III
4. Risomministrazione dei test BASELINE e valutazione degli obiettivi raggiunti
con eventuale reinserimento sociale-lavorativo del paziente.
Il seguente lavoro ha lo scopo di descrivere il programma riabilitativo in ambito
pragmatico funzionale e il processo di assessment cioè quel sistema di valutazione
delle capacità cognitive (legate al linguaggio, comunicazione…), dello stile di vita,
dell’autostima e del livello di depressione di un gruppo di pazienti con danno cerebrale
in questo caso specifico con Trauma Cranico Encefalico e con la presenza di afasie
(deficit del linguaggio soprattutto degli elementi pragmatici di esso); quindi verranno
descritti i vari test che in tale fase vengono somministrati.
Il lavoro si snoderà partendo dapprima con una descrizione dettagliata del trauma
cranico e dei deficit conseguenti ad esso in modo particolare con la descrizione di
quelli che sono i deficit di linguaggio (Capitolo 1). Si passerà in seguito, nel capitolo 2,
alla descrizione del possibile percorso riabilitativo dei pazienti traumatizzati
descrivendo in modo particolare l’ottica pragmatico-funzionale base teorica di tale
ricerca. Nel capitolo 3 si procederà con la dettagliata descrizione dell’assessment, degli
obiettivi che si propone, dell’importanza che esso ha in un processo riabilitativo e di
come viene attuato presentando i test che sono stati somministrati nell’ambito di questa
ricerca.
Benché tale lavoro non possa certo ritenersi esaustivo nello spiegare quello che è
il completo processo riabilitativo si è cercato di stilare una trattazione che possa
chiarire in termini il più possibile semplici ma nello stesso tempo scientifici il problema
della riabilitazione sottolineando, per chi non sia esperto in tale ambito, l’importanza e
l’attualità della riabilitazione neuropsicologica in materia di trauma cranico e di afasia.
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Capitolo 1: Il trauma cranico e l’afasia
1. Il Trauma Cranico
Il Trauma Cranio-Encefalico (TCE) è una condizione patologica nella quale
l’urto o l’azione di forze violente sul cranio producono lesioni ai tessuti ossei dello
stesso e al cervello. Si parla di Trauma Cranio-Encefalico quando sono presenti
sintomi di sospetto interessamento cerebrale perdita di conoscenza, amnesia post-
traumatica o segni neurologici di insulto cerebrale.
Il Trauma Cranio-Encefalico è tra le più frequenti malattie disabilitanti dovute a
danno del sistema nervoso ed è anche uno dei maggiori problemi sanitari; la sua
incidenza è superiore a quella dell'emorragia cerebrale; i traumi cranici rappresentano
oggi una delle principali cause di mortalità tra la popolazione di età compresa tra i
quindici e quarant’anni per lo più di sesso maschile come. In Italia c’è un’incidenza tra
le più alte dei Paesi industrializzati; circa 200-300 persone per 100.000 abitanti, con
mortalità di 10 casi su 100.000 abitanti per anno. Infatti come dimostrano i dati ISTAT
del 1997 nel Nord-Est italiano su 100.000 giovani maschi 69 hanno perso la vita a
seguito di un trauma.
Oggi il numero delle persone che soppravvivono a un grave evento traumatico
sono in aumento grazie ai progressi della medicina d’urgenza, della chirurgia, della
neuropsicologia, della neurochirurgia e della riabilitazione. Per molti la disabilità
residua non sarà costituita in maniera esclusiva da danni di tipo motorio o sensoriale,
ma prevalentemente da deficit della sfera cognitiva e comportamentale tali da impedire,
spesso per lunghi periodi, una adeguata ripresa funzionale, familiare, sociale e
lavorativa.
Le principali cause di trauma cranico risultano essere:
• Incidenti stradali;
• Cadute accidentali ed incidenti domestici;
• Attività sportive;
• Incidenti sul lavoro;
• Aggressioni.
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Le cadute costituiscono la causa principale di trauma nelle persone anziane,
mentre nella popolazione giovane la causa principale sono gli incidenti stradali. In
Italia vi è una alta incidenza di morti bianche, ovvero di incidenti mortali sul luogo del
lavoro: più di mille vittime ogni anno, pari a 3-4 persone ogni giorno.
Oltre alle modalità dell’evento traumatico vanno poi considerate una serie di
fattori predisponesti di varia natura sia estrinseci, che intrinseci.
Fra i primi si possono elencare sesso, età, tipo di attività lavorativa o sportiva svolta,
condizioni socio-economiche, uso di alcool o di sostanze stupefacenti.
Fra i secondi possiamo trovare lo stile di vita, alcuni tratti della personalità, la
stanchezza o l’inadeguatezza psicofisica, turbe psichiatriche, un’eventuale patologia
neurologica minore pregressa o sconosciuta insomma tutte quelle “variabili umane”.
L'alta incidenza dei traumatismi come causa di decesso o di danni fisici, cognitivi
e comportamentali permanenti costituisce un grave problema per la società ed un
pesante onere economico, psicologico e sociale che coinvolge le vittime, i familiari, il
sistema sanitario nazionale.
2. Il trauma cranico: possibile classificazione
Da un punto di vista schematico il cranio può essere considerato come un recipiente
relativamente elastico, contenente al suo interno un organo piuttosto fragile, l’encefalo,
costituito da cervello, cervelletto e bulbo. All’interno della scatola cranica il cervello è
sospeso nel liquor, un liquido che ha anche il compito di proteggerlo dagli eventi
traumatici, così come fa il liquido amniotico nei riguardi del feto. Tuttavia, in caso di
urti violenti, l’encefalo può compiere spostamenti troppo bruschi rispetto al suo
contenitore, la pressione endocranica può aumentare e si può verificare la frattura del
cranio. Il Trauma Cranico Encefalico può essere chiuso, quando le lesioni riportate
dall’encefalo e dalla scatola cranica non sono accompagnate dalla frattura di
quest’ultima, o aperto, nel caso opposto. I danni a carico dell’encefalo possono essere
focali, ovvero circoscritti all’area interessata dall’urto, o diffusi, ovvero interessare
anche strutture cerebrali lontane dalla zona d’urto, come conseguenza del brusco
movimento inerziale del cervello. Sede, estensione e modalità del trauma cranico sono
le principali variabili che condizionano il processo di recupero dopo gravi traumatismi
cranio-encefalici.
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Nei Traumi cranici chiusi il danno primario è dovuto da forze applicate all’esterno
della scatola cranica, che si trasmettono per inerzia alla massa encefalica interna. Il
danno si riconduce a due meccanismi:
1. fenomeni di contatto osso-encefalo: conseguenze sono focolai contusivi
corticali , dei poli frontali e temporali, o sedi di impatto e contraccolpo
2. forze inerziali dove parti dell’encefalo si “strappano” o “rompono” .
È per questo importante fare le opportune classificazioni del trauma cranico:
1. In base al meccanismo d’impatto:
1.1. contro superficie piana;
1.2. contro superficie aguzza;
1.3. compressione.
2. Dal punto di vista cinetico:
2.1. da decelerazione se nell’impatto rallenta la velocità sino a fermarsi;
2.2. da accelerazione se la velocità aumenta.
3. In base alla presenza o meno di comunicazione tra ambiente intracranico e
ambiente esterno:
3.1. aperto (con la possibile presenza di complicanze settiche) opposto a quello
chiuso;
3.2. chiuso quando le lesioni riportate dall’encefalo e dalla scatola cranica non
sono accompagnate dalla frattura di quest’ultima.
La distinzione più ampiamente accettata in merito alle lesioni conseguenti un
trauma cranico riguarda il danno primario e secondario.
Il danno primario occorre nell'istante del trauma, mentre il danno secondario ha
luogo nelle ore e nei giorni successivi.
In presenza di un danno primario si possono avere le seguenti lesioni:
• La frattura del cranio che ha luogo in caso di rottura dell'ossatura del cranio. La
frattura può esercitare una pressione sul cervello.
• Le contusioni che hanno generalmente luogo nell'area cerebrale direttamente
coinvolta nell'impatto. Interessano frequentemente i lobi fronto-temporali.
• Ematomi o coaguli di sangue che hanno luogo in quanto i capillari si rompono a
causa del trauma. Gli ematomi occorrono fra il cranio ed il cervello (ematoma
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epidurale o subdurale), o all'interno del cervello stesso (ematoma
intracerebrale).
• Lacerazioni causate dal movimento e dalla rotazione della massa cerebrale
all'interno del cranio.
• Il danno assonale diffuso (DAD) che è la conseguenza osservabile più
immediata, anche senza impatto diretto del capo con l’ostacolo. A livello
microscopico si possono osservare assoni interrotti e rigonfi e cicatrici
microgliali, microscopicamente si nota atrofia cerebrale diffusa. Nei traumi più
gravi il danno è di zone sottocorticali, che causano istantanea perdita di
coscienza (coma) o morte.
Nei gravi traumi cranici encefalici sono presenti varie combinazioni di molteplici
eventi. A seguito di una ferita chiusa del cervello, lo spostamento e la rotazione della
massa cerebrale possono provocare il danneggiamento diffuso delle fibre assonali di
collegamento. Il danno assonale diffuso ha luogo sia al momento dell'impatto che nelle
ore successive. Un tempestivo trattamento specifico potrebbe dunque limitarne la
portata, sebbene attualmente non vi siano a tal proposito cure specifiche.
Il danno secondario ha luogo dal momento della lesione ad alcuni giorni dopo
l'evento traumatico. Il trauma provoca un significativo cambiamento dello stato
anatomico, fisiologico, vascolare e biochimico del cervello. Se il trauma ha causato
lesioni multiple, che interessano non soltanto il cranio ma altre parti del corpo, le
lesioni sistematiche secondarie possono essere causate da deficit extracranici, come ad
esempio a seguito di problemi cardiovascolari o respiratori. Tali squilibri fisiologici
possono causare gravi danni al tessuto cerebrale e comprometterne in maniera anche
permanente le funzionalità.
Il danno causato dalle lesioni secondarie risulta essere spesso molto significativo,
e risulta pertanto indispensabile un tempestivo ed efficace trattamento per limitarne la
portata ed interrompere il più velocemente possibile il processo di necrosi in atto.
Danni diffusi del sistema vascolare costituiscono una componente importante del
danno secondario e la risposta vascolare sembra essere bifase. A seconda della severità
del trauma, i primi cambiamenti includono un aumento iniziale nella pressione
sanguigna, una perdita iniziale della regolazione automatica dei vasi sanguigni
cerebrali ed una ripartizione transitoria della barriera emato-encefalica.
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Tali cambiamenti hanno luogo nelle prime sei-otto ore dal trauma, ma possono
durare fino ad una settimana.
Il trauma cranico, oltre a produrre immediatamente dei danni, innesca una serie di
circostanze patogene che possono aggravare di molto lo stato di salute del sistema
nervoso centrale. La ricerca e la pratica clinica si focalizzano su questi aspetti per
minimizzare e contenere i danni e per aumentare le possibilità di sopravvivenza e di
recupero anatomo-fisiologico e funzionale del cervello.
Gran parte del danno può essere causato non dalla ferita in se ma da un ciclo
vizioso incontrollato degli eventi biochimici innescati dal trauma.
Altri danni intracranici secondari includono l'ematoma (epidurale, subdurale,
intracerebrale), l'edema cerebrale, l'aumento di pressione intracranica, spasmi vascolari,
infezioni, epilessia.
3. La ripresa del trauma cranico: lo schema di Alexander
Nel tempo la ripresa delle funzioni neurologiche può seguire uno schema
relativamente costante, dal coma immediato, al risveglio, allo stato confusionale, a un
periodo prolungato di riorganizzazione.
La descrizione completa è quella schematizzata da Alexander (1982) che prevede
le seguenti fasi:
Fase 1
Coma: definito come “assenza di risposta motoria volontaria, di linguaggio
comprensibile a prescindere dallo stimolo applicato”. La gravità del coma viene
valutata mediante la Glasgow Coma Scale scala sviluppata dai neurochirurghi per
tenere traccia dell'evoluzione clinica dello stato del paziente in coma e misurarne la
gravità: essa si basa su tre tipi di risposta agli stimoli (oculare, verbale e motoria) e si
esprime sinteticamente con un numero che varia da 3 (assenza di tutte le risposte) a 15
(presenza delle risposte ad ogni stimolo.
In base alla durata si parla di coma breve (meno di 30 minuti), medio (fino a 6
ore), lungo (fino a 24 ore) e prolungato (oltre 24 ore).