo professionale che deve modificare
9
l’ambiente di ricovero, renderlo più consono ai bisogni ed alle mancanze
dell’utente. Adattare l'ambiente ai bisogni non dimenticando le forme di sicurezza
da apportarvi.
Per la seconda domanda, si possono trovare nella letteratura infermieristica che
risposte positive. Il gruppo infermieristico è parte integrante dell'équipe
terapeutica all’interno di un’SPDC. Il contatto è continuo con il malato. L’utente,
per la necessità dei turni da svolgere nella struttura, si osserva nei diversi aspetti
della sua giornata:
• Il mattino: come si sveglia; se è triste, se è attivabile, disposto alla cura
dell’igiene personale, se disponibile per la colazione; momento di socialità
con i restanti pazienti o se preferisce consumare all’interno della sua
camera. Se preferisce dormire e se rifiuta alcuna forma di relazione anche
con gli altri. Il momento del pranzo, simile al precedente. Si possono già
cogliere alcuni aspetti della mattinata come si è svolta per ogni singolo
paziente.
• Il pomeriggio: se partecipa alle discussioni di gruppo; se le attività
proposte dagli operatori lo vedono partecipante; i dibattiti fra utenti come
si svolgono; il momento della visita dei familiari, degli amici, com’è
vissuto; i parenti come vivono il ricovero del loro caro.
• La sera: la cena, come il pranzo è altro momento di relazione di fine
giornata. In che modo trascorre la serata, se osserva i programmi
televisivi. Se si intrattiene ancora a colloquiare con gli altri utenti o se
preferisce recarsi a dormire.
• La notte: momento per verificare se l’utente riesce a riposare veramente,
se ripetutamente chiede la terapia al bisogno per impossibilità a riposare,
se è richiedente per svariati motivi.
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CAPITOLO I
LA NORMALITA’
Giovanni Jervis, medico psichiatra ed insegnate di Psicologia dinamica presso
l’Università di Roma, ha affrontato il tema della normalità dandone diverse
interpretazioni. Potrebbe essere il numero di frequenze per cui accade un evento
oppure l’attesa che una certa circostanza si compia. In questo modo è similare che
“le convinzioni che si stabiliscono tra gli esseri umani si fondano sull’aspettativa
che altri individui si comportino nella maniera che tra noi è considerato come
normale. Ciò che è normale è ciò che dovrebbe regolare la condotta naturalmente.
La suddivisione tra normale ed anormale può apparire puramente scientifica, ma
nasconde spesso l’appello ad un criterio di valore, che esprime un giudizio sulla
condizione d’esclusione sociale d’alcuni……è possibile restituire al concetto di
normalità un uso scientifico, che non diventa allo stesso momento uno strumento
di discriminazione e d’esclusione ? […]qualche volta quello che noi chiamiamo
“follia” irrompe nella vita di una persona e in qualche modo costituisce una
rottura. Altre volte invece si tratta di qualcosa di più subdolo e non sempre
chiaramente delimitabile […] quando noi parliamo di comportamento “normale”,
di solito contrapponiamo al comportamento normale quei comportamenti che
chiamiamo “anormali”, o più precisamente “comportamenti devianti”.Ora i
comportamenti devianti, non sono sempre folli. Possono essere comportamenti,
per esempio, di tipo criminale. Le criminalità hanno forme di devianza. Oppure
possono essere comportamenti, strambi, originali. […] per capire quello che è
giusto bisogna avere un’idea di quello che non si fa, cioè di quello che non è,
normale, di quello che è deviante. Quindi l’immagine della devianza, l’immagine
di ciò che è fuori della norma, di ciò che è per certo lato sbagliato o folle oppure
contro le regole, ci serve per capire dov’è il confine fra ciò che ci si aspetta che
noi facciamo e ciò che invece non dovremmo fare. Perciò, in qualche modo,
l’immagine della devianza è un’immagine di cui abbiamo bisogno.” (tratto da:
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enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche, intervista a G.Jervis, “che
cosa è la normalità”).
LA SALUTE E LA MALATTIA
La salute e la malattia vengono da sempre nell’uomo considerate instabili ed
alquanto relative: ognuno di noi ritiene di arrogarsi la possibilità di non dover mai
conoscere la sofferenza, il dolore. Nel soggetto anziano la malattia è quasi
considerata normale; nel soggetto giovane una malattia vera e propria, quasi
assumesse un diverso significato. La salute è semplicemente assenza di dolore,
considerata nel comune senso sociale. Solo negli ultimi anni molti studiosi sono
andati cercando quale vero significato poteva assumere il termine salute e con
esso il termine malattia. L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha
stabilito che “la salute è uno stato di benessere mentale, fisico e sociale, e non
solamente l’assenza di malattia”. Seppilli, igienista italiano, identifica la salute
invece come “una condizione d’armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico
dell’individuo, dinamicamente integrato nel suo ambiente sociale”. L’idea
comune è che la salute rappresenti uno stato di benessere fisico, mentale e sociale.
Qui è introdotto il concetto di soglia ottimale, in altre parole ogni individuo ha un
proprio livello ottimo di salute, diverso da quello del prossimo suo simile e nello
stesso tempo si considera l’uomo come insieme integrante di corpo ed anima. Una
patologia organica include necessariamente una variazione dello stato di benessere
mentale, quindi conseguenze a livello psichico; la psiche ed il corpo interagiscono
come due mani che s’intrecciano vicendevolmente. Fanno parte la salute e la
malattia come parte integrante della vita dell’uomo dove quindi la percezione
della salute ottimale è molto soggettiva. Dobbiamo tenere presente anche
l’ambiente socio culturale in cui opera l’uomo, in una comunità sociale. Alcune
forme patologiche considerate da noi come forme di malattia, in altri contesti
culturali (in questo periodo si vive una migrazione di massa notevole dai paesi del
Sud del mondo) possono essere vissute come forme positive di segni religiosi od
altro. In questo contesto, sono da inserire le allucinazioni uditive e/o visive perché
le persone che ne sono soggette sono considerate maghi o stregoni con riti od
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iniziazioni propiziatorie. Si può affermare che al concetto di salute “si trova la
persona in funzione di se stessa, della famiglia, del suo lavoro, dei suoi interessi e
del suo ruolo nella società…….la misura reale della salute è l’attitudine
dell’individuo a realizzarsi nella maniera migliore per sé e per il gruppo
d’appartenenza”.
1
I BISOGNI
Secondo il Dizionario della lingua italiana Garzanti (Milano, 2004) il termine
bisogno è identificato come “ mancanza di qualcosa che è indispensabile, od
anche solo opportuno, o di cui si sente il desiderio “. Questo interessa perché il
termine di bisogno ricorre frequentemente nell’assistenza infermieristica dove
vige un’interazione tra paziente ed operatore sanitario per il miglioramento delle
condizioni di salute. La soddisfazione propria dei bisogni del paziente rappresenta
un punto cardine per l’applicazione del processo di Nursing. Esistono dei bisogni
fondamentali per il genere umano, il cui soddisfacimento fa tendere ad una salute
ottimale il più possibile. Sono state sviluppate numerose teorie e tra gli studiosi,
quella di A.Maslow, psicologo americano, sembra essere per gli infermieri un
importante punto di riferimento. Secondo lo psicologo esistono cinque categorie
di bisogni umani strutturati secondo importanza rispetto benessere e
sopravvivenza. Fra questi elencherei, avendo una valenza di carattere psichiatrico:
1) il bisogno di sicurezza che risponde alla necessità di sentirsi sicuro dai pericoli
esterni reali od immaginari. 2) il bisogno di stima: si realizza dopo aver
soddisfatto altri bisogni e s’identifica con il bisogno di sentirsi stimato.
L’individuo non deve perdere di vista il valore che assume come essere umano. 3)
il bisogno di autorealizzazione cui ognuno di noi dovrebbe tendere. Lo stesso
Maslow afferma che: “ Ciò che una persona può essere, deve esserlo. Questo
bisogno si riferisce al desiderio di realizzare quello che potenzialmente è in
1
J. G Mill, Report of the subcommitee on Primar Health care, presentato al
Consiglio dei Servizi dei Medici, Canada 1973
13
ognuno di noi….”
2
.Vi è una gerarchia di bisogni dove quelli fisiologici sono i
primi ad essere soddisfatti per poi portare alla tendenza di soddisfare quelli
superiori. Non è certo facile comprendere e soddisfare i bisogni in ogni singolo
individuo; i fisiologici si presentano come quelli più evidenti. La psicanalisi mette
in risalto relazione tra bisogni consci ed inconsci, alcuni coscienti che portano a
bisogni inconsci. La fame può esserne un esempio se un individuo che pur non
avendo bisogno di cibarsi in quel momento, attua questo bisogno fisiologico per
colmare un secondo bisogno dato da una mancanza affettiva, sentimentale,
sociale.
E’ proprio dal soddisfacimento dei bisogni fondamentali dell’uomo che si diparte
il discorso dell’assistenza infermieristica. Una definizione classica dell’assistenza
stessa e studiata negli anni è quella che formulò la V.Handerson nel lontano 1966,
in cui descrive il ruolo dell’infermiere come chi deve “ assistere l’individuo sano
o malato, nel compimento di quelle attività utili per la salute o per il recupero
della salute che egli compirebbe in modo autonomo se possedesse la forza
necessaria, volontà o conoscenza, ed assolvere tale compito in modo da aiutare la
persona ad acquisire l’indipendenza nel minor tempo possibile
3
”. Negli anni
ottanta l’American Nurses Association ha definito il processo di nursing “ la
diagnosi ed il trattamento delle risposte umane ai problemi.” Nel testo v’è un
elenco delle risposte umane che sono oggetto d’intervento infermieristico e
possono interessare la trattazione del paziente psichiatrico, in altre parole:
y La limitazione dell’autoassistenza
y Le alterazioni alla sfera del riposo, del sonno, della nutrizione, della
sessualità
y Il dolore ed i malesseri generalizzati
y L’ansia
2
A.Maslow, Motivazione e personalità, ed.
Armando, Roma 1982, pag.41
3
V.Handerson, The Nature of Nursing, New York
1966, pag 37
14
y Distorsione della funzione simbolica con riflesso sui processi intellettuali
ed interpersonali
• Deficienze nel prendere decisioni personali
• Disfunzioni valutative nel prendere decisioni personali
y Disfunzioni valutative nei confronti della salute
y Relazioni problematiche con i familiari
Tale definizione della natura del campo d’azione dell’assistenza
infermieristica porta a considerare una concezione olistica dell’individuo
quale elemento biopsicosociale nella sua interezza fisica, psichica e sociale.
ELEMENTI DI NURSING PSICHIATRICO
L’assistenza Infermieristica è considerata una disciplina orientata all’assistenza di
ciascun individuo, verso le famiglie ed anche verso le comunità per ottenere,
mantenere o riottenere la salute o le sue condizioni più ottimali. Ora la definizione
d’assistenza infermieristica è sostituita dal concetto di Processo di Nursing: un
insieme di problem solving propri dell’assistenza infermieristica. Tale processo
viene utilizzato proprio dagli operatori sanitari per identificare, trattare le risposte
d’ogni singolo individuo (piano d’assistenza individuale) a problemi di salute reali
o potenziali. Quali caratteristiche sono indicate come proprie di un processo di
Nursing ?
y È un modello per erogare assistenza infermieristica ai pazienti
y È ordinato e sistematico
y L’assistenza è individualizzata
y Punto centrale è il paziente considerando i suoi punti di forza; legati alle
condizioni, alla patologia, al momento.
Il processo di Nursing viene ad attuarsi mediante varie fasi che possono essere
individuate con:
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y Accertamento: sono raccolti i dati soggettivi ed obiettivi del paziente per
un successivo giudizio infermieristico clinico del soggetto
y Diagnosi Infermieristica: diagnosticare le risposte della persona a dei
problemi di salute reali o potenziali che si sono presentati. Tale diagnosi
infermieristica non è altro che l’atto clinico dell’identificazione dei
problemi ma anche la loro definizione
y Identificazione degli obiettivi: considerare i problemi da affrontare con la
conoscenza dei punti di forza del soggetto, nella pianificazione degli
interventi
y Pianificazione: preparazione di un piano d’assistenza che sovrintende e
coordina le attività degli operatori sanitari nell’erogazione dell’assistenza
stessa.
y Attuazione: è considerata come la fase attiva del processo di nursing. E’
l’inizio reale del piano d’assistenza ed il riconoscimento della validità
delle azioni infermieristiche e delle risposte del paziente, in positivo o
negative.
y Valutazione: in quest’ultima fase l’infermiere valuta se il piano stesso sia
un successo od un fallimento. Sono valutate le reazioni del paziente agli
interventi attuati e si giudica se l’obiettivo sia stato raggiunto. Se
l’obiettivo prefissato non è stato raggiunto in modo adeguato, sarà da
variare nei punti deboli il piano d’assistenza.
In pratica “la metodologia dell’assistenza infermieristica è un modo per la
soluzione dei problemi della cura del paziente”; così possiamo trovare una delle
definizioni circa la metodologia del nursing nel testo “Nursing di base. Principi
fisiologici”, Sorensen & Luckmann, Casa Editrice Ambrosiana, Milano, 1981.
Nel processo di nursing l’approccio diagnostico inizia verosimilmente quando si
ha il primo incontro tra utente ed operatore sanitario. Vi è una raccolta dei dati per
verificare le necessità del paziente. I dati ottenuti e raccolti, catalogati ed
interpretati daranno sufficiente garanzia all’utente di ottenere un’assistenza
personalizzata efficace. L’anamnesi in sé viene raccolta proprio per accertare lo
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stato di salute del paziente, per pianificare gli interventi infermieristici in senso
globale. Quali metodi utilizzare di solito per tale progetto d’intervento? Gli
elementi utilizzati nello specifico d’assistenza psichiatrica sono il
colloquio/intervista e l’osservazione. Nel primo caso l’infermiere ottiene i dati
sullo stato generale del paziente e nel dettaglio consente a chi deve assistere di:
y relazionare con il paziente cercando di instaurare un rapporto di fiducia
reciproca.
y fornire informazioni al paziente dell’ambiente che lo accoglie e
dell’equipe che si prenderà cura dello stesso.
y osservare il comportamento del paziente di fronte ad un ambiente per lo
più sconosciuto con persone altrettanto sconosciute. Questo ovviamente
vale per i pazienti che per la prima volta si trovano nella situazione di
ricovero presso l’SPDC. Il paziente cronico che già è a conoscenza dello
spazio che lo ospiterà con il personale sanitario, subisce un impatto
minore. L’intervista comunemente detta può differire dalla conversazione
che si può stabilire con un paziente già conosciuto. Nella conversazione
possono mancare dei punti di conoscenza già accertati e può dare un
risultato più superficiale e dispersiva. L’intervista in ambito psichiatrico è
solitamente non direttiva; il paziente è più libero di esprimere se stesso.
Dove possibile, l’intervista dovrebbe svolgersi in un luogo appartato e
tranquillo; rispettare le principali norme di privacy dove le distrazioni
ambientali siano ridotte al minimo; usare un linguaggio semplice è
necessario vista la natura del disturbo dell’utente e per dare il tempo di
rispondere se possibile adeguatamente. Il tempo è proprio quello che viene
a mancare al personale d’assistenza non solo in qualsiasi reparto ma anche
in un SPDC. L’osservazione del paziente deve seguire un piano logico ed
avvalersi per quanto possibile per l’utente psichiatrico, di linee guida.
Come detto la raccolta dei dati permette all’infermiere di formulare una
diagnosi infermieristica, ossia un’interpretazione dei bisogni del paziente,
permettendo di pianificare gli interventi.