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Il capitolo 2 tratta il tema della valutazione, sia nel suo significato legato alla misurazione che
dal punto di vista psicologico. In particolare, nella valutazione delle risorse umane, quanto più
esiste una corrispondenza tra valori e competenze richieste dalla cultura aziendale e valori e
competenza di cui è portatrice la risorsa selezionata, tanto più la validità predittiva della
selezione avrà raggiunto il suo obiettivo. Con questo concetto ho introdotto il paragrafo della
valutazione del potenziale, che nasce dalla considerazione che le persone siano un
investimento strategico fatto dall’organizzazione, che valuta le capacità delle persone
guardando a ciò che potrebbero realizzare in futuro. Nello specifico ho distinto i tre ambiti
della valutazione: posizione, prestazione e potenziale. La valutazione del potenziale non è solo
uno strumento di pianificazione ma anche di valorizzazione e motivazione delle persone. Al
potenziale si collega il concetto di qualità: la quality assurance viene tradotta oggi dalle
aziende nella creazione di un vero e proprio sistema di qualità, comprensivo di procedure,
processi e risorse necessarie per la sua realizzazione, ed è il management stesso che ha il
compito di assicurare che essa venga realizzata con priorità assoluta. In conclusione ho voluto
sottolineare come la valutazione sia un processo trasversale e continuo, dato dagli effetti e
dalla relazione tra la risorsa e l’azienda.
Il capitolo 3 è dedicato alle varie definizioni date all’AC ed ai vari punti di vista con cui può
essere studiato: come “situazione contenitore” dove vengono inviati stimoli per avere delle
risposte; come situazione costruita ad hoc che permette l’espressione e l’osservazione di
comportamenti rispetto ad obiettivi prefissati; come procedura atta a misurare conoscenze,
abilità, attitudini, caratteristiche di personalità e atteggiamenti in un gruppo di individui,
attraverso l’utilizzo integrato di una serie di metodi e strumenti, che hanno lo scopo di
stimolare nei partecipanti campioni di comportamento che possono essere valutati. In questo
capitolo ho descritto anche i concetti di abilità e competenza: l’abilità cognitiva generale è ciò
che influenza la rapidità con cui una persona apprende un lavoro e la sua capacità di adattarsi
alle mutevoli situazioni della realtà organizzativa; la competenza è una caratteristica intrinseca
di un individuo causalmente collegata ad una performance efficace o superiore in una
mansione o in una situazione, e misurata sulla base di un criterio prestabilito. In conclusione
ho dedicato un paragrafo alla competenza nel mondo del lavoro: trattare di competenze
significa tenere in considerazione alcuni elementi quali la possibilità di riconoscimento, di
apprezzamento, di espressione, di autostima, di interazione tra persone e tra situazioni
differenti.
Il capitolo 4 è dedicato ai riferimenti teorici, dati dalla psicometria, dalla psicologia generale e
dalla psicologia sociale, alla base dell’assessment center: la psicometria per tutti gli aspetti
riguardanti la validità di misurazione della valutazione (distinta in validità di contenuto, validità
concorrente, validità predittiva e validità di costrutto), per l’elaborazione dei dati e l’utilizzo di
tecniche di analisi appropriate alle diverse situazioni; la psicologia generale per lo studio della
personalità, dei processi cognitivi, delle motivazioni, delle emozioni e dell’apprendimento.
Tradizionalmente, infatti, l’emotività era connessa a un’eccitazione disorganizzata e
disfunzionale, mentre la motivazione era connessa ad un’eccitazione organizzata e finalizzata
ad uno scopo, in realtà motivazione ed emozione possono essere considerate due facce di una
stessa medaglia: lo studio della motivazione consente di indagare soprattutto sul perché un
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dato comportamento venga attivato per il conseguimento di uno specifico obiettivo; lo studio
delle emozioni permette un’analisi del come un organismo reagisca adottando dei
cambiamenti nelle espressioni e nei vissuti soggettivi, a seconda se lo scopo delle sue azioni
venga o meno raggiunto, sia ostacolato oppure facilitato dall’azione di altri individui. Nei
processi selettivi le emozioni sono considerate come reazioni psicofisiche piacevoli o spiacevoli
dell'individuo ad eventi esterni e interni rilevanti per i suoi scopi e per il suo adattamento
sociale. Uno spazio è dedicato all'importanza dell'individualità e del contesto culturale di
riferimento nell'interpretare e, quindi, nel vivere una determinata emozione: in determinate
culture alcune emozioni si riscontrano con più frequenza di altre. Un ampio spazio è dedicato
all’intelligenza emotiva introdotta da Goleman, come un aspetto dell’intelligenza legato alla
capacità di provare emozioni, riconoscerle e viverle in modo consapevole ed, inoltre, collegata
al concetto di problem solving, capacità largamente richiesta dalle aziende alle risorse da
inserire in azienda. Le teorie sulla motivazione più conosciute e studiate sono quelle proposte
da Maslow, Herzberg e McClelland, che ho sinteticamente esposto. In conclusione, le emozioni
si possono manifestare in forme chiare, palesi, facilmente osservabili, ma anche mascherate,
potendo essere rilevate elusivamente da osservatori esterni ed esperti. Il contributo della
psicologia della personalità è indispensabile per giungere alla visione dell’individuo come
sistema integrato, in connessione con la motivazione: ogni persona è un insieme di diversi
elementi, tendenze, credenze, idee, che sono unificate in un'unica struttura di personalità,
nella quale la motivazione risulta essere un elemento centrale. Con il termine personalità ci
riferiamo al complesso insieme di sistemi psicologici che contribuiscono all’unità e alla
continuità della condotta e dell’esperienza individuali, sia come viene espresso sia come viene
percepito dall’individuo e dagli altri. Lo studio della personalità è fondamentale per capire: le
differenze interindividuali, la coerenza intraindividuale, l’interazione tra fattori biologici e
cultural, lei relazioni interpersonali. E’, quindi, indispensabile per comprendere come gli
individui possano cogliere le opportunità che la propria cultura mette loro a disposizione e
come costruiscano identità personali stabili in un mondo che cambia velocemente. La
domanda fondamentale, nell’ambito dello studio degli assessment center, è se lo studio delle
differenze individuali come disposizioni osservabili di superficie possa essere veritiero: la
risposta può essere trovata analizzando il modo in cui dalle interazioni tra specifici meccanismi
psicologici e contesti sociali possono essere spiegati i processi dinamici alla base del
funzionamento della personalità la psicologia sociale risulta fondamentale per capire:
l’integrazione dei processi cognitivi e sociali, gli errori di ragionamento attraverso gli stereotipi
e gli schemi con cui valutiamo la realtà sociale, le impressioni di personalità, le teorie
dell’attribuzione, gli errori e giudizi tendenziosi nelle spiegazioni causali, le euristiche di
giudizio, gli atteggiamenti in relazione al comportamento e l’influenza sociale.
Il capitolo 5 entra nel merito della progettazione dell’AC, definendo sinteticamente tutte le
fasi che caratterizzano gli aspetti più propriamente operativi. Il primo paragrafo introduce in
quali casi e per quali motivi utilizzare l’AC in azienda, anche se ciò non ne garantisce
automaticamente il successo, in quanto, come tutte le decisioni, anche quella relativa
all’impiego in selezione dell’AC non è esente da rischi e, pertanto, è importante saperli
riconoscere e gestire. Continuando, ho indicato i campi di applicazione dell’AC, suddivisi in
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quattro ambiti: la selezione, l’orientamento, la valutazione del potenziale e la formazione. Il
terzo paragrafo sintetizza le fasi di costruzione di un AC: analisi del contesto e job description,
macroprogettazione, realizzazione e valutazione, feedback dei risultati in sede di colloquio
individuale. In conseguenza alla distinzione di queste fasi principali sono scesa più nello
specifico, analizzando dapprima gli obiettivi, che ricoprono un’importanza fondamentale,
poiché se non sono chiari e dichiarati in modo trasparente rischiano di invalidare l’intero
processo valutativo. Successivamente ho analizzato due fondamentali fasi di analisi: la prima è
l’analisi del contesto, cioè di tutte le caratteristiche proprie dell’azienda committente,
dall’ambiente di riferimento alla cultura organizzativa: la cultura è una variabile che influenza
comportamenti e atteggiamenti degli individui che fanno parte di un determinato contesto; la
seconda è l’analisi della committenza: per rendere efficace l’applicazione di un AC è necessario
procedere ad un attento esame dell’organizzazione, per arrivare a comprendere le dinamiche
sottostanti a quanto dichiarato esplicitamente, e le reali motivazioni di chi, a diversi livelli, è
coinvolto nell’intervento. Definite queste fasi, ho inserito un paragrafo sull’individuazione del
ruolo organizzativo oggetto dello specifico assessment center: capire la specificità del ruolo
nella singola organizzazione significa capire quali sono le aspettative che il ruolo deve
soddisfare, in quel contesto, in termini di comportamenti, riguardanti, in particolare, l’area del
rapporto con il cambiamento, l’area intellettuale, l’area gestionale e l’area relazionale. Il passo
successivo è stato definire cosa si intende per job description, task analysis e job evaluation.
Entrando via via nello specifico, ho inserito il paragrafo inerente l’identificazione dei profili
professionali, con cui si intendono l’insieme di caratteristiche psicoattitudinali (dimensioni) e
professionali più coerenti per poter esercitare al meglio la posizione di lavoro ed inoltre,
dovendo rappresentare l’ideale di riferimento, divengono il momento di coniugazione tra
bisogni aziendali e bisogni individuali. Il successivo paragrafo riguarda gli strumenti utilizzati
dagli assessors per valutare i candidati, ovvero le griglie di valutazione, finalizzate
all’osservazione sistematica e omogenea dei comportamenti dei candidati durante le prove, e
predisposte specificamente in funzione di ciascuna capacità da valutare. Successivamente si
apre il paragrafo in cui vengono descritte le principali prove utilizzate in sede di AC,
distinguendole in individuali (test ed in-basket) e di gruppo (business game, fact finding,
leaderless group discussion, presentazione, e advocacy case). Avviandomi a completamento
del capitolo, ho spiegato i ruoli dei protagonisti coinvolti nel processo di AC: coordinatore,
osservatori e partecipanti. Una parentesi successiva fa riferimento alla gestione delle sessioni
valutative, seguita dalla fase conclusiva della valutazione: la stesura del profilo finale, che
corona, in un certo senso, tutta l’attività di AC. Il profilo finale è un’ipotesi di lavoro affidabile,
mirata, condivisa da più persone, ma è sempre e comunque un’ipotesi da discutere con
l’interessato durante il colloquio di feedback, al fine di arrivare ad un’interpretazione
congiunta. Infatti la parte conclusiva del capitolo è dedicata al feedback, che rappresenta
l’output del processo di assessment, nel quale viene comunicata la valutazione finale delle
prove svolte. Esso rappresenta un anello di grande criticità, essendo il collegamento tra gli
scopi valutativi e l’utilizzo gestionale dei dati: attraverso l’illustrazione del profilo di
caratteristiche si dà anche alla persona l’opportunità di interiorizzare e accettare quanto gli
viene comunicato e, conseguentemente, di utilizzarlo per la propria crescita professionale,
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prendendo coscienza di quali possono essere le proprie effettive possibilità in rapporto a
quelle offerte dall’ambiente esterno.
Il capitolo 6 è dedicato alle conclusioni, in particolare ad un’analisi critica riguardante i
problemi irrisolti dell’assessment center che, congiuntamente alla valutazione delle prestazioni
ed al feedback va studiato come parte di un’unica strategia, e ciò che qualifica una strategia
non è la bontà delle intenzioni ma la validità degli strumenti impiegati per il raggiungimento
delle mete e il rigore usato nell’accertamento dei risultati conseguiti. La riflessione conclusiva
della tesi, sottolinea, soprattutto, che il raggiungimento di elevati standard qualitativi non può
prescindere da altrettanto elevati standard di competenza dei responsabili organizzativi che
gestiscono e realizzano il processo di valutazione: come in ogni processo valutativo la qualità
generale di un AC dipende dalla cura con cui viene realizzata ogni singola fase, dall’analisi della
committenza, alla griglia di valutazione, alla progettazione e gestione del processo fino al
feedback alla committenza ed ai partecipanti. Così: capire dove e perché si innesta il processo
di valutazione è la base di partenza; definire le caratteristiche psicologiche che si intendono
rilevare rappresenta il riferimento concettuale; mettere a punto la progettazione dell’AC
costituisce la costruzione della metodologia; la restituzione dei risultati ai valutati è un punto
significativo per lo sviluppo dell’autoconsapevolezza e di realistiche aspettative professionali;
la restituzione dei risultati all’organizzazione è un momento rilevante per la programmazione
dello sviluppo organizzativo.
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Capitolo 1
L’ origine dell’assessment center
L‟Assessment Center (AC), usato per la prima volta in Germania durante la Prima
Guerra Mondiale, nasce come strumento di rilevazione della capacità di leadership e
attitudine al comando in ambito militare: in quell‟occasione, infatti, accanto ai test
attitudinali e di personalità, furono affiancate anche delle prove pratiche, aventi lo
scopo di mettere alla prova i giovani ufficiali che avrebbero assunto delle posizioni di
comando, di fronte a simulazioni di situazioni molto simili a quelle che avrebbero
affrontato in quel ruolo. Il problema che portò all‟introduzione di questa metodologia
era poter contare su persone, non solo adeguatamente preparate, ma che presentassero
anche un attitudine naturale alla responsabilità che li attendeva. Nel medesimo periodo i
servizi strategici statunitensi iniziarono ad utilizzare tale metodo per la selezione degli
agenti segreti. Il primo utilizzo civile risale, invece, agli anni ‟40, in Inghilterra, per la
selezione di impiegati amministrativi del servizio stranieri. In azienda venne utilizzato
per la prima volta dall‟ americana AT&T per una valutazione interna, quindi, come uno
strumento di valutazione del potenziale di sviluppo professionale e manageriale di
persone interne all‟organizzazione, comprendendo da subito l‟uso sistematico di
esercizi, simulazioni, test, discussione di casi e prove sia di gruppo sia individuali: lo
scopo era accertare le qualità essenziali per prevedere una positiva prestazione
lavorativa, consentendo di delineare analiticamente il potenziale di crescita e sviluppo.
Negli anni ‟70 la Montedison , azienda chimica italiana (come l‟AT&T), fu la prima nel
nostro Paese ad applicare la metodologia dell‟Assessment Center , importandolo dagli
Stati Uniti. Il processo ebbe inizio con un intervento formativo destinato ai responsabili
delle varie direzioni del personale dell‟azienda. Il quadro culturale e strutturale in cui
Montedison si muoveva in quegli anni era caratterizzato dalla presenza di grandi
imprese che puntavano verso un forte sviluppo in Europa e nel mondo, con la ferma
volontà di produrre un notevole livello di innovazione ed internazionalizzazione.
Montedison puntava a sviluppare uno stile di management coerente con i valori del
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nostro Paese, per raggiungere un alto livello di competizione con le grandi
organizzazioni mondiali. Si trattava di gestire una popolazione immensa, costituita da
un organico di 9000 laureati e 1800 dirigenti: bisognava gestire con un sistema nuovo
tutti i quadri e i dirigenti, che portasse ad uno schema di riferimento con cui classificare
i criteri con cui ogni anno sarebbero state decise le nomine alla dirigenza: un sistema
organico che permettesse di individuare e valutare il potenziale dei dirigenti e che
disponesse di criteri di valutazione delle prestazioni, del potenziale, dei sistemi
retributivi e della formazione professionale. Poiché il metodo dell‟AC si basava sulla
simulazione osservata da esperti, la Montedison contattò Douglas Bray, esperto in
materia di assessment alle dipendenze del governo americano, e lo invitò in Italia, con
lo scopo di trasferire, attraverso seminari formativi, la conoscenza di questa
metodologia valutativa. Venne organizzato nella sede di Angera, scuola di management
della Montedison, il primo seminario di formazione per valutatori (o assessors) di
assessment center, finalizzato, nell‟immediato, a valutare il potenziale dei candidati.
All‟inizio in Montedison ci fu una certa resistenza all‟accettazione della metodologia
dell‟AC come criterio selettivo per l‟avanzamento di carriera, ma questa venne ben
presto superata dalla convinzione che fosse un sistema finalmente adeguato a garantire
maggior oggettività di giudizio. Dopo la formazione i dirigenti furono in grado di
valutare in pieno l‟utilità della metodologia e di apprezzare la sua versatilità e la grande
opportunità di essere stati preparati a sviluppare sensibilità verso le risorse umane. Una
volta superato l‟impatto e acquisita la convinzione dell‟efficacia e dell‟interesse, la
maggior parte dei manager coinvolti ne diede testimonianza favorevole, e questo
consentì il superamento delle diffidenze e resistenze che diede il via ad una sua rapida
diffusione nell‟ambito selettivo. Il problema maggiore che emerse in quei primi anni di
utilizzo fu che l‟AC era un metodo di selezione molto complesso e dispendioso, poiché
l‟addestramento imponeva di distogliere molti manager dalle loro attività per troppo
tempo, al fine di renderli operativi nelle varie sessioni di AC che duravano anche per
una settimana intera: ciò rappresentava un investimento di risorse alquanto oneroso per
le aziende. Fu Giancarlo Cocco (1978), in quel periodo, a cominciare a studiare come
rendere l‟AC più semplice e adattabile ad ogni tipo di azienda. Egli impostò un modello
di struttura degli interventi di AC che era sostanzialmente così concepito:
- descrizione delle posizioni di lavoro di riferimento
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- scelta delle capacità rilevanti per l‟azienda in rapporto alle posizioni prescelte
- corso di formazione per preparare gli osservatori
- realizzazione delle sessioni di AC
- utilizzazione dei dati
- feedback a tutti i partecipanti per stimolare l‟autoconsapevolezza sulle capacità
Era evidente, allora come oggi, che errori che vengono percepiti dalle persone come
difetti di equità, di autorevolezza e di credibilità, hanno una rapida ricaduta sul morale
delle persone. Ed era giustificata allora più di quanto lo sia oggi la diffidenza verso
costrutti e strumenti di misura psicologica ancora troppo incerti (Caprara, 2003). L‟AC
ha ormai, infatti, una diffusione molto vasta nel contesto industriale occidentale,
giocando un ruolo sempre più importante nella gestione delle risorse umane: è un
investimento ad elevato ritorno che consente di abbandonare gli approcci incoerenti,
intuitivi e spesso imprecisi adottati per valutare il possesso delle capacità nelle persone.
Al giorno d‟oggi le aziende ragionano in un‟ottica gestionale prospettica (non di breve
termine), seguendo cioè il criterio che non è importante valutare di cosa si occuperà nel
breve termine la risorsa, ma è fondamentale considerare il potenziale in una prospettiva
di medio periodo e in funzione di successive rotazioni mansionali, diversificazioni
esperienziali, formazione in aula, affiancamento/addestramento sul campo e successivo
orientamento professionale. Il metodo dell‟AC descrive sicuramente bene il modo in cui
la psicologia del lavoro moderna risponde alle esigenze di assicurare un‟accettabile
corrispondenza tra le caratteristiche individuali da un lato e le esigenze dell‟azienda
dall‟altro. Nel mondo del lavoro attuale la valutazione è un‟esigenza espressa dalle
risorse stesse che operano nelle organizzazioni, che richiedono in modo sempre più
sistematico di avere un riscontro, valido e professionale, dei loro comportamenti e delle
loro prospettive. Un aspetto della valutazione psicologica, a cui finalmente si sta dando
la giusta importanza, riguarda proprio la tutela delle risorse umane coinvolte nei
processi valutativi. Un AC condotto da professionisti tutela sia l‟organizzazione che
richiede la valutazione delle risorse, sia le persone stesse coinvolte in qualità di
“candidati”. Un mercato del lavoro articolato come quello attuale aumenta le occasioni
per le persone di essere valutate nelle loro caratteristiche individuali: cosa sanno, come
sanno agire, quali comportamenti attuano. Si tratta sempre più spesso di valutazioni che
possono influire cospicuamente sulla carriera lavorativa e sulle possibilità di sviluppo.