4
Introduzione
Quando il 3 settembre 2015 gli organi di stampa pubblicarono
il corpo inerte del piccolo Aylan Curdi
1
sulla spiaggia turca di
Bodrum, il mondo intero fu drasticamente messo davanti ad una
sintesi drammatica di quella che nello stesso anno è stata spesso
definita “crisi migratoria”
2
. La stampa, si disse, con quella
pubblicazione oltrepassò il limite dell’etica, che imporrebbe di non
pubblicare l’immagine di un bambino morto
3
. La scossa che quella
foto generò rivelava però anche un altro dato: l’opinione pubblica
aveva temporaneamente aperto gli occhi, rispetto a un modo di
guardare ai flussi migratori, che prima di allora si era caratterizzato
per essere per lo più approssimativo e massificante. Le masse di
“clandestini”, viste da una prospettiva meno distante e fredda,
potevano rivelarsi gruppi di individui, un’umanità in movimento, con
un motivo per scappare e una ragione per non fermarsi nemmeno
davanti a estremi rischi, come quelli rappresentati
1
Cf A. WITHNALL, ‘Aylan Curdi’s story: How a small Syrian child came to be washed up
on a beach in Turkey’, Independent, 3 settembre 2015, in: http://www.independent.co.uk/
news/world/europe/aylan-kurdi-s-story-how-a-small-syrian-child-came-to-be-washedup-
on-a-beach-in-turkey-10484588.html, URL consultato il 6 agosto 2016.
2
Cf COUNCIL ON FOREIGN RELATIONS, ‘Europe’s Migration Crisis’, 23 settembre 2015,
in: http://www.cfr.org/refugees-and-the-displaced/europes-migration-crisis/p32874, URL
consultato il 6 agosto 2016. THE GUARDIAN.COM, ‘Apart from Syrians who is travelling
to Europe?’, The Guardian, 10 settembre 2015, https://www.theguardian.com/world/
2015/sep/10/refugee-crisis-apart-from-syrians-who-else-is-travelling-to-europe, URL
consultato il 6 agosto 2016. G. CASUCCI, ‘Crisi migratoria e rifugiati: Lo slogan retorico
delle espulsioni facili’, 7 gennaio 2016, http://www.cir-onlus.org/it/comunicazione/news-
cir/51-ultime-news-2016/1947-crisi-migratoria-e-rifugiati-lo-slogan-retorico-ed-inutile-
delle-espulsioni-facili-di-giuseppe-casucci, URL consultato il 6 agosto 2016. RAINEWS.IT,
‘Pentagono, l’allarme di Dempsey: “La crisi migratoria in Europa durerà per almeno 20
anni”’, Rainews, 4 settembre 2015, http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Pentagono-
allarme-di-Dempsey-La-crisi-migratoria-in-Europa-durera-almeno-20-anni-a12e1c95-
86ff-443a-8087-cbc9eb23238a.html?refresh_ce, URL consultato il 6 agosto 2016.
3
Cf G. RONCAGLIA, ‘Una riflessione sulla foto di Aylan’, L’Huffington Post, 15 settembre
2015, http://www.huffingtonpost.it/gino-roncaglia-/una-riflessione-sulla-foto-di-aylan_
b_8139126.html, URL consultato il 6 agosto 2016.
5
dall’attraversamento del mar Mediterraneo a bordo di improbabili
natanti.
Al confine fra la Turchia e l’Iran, nel tratto mediterraneo fra
la turca Bodrum e la greca Kos o nella più vicina Macedonia: è il
tragitto della cosiddetta “Balkan Route”, verso l’Austria e la
Germania. È qui che si muore, ma non solo qui. I viaggi della
speranza interrotti in mare nel canale di Sicilia sono stati tanti, troppi,
e le tragedie immani: nella notte fra il 18 e il 19 aprile 2015 un
peschereccio affondò al largo della Libia con oltre 900 migranti a
bordo. Furono in 28 a salvarsi
4
.
Nel 2015 circa un milione di persone attraversò il Mar
Mediterraneo (nel 2014 furono 216000 e nel 2013 poco più di 54000),
circa la metà erano siriani. Circa il 20% afgani, circa il 7% iracheni
5
.
Un imponente flusso migratorio, le cui caratteristiche permisero di
divenire un po’ più consapevoli della terminologia da usare
guardando al fenomeno. Un editoriale del giorno 20 agosto 2015 sul
sito di Al Jazeera
6
mostrò in maniera efficace come la parola
“migrante” si riscopriva ormai troppo generica e inadatta per
descrivere il fenomeno e dar conto del dramma davanti agli occhi di
tutti: il rifugiato non è infatti solo un “migrante”, ma un migrante
4
Fu una delle più gravi tragedie marittime nel Mediterraneo dall'inizio del XXI secolo. Si
veda: R. MARCECA, F. VIVIANO, A. ZINITI, ‘Strage al largo della Libia: morti in mare tra
700 e 900 migranti, solo 28 superstiti. È la tragedia più grande di sempre’, La
Repubblica.it, 19 aprile 2015, http://palermo.repubblica.it/cronaca/2015/04/19/
news/almeni_700_migranti_morti_in_un_naufragio_a_nord_della_libia_solo_28_supers
titi-112315076/, URL consultato il 6 agosto 2016.
5
I dati sono disponibili nel sito dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR):
http://data.unhcr.org/mediterranean/documents.php?page=24&view=grid&Type%5B%5
D=3, URL consultato il 6 agosto 2016. Stando al report dell’UNHCR aggiornato al 4
agosto 2016, i migranti arrivati in Europa attraverso il Mediterraneo sono più di 256000:
http://data.unhcr.org/mediterranean/regional.php#_ga=1.230242140.1397201873.14703
34366, URL consultato il 6 agosto 2016.
6
Cf B. MALONE, Why Al Jazeera will not say Mediterranean ‘migrants’, AlJazeera.com,
20 agosto 2015, http://www.aljazeera.com/blogs/editors-blog/2015/08/al-jazeera-
mediterranean-migrants-150820082226309.html, URL consultato il 6 agosto 2016.
6
forzato che non ha avuto scelte, se non una: quella di provare a non
morire.
Viviamo la più grande crisi migratoria globale dalla Seconda
Guerra Mondiale: sono stati circa 65 milioni gli uomini
7
, donne e
bambini nel mondo che nel 2015, per i più diversi motivi, a partire
dai conflitti e dalla violazione dei diritti umani, sono state sradicate
dalla propria vita. Più di 21 milioni di questi sono stati classificati
come rifugiati, e di questi più del 40% sono stati ospitati da Turchia,
Pakistan, Libano e Iran, Etiopia e Giordania
8
. E l’Europa? L’Unione
Europea ha il 7% della popolazione mondiale, fra le economie più
avanzate del pianeta, ma nel 2015, dei quasi 5 milioni di siriani (il
primo Paese d’origine dei rifugiati) scappati dalle loro case, furono
circa 363000 a chiedere asilo per la prima volta in Europa
9
.
Un’invasione, quella urlata da media e populisti del continente, che
stando ai numeri non c’è.
Eppure l’Europa è in difficoltà: fronteggia un fenomeno
nuovo, appare disarmata. E divisa. Il faticoso e lento evolversi dei
meccanismi istituzionali e delle norme a cui abbiamo assistito in
7
Di cui: 16,1 milioni di rifugiato sotto il mandato dell’UNHCR, 5,2 milioni di rifugiati
palestinesi registrati dalla United Nations Relief and Works Agency for Palestine for
Palestine Refugees (UNRWA), 40,8 milioni di sfollati “interni”, 3,2 milioni di richiedenti
asilo. Si veda: UNHCR, Global Trends. Forced Displacement in 2015, UNHCR, Geneva
2016, p.2, http://www.unhcr.org/statistics/unhcrstats/576408cd7/unhcr-global-trends-
2015.html, URL consultato il 6 agosto 2016.
8
Si veda: UNHCR, Global Trends. Forced Displacement in 2015, p. 3.
9
Dati reperibili nel sito di Eurostat (l'Ufficio Statistico dell'Unione Europea, una delle
Direzioni Generali della Commissione Europea, che raccoglie ed elabora dati dagli Stati
membri dell'Unione Europea a fini statistici, promuovendo il processo di armonizzazione
della metodologia statistica tra gli Stati membri): EUROSTAT, Asylum Statistics,
http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-
explained/index.php/Asylum_statistics#Asylum_applicants, URL consultato il 6 agosto
2016. Come documenta Eurostat nella sezione on line citata, il numero dei first time
asylum applicants (cittadini di Stati non membri dell’UE) nei 28 Paesi dell’Unione è
gradualmente aumentato, sino ad arrivare a quasi il doppio di quelli registrati nei 15 Paesi
della Comunità Europea nel 1992, con 693000 persone in più rispetto al 2014. Questo
aumento è legato a quello dei sempre più numerosi richiedenti asilo provenienti da Syria,
Afghanistan e Iraq e, in misura minore, da Albania, Kosovo e Pakistan.
7
particolare dal 1997, con il Trattato di Amsterdam, sino ad oggi,
vigente il Trattato di Lisbona e operante il cosiddetto Sistema
Europeo Comune d’Asilo, ha reso evidente da una parte un crescendo
di consapevolezza di fronte all’urgenza del fenomeno migratorio,
dall’altra una connaturata difficoltà a coniugare valori identitari
europei, bisogno di sicurezza e vocazione alla solidarietà. Una crisi
identitaria e funzionale, quella europea, ben rappresentata dalla crisi
dell’istituto giuridico che più di altri esprime la sintesi di quegli
elementi: l’asilo e la protezione internazionale nel suo insieme.
L’asilo dunque: qui l’interesse statale e quello individuale si
intersecano; l’asilo è espressione di sovranità, un diritto dunque dello
Stato, ma è anche un mezzo di protezione della vita e della libertà
dell’individuo, uno status della persona. La concessione dell’asilo
rientra nei poteri statali di regolare liberamente l’ingresso e il
soggiorno di cittadini stranieri sul proprio territorio, ma la richiesta
di esso è diritto dell’individuo cui non sia possibile contare sulla
protezione del proprio Stato d’origine. Da una parte perciò abbiamo
la protezione di beni quali ordine pubblico e sicurezza nazionale o il
mantenimento di pacifiche relazioni internazionali e dall’altra la
tutela della vita umana e della libertà individuale.
Ecco dunque perché si è scelto l’asilo, come argomento per
questa tesi: siamo al cuore della crisi che attraversa il “progetto”
dell’Unione Europea. Un’idea di Europa ben chiara nei suoi valori
ideali
10
, ma non praticamente onorata in un’organizzazione in cui gli
interessi degli Stati Membri possono confliggere fra loro e con
10
“L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della
democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi
i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati
membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla
tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini” (Trattato
sull’Unione Europea [TUE], in GUUE 2012/C 326/01, art. 2).
8
l’interesse dell’Unione su temi cardine come solidarietà e sicurezza.
L’asilo è in fondo un formidabile banco di prova su cui misurare la
soluzione che l’ordinamento comunitario potrebbe fornire al
problema del rapporto tra diversi ordini di interessi: quello pubblico
statale e dell’Unione e quello individuale.
9
Capitolo primo
Un inquadramento generale
Scopo del seguente capitolo è inquadrare il presente lavoro
secondo due coordinate principali: la prima è concettuale e storica; la
seconda è invece di tipo socio-politico. Con la prima, cui si dedica il
primo sottocapitolo, si vuole porre in evidenza la peculiare profondità
del tema qui trattato, che affonda le sue radici nella storia e nel
rapporto fra i popoli. Con la seconda, invece, si vuole collocare il
suddetto tema nel contesto del dibattito attuale, di cui si mettono in
luce alcune semplificazioni, ponendo l’accento sul fatto che riflettere
sull’asilo è complesso, e che anche il diritto, così come
l’informazione, non ne può prescindere.
1. Asilo e Rifugiati
Il termine asilo risale al latino asylum, a sua volta riconducibile
all’espressione greca ἄσυλον (ἱερόν): qui il termine riveste la
funzione di aggettivo e il suo significato letterale era propriamente
«(tempio) dove non c’è diritto di cattura (σύλη)»
11
. La parola
“rifugiato” invece è etimologicamente legata alla parola latina
refugium, che significa rifugio o ri-fuggire.
Già da tempi più antichi rispetto allo sviluppo della civiltà greca,
11
Cf http://www.treccani.it/vocabolario/asilo/, URL consultato il 2 agosto 2016.
10
oggetto di “inviolabilità”, tutelata dalla possibile vendetta divina,
erano precisamente i luoghi ritenuti sacri, luoghi la cui santità si
comunicava per contatto, secondo la primitiva concezione religiosa,
e questo faceva sì che chiunque si trovasse in detto luogo, in fuga da
qualche pericolo, partecipasse della stessa inviolabilità del luogo,
acquisendo quindi una sorta di immunità. Il concetto di asilo, dunque,
già in origine rimanda ad una situazione di protezione rispetto una
potenziale offesa
12
. Autorevoli studiosi hanno inoltre sottolineato
come, per le società primitive, l’idea di proteggere i rifugiati e offrire
loro un riparo era visto come una condizione essenziale di benessere
della società umana
13
.
Come messo in luce da alcuni autori
14
, la ricostruzione storica
dell’istituto in esame – così come modificatosi attraverso le
tradizioni, da quella greca, passando per quella romana, ebraica,
ecclesiastica sino all’elaborazione più laica tipica degli Stati moderni
– permette di comprenderne bene la logica mettendo in luce i vari
elementi che lungo la storia lo hanno caratterizzato, sino ad arrivare
a oggi.
Nell’antica Grecia la sacralità di un certo luogo era connessa alla
capacità degli dei di rendere inviolabile tale luogo: una sacralità che,
data l’origine divina, era la stessa ragion d’essere della protezione.
12
Cf. M. GIRIODI, «Asilo (Diritto di) - (Storia del Diritto)», in Digesto italiano, vol. IV,
parte I, Torino, UTET, 1896, p. 778: “Asilo era il nome che nei secoli passati si dava a
certi luoghi, ai quali si attribuiva il privilegio di mettere al coperto da ogni persecuzione
chiunque vi si fosse rifugiato; e diritto d’asilo si chiamava l’immunità o privilegio di cui
godevano quei certi luoghi od edifizi”.
13
“The obligation to protect certain displaced people, fugitives and those abandoned by
communities of origin has often been seen as a social priority and has been closely
associated with the well-being of the wider society” (P. MARFLEET, “Refugees and
History: why we must address the past”, in Refugee Survey Quarterly, vol.26, issue 3,
2007, p.138).
14
Cf in modo particolare F. CHERUBINI, Asylum Law in the European Union. Routledge
research in asylum, migration and refugee law, Routledge, New York 2015, pp. 2-6, a cui
si fa riferimento per la disamina che segue sul concetto di asilo.