2mercato. Le dimensioni dell’ascolto vanno però ripensate alla luce del
cambiamento di paradigma in atto nella relazione tra collaboratori interni e
organizzazione.
La tesi parte dalle considerazioni appena svolte ed esplicitate nel primo capitolo
per addentrarsi nello studio dei modelli di ascolto delle relazioni interne
elaborati da diverse discipline, che vengono presentate nei capitoli 2, 3 e 4, e
che forniscono la cornice teorica per il successivo sviluppo di una proposta
concettuale integrata.
La prospettiva trattata nel secondo capitolo è quella della psicologia delle
organizzazioni, che attingendo dai concetti della psicologia individuale, sociale
e di gruppo interpreta lo studio delle relazioni interne focalizzandosi
sull’individuo. L’analisi dei contributi in letteratura parte dal costrutto
motivazionale con particolare riferimento allo sviluppo del commitment,
studiando diversi modelli che ne individuano gli antecedenti e le conseguenze
per l’organizzazione. La relazione tra individuo e azienda è successivamente
esplorata attraverso le dimensioni che portano l’individuo ad essere soddisfatto
del proprio lavoro e della propria organizzazione. In ultimo, sono analizzate le
indagini di clima, confrontando gli approcci teorici elaborati sul tema e le
ricerche che ne costituiscono la dimensione empirica.
Nel terzo capitolo, viene studiato il punto di vista etnografico, che si focalizza
non più sull’individuo ma sulla cultura organizzativa e sulle procedure e
meccanismi che la formazione di una cultura comporta anche all’interno di
un’organizzazione. La metodologia etnografica, avvalendosi di specifici
strumenti e fonti di ricerca, analizza il linguaggio dell’organizzazione, le
metafore, i riti e i cerimoniali evidenziando l’importanza della cultura
organizzativa per studiare le relazioni interne.
La prospettiva considerata nel quarto capitolo è quella delle teorie di
comunicazione in cui è centrale il concetto di relazione, come strumento per
raggiungere il successo attraverso una buona reputazione e la creazione di
fiducia con gli stakeholder. All’analisi delle reti di comunicazione e del ruolo che
3queste hanno nel determinare alcuni fenomeni organizzativi come il turnover,
segue lo studio dei modelli più accreditati per misurare l’efficacia comunicativa,
in cui è posta in luce la rilevanza della comunicazione organizzativa per
migliorare le relazioni tra azienda e dipendenti. Infine, si propongono due
modelli elaborati da studiosi di comunicazione, il cui obiettivo è la valutazione
della qualità delle relazioni.
Il capitolo 5 è dedicato all’elaborazione di un modello per la misurazione della
qualità delle relazioni interne che cerca di riunire i contributi maggiormente
rilevanti delle tre discipline studiate e cogliere, nello stesso tempo, le
trasformazioni in atto nel rapporto individuo-organizzazione.
Il modello concettuale alla base dello strumento vede al centro il costrutto di
relazione per interpretare e monitorare nel tempo il vivere organizzativo. Le
aree di analisi individuate per misurare la qualità delle relazioni interne sono la
fedeltà e la partnership, intese come due stadi successivi del ciclo di vita
relazionale tra individuo e organizzazione. Queste due macro aree interpretano
il cambiamento in atto nel contesto organizzativo, legato alla necessità di
un’area di condivisione sempre maggiore tra individuo e organizzazione. Dalla
struttura concettuale è stato elaborato il questionario, che successivamente è
stato sottoposto a cinque consulenti aziendali per effettuare un pre-test
attraverso delle interviste. Alla luce dei commenti raccolti nella fase di pre-test,
la proposta iniziale ha subito modifiche e miglioramenti nel modello, nella
stesura degli item e nella metodologia. La versione rivista del questionario è
presentata nell’allegato A alla fine del capitolo 5.
51. Le relazioni tra organizzazioni e collaboratori
interni
Studiare il mondo delle imprese e i soggetti che ne fanno parte oggi è diventato
molto più complesso che nel passato. Rispetto ai decenni precedenti, l’attualità
organizzativa non presenta più facili categorizzazioni e tracce interpretative, ma
risulta più liquida e in continua trasformazione.
Passando da una logica di produzione e vendita ad una logica centrata sul
cliente-consumatore, sui suoi bisogni e sulle sue aspettative, l’ascolto degli
interlocutori è diventato un obiettivo strategico per tutte le imprese che operano
in un contesto altamente competitivo. La definizione di una nuova rotta e di un
nuovo modo di intendere il ruolo di impresa nella società ha portato anche ad
una rivisitazione del ruolo e del valore delle persone all’interno delle
organizzazioni.
Così come il consumatore non “subisce” più l’offerta delle aziende, ma ne
diventa artefice attraverso le sue scelte di consumo, così il dipendente non è
più disposto ad accontentarsi di fare il proprio lavoro e ottenere uno stipendio.
L’individuo vuole esprimere la sua soggettività all’interno dell’ambiente
lavorativo, attraverso una sorta di cittadinanza consapevole nell’organizzazione
a cui appartiene (Del Mare, 2005).
Il lavoro non è più semplice svolgimento di attività necessarie al proprio
sostentamento, ma scelta consapevole di un mondo di valori, di un sistema di
relazioni che costituiscono per l’individuo un orizzonte temporale realistico. Il
tempo trascorso al lavoro non è percepito come sospensione dalla vera vita, ma
come un momento e un luogo di socializzazione e di espressione del sé
(Barone, 2005).
6A questa nuova dimensione del sociale d’impresa si aggiunge, la crescente
competitività dell’economia, che spinge le aziende a valorizzare le proprie
risorse interne come veicolo di vantaggi competitivi legati all’importanza degli
elementi immateriali dei beni e dei servizi.
Il cambiamento di paradigma ha portato all’affermarsi del concetto di
organizzazione come sistema significativo di persone e gruppi, risorse e
competenze, un “sistema sociale” dotato di senso (Rampini, 1990), costituito da
un intreccio di relazioni che si adattano ed interagiscono con l’esterno. Capire
l’organizzazione significa, dunque, studiare le relazioni che essa instaura con il
mondo a partire dalle relazioni che la costituiscono all’interno.
Le relazioni sono rapporti protratti nel tempo che hanno una natura dinamica e
complessa e che possono essere classificate in diversi modi, a seconda della
prospettiva di studio adottata (Mazzei, 2004).
Una possibile classificazione da un punto di vista della comunicazione è quella
che fa Grunig (1993) tra relazioni simboliche e relazioni comportamentali. Le
prime consistono nei messaggi diffusi con i tradizionali mezzi di comunicazione,
mentre le relazioni comportamentali sono basate su interazioni effettive, sui
comportamenti reiterati nel tempo da parte dell’organizzazione, che ne
manifestano l’impegno nel lungo periodo.
Un’altra classificazione a cavallo tra la comunicazione e gli approcci psicologici
al tema, è quella di Romano e Felicioli (1992). I due autori distinguono tre
fondamentali tipologie di relazioni che si intrecciano nel sistema organizzativo:
• Relazioni prescritte: le relazioni istituite formalmente all’interno
dell’organizzazione e riconosciute;
• Relazioni percepite: insieme delle percezioni, dei significati e delle
valenze attribuite dalle persone alle relazioni interne
all’organizzazione;
7• Relazioni desiderate/respinte: cioè la preferenza o il rifiuto di alcune
relazioni.
Dal punto di vista del marketing, infine, le relazioni possono essere distinte in
due categorie: relazioni di scambio, basate su un beneficio reciproco tra le parti,
e relazioni comunitarie, dove lo scopo è contribuire al benessere dell’altra parte
senza l’aspettativa di un beneficio in contropartita (Clarks, Mills, 1993 in Mazzei,
2004).
Nell’ambito delle teorie di marketing, infatti, si è verificato negli ultimi anni un
cambio di paradigma importante che interpreta le relazioni come chiave di volta
per comprendere l’organizzazione e il sistema economico e sociale in cui
l’azienda opera (Kotler, 1991). Con il marketing relazionale si afferma il
“paradigma del network”, che individua nella rete la struttura della competitività
globale (Thorelli, 1986) e nella condivisione di norme e nella fiducia reciproca le
basi del buon funzionamento delle attività delle organizzazioni (Achrol, 1991).
Secondo questo approccio, infatti, per essere competitivi nell’economia globale
è necessario per l’organizzazione costruire e mantenere relazioni di lunga
durata con i propri stakeholder.
L’esistenza di diverse forme e tipologie di scambi ha fatto sì che si
sviluppassero diverse definizioni di marketing relazionale, a seconda
dell’interlocutore dell’organizzazione. Per comprendere in un’unica definizione
tutte le relazioni dell’impresa e focalizzare l’attenzione sul processo di
mantenimento e implementazione delle relazioni, Morgan e Hunt (1994)
definiscono il marketing relazionale come “tutte le attività di marketing
indirizzate a stabilire, sviluppare e mantenere scambi relazionali di successo”.
Escludendo le forme di relazione che riguardano specifiche transazioni e sono
di durata limitata nel tempo, gli scambi relazionali di un’organizzazione sono
indirizzati verso gruppi di destinatari diversi. Si possono distinguere quattro
categorie di partner relazionali: fornitori, partner laterali, clienti e interni (Morgan
e Hunt, 1994). (Figura 1.1)
8Figura 1.1 Il sistema di relazioni dell’organizzazione
(Fonte: Morgan e Hunt, 1994)
Nel primo gruppo sono comprese le relazioni che l’organizzazione instaura sia
con i fornitori di materie prime o manufatti sia con i fornitori di servizi, come
agenzie di marketing o di pubblicità.
Nel secondo gruppo rientrano le alleanze con i competitor per progetti di co-
marketing o di ricerca tecnologica, le partnership per scopi benefici con
organizzazioni non profit e gli accordi con le istituzioni locali o nazionali per
promuovere la ricerca e lo sviluppo.
Gli scambi relazionali con i clienti indicano il rapporto tra l’organizzazione e i
suoi clienti finali, cioè i consumatori, e i suoi clienti intermedi, vale a dire i
rapporti verticali di canale.
Il quarto gruppo riguarda le relazioni tra l’organizzazione e i dipartimenti
funzionali, le business unit e i dipendenti in generale.
ORGANIZZAZIONE
Fornitori di beni Fornitori di servizi
Organizzazioni
non profit
Competitors
Istituzioni
Consumatori finali
Dipendenti
Clienti intermedi
Dipartimenti di
funzione
Business Unit
Partnership
con i fornitori
Partnership
interne
Partnership
laterali
Partnership
con i clienti
9Inserire i collaboratori interni all’interno dei pubblici con i quali l’organizzazione
instaura relazioni, permette di cogliere l’importanza della gestione delle persone
come leva strategica per garantire successo all’impresa. Nel prossimo
paragrafo vengono presi in considerazione alcuni esempi di modelli di strategia
organizzativa che considerano le risorse umane un asset fondamentale per
l’impresa che vuole migliorare le sue performance in ottica di lungo periodo,
cogliendo possibilità di crescita e di innovazione. L’interesse crescente anche
delle teorie organizzative nella gestione delle risorse umane e i mutamenti del
contesto competitivo e socioculturale portano a ripensare i tradizionali modelli
interpretativi alla luce di nuove dimensioni del rapporto tra individuo e
organizzazione. Nel secondo paragrafo vengono quindi indicate le nuove
prospettive di ascolto delle relazioni interne per giungere alla comprensione del
cambiamento in atto e introdurre allo studio dei modelli elaborati dalla
psicologia delle organizzazioni, dall’etnografia e dalle teorie di comunicazione
che vengono presi in considerazione nei successivi capitoli, come punto di
partenza teorico per l’elaborazione di una proposta concettuale integrata.
1.1. Le relazioni interne nella strategia di business
L’ipotesi che le risorse umane siano decisive nel determinare il successo
dell’impresa nel business è testimoniato dalla crescente attenzione che gli
studiosi hanno rivolto al tema. Quando si parla di ruolo strategico delle persone
in azienda, infatti, ci si riferisce al contributo insostituibile che queste devono
fornire nel trasformare la strategia intenzionale in una strategia realizzativa
(Mintzberg, Waters, 1985 in Cappellari, 2001).
La strategia delle organizzazioni si configura sempre meno come un sistema
articolato e prescrittivo di obiettivi e più come un insieme di linee guida che
orientano ad un livello macro il comportamento degli individui all’interno
dell’impresa lasciando ampi spazi all’innovazione. Grazie alla diffusione delle
10
informazioni e della cultura manageriale a tutti i livelli, ogni individuo diventa
artefice della strategia aziendale e si trova in condizione di individuare le strade
da percorrere (Cappellari, 2001). In questo senso può essere letto il ruolo
strategico delle risorse umane e l’importanza di una gestione attenta di questa
leva competitiva.
Particolare importanza riveste, quindi, la considerazione della generazione di
nuova conoscenza. Partendo dai contributi della resource-based view e del
Knowledge Management, la letteratura ha evidenziato il ruolo del capitale
sociale nella gestione delle aziende (Cappellari, 2001). Il capitale sociale è
l’insieme delle connessioni attive delle persone, dato dalla fiducia, dalla
comprensione reciproca, dai valori e dai comportamenti condivisi che legano in
un network i membri di una comunità rendendo possibile la cooperazione
(Cohen, Prusak, 2001).
Il tema è di grande attualità in quanto oggi gran parte del lavoro in
organizzazione è “volontario”, poiché non è basato su logiche meccaniche e
ripetitive di puro svolgimento di un compito, ma sempre più richiede la
partecipazione intelligente e consapevole dell’individuo, evidenziando il ruolo
della persona come parte attiva del processo lavorativo e il ruolo della
conoscenza tacita nel generare il vantaggio competitivo per l’azienda.
I vantaggi della generazione di capitale sociale sono legati all’aumento di
condivisione di informazioni dato dalla fiducia reciproca e dalla condivisione di
obiettivi, che a sua volta porta alla generazione di nuova conoscenza. Un
elevato capitale sociale conduce anche alla diminuzione dei livelli di turnover,
dovuto ai legami fiduciari che si creano, e ad un migliore coordinamento dei
comportamenti attraverso una cultura condivisa (Cohen, Prusak, 2001).
Dall’analisi del cambiamento in atto nel contratto psicologico tra individuo e
organizzazione e del nuovo ruolo della persona nelle strategie di business,
emerge la necessità di ripensare alla gestione degli individui all’interno
dell’organizzazione. Le risposte a questa necessità si collocano su più livelli. Ad
un livello micro, le implicazioni per il management che si trova a gestire le
11
risorse interne riguardano la stimolazione dei desideri, delle aspirazioni delle
persone (empowerment), la promozione di un interesse spontaneo nei confronti
dell’azienda (commitment) e la professionalizzazione del compito lavorativo
(modello delle competenze). A livello macro, la gestione delle risorse umane
comprende il far leva sulla progettazione organizzativa attraverso i concetti di
cultura organizzativa, visione e stili di leadership. I due tipi di interventi
configurano un modello gestionale che si basa su “una nuova partnership tra
direzione e gestione delle risorse umane” (Solari, Zanon, 2000, pag. 214).
Diversi sono i modelli di strategia organizzativa che pongono le risorse umane
come uno dei fattori strategici di successo. Il punto di partenza teorico è il
modello della Balanced Score Card di Norton e Kaplan (1996). Questo
strumento nasce per declinare nell’operatività la visone strategica dell’azienda
attraverso un sistema integrato di misuratori finanziari e non finanziari. Partendo
dalla considerazione che gli indicatori di performance finanziaria misurano gli
eventi passati dell’organizzazione ma non i driver per una crescita futura,
Norton e Kaplan (1996) propongono la declinazione degli obiettivi strategici
attraverso quattro prospettive: Apprendimento e crescita, Processi, Clienti e
Risultati finanziari. All’interno di ogni ambito l’organizzazione deve individuare
dei misuratori di risultato e dei driver che permettono di raggiungere l’obiettivo. I
misuratori di risultato sono gli indicatori di performance (KPI) con cui vengono
misurate le prestazioni, mentre i driver sono le variabili che determinano
l’andamento dei misuratori e sulle quali l’organizzazione può intervenire in
maniera diretta. Ogni organizzazione declina degli obiettivi da raggiungere
collegati alla visione strategica e individua delle leve attraverso le quali è
possibile raggiungere i target prefissati.
Le risorse umane si trovano all’interno del modello nell’ambito
dell’Apprendimento e crescita, sia in termini di offerta formativa che
l’organizzazione deve dare ai suoi collaboratori per permettere loro di svolgere
al meglio i processi interni, sia in termini di motivazione, empowerment e
allineamento alle strategie aziendali. All’interno di questo ambito si trova anche
il sistema informativo dell’organizzazione come strumento da fornire ai propri
12
collaboratori affinché abbiano le informazioni corrette e in tempo per rendere
operativi i processi di business. Esempi di indicatori di performance nell’ambito
apprendimento e crescita sono la soddisfazione, la produttività e la lealtà dei
dipendenti, mentre i driver possono essere gli skill strategici, cioè le capacità
fondamentali per operare nell’attuale contesto lavorativo, e il clima
organizzativo, cioè le modalità di gestione delle persone, come il teamwork e il
processo decisionale.
In questa sede, non si ha l’intento di approfondire l’utilizzo e la declinazione di
uno strumento complesso di misurazione come la Balanced Score Card, ma
semplicemente si vuole sottolineare come anche strumenti di strategia
aziendale che hanno ottenuto grande applicazione e successo nelle
organizzazioni, colgono l’importanza della gestione delle persone come leve
strategiche per migliorare le performance aziendali.
La rilevanza dello strumento per lo studio delle relazioni interne così come lo si
intende in questo elaborato sta nella concatenazione delle quattro prospettive in
una sequenza di ipotesi sulle relazioni di causa-effetto tra i misuratori e i driver
di performance. Ogni indicatore declina un percorso della strategia aziendale
attraverso le quattro prospettive, che quindi sono correlate l’una all’altra
secondo lo schema esemplificato in figura 1.2.
Un esempio di indicatore della performance finanziaria è il ROCE, il ritorno sul
capitale impiegato (Financial). Un driver di questo indicatore può essere la
ripetizione e l’aumento degli acquisti da parte di un cliente (Customer), come
risultato di un alto livello di soddisfazione. La lealtà del cliente può essere legata
alla valutazione positiva che il cliente fa del sevizio di consegna puntuale da
parte dell’organizzazione (driver nella prospettiva Customer), che a sua volta
dipende dalla qualità dei processi interni e dalla gestione del ciclo produttivo
(Internal Process). Per avere dei processi interni ben gestiti e ridurre il ciclo
operativo è necessario avere delle persone formate e con le capacità adeguate
per l’implementazione di processi lineari ed efficienti (Learning and Growth).
13
Figura 1.2 Esempio della relazioni di causa–effetto nelle prospettive della
Balance Score Card
(Fonte: Norton, Kaplan, 1996)
Secondo questo esempio, le leve (driver) su cui l’organizzazione può agire per
aumentare il ROCE (Return on capital employed) sono dislocate sulle tre
prospettive dei clienti, dei processi e dell’apprendimento e crescita e si
influenzano reciprocamente. L’azione su questi driver non porta a risultati
immediati, ma è la condizione necessaria, secondo il modello di Norton e
Kaplan (1996), per innescare il circolo virtuoso che porta al miglioramento delle
performance finanziarie. L’ipotesi dei due autori stabilisce, infatti, che le
persone influenzano i risultati dell’organizzazione attraverso l’ottimizzazione dei
processi che sono alla base del buon funzionamento dell’organizzazione e della
soddisfazione dei clienti.
Con alcune varianti a questo modello, Heskett, Sasser e Schlessinger (1997)
hanno elaborato il modello della Strategic Service Vision. Un aspetto nuovo di
questo strumento rispetto alla Balance Score Card risiede nell’effetto di
retroazione che la soddisfazione e la lealtà del cliente hanno sulla prestazione
dei collaboratori. Se la Balanced Score Card presenta un continuum
14
unidirezionale in cui i fattori delle persone determinano, attraverso la qualità dei
processi, la soddisfazione e la lealtà dei clienti, la catena del profitto nella
Strategic Service Vison evidenzia la retroazione causale per cui la
soddisfazione e la lealtà dei clienti influenza positivamente il lavoro delle
persone in azienda. Il modello trova conferme principalmente nelle aziende di
servizi, dove il fattore umano ha un’importanza fondamentale nella gestione e
nella soddisfazione del cliente finale.
Le tre variabili in gioco sono i collaboratori, l’equazione del valore per il cliente e
il profitto. L’equazione del valore del cliente è la proposta di valore che l’azienda
fa in termini di risultati e qualità del processo in rapporto al prezzo e ai costi di
accesso al servizio. La relazione tra le tre variabili è causale e si alimenta in un
circolo virtuoso di miglioramento continuo. La produttività dei collaboratori,
infatti, ha influenza sull’equazione del valore per i clienti e questa a sua volta
determina la soddisfazione e la lealtà dei clienti stessi, portando maggior
profitto per l’azienda. L’alto livello di soddisfazione dei clienti ha influenza
positiva sulla soddisfazione delle persone dell’organizzazione che si sentono
gratificate per aver garantito un alto livello di servizio al cliente finale, secondo
quello che gli autori definiscono l’effetto specchio. (Figura 1.3)
Figura 1.3 Effetto specchio nella relazione cliente e collaboratore interno
(Fonte: Borgese, 2002)
Fedeltà
collaboratori
Soddisfazione
collaboratori
Comunicazione di
entusiasmo
Risposta alle
esigenze
Soddisfazione
del cliente
Relazione
positiva
Fedeltà
cliente
Conoscenza
esigenze
Capacità
collaboratori
15
Un altro modello che riconosce l’importanza delle risorse umane e della
valorizzazione di questo asset per migliorare i risultati di business è il modello
EFQM per l’Eccellenza.
L’European Foundation for Quality Management (EFQM) è un’organizzazione
non profit su base associativa, fondata nel 1988 per iniziativa di quattordici fra
le principali aziende europee, che si pone come obiettivo di promuovere in
Europea l’eccellenza sostenibile. L’EFQM ha elaborato un modello di
management che permette l’autovalutazione della posizione dell’azienda nel
cammino verso l’eccellenza in ottica di un continuo e sostenibile miglioramento.
Per quanto concerne l’obiettivo di questa tesi e senza entrare nella specificità
del modello, è utile sottolineare come anche all’interno di questo strumento che
copre tutte le aree di gestione organizzativa, il coinvolgimento e lo sviluppo
delle persone siano uno dei fattori che portano all’Eccellenza. (Figura 1.4)
Figura 1.4 I concetti fondamentali del modello EFQM
(Fonte: www.efqm.org)
Secondo il modello EFQM, le organizzazioni eccellenti riconoscono la crescente
importanza del capitale intellettuale del proprio personale e si avvalgono di tali
conoscenze a beneficio dell’organizzazione. Si massimizza il potenziale e il
coinvolgimento attivo dei propri dipendenti attraverso la condivisione di valori
16
comuni e una cultura della fiducia, della trasparenza e della
responsabilizzazione.
L’adozione del modello, che comprende altri otto criteri oltre a quello delle
Persone, permette anche di raggiungere migliori risultati di business. Un
recente studio del Dottor Vinod Singhal del Georgia Institute of Technology e
del Dottor Kevin Hendricks della University of Western Ontario (2000), infatti,
dimostra che le organizzazioni che adottano il modello EFQM raggiungono
migliori performance in termini di valore delle azioni, utile operativo, fatturato,
utili sulle vendite, tasso di occupazione e aumento di valore dei loro asset.
La ricerca, durata cinque anni, ha preso in considerazione 600 organizzazioni
con diversa struttura vincitrici di premi per la qualità, confrontandole con un
gruppo di controllo formato da organizzazioni di dimensioni analoghe e operanti
negli stessi settori. A titolo di esempio, si riporta un grafico elaborato dai risultati
dello studio che indica in termini percentuali il miglioramento delle performance
più elevato delle aziende vincitrici di premi per la qualità rispetto al gruppo di
controllo. (Figura 1.5)
Figura 1.5 Confronto di risultati di business tra organizzazioni “eccellenti” e
gruppo di controllo
(Fonte: www.efqm.org)