INTRODUZIONE
Nell’ambito dell’asilo politico, il quale costituisce un’antica nozione giuridica per la quale una
persona perseguitata nel suo paese d’origine per le proprie opinioni politiche, può essere protetta, in
virtù del riconoscimento dello specifico status personale di rifugiato politico, da un’altra autorità
sovrana, un paese straniero, ovvero, come nell’antichità, un santuario religioso, si individua una
particolare forma di protezione accordata da uno Stato, per il tramite di una sua missione
diplomatica, legazione o ambasciata accreditata presso un altro Stato o in altre zone aventi il
privilegio della extraterritorialità, in favore di uno o più individui ricercati o perseguitati dalle
autorità e sul territorio dello Stato ospite presso cui la missione è accreditata.
Questa forma di asilo, denominata asilo diplomatico o extraterritoriale o interno, configura, a
differenza dell’opposta figura dell’asilo territoriale, la tutela che uno Stato concede al di fuori della
propria sfera territoriale a individui che richiedano, appunto, protezione per sottrarsi alla giustizia
locale; tutela concessa per mezzo dei propri agenti diplomatici o consolari stanziati entro il territorio
di uno Stato straniero, presso cui sono accreditati e si trovano ad operare.
Il termine asilo extraterritoriale o interno dunque, è impiegato proprio con il fine di
contraddistinguere quelle situazioni in cui l’asilo è concesso a un individuo, il quale si trova nel
territorio dello Stato nel quale ha o si presume abbia commesso un crimine, nelle sedi di missioni
diplomatiche, nei consolati, a bordo di navi da guerra o di navi adibite a esercizio della potestà
pubblica dello Stato, o ancora di aeromobili militari, in luoghi riservati ad accantonamento di corpi
di truppa o a basi militari, o talvolta, anche a bordo di navi private.
L’interesse nei confronti di questa tipologia di asilo discende dalla peculiarità che fin dall’origine lo
caratterizza, ovvero la configurabilità dell’istituto in oggetto alla stregua di consuetudine a carattere
particolare la cui applicazione differisce ancora a seconda della regione geografica di riferimento;
consuetudine la quale origina da un processo di cristallizzazione in norma di una prassi degli Stati
impiegata da tempo, in relazione alla quale emergono difficoltà ad individuare un fondamento
giuridico valido e universale.
Tale problematica, unitamente alla delimitazione delle potestà riconosciute agli agenti di uno Stato
operanti nel territorio di uno Stato straniero e all’affermazione di una facoltà in capo agli stessi di
accordare protezione a chi la chieda per sottrarsi alla giustizia locale, proprietà implicite al
funzionamento dell’asilo diplomatico stesso, evidenziano la necessità di affrontare la questione
relativa alla legittimazione dello stesso nel diritto internazionale generale che è tutt’oggi ancora
oggetto di studio e discussione.
Nell’ambito dei rapporti tra gli Stati, il diritto internazionale disciplina, in base al principio di
sovranità territoriale, il rapporto tra uno Stato e il suo territorio, assicurandone la tutela. E più
specificamente, il diritto di concedere asilo è concepito come corollario del principio di sovranità
territoriale, poiché risulta in virtù di una competenza unilaterale dei singoli Stati, il cui esercizio
configura un’eccezione agli obblighi legali che impongono il rispetto della giurisdizione dello Stato
territoriale e la sottoposizione alla stessa per chiunque si trovi ad agire nel suo territorio. Più
precisamente l’asilo diplomatico è stato tradizionalmente inteso, cioè, come deroga alla sovranità
territoriale, poiché sottrae il reo alla giustizia dello Stato offeso e costituisce un intervento in
questioni che sono riservate alla competenza esclusiva dello Stato territoriale.
Invero, la sovranità territoriale è tutelata da vari principi, nella specie: il principio che vieta l’uso o
la minaccia dell’uso della forza da parte degli Stati sotto forma di violenza di tipo bellico, oppure
nella forma di potestà di governo nei confronti degli individui e dei loro beni; il principio di non
ingerenza negli affari interni di uno Stato straniero poiché configura illecito l’intervento in ambito
territoriale altrui in assenza del consenso dell’autorità locale; il principio di autodeterminazione dei
popoli, stante il diritto dei popoli sottoposti ad un governo straniero di acquisire la propria
indipendenza e di scegliere liberamente il proprio regime politico nonché il proprio sistema
economico e sociale.
Interpretare, come nel passato, il principio di sovranità territoriale in senso assoluto implicherebbe
la ricognizione in capo ad ogni Stato del diritto di esercitare in modo esclusivo il potere di governo
sulla comunità territoriale propria, sugli individui e sui loro beni. In questo senso, specificatamente
con riguardo all’istituto dell’asilo diplomatico, la dottrina era concorde nel ritenere che una deroga
a tale principio fosse ammessa solo in presenza di un fondamento giuridico ben individuato,
stabilito in un caso particolare .
Tuttavia, essendo il diritto di asilo corollario del principio di sovranità territoriale, la concessione
dello stesso non può essere concepita come illecito internazionale: ne consegue che non sussiste
alcun obbligo gravante sugli Stati di concedere o rifiutare asilo agli individui. Dunque, benché la
sovranità territoriale non sembri ammettere limitazioni in ordine alla concessione o meno
dell’asilo, essa può subire delle compressioni, per cui si ammette che il diritto di asilo sia passibile
di subire restrizioni. Ciò è tanto più evidente allo stato attuale del diritto internazionale poiché
oggigiorno si assiste a un fenomeno di progressiva erosione del principio di sovranità, tanto che
ben poco è rimasto del nucleo originario di piena potestà riconosciuta in capo agli Stati.
L’affermarsi di “regole permissive”, ha portato a legittimare l’esercizio della giurisdizione civile e
penale di uno Stato con riguardo a fatti avvenuti e localizzati all’estero. Si parla in questo senso di
giurisdizione extraterritoriale, la quale mitiga l’originario e assoluto carattere territoriale della
stessa e della correlativa applicazione delle leggi.
Di più, questo processo erosivo, si è spinto ormai tanto in avanti, a causa del progressivo
consolidarsi dei diritti umani, che la sovranità dei singoli lascia il posto a valori e interessi
sovranazionali, condivisi a livello universale e per questo preminenti. L’attenzione da essi dedicata
all’individuo e alle sue prerogative, inverte la gerarchia di priorità tradizionalmente connesse al
diritto internazionale che, essendo diritto degli Stati, poneva la persona fisica in secondo piano.
Oggi invece, la crescente pressione esercitata dai valori e interessi sovranazionali, soprattutto se
connessi alla sfera di libertà dell’individuo, ha determinato la necessaria riconsiderazione di molti
istituti del diritto internazionale, così la inviolabilità delle premesse diplomatiche, le immunità
statali, il principio di sovranità territoriale, quello di non ingerenza negli affari interni di un paese
straniero, il diritto a concedere o meno la protezione prevista dall’asilo diplomatico, cedono il
passo, ormai sempre più spesso, all’individuo e alla sua centralità; ora è lo Stato ad essere in
secondo piano.
In specie, con riguardo all’istituto dell’asilo diplomatico, l’interesse allo studio nei confronti di esso
nasce proprio dalla mancanza di uniformi principi previsti a regolare compiutamente la condotta
degli Stati e dall’assenza di una procedura conforme universalmente condivisa. Di conseguenza,
risulta faticoso individuare precisamente un fondamento giuridico unitario all’istituto in questione,
il quale, praticato con frequenza solo limitatamente ad una determinata area geografica, l’America-
Latina, e solo sporadicamente su scala internazionale, si è poi affermato come norma
consuetudinaria a carattere generale imponendosi così anche agli Stati che tradizionalmente a questa
pratica rimanevano estranei.
Lo scopo del presente lavoro, è dunque quello di verificare, mediante l’incrocio dei dati rilevati
dalla prassi degli Stati e quelli convenzionali in materia, se allo stato attuale del diritto
internazionale possa riscontrarsi un’evoluzione dell’istituto tale da indurre ad affermare l’esistenza
di un principio di legittimità dell’asilo diplomatico quale istituto di diritto internazionale
consuetudinario generale; poiché l’esigenza di riforme e revisioni in materia risulta sempre più
impellente soprattutto al fine di evitare che la mancanza di riferimenti normativi certi e
universalmente condivisi determini delle incongruenze nell’assetto dei rapporti in seno alla
Comunità internazionale, come per altro si è registrato essere avvenuto negli ultimi anni alla luce
della casistica giurisprudenziale internazionale più recente.
Caso emblematico in materia è stato infatti quello di Julian Assange, relativo alla vicenda di
WikiLeaks, la cui importanza nell’analisi dell’evoluzione dell’istituto fino ai giorni nostri rileva in
virtù della constatazione che esso apre la strada a questioni che vanno al di là di quelle tradizionali.
Così non si discute più soltanto circa il riconoscimento o meno di un fondamento giuridico
universalmente valido all’asilo diplomatico nell’ambito del diritto internazionale, della sua natura e
delle sue caratteristiche, ma rilevano ulteriori fondamentali questioni relative alla possibilità di
individuare dei requisiti universalmente validi per tutti i paesi della Comunità internazionale in base
ai quali uno Stato sia obbligato a concederlo, e, nel caso in cui tali requisiti dovessero mancare,
come impedire l’estradizione di un individuo in un paese in cui sarebbe esposto ad incolumità per la
propria vita; da ultimo, se ciò sia, a questo punto, configurabile in termini di illecito internazionale
o meno, perché ciò avrebbe delle significative ripercussioni sull’assetto attuale degli equilibri
internazionali, soprattutto in relazione alla posizione dell’individuo.
La trattazione è articolata in sei capitoli.
Nel primo capitolo viene introdotto il concetto di asilo. A tale scopo vengono evidenziate le
distinzioni tra le diverse tipologie, soffermandosi in particolare sulla nozione di asilo politico e la
sua suddivisione nelle categorie di asilo territoriale e asilo diplomatico. Viene poi affrontata
l’analisi dell’evoluzione storico-giuridica del diritto di asilo dalle origini fino al momento della sua
caduta in desuetudine con l’asilo religioso, seguita dalla riaffermazione dello stesso come asilo
privo di connotati religiosi; il suo legame con il principio di sovranità territoriale del quale si
configura come corollario, evidenziandone in particolare i limiti estrinseci, e intrinseci e viene
definito il concetto di finzione di extraterritorialità e rilevata l’assenza di un trattato o convenzione
giuridicamente vincolante che obblighi gli Stati a concedere asilo. Da ultimo è esaminato il diritto
di asilo nel contesto delle fonti internazionali più significative in materia, nello specifico in
relazione agli strumenti di riferimento ai fini dell’analisi dell’asilo diplomatico, con una particolare
attenzione alla definizione di rifugiato e al principio del divieto di allontanamento ( principio di
non-refoulement).
Nel secondo capitolo è specificato il concetto di asilo diplomatico in relazione all’agire dei
funzionari dello Stato che operano nell’ambito della missione diplomatica, al fine di individuare i
privilegi di cui gli stessi godono in virtù del loro status. Sulla base della giurisprudenza
internazionale, viene poi definito il concetto di immunità distinguendo tra immunità statale in senso
stretto, funzionale (ratione materiae) e personale (ratione personae), al fine di evidenziare come il
mancato riconoscimento dell’asilo come funzione diplomatica e consolare da parte della
Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari possa ad oggi ritenersi superato. In
seguito viene analizzata la pratica degli Stati in materia di asilo diplomatico nel periodo che precede
la caduta in desuetudine (XVII - inizio XIX secolo) e nel periodo della sua riaffermazione (XIX e
XX secolo). Soffermandosi su quest’ultimo, individuando una disciplina legale caratterizzante nella
prassi di alcuni Stati, vengono prese in considerazione le fonti della consuetudine e dell’uso,
rilevando l’inesistenza di una norma che sancisca un obbligo di tolleranza dell’asilo diplomatico da
parte dello Stato territoriale. Un ulteriore interrogativo è posto con riguardo alla possibilità di
configurare l’asilo diplomatico come strumento a disposizione degli Stati nel diritto internazionale
per salvaguardare i diritti fondamentali dell’individuo. L’esame della prassi del XIX/ XX secolo
prosegue poi esaminando i problemi a livello pratico conseguenti all’eventuale concessione
dell’asilo diplomatico in rapporto all’obbligo di non ingerenza da parte di uno Stato negli affari
interni di uno Stato straniero, enucleando gli obblighi che spettano all’agente diplomatico che
concede asilo diplomatico, e quelli che spettano alle autorità locali sulla base del principio di
inviolabilità della missione diplomatica. Infine vengono definite ed esaminate le peculiari forme di
asilo extraterritoriale dell’asilo navale e dell’asilo umanitario.
Il capitolo tre si occupa delle modalità di esercizio dell’asilo diplomatico analizzando in particolare,
in riferimento alla giurisprudenza Haya de La Torre, i requisiti, soggettivo e oggettivo, che
legittimano la concessione dello stesso. In questo contesto una speciale attenzione è posta con
riguardo alle problematiche legate alla valutazione della natura politica del reato; alla valutazione
comune del reato e all’estradizione ad esso connessa. In riferimento alla disciplina dell’estradizione,
viene esaminato il rapporto tra asilo e dottrina della doppia incriminazione riferendosi in particolare
alla prassi degli Stati Uniti e del Regno Unito. Infine ci si sofferma sulla parte puramente tecnica
degli aspetti procedurali dell’asilo diplomatico, descrivendo gli obblighi spettanti agli Stati
interessati e le modalità a cui si ricorre per porre termine all’asilo.
Il capitolo quattro è dedicato all’applicazione dell’asilo diplomatico nell’area geografica di
riferimento per la maggiore applicazione: l’America-Latina. In particolare è esaminato il problema
della rilevazione di una consuetudine a carattere generale in materia, analizzando a tal fine il
percorso della giurisprudenza della Corte Internazionale di Giustizia per arrivare ad affermare la
ammissibilità di consuetudini particolari regionali, i cui effetti si esplicano erga omnes, e in quanto
tali a carattere generale. Successivamente, viene evidenziato il ruolo delle convenzioni latino-
americane nella rilevazione di una norma consuetudinaria che imponga di tollerare l’asilo con
riferimento alle norme più importanti in materia. Da ultimo è riportato un excursus della prassi
dell’asilo diplomatico in America-Latina con particolare riferimento all’Ecuador.
Nel capitolo cinque è descritta, nelle sue linee fondamentali, la disciplina normativa europea in
materia di asilo, a cui l’asilo diplomatico, stante la mancanza di una normativa specifica di
riferimento sua propria, talvolta richiama nei limiti di applicabilità. Viene dunque messa in luce
l’influenza dei diritti umani nel contesto attuale del diritto internazionale, rilevando in particolare la
tendenza del Regno Unito a irrigidire le norme nazionali di recepimento nell’ordinamento interno
della legislazione internazionale, nel tentativo di eludere indirettamente le disposizioni in materia
di diritti umani, mascherando, dunque, una sorta di attaccamento al principio di sovranità nazionale.
Quest’ultima analisi è stata condotta sulla base della legislazione nazionale in materia di asilo del
Regno Unito in concomitanza con la giurisprudenza della CEDU.
L’ultimo capitolo, il sesto, è una specificazione degli argomenti trattati nel capitolo precedente.
Valutando gli effetti del processo di erosione del principio di sovranità territoriale rispetto alla
prassi attuale in materia di asilo diplomatico, e considerando il rapporto tra principio di non-
refoulement e divieto di ingerenza negli affari interni di uno stato straniero, il capitolo si prefigge di
verificare se allo stato attuale del diritto internazionale, lo studio della condotta degli Stati con
riguardo all’istituto in esame, unitamente alle disposizioni delle fonti giuridico pattizie di
riferimento, permettano di affermare l’esistenza di un principio di legittimazione dell’asilo
diplomatico quale istituto di diritto internazionale consuetudinario generale. A tale scopo sono stati
analizzati e descritti tre casi recenti di rilievo internazionale: il caso del dissidente cinese Chen
Guancheng, il caso di Julian Assange connesso alla vicenda di WikiLeaks, e il caso di Edward
Snowden connesso alla vicenda Datagate, che seppur conclusosi con la concessione dell’asilo
territoriale all’interessato, ha offerto spunti interessanti per richiamare nuovamente l’attenzione
sulle nuove problematiche che l’istituto dell’asilo diplomatico, evolutosi in conformità
all’evoluzione del diritto internazionale, ora pone.
1
CAPITOLO 1 : Il Diritto di asil o
1.1 Categorie distintive, natura e caratteri generali dell'Istituto.
Nella storia del diritto vi è una nozione giuridica con origini risalenti, l’asilo politico, in base alla
quale una persona perseguitata nel suo paese d'origine può essere protetta da un'altro paese
(straniero) oppure da un' autorità sovrana o religiosa, territoriale o situata sul territorio dello Stato
ma estranea alla sua giurisdizione. Tradizionalmente nel Diritto Internazionale si individuano quali
sottocategorie dell'asilo politico due figure: a) l'asilo territoriale e b) l’ asilo extraterritoriale (o
interno, o diplomatico).
a) L’asilo territoriale è pura manifestazione del principio di sovranità territoriale
1
. Nasce
dall'esigenza di far rispettare i confini del territorio, che le comunità antiche consideravano sacro e
inviolabile, come sacri e inviolabili erano gli altari e gli altri luoghi sacri per i Greci, Romani e
nell'asilo religioso. Di qui, la necessità di rispettare la protezione offerta da uno Stato, entro i propri
confini, allo straniero che cercava di sottrarsi a una pretesa punitiva
2
dello Stato di provenienza
3
.
Quando, nel corso del XVII sec., diminuisce progressivamente lo spazio di applicazione dell'asilo
religioso di fronte al crescente consolidarsi del potere civile dello Stato, e si afferma una solidarietà
internazionale nella repressione dei crimini di diritto comune, la pratica dell'asilo territoriale si è già
cristallizzata in vero e proprio istituto giuridico
4
.
L’ asilo territoriale è, dunque, il rifugio e la protezione accordati dallo Stato entro la propria sfera
territoriale ad individui che vi sono penetrati per sfuggire alla giustizia o per sottrarsi alla situazione
1
Per l'analisi di questo principio si rimanda al paragrafo 1.3.
2
Cfr. Reale, Le droit d'asile. Academie de Droit international. Recueil des Cours, La Haye , 1938, 482 e ss.; Bolesta-
Koziedbrodzki, Le droit d'asile, Leida, 1962, 37 e ss. Si noti che oltre alla protezione dell' individuo rifugiatosi nel
territorio di un altro Stato, espressione del potere e libertà di ogni stato nel proprio territorio, un altro fattore è stato
determinante per l'affermazione dell'asilo territoriale. Questo fattore consisteva nel peculiare significato che veniva
attribuito al fatto di essere costretti ad abbandonare il proprio paese, era una pena gravissima al pari, quasi, della pena di
morte. Ciò portava lo stato di origine a disinteressarsi totalmente della sorte dell'esiliato. Laddove esso avesse trovato
rifugio, nessuna pretesa di riconsegna era avanzata nei confronti della comunità che lo ospitava. L'asilo era cioè, una
mera situazione di fatto. No vi erano diritti e obblighi reciproci in relazione al soggetto, cui era stato offerta protezione,
condannato all'esilio per aver commesso un reato comune. Per quanto riguarda invece i reati politici, essendo fino al
XVII/XVIII sec. considerati più gravi di quelli di diritto comune, la loro repressione penale si estendeva anche al di
fuori del territorio nazionale, tanto che per essi, non era accordato asilo in suolo straniero. Questo orientamento non era
però condiviso a tutti gli stati. Taluni sovente concedevano asilo, contro la pretesa punitiva dello Stato perseguente,
perché avversari del paese di origine del rifugiato, o per i vantaggi materiali che potevano essere tratti dalle qualità
personali dello stesso. Rileva come, fino al XVII sec., né per i reati di diritto comune, né per quelli politici, la pratica
dell'asilo fosse supportata da una norma internazionale che ponesse a carico dello Stato di origine l'obbligo di rispettare
l'asilo concesso da un altro Stato sul proprio territorio. Non vi era ancora l'uso di stipulare trattati di estradizione.
3
Francioni, L'asilo diplomatico. Contributo allo studio delle consuetudini regionali, Milano, 1973, 4.
4
Ibidem nota precedente.
2
politica o sociale esistente nel territorio dello Stato da cui provengono
5
.
Lo Stato è obbligato in forza di una norma internazionale generale, a non penetrare e a non agire nel
territorio di tutti gli Stati con cui intrattenga relazioni di pace. Pertanto, laddove un individuo abbia
varcato le soglie di una frontiera, per sfuggire alle autorità di un diverso Stato, e sia stato ammesso a
soggiornare sul territorio di un altro Stato, acquista lo status di rifugiato
6
. Quando lo Stato del luogo
del rifugio non si limita solo a concedere l'ingresso e ad ammettere il soggiorno sul proprio
territorio, ma offre vera e propria protezione all'individuo per sottrarsi alla giustizia o all'autorità di
un altro Stato, si parla più precisamente di asilo
7
.
b) L'asilo diplomatico (o extraterritoriale, o interno), consiste nella protezione accordata da parte di
uno Stato al di fuori della propria sfera territoriale, da parte di agenti di uno Stato operanti entro il
territorio di uno Stato straniero, a individui che richiedano tale protezione per sottrarsi alla giustizia
locale
8
. Si parla di asilo extraterritoriale o interno proprio perché concesso a un soggetto che si
trova sul territorio dello Stato nel quale egli ha commesso un crimine, nelle sedi di missioni
diplomatiche, nei consolati, a bordo di navi da guerra o di navi adibite a esercizio della potestà
pubblica dello Stato, a bordo di aeromobili militari, nei luoghi riservati ad accantonamento di corpi
di truppa o a basi militari, o talvolta, anche a bordo di navi private. In tal senso la decisione di
accordare asilo comporta una deroga alla sovranità territoriale poiché sottrae il reo alla giustizia
dello Stato offeso e costituisce un intervento in questioni che sono riservate alla competenza
esclusiva dello Stato territoriale
9
.
Come affermato dalla Corte Permanente Internazionale di Giustizia
10
nella sentenza del 1297
relativa al caso Lotus
11
:
“ La limitazione primordiale imposta dal diritto internazionale allo Stato è quella di escludere, a
meno che non sussista una norma permissiva in contrario, ogni esercizio della sua autorità nel
territorio di un altro Stato. In questo senso la giurisdizione è indubbiamente territoriale; essa non
può essere esercitata da uno Stato al di fuori del suo territorio se non in forza di una norma
permissiva derivante dalla consuetudine internazionale o da una convenzione.”
5
Giuliano, Asilo(diritto di). Enciclopedia del diritto, vol. 3, Milano, 1958, 204 e ss.
6
Cfr. Giuliano, Asilo(diritto di), in Enciclopedia del diritto, vol. 3, Milano, 1958, 204 e ss.
7
Ibidem nota precedente.
8
Giuliano, Asilo(diritto di). Enciclopedia del diritto, vol. 3, Milano, 1958, 209.
9
Morrone, L'asilo nel diritto Internazionale. Diritto d'asilo, Padova, 2006, 31 e ss.
10
Corte internazionale della Società delle Nazioni fondata nel 1922 e sostituita nel 1946 dalla Corte internazionale di
Giustizia
11
CPJI- Cour Permanente de Justice International, Affaire du Lotus, France c. Trquie, 7 Septembre 1927 , CPJI Recueil
(1927) , Série A, n° 10, 18.