2
ha disegnato il nuovo volto delle norme contro la violenza sessuale e
ha inciso profondamente su un Codice Penale sempre più
irriconoscibile ed indecifrabile.
1
I delitti sessuali sono stati
riformulati secondo varie innovazioni di cui la più importante è senza
dubbio l’unificazione dei reati di “violenza carnale” e di “atti di
libidine violenti” sotto la più generica fattispecie di reato di “violenza
sessuale”. Con questa introduzione è opportuno sviluppare una
sufficiente indagine storica sulla legislazione, sulla dottrina e la
giurisprudenza che si è succeduta nel corso degli anni in tema di
violenza sessuale in modo da poter maglio comprendere il significato
della recente innovazione legislativa. Frutto di una lunga e travagliata
gestazione, questa riforma assume un valore genericamente culturale
e simbolico nella riqualificazione dei delitti sessuali come delitti
contro la persona. Tale riforma, infatti, è stata da tutti auspicata e
condivisa, in quanto conforme alle previsioni della nostra
Costituzione repubblicana che ormai aveva reso antinomica e
anacronistica la qualificazione autoritario-pubblicistica dei delitti
sessuali come reati contro la moralità pubblica
2
. Più di ogni altro
1 V. B. Romano, Il rinnovato volto delle norme contro la violenza sessuale: una timida riforma
dopo una lunga attesa , Diritto di famiglia e delle persone, 1996, 1610.
2
V. F. Mantovani, Diritto Penale. I delitti contro la libertà e l’intangibilità sessuale, Padova ,
1998 , 2.
3
intervento legislativo quello della legge sulla “ violenza sessuale “ è
stato connotato da forti istanze ideologico-emotive e politico-
culturali, inizialmente troppo in contrasto fra loro per riuscire a
comporsi in un disegno completamente coerente nelle nuova legge
3
.
Tutto ciò ha rallentato l’iter dei lavori parlamentari e ha anche fatto
maturare l’idea nelle forze politiche di non dare una eccessiva
valenza positiva alla tutela della libertà sessuale. Questa infatti non
aveva adeguata protezione in quanto vi era un’ ideologia autoritaria e
politicamente orientata verso la protezione di un bene di natura
collettiva: la moralità pubblica . Cosi nel corso degli anni si è
formato un consenso sociale sempre più teso ad una riforma globale e
rivoluzionaria per apportare a tale reati la giusta tutela non garantita
dal Codice Rocco. In particolare la nuova legge appare sostenuta
dalla convinzione di colmare vuoti di tutela della vecchia disciplina e
di riflettere la mutata sensibilità collettiva nell’affrontare il problema
della violenza sessuale. Una sensibilità collettiva che sicuramente era
stata influenzata dall’avvento della nostra Costituzione e da varie
riforme legislative già attuate in altri campi. Però, non bisogna
dimenticare che la qualificazione dei reati sessuali nell’ambito dei
3
V. M. Bertolino, Garantismo e scopi di tutela nella nuova disciplina dei reati di violenza
sessuale, in Jus, 1997,51.
4
delitti contro la moralità pubblica non costituisce il frutto solitario
dell’ideologia del codice Rocco, ma è seguita da una lunga tradizione
legislativa italiana e straniera.
5
§ 1 LA VIOLENZA SESSUALE NEL SETTECENTO-
OTTOCENTO.-
La violenza sessuale nel corso del Settecento è sicuramente ancorata
al concetto di stupro e alle sue varie qualificazioni. Ci troviamo in
un’epoca in cui l’attività sessuale non viene vista come espressione di
una libertà individuale, ma come vincolo al perseguimento di uno
scopo: la procreazione. In tale contesto qualsiasi rapporto sessuale
non orientato a tale scopo è visto come simbolo di un illecito.
L’ordinamento giuridico tende a controllare l’attività sessuale in
quanto portatrice di pubblici interessi. Da ciò può risultare non
difficile capire l’incriminazione dello stupro semplice, consistente nel
solo fatto della congiunzione carnale con una donna nubile, di onesti
costumi e dell’adulterio con donna coniugata. In questa prospettiva si
cerca per lo più di tutelare il valore pubblico della famiglia che ne
viene danneggiato. Infatti, la rilevanza dello stupro semplice
scompare di fronte alle prostitute (ormai abbandonate al commercio
carnale e inidonee a tutelare il valore della famiglia), ma si inasprisce
di fronte alle monache in quanto la loro verginità assume una
6
consistenza particolare. Ad un livello superiore dello stupro semplice
vi è lo stupro qualificato, in cui la qualifica consiste proprio nella
seduzione della donna. La terza figura criminosa è rappresentata
dallo stupro violento, caratterizzato appunto dal ricorso a violenza o
minaccia, veri e propri elementi aggravanti di una illiceità già fondata
sulla semplice congiunzione carnale. Ma già nel corso di questo
secolo iniziano delle prime critiche sulla rilevanza dello stupro
semplice. Si inizia a pensare che la donna non può essere vista solo
come oggetto passivo dl reato, ma come persona in grado di sedurre
o quanto meno di poter prestare il proprio consenso all’atto sessuale.
Un’Ordinanza francese del 1730 inizia a proporre l’immagine di una
donna che non è più solo vittima, ma anche un’abile seduttrice,
anche se lo scopo della normativa rimane sempre di tutelare “l’ordine
delle famiglie”. Il matrimonio riparatore viene utilizzato come mezzo
di riparazione dell’illecito, ma nello stesso tempo si sente sempre
l’esigenza di vedere la donna come vera vittima, sedotta e
abbandonata. La possibilità che la donna possa esprimere il proprio
consenso all’atto sessuale costituisce l’elemento che porta ad una
diversa visione dello stupro semplice. La legge Napoletana del 1779
non vede di buon occhio le donne che si apprestano in giudizio dopo
7
esser state stuprate; la normativa infatti cerca di privilegiare la
visione di una donna che mostri le sue virtù tacendo invece di rendere
pubblica l’offesa subita. La legge Toscana del 1754 punisce lo stupro
semplice con una pena pecuniaria se il giudice non condannerà il reo
a sposare la donna stuprata. Sarà quindi il caso concreto che
influenzerà la scelta del giudice di accordare la giusta tutela alla
donna e per fare ciò non si potrà fare a meno di esaminare le prove ed
i rapporti tra i soggetti. Il problema della rilevanza penale dello
stupro semplice continua anche nel corso dell’Ottocento, un’epoca in
cui il sistema penale inizia a incrinarsi perché, come già rilevava
Cesare Beccarla: “ Il sistema penale repressivo si incrina, la
preminente tutela accordata all’ordine delle famiglie è costretta a
fronteggiare le ingiustizie generate dall’aver considerato la società
un’unione di famiglie piuttosto che di uomini”
4
. Questo secolo deve
essere visto come la conferma del cammino della scienza verso la
civiltà, la prosecuzione delle concezioni illuministiche
settecentesche. In un tale contesto si cerca allora di modificare
l’ampia figura dello stupro in quella più confacente allo sviluppo
sociale, cioè la violenza carnale. I fautori della depenalizzazione
4
V. C. Beccaria, Dei delitti e delle pene, edizione a cura di F.Venturi, Torino, 1956, 56.
8
dello stupro semplice fanno leva sulla consapevolezza che non vi può
essere principio giuridico che giustifichi la valenza penale di tale
delitto quando non vi è distinzione tra peccato e delitto. I giuristi che
invece difendono la rilevanza giuridica dello stupro semplice
considerano come punto di riferimento sempre la famiglia e ciò che
ne è alla base: il matrimonio. Per loro, lo stupro non fa altro che
alterare l’ordine delle famiglie e in questo modo arreca un danno
politico alla società. Un illustre giurista toscano Giuseppe Paccioni in
difesa dell’importanza dello stupro semplice mette inoltre in risalto
che: “ La legge e la prassi dei tribunali non possono contrastare con
la prima fra le virtù di una donna: la pudicizia; l’abbandono
volontario di essa non può essere guardato con indulgenza dalla legge
o addirittura essere premiato”
5
. Le qualificazioni dello stupro diverse
dalla violenza sono in tale epoca destinate a scomparire presto per
lasciare spazio al reato di violenza carnale. La tutela accordata dalla
legge diventa più specifica, più esigente: si pone ormai l’accento
sull’essenza del delitto: il dissenso del soggetto passivo. Per questo la
violenza carnale ormai ancorata sul consenso o dissenso può essere
ancora incardinata sul valore della famiglia, ma non evitare le
5
V. G. Cazzetta, “Colpevole col consentire”. Dallo stupro alla violenza sessuale nella penalistica
dell’Ottocento, in Rivista Italiana Diritto e Procedura Penale, 1997, 431.
9
critiche che porteranno successivamente ad un cambiamento del
valore di riferimento. Per quanto riguarda la legislazione ottocentesca
si può citare il Codice Napoletano del 1819 che colloca i reati
sessuali tra i “reati che attaccano la pace e l’onore delle famiglie”, il
Codice Toscano del 1853 che li pone tra i “ delitti contro il pudore e
contro l’ordine delle famiglie”, il Codice Sardo-Italiano del 1859 che
li inserisce tra i ”reati contro l’ordine delle famiglie” e infine il
Codice Albertino del 1839 che ripete la stessa elencazione di quello
Sardo. Si capisce, come tutti gli ordinamenti giuridici dell’epoca
siano orientati nel senso di dare al reato una collocazione e
dimensione pubblicistica che condizionerà la formazione del Codice
Zanardelli.
10
§ 2 LA VIOLENZA SESSUALE NEL CODICE ZANARDELLI.-
Il reato di violenza sessuale è presente anche nel Codice Zanardelli
del 1889 entrato in vigore il 1° Gennaio del 1890. Tale reato è
collocato nell’ambito del titolo VIII “dei delitti contro il buon
costume e l’ordine delle famiglie “. Il titolo è suddiviso in sette capi:
nel primo (artt. 331-339) sono dettate le norme contro la violenza
carnale, atti di libidine violenti, corruzione di minorenni, incesto, atti
osceni in luogo pubblico , distribuzione/esposizione/messa in vendita
di scritture, disegni o altri oggetti osceni. Negli altri capi vengono
contemplati vari delitti: il ratto, l’induzione o costrizione alla
prostituzione, l’adulterio e la bigamia. Da ciò si evince subito che il
nostro attuale delitto di violenza sessuale è composto da due
fattispecie: la violenza carnale(art.331) e gli atti di libidine
violenti(art.333). Del primo delitto si rende responsabile “chiunque
con violenza e minaccia avesse costretto una persona dell’uno o
dell’altro sesso a congiunzione carnale”. Del secondo delitto viene
imputato “chi con violenza e minaccia avesse commesso su una
persona dell’uno o dell’altro sesso atti di libidine non diretti a
11
commettere il delitto di violenza carnale”. Il Codice prevede anche
ipotesi in cui tali reati si realizzano indipendentemente dall’uso di
violenza e minaccia, ma in considerazione dell’età della vittima o
delle sue condizioni psico-fisiche. L’art. 332 prevede anche la
violenza carnale commessa mediante abuso d’autorità, di fiducia o di
relazioni domestiche. L’abuso d’autorità è quindi visto come
circostanza aggravante della violenza carnale e porta, dunque, ad un
aumento di pena. La nuova normativa apporta al reato di violenza
carnale delle innovazioni fondamentali. La prima caratteristica è
nella configurazione delle due diverse ipotesi delittuose in quanto si
tiene presente che l’offesa all’inviolabilità carnale può essere di
diversa gravità e quindi sanzionata diversamente. In effetti è diverso
il caso in cui un soggetto tocchi fugacemente una parte erogena del
corpo altrui, da chi penetri con il proprio organo sessuale nel corpo
altrui
6
. Un punto in cui il Codice Zanardelli si distingue dalle
precedenti legislazioni è nella previsione in cui, per la realizzazione
delle due ipotesi delittuose si esige la violenza o la minaccia e non il
semplice dissenso. Per quanto riguarda i valori di riferimento, ossia i
beni che la normativa intende tutelare incriminando la violenza
6
V. F.Coppi, I reati sessuali, a cura di F.Coppi, Torino, 2000, 9.
12
carnale, si deve ancora riconoscere che tali beni in questione sono
ancora di natura pubblica: il buon costume e l’ordine delle famiglie.
Tutto ciò appare chiaro nella Relazione Ministeriale del 1887: “il
buon costume e l’ordine delle famiglie sono beni giuridici essenziali
della civile società i quali si integrano reciprocamente e perciò si
trovano accoppiati anche in relazione alla tutela penale per essi
stabilita “
7
. Il primo bene giuridico è inteso come “l’ordine etico-
giuridico costituito dall’osservanza di quei limiti che sono ritenuti
necessari per la sicurezza, per la libertà e per la moralità dei rapporti
sessuali”. Il secondo viene individuato “nell’istituto giuridico
familiare regolato dallo Stato nel pubblico interesse, considerato nel
complesso di quelle norme che tendono ad assicurare la moralità
sessuale nelle famiglie e in rapporto ad esse, e che impongono
l’osservanza delle leggi giuridico-naturali della generazione“
8
. Il
Codice Zanardelli rispettando le esigenze di una società ancora in una
lenta evoluzione, vede la violenza carnale come lesione
dell’inviolabilità carnale e come espressione di un interesse sociale e
pubblico che lo Stato deve garantire e proteggere. Le ragioni della
tutela penale in questo modo non sono direttamente e
7
V. Manzini, Trattato di diritto penale italiano, VI, Milano-Torino-Roma, 1915, 529.
8
V. Manzini, Opera cit., VI , Milano-Torino-Roma, 1915, 529.
13
immediatamente nel riconoscimento di un bene di cui titolare è la
persona. La tutela del singolo finisce in secondo piano schiacciata
dall’esigenza, dalla consapevolezza e dalla necessità di proteggere
beni ritenuti superiori ai valori di cui solo la persona è portatrice
9
.
9
V. F.Coppi, Opera cit., Torino, 2000, 8.
14
§ 3 LA VIOLENZA SESSUALE NEL CODICE ROCCO.-
La violenza carnale e con essa i vari delitti sessuali sono presenti
anche nel Codice Rocco del 1930 entrato in vigore il 1°Luglio del
1931. La nuova normativa apporta ai delitti sessuali delle novità
rispetto al precedente Codice Zanardelli, ma nello stesso tempo
solleva problematiche molto importanti che troveranno poi sbocco
nella legge n°66 del 15 Febbraio 1996. La violenza carnale viene
collocata nel titolo IX del secondo libro dedicato ai “ delitti contro la
moralità pubblica e il buon costume “; in particolare, nel capo primo
del titolo IX dedicato ai delitti contro la libertà sessuale, vengono
disciplinati i delitti di violenza carnale (art.519) e gli atti di libidine
violenti (art.521). Ma esiste ancora la distinzione già nota tra questi
due reati e quindi ancora non si può parlare di un unico reato come
prevede l’attuale normativa. Le relative norme continuano a ritenere
essenziale nella condotta costitutiva del reato la violenza e la
minaccia del soggetto agente e non ritengono sufficiente il mero
dissenso della persona offesa. Secondo l’art. 519 risponde di violenza
carnale “chiunque, con violenza o minaccia, costringe taluno a
15
congiunzione carnale”. L’art. 521 punisce “chiunque, usando mezzi o
valendosi delle condizioni indicate nei due articoli precedenti,
commette su taluno atti di libidine diversi dalla congiunzione
carnale” o “costringe o induce taluno a commettere taluno atti di
libidine su se stesso, sulla persona del colpevole o su altri”. Nel
suddetto Codice sono sempre presenti i vari casi di punibilità della
congiunzione carnale commessa senza violenza o minaccia, ma in
relazione all’età della vittima o delle sue condizioni di salute. L’art.
520 prevede anche il caso di violenza carnale abusiva, cioè il caso in
cui “il pubblico ufficiale si congiunge carnalmente con una persona
arrestata o detenuta, di cui ha la custodia per ragione del suo ufficio,
ovvero con persona che è a lui affidata in esecuzione di un
provvedimento dell’autorità competente”. La prima novità di assoluto
rilievo che la normativa presenta è la rottura del binomio buon
costume-ordine delle famiglie, sostituito dalla tutela della moralità
pubblica come valore leso dai vari delitti. In particolare la moralità
pubblica viene individuata come coscienza etica di un popolo in un
dato momento storico, limitatamente alle manifestazioni dell’istinto
sessuale che si pongono in contrasto con la coscienza etica comune.