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italiano, fortemente orientato alle banche. Quindi si vedranno le conseguenze sul
rapporto banca impresa e saranno dati cenni sul merito creditizio previsto in questo
particolare settore di attività della banca.
Nel secondo capitolo si affronterà il tema dei prodotti generati e dello loro
caratteristiche. In particolare si analizzeranno i prodotti incentrati sul mutuo fondiario,
quelli partecipativi i mix mezzanino e l’acquisto di obbligazioni emesse da società di
capitale non dedite al mercato finanziario.
Il terzo capitolo analizzerà l’assistenza a medio lungo termine del Monte dei Paschi di
Siena.
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Capitolo I: Storia del credito a medio-lungo termine,
evoluzione del rapporto banca impresa e merito creditizio
1.1 Evoluzione del contesto normativo del credito a medio-
lungo termine.
La storia del credito a medio lungo termine ha avuto importanti sviluppi nel corso
del tempo nel finanziamento dei fabbisogni dell’impresa. In particolare per quanto
riguarda il nostro paese l’evoluzione conosce due importantissimi punti di svolta
1
:
ξ la normativa del 1936 che ha profondamente innovato la disciplina bancaria ed
in particolare dei finanziamenti a medio-lungo termine ;
ξ l’introduzione del Testo Unico Bancario (TUB) che a sua volta ha nuovamente
rivoluzionato la disciplina sopra descritta.
Prima della normativa del 1936 vigeva la totale despecializzazione e non vi erano regole
sulla separazione tra Banca e Industria ; difatti ciò per una serie di eventi storici
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ha
portato le banche italiane a investire, sia sotto forma di capitale di credito sia sotto
1
Pesaresi individua al riguardo cinque periodi: “Un primo periodo può essere individuato negli anni che
conducono alla crisi della banca mista e alla successiva emanazione della legge bancaria del 1936. Un
secondo periodo include gli anni che vedono emergere, a seguito della crisi economica degli anni settanta,
le tensioni del modello vigente dei rapporti tra banca e impresa. Una terza fase comprende i primi anni
ottanta, in cui viene intrapresa un’azione di adeguamento della normativa. La quarta fase riguarda la
seconda parte degli ani ottanta, con specifico riferimento alla regolamentazione del merchant banking di
emanazione bancaria avvenuta nel 1987.La quinta ed ultima fase riguarda gli sviluppi normativi recenti,
attuati anche in ottemperanza alle decisioni prese in sede comunitaria” (Pesaresi, 2004, pagg. 315-316)
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Cfr. De Simone “Storia della banca” Parte terza - Cap.I “La banca contemporanea” : Guerra, crisi e
intervento statale.
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forma di partecipazioni azionarie, nelle grande imprese fino a detenerne anche la
maggioranza azionaria e di conseguenza il controllo delle stesse. Questa commistione
tra banca e impresa, a seguito delle crisi successive alla prima guerra mondiale ed in
particolare a quella di Wall Street, ha generato negli attivi delle banche forti
immobilizzi per i crediti e le partecipazioni detenuti nelle grandi imprese in crisi
finanziate. Da qui l’esigenza dello Stato di intervenire da un lato smobilizzando questi
crediti grazie alla loro cessione all’Istituto di Ricostruzione Italiana (IRI) e dall’altro
con l’emanazione della legge bancaria del 1936.
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Con il R.D.L. 12 marzo 1936 n. 375 (convertito con Legge 7 marzo 1938 n. 141),
infatti, vennero dettate le "disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina
della funzione creditizia". Tale complesso organico di norme, comunemente noto come
Legge Bancaria, ha costituito per anni la struttura portante dell'ordinamento bancario
italiano. Scopo della legge era sottoporre il sistema creditizio a un controllo pregnante e
diretto con chiari intenti dirigistici.
La Legge Bancaria poneva il proprio fondamento su tre criteri basilari:
1) il pluralismo, quale "pluralità" di enti creditizi, aventi natura giuridica, caratteristiche
strutturali e finalità diverse. Accanto agli enti creditizi con fini di lucro (banche
3
“La normativa nasceva dall’esigenza di limitar la commistione tra grandi banche ed industrie: la crisi
degli anni trenta originava appunto dalle rilevanti esposizioni delle banche miste nei confronti del sistema
industriale, spesso con partecipazioni direte al capitale delle imprese. Data l’entità della crisi gli estensori
della legge furono portati ad identificare non solo le partecipazioni azionarie, ma anche il credito
mobiliare, come forma di imobilizzazione inadatta a istituti di credito che accedevano in modo prevalente
al risparmio attraverso i depositi.” (ABI, 2005. pag. 13)
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costituite in forma di S.p.A.) si trovavano enti creditizi pubblici (Istituti di credito di
diritto pubblico, Banche di interesse nazionale, Casse di risparmio) ed enti creditizi con
funzioni mutualistiche (Banche popolari, Casse rurali e artigiane);
2) la specializzazione, concepita in termini di specializzazione per scadenze, da cui
derivava la distinzione tra aziende dedite alla raccolta del risparmio a breve termine
(aziende di credito ordinario o banche commerciali) e aziende dedite alla raccolta del
risparmio a medio e lungo termine (istituti di credito speciale o sezioni inserite nelle
banche pubbliche);
3) specializzazione settoriale, ossia per destinazione del credito a specifici settori
economici, da cui derivava la distinzione tra credito fondiaria (erogato da Istituti di
credito fondiario), credito agrario (concesso da Istituti di credito agrario), credito
mobiliare, ecc.;
4) specializzazione territoriale, ovvero per area geografica di operatività, da cui
discendeva la distinzione tra banche a carattere nazionale, interregionale, provinciale,
ecc.;
5) la separatezza tra banca e industria, realizzata attraverso l'imposizione di una severa
disciplina in tema di partecipazione delle banche al capitale delle imprese e viceversa.
“Questo tipo di ristrutturazione ha portato, come in molti altri paesi, a una
specializzazione temporale dell’attività bancaria, secondo la quale solo le banche
appositamente costituite e autorizzate potevano esercitare il credito a medio e a lungo
termine. Questi istituti, in genere fondati come enti pubblici o voluti dalle grandi banche
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commerciali, erano autorizzati a emettere obbligazioni per raccogliere i fondi necessari
allo svolgimento della loro attività di finanziamento.”…. “ In Italia,[…] gli istituti di
credito speciale e delle sezioni autonome delle banche di credito ordinario si venne
costituendo nel decennio successivo alla guerra, riempiendo il vuoto lasciato dalla fine
della banca mista negli anni Trenta.
Una prima fase, dal 1946 al 1952, vide principalmente l’impegno delle aziende di
credito ordinario nella costituzione di banche specializzate. Le tre BIN (banche
d’interesse nazionale) fondarono nel 1946 la Banca di credito finanziario (Mediobanca),
per l’esercizio del credito a medio termine, poi esteso a lungo termine, attraverso la
vasta rete di sportelli delle tre banche azioniste.” “Ancora nel 1946 fu costituita dalle
banche popolari, in collaborazione con l’Istituto centrale delle banche popolari italiane,
la Banca centrale di credito popolare (Centrobanca) per il finanziamento a medio e a
lungo termine di imprese industriali commerciali, prevalentemente a tassi agevolati. Nel
1950 fu la volta dell’Istituto regionale per il finanziamento alle industrie in Sicilia
(IRFIS), con fondo di dotazione fornito dalla Cassa per il Mezzogiorno, dal Banco di
Sicilia e altri enti. Sempre in quegli anni sorsero numerose sezioni autonome o speciali
degli istituti di credito di diritto pubblico, passate in totale da due nel 1936 a otto nel
1950.” (De Simone, 1987, pagg. 377 e 378)
Una seconda fase, dal 1952 e il 1957, fu caratterizzata dall’iniziativa statale su base
regionale. In questo periodo nacquero l’Istituto centrale per il credito a medio termine
(Mediocredito centrale), la Cassa per il credito alle imprese artigiane (Artigiancasa), il
Credito Industriale Sardo (CIS). Ci fu poi nel 1957 la trasformazione dell’Efibanca
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(Ente Finanziario Interbancario) in un istituto di credito a medio e a lungo termine il cui
scopo era quello di fornire prestiti a tassi agevolati a imprese medio-piccole e a imprese
operanti nel Mezzogiorno. . (De Simone, 1987)
La svolta del 1994 trova i suoi presupposti nelle due direttive comunitarie bancarie. In
particolare:
1) la Prima Direttiva CEE del 12 dicembre 1977, attuata con DPR 350/85. Le principali
innovazioni riguardano:
¾ il concetto di attività creditizia, per cui il DPR 350/85 stabilisce che “l'attività di
raccolta del risparmio fra il pubblico sotto ogni forma e di esercizio del credito
ha carattere d'impresa, indipendentemente dalla natura pubblica o privata degli
enti che la esercitano”;
¾ la fisionomia del mercato creditizio, che si trasforma da oligopolio di fatto -
generato dalla Legge Bancaria - a libero mercato concorrenziale. In tal senso il
DPR 350/85 ha liberalizzato l'ingresso sul mercato bancario a nuovi enti
creditizi, eliminando la discrezionalità nel potere autorizzativi in precedenza
attribuito alla Banca d'Italia;
2) la Seconda Direttiva (CEE 89/646) recepita con il Decreto Legislativo
481/92,successivamente completamente incorporato nel TUB (D.Lgs.1/9/1993 n.385)
che rappresenta la vigente Legge Bancaria. Tale decreto sancisce una svolta innovativa
nel sistema creditizio italiano, introducendo i principi del “Mutuo riconoscimento" e del
“Controllo del Paese d'origine", e aprendo la strada alla “Banca universale".
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Gli obiettivi che la nuova Legge Bancaria intende perseguire sono:
1) l'efficienza, la produttività, la concorrenzialità e la stabilità complessiva del sistema
finanziario;
2) la sana e prudente gestione degli intermediari creditizi, già definiti dalla prima
direttiva comunitaria come vere e proprie imprese.
Con l’introduzione del TUB i nuovi principi cardine diventano:
1) la despecializzazione dell’attività bancaria;
2) il mutuo riconoscimento;
3) il controllo del Paese d'origine;
4) la separatezza tra banca e impresa. Questo principio è stato rivisitato consentendo
un’acquisizione di azioni in singole imprese non finanziarie con quote, che in base alla
normativa vigente, sono max il 15% del patrimonio di vigilanza della banca e max il
60% per l’insieme delle partecipazioni della specie detenute
4
.
La despecializzazione dell'attività bancaria è stata realizzata sotto più aspetti:
1) la despecializzazione istituzionale, prevedendo come forme di impresa bancaria la
Società per azioni, la Banca Popolare, la Banca di Credito Cooperativo ed eliminando in
particolare le categorie degli istituti di credito di diritto pubblico (ICDP) le Banche
d’Interesse Nazionale (BIN) e le Casse di Risparmio;
4
CICR delibera 276 del 29 luglio 2008.
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2) la despecializzazione temporale, abolendo la distinzione tra banche commerciali
(dedite alla raccolta del risparmio a breve termine) e istituti di credito speciale (dediti
alla raccolta del risparmio a medio e lungo termine). Il Testo Unico riserva alle banche
l'esercizio dell'attività bancaria e consente ad esse, senza vincoli temporali,
l'acquisizione del risparmio sia sotto forma di depositi, sia sotto altra forma. L'articolo
12 prevede, infatti, nuove modalità di raccolta del risparmio, stabilendo che le banche,
in qualunque forma costituite, possono emettere obbligazioni, anche convertibili,
nominative o al portatore”;
3) la despecializzazione operativa, in quanto alle banche viene offerta oltre alla
possibilità di esercitare l’intermediazione creditizia così come definito all’Art.10, anche
quella di esercitare tutte le altre attività previste dalla seconda direttiva comunitaria. Si
tratta di una vasta gamma dì operazioni finanziarie, quali il leasing, i servizi dì
pagamento, l'emissione e la gestione dì carte dì credito, i servizi di consulenza alle
imprese in materia dì struttura finanziaria e strategia industriale, l'attività dì gestione di
patrimoni mobiliari, ecc. Di fatto alla banca vengono precluse le sole attività
assicurative e di gestione del risparmio collettivo riservate per legge a specifiche
aziende (assicurazioni, Sicav, Sgr ).Ne deriva per una banca la possibilità di adottare il
modello operativo di "banca universale".
A fianco di queste tre aree di despecializzazione se ne trova una quarta: la
despecializzazione settoriale, in quanto sostanzialmente vengono codificate vere e
proprie particolari operazioni di credito, quali: il credito fondiario e alle opere
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pubbliche; il credito agrario e peschereccio; i finanziamenti agevolati; il credito su
pegno.
Alle modifiche sopra accennate ne va aggiunta una molto importante collegata a
garantire la liberalizzazione dei mercati per cui si è ridotta notevolmente la fascia di
credito agevolato.
Oggi, infatti, l’assistenza creditizia agevolata è ridotta,“…..in linea alla deroga
contenuta nell’articolo 87.3.c) del Trattato CE (aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo
di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni
degli scambi in misura contraria al comune interesse), attraverso forme diverse quali
contributi in c/capitale, contributi in c/impianti, contributi in c/esercizio, credito di
imposta/bonus fiscale, contributo in c/interessi-c/canoni, finanziamenti diretti, interventi
a garanzia, partecipazioni al capitale, multistrumento. Per tipologia di procedimento le
agevolazioni nazionali si suddividono in automatico, negoziale e valutativo.”
(FORMEZ, 2006, pag. 3)
Questo tipo di evoluzione ha ovviamente fortemente inciso sia sull’uso del
finanziamento a medio-lungo termine sia sui rapporti tra banca e impresa.
Il secondo dei principi cardine del nuovo Testo Unico è il mutuo riconoscimento il
quale autorizza gli enti creditizi a esercitare l'attività bancaria sia nel proprio paese sia
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in ciascuno degli Stati membri della Comunità. Ciò è realizzabile grazie:
1) alla libertà di stabilimento delle banche italiane negli Stati comunitari e delle
banche comunitarie nel territorio della Repubblica;
2) alla libera prestazione di servizi in ambito comunitario.
Il terzo criterio che sta alla base del nuovo ordinamento creditizio è costituito dal
controllo del Paese d'origine il che significa che ciascuna banca è soggetta alla
disciplina propria dello Stato in cui ha sede legale e amministrazione centrale; Inoltre, al
fine di consentire alle banche italiane di usufruire dì pari opportunità rispetto alle
concorrenti comunitarie (di norma soggette a regole e controlli meno assidui), sono state
apportate delle modifiche al modello italiano in tema di vigilanza e sua integrazione con
il modello comunitario.
Ultimo, ma non per questo meno importante, criterio riguarda la separatezza tra banca e
impresa. Esso è il solo, tra i criteri su cui tradizionalmente si è fondato il nostro
ordinamento bancario, che il legislatore ha preferito mantenere anche nella nuova
disciplina. L'articolo 19 del Testo Unico vieta alle imprese non finanziarie di partecipare
in misura superiore al 15% al capitale dì una banca. Si tratta di una forma di separatezza
cosiddetta “asimmetrica", in quanto riguarda solo le partecipazioni di imprese in
banche, e non le partecipazioni di banche in imprese.
Il Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, dunque, offre al sistema
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finanziario gli strumenti idonei per rivolgersi al “mercato":
1) ha come valore fondamentale l'imprenditorialità;
2) definisce le banche alla stregua di vere e proprie imprese;
3) attribuisce al sistema creditizio fisionomia dì mercato liberamente concorrenziale;
4) apre la strada alla banca universale;
5) individua nell'efficienza, nella produttività, nella concorrenzialità e nella stabilità gli
obiettivi del sistema.
1.2 Credito a medio lungo termine e rapporto banca-
impresa.
Nel quadro sopra esposto, l’assistenza a medio lungo termine ha sostanzialmente
conosciuto tre fasi:
quella ante legge bancaria del 1936, liberamente esercitata dalle banche, data
l’assenza di vincoli. Le forme di assistenza come detto erano sia la concessione
di capitale di prestito sia la partecipazione diretta delle banche nel capitale
proprio delle imprese;
quella vigente nel periodo 1936-1993, che di fatto riservava il credito a medio
lungo termine solo agli ICS, escludendo di fatto le banche commerciali da
questo tipo di operazioni. Infatti, in questo periodo, a seguito del divieto di
raccolta a medio lungo termine e per la correlazione delle scadenze le banche
commerciali non potevano operare nel medio-lungo termine. Questo ha
comportato conseguenze nel rapporto banca-impresa, perché anche se