3
vista dell’elaborazione di una teoria generale dell’illecito penale
orientata in senso costituzionale: finchè ci saranno le “emergenze” a
rendere frammentario il quadro politico-istituzionale, ci saranno
problemi per una riforma del nostro codice nel senso della teoria
sopracitata
2
.
Legato al problema della restrizione delle garanzie costituzionali si
presenta il discorso inerente all’elemento soggettivo della fattispecie:
infatti, la presenza della “finalità di terrorismo ed eversione”, oltre a
costituire l’ elemento “specializzante” della fattispecie e il criterio di
attribuzione di un trattamento sanzionatorio maggiore
3
, costituisce
anche un fattore sul quale riflettere; questo poiché rappresenta una
delle più evidenti espressioni della tendenza a dare maggiore spazio,
nella formulazione normativa, al disvalore di azione piuttosto che al
disvalore d’evento, ad evidente discapito delle garanzie di certezza e
di legalità insite, al contrario, nella realizzazione dell’evento lesivo.
Il secondo effetto prodotto dall’art. 270bis nei confronti
dell’ordinamento penale globale è legato alla problematica della sua
attuale applicazione.
Invero, l’emergenza non costituisce una delle categorie fondamentali
del sistema, anzi può, al più, essere ricondotta ad un “sottosistema”
normativo
4
; di conseguenza, ci si interroga su quali siano i presupposti
in relazione ai quali si continua a far riferimento a questa categoria al
fine della disciplina di fatti assolutamente differenti da quelli per i
quali sono state specificamente create le norme, sia nell’impiego degli
strumenti processuali sia in quello degli strumenti sostanziali.
2
G. Fiandaca- E. Musco, Diritto penale, parte generale, Bologna 1996, XXXVIII.
3
N. Mazzacuva, Il “soggettivismo” nel diritto penale: tendenze attuali ed
osservazioni critiche, F.I.1983, 45-64, 46.
4
M. Donini, Teoria del reato, voce Digesto disc. pen., Torino1987, 221-298, 296.
4
Il contesto nel quale si ricade è quello, vastissimo, del principio di
legalità e dei suoi corollari, tra cui, in questo caso, rilevano
maggiormente il principio di tassatività ed il conseguente divieto di
analogia; il risultato finale di questa situazione consiste, puntualmente,
nell’attuazione di una prassi, ormai anche consolidata, di elusione
della legge.
La sottile differenza esistente fra divieto di analogia ed interpretazione
estensiva molto frequentemente permette ai giudici di operare delle
vere e proprie “commistioni”, in nome dell’ “esigenza” di voler
“sanare” il sistema normativo con un’interpretazione spregiudicata ed
incerta, che mira esclusivamente a realizzare i bisogni di “giustizia
sostanziale” dettati dalle carenze della nostra normazione,
compensandole però con un’elusione vera e propria del divieto di
analogia in malam partem
5
.
In realtà, l’analogia prima ancora di essere un problema intellettuale, è
un problema derivante dal conflitto fra poteri dello Stato: esso
riguarda il rapporto, o meglio, lo scontro, fra potere legislativo e
potere giudiziario, il quale, anziché sottostare alla legge, ne travalica i
confini non solo “oltre”, ma anche “contro” la volontà della legge
stessa; infatti, o si occupa di spazi che la legge non ha inteso punire, o
colma lacune che realmente esistono, ma lo fa in malam partem.
5
R. Rinaldi, L’analogia e l’interpretazione estensiva nell’applicazione della
legge penale, RIDPP, Milano 1994, I, 195-226, 196.
5
CAPITOLO I
PREMESSE DI ORDINE SOCIO-CULTURALE
1.1 Profili storico-sociali.
Nonostante l’emergenza derivante dal terrorismo possa ormai
considerarsi cessata, altrettanto non si può dire per quel che concerne i
problemi direttamente collegabili al “decennio dei terrorismi”
1
: infatti,
si denota con una certa chiarezza che ancora, nonostante tutte le
ricerche fatte sull’argomento, non sono chiari quelli che potrebbero
essere stati gli elementi scatenanti del fenomeno. Le fonti che
abbiamo a disposizione, dal canto loro, ci aiutano relativamente:
molto spesso ci troviamo di fronte a materiale frammentario, ad
interpretazioni, per così dire, “ ideologiche”, che fondano l’esistenza
del terrorismo in base a teorie riguardanti la politica o il “sistema”.
D’altra parte, queste notizie, seppur disorganiche, ci permettono di
individuare alcuni punti saldi, dai quali si può far partire la nostra
trattazione.
Si ritiene opportuno iniziare il lavoro dando una definizione del
fenomeno: alla domanda “che cos’è il terrorismo” rispondiamo che il
terrorismo non è altro che il frutto di una lotta tra due tipi di società:
da una parte abbiamo la società globale, dall’altra abbiamo un
“microcosmo” di individui che, per mezzo di azioni spietate,
perseguono il loro ideale di società migliore
2
. All’interno di questo
1
G. Pasquino, La prova delle armi, Bologna 1984, 9.
2
H.H.A. Cooper, La politica del terrore, Giustizia e cost., Roma 1978, 35-38, 35.
6
“microcosmo” si distinguono fondamentalmente due tipi di
organizzazioni clandestine: un tipo professava il mutamento eversivo
del sistema costituzionale mediante l’instaurazione di un regime neo-
fascista (c.d. terrorismo nero), l’altro tipo professava un’insurrezione
da sinistra, ai fini dell’instaurazione di una “dittatura proletaria”. Ci si
chiede molto spesso quale possa essere stato il fattore scatenante del
fenomeno.
In questi casi ciò che si rivela essenziale è l’esistenza di un’ampia
pubblicistica a riguardo; tuttavia, la situazione che si presenta è
piuttosto “varia”: mentre i terroristi di sinistra si sono sempre
“preoccupati” di documentare e rivendicare le proprie azioni,
fornendoci di conseguenza la possibilità di trarre spunti interpretativi
dal materiale che c’è pervenuto, lo stesso non si può dire per i
terroristi di destra. Spesso ci si chiede quale possa essere il motivo,
ebbene, si ritiene che tutto si riduca ad una linea tattica: mentre gli
eversori di sinistra ritenevano opportuno rendere pubbliche le
motivazioni in base alle quali “erano tenuti ad agire”, gli eversori di
destra sono stati sempre volutamente nell’ombra. Ma ci sono anche
altre possibili cause. Un fattore determinante è sicuramente quello
della mancanza fra le fila dei “neri”, di quelli che sono definiti “pentiti
di rilievo”, in altre parole di persone che, con l’atto del “pentirsi” per
le azioni compiute, abbiano fornito un ausilio piuttosto notevole per le
indagini giudiziarie.
Un altro fattore da non sottovalutare consiste nell’atteggiamento col
quale si è posta la magistratura nei confronti del terrorismo di destra.
L’operato dei giudici è sempre stato nel senso di accertare “chi” ha
piazzato la tale bomba, “chi” ha commesso quell’omicidio etc., il tutto
in ossequio al principio costituzionale secondo il quale “la
7
responsabilità penale è personale”. Sul piano giuridico, l’aderenza da
parte dei giudici a questo principio è stata sicuramente fondamentale
ai fini di un “corretto” svolgimento dei processi; sul piano storico,
invece, l’aver seguito prevalentemente questa linea ha in qualche
modo pregiudicato la comprensione di alcuni elementi attinenti al
profilo strutturale delle organizzazioni.
Un altro elemento che ha pregiudicato molto la conoscenza della
destra eversiva è stato sempre l’atteggiamento dei giudici, però
stavolta nell’impostazione delle indagini giudiziarie: infatti, la
magistratura ha sempre perseguitato le associazioni eversive di destra
in forza della “legge Scelba”, in altre parole la legge che punisce il
reato di ricostituzione del partito fascista. I risultati di possono
facilmente dedurre: la persecuzione di un fatto costituente reato ai
sensi si una determinata fattispecie darà sicuramente risultati
insoddisfacenti qualora, in un secondo momento, si riconosca
l’erroneità della fattispecie applicata; nel senso che molti elementi
relativi alla formazione o costituzione dell’organizzazione non sono
stati considerati poiché si cercava di inquadrare giuridicamente le
organizzazioni di destra dentro gli schemi che richiamavano il partito
nazionale fascista di Mussolini. Quest’ultimo atteggiamento durò
comunque fino al 1978: proprio in questo periodo la magistratura
incominciò ad applicare anche ai terroristi di destra le normative che
riguardano le associazioni eversive, inserite fra l’altro nel codice
Rocco per la forte emergenza che stava creando il terrorismo di
sinistra. All’interrogativo se esista effettivamente un legame tra il
partito fascista e l’eversione di destra si risponde che, di certo, non si
può negare una certa “contiguità biologica”
3
con il vecchio fascismo,
3
D. della Porta, Terrorismi in Italia, Bologna 1984, 26.
8
poiché diversi appartenenti al gruppo mussoliniano hanno continuato a
fare politica anche durante gli anni settanta, ma allo stesso tempo è
anche vero che gli stessi, per ragioni di età, proprio durante gli anni
settanta terminarono le loro attività politiche; se guardiamo agli
obiettivi poi, l’ipotesi politica attorno alla quale si raccoglievano era
quella dell’eversione delle istituzioni democratiche e repubblicane,
protagoniste della politica della nostra nazione fin dal dopoguerra.
Protagonista del movimento eversivo sarà lo stato borghese, mediante
l’ausilio di squadre approntate contro gli avversari.
Si ritiene che il legame ci sia e sia di due tipi: storico e politico. Una
volta terminata la seconda guerra mondiale non si può di certo dire
che terminò anche la generazione dei fascisti; tutt’altro, essi iniziarono
una vera e propria attività politica, alla quale partecipava ampiamente
una moltitudine di soggetti provenienti dalla c.d. Repubblica di Salò.
Il fatto che molti partecipi provengano da Salò ha un suo significato:
quelle che furono le sorti di Salò si trasformarono poi nei sentimenti di
“ Patria svenduta” ed “onore tradito”
4
, costituenti a loro volta alcuni
dei “tasselli” dell’ideologia eversiva di destra. I capisaldi
dell’ideologia fascista sono “Potere” e la “volontà di rivoluzione”: per
questo motivo il fascismo ha finito col configurarsi con un movimento
che voleva imporre un regime autoritario irreggimentando la società di
massa
5
. Ebbene, anche i capisaldi dell’ideologia eversiva di destra
sono Potere e rivoluzione.
Il legame politico invece si fa risalire alla nascita, nel 1946, del
Movimento sociale italiano
6
.
4
D. della Porta, op. cit., 40.
5
D. della Porta, op. cit., 30
6
D. della Porta, op. cit., 27.
9
Nel 1948 questo partito arrivò in Parlamento. Essendo improntato
chiaramente in senso fascista, più volte in sede parlamentare si è
discusso dello scioglimento del Msi in quanto partito fascista e quindi,
vietato dalla Costituzione. E’ interessante notare che questa situazione
“ambigua” durò fino agli anni settanta: in questo periodo furono
imputati ai sensi della legge Scelba diversi esponenti del Msi, per
ricostituzione del partito fascista; da qui, a mio parere, può partire per
la ricerca dei “legami” tra i terroristi di destra e i neo-fascisti
organizzati in pubblico partito. Al di là di tutti i raccordi possibili,
vediamo, per quanto in questa sede c’è possibile, quali sono i gruppi
di destra e di ricordare anche alcune delle loro manifestazioni.
Nel 1951 a Roma ha inizio un processo penale nei confronti di 36
persone, accusati di aver creato il gruppo dei FAR, ovvero i c.d.
“Fasci d’azione rivoluzionaria”
7
; fra gli imputati ritroviamo Julius
Evola, che i posteri ci tramandano come uno dei più grandi ideologi
dell’eversione di destra, Pino Rauti e Clemente Graziani: l’accusa
principale era quella di aver effettuato diversi attentati utilizzando
ordigni esplosivi. Le caratteristiche di questi attentati mostrano, come
è del resto inevitabile che accada, anche le caratteristiche
dell’eversione di destra che ha operato nel periodo fra il ’45 e il ’68 :
l’individuazione dell’ “atto terroristico” è difficile da ritrovare, poiché
l’azione muore nel suo significato al momento in cui questa è
espletata. Non avendo, a mio parere, le idee chiare sul significato da
attribuire alle proprie azioni, e dimostrando invece di provare un
chiaro senso di “rabbia” nei confronti delle Istituzioni, forse è proprio
in quest’ultima quella che costituisce la motivazione in base alla quale
si sono formate le associazioni eversive di destra: affermare “a tutti i
7
D. della Porta, op. cit., 30.
10
costi” la propria esistenza, nei confronti di un governo retto dalle
masse cattoliche e social-comuniste
8
. Tra il 1969 e il 1970 fu fondato
un nuovo gruppo, denominato “Ordine nuovo”. La nascita di Ordine
nuovo trova le sue radici nel lontano 1956, quando un gruppo di
giovani “nostalgici” del fascismo si staccarono dal Msi per dare vita
ad una situazione corrispondente ai propri ideali. Il fondatore ufficiale
di On fu Clemente Graziani, il quale con l’aiuto di altri fondatori
costruì un’organizzazione che partiva, per poi ramificarsi, da Milano
fino ad Agrigento. Il motivo principale in virtù del quale On si staccò
dal Msi era il carattere non rivoluzionario del Msi; al contrario, così
come afferma lo stesso Graziani nel 1969: “I gruppuscoli… hanno
maggiore possibilità di manovra e di contrattazione politica”
9
.
Nonostante il suo carattere illegale, On riuscì a impiantare
un’organizzazione pressoché perfetta: propaganda, stampe, studenti
medi, universitari, lavoratori, esteri..; questi soltanto alcuni dei vari
settori in cui si suddivideva l’organizzazione, che a sua volta aveva
come segretario nazionale Graziani. Un altro gruppo che ha anche
segnato la storia dell’eversione di destra è Avanguardia nazionale.
Anche An, come On, è stata costituita a seguito di un distacco dal Msi.
Il fondatore di An è Stefano delle Chiaie, il quale a sua volta era un ex
ordinovista. L’ideologia di fondo di An non è molto dissimile da
quella di On: anche qui si parla della necessità di una rivoluzione
nazionale, con la particolarità che, dovendo pervenire alla rivoluzione,
si debba affrontare un momento di preliminare disordine provvisorio.
8
D. della Porta, op. cit., 31.
9
D. della Porta, op. cit., 34.
11
Anche An era dotata di una considerevole direzione nazionale:
contando un numero di cinquecento affiliati, le sedi erano
praticamente sparse in tutt’Italia; in questo caso, però, riteniamo
opportuno fare una precisazione: un numero piuttosto consistente di
sedi era in Meridione, con un’alta concentrazione in Calabria. Nel
1970 la stessa città di Reggio Calabria fu il centro di una serie di
rivolte, durate per quasi un anno e dirette da molti elementi
appartenenti a An
10
. Successivamente, alcuni degli esponenti della
ribellione reggina si spostano a Milano e compiono un'altra azione
“eclatante”: presso la sede di piazza Fontana della Banca nazionale
dell’agricoltura fanno esplodere un ordigno che uccide 17 persone e
ne ferisce 88.
I gruppi dei quali abbiamo accennato sono i più importanti
dell’eversione di destra. Tuttavia, numerose azioni sono state
compiute da gruppi che, o il loro nome durava “per il tempo dello
scoppio di una bomba”
11
, o non firmavano le azioni, oppure le azioni
erano firmate, però da gruppi rimasti praticamente oscuri. Un valido
esempio a riguardo è costituito da “Ordine nero”. Dietro questa sigla
alcuni pensano si nascondano esponenti di On, altri pensano ad un
gruppo nato spontaneamente, però da soggetti prima appartenenti ad
altri gruppi e riunitisi sotto questa sigla per distruggere On, il quale
era l’unico gruppo a non essersi “macchiato” di fatti di sangue, con la
finalità congiunta dell’esonero da responsabilità per le azioni
precedentemente commesse. Sicuramente c’è dietro a tutto questo una
ben precisa strategia di depistaggio, che si avvale delle “azioni
10
I c.d. “boia chi molla”. In un primo momento questo gruppo era stato
disprezzato dai neo-fascisti, ma non appena le rivolte iniziarono ad avere il loro
peso, fu considerato un “braccio” piuttosto valido per la realizzazione degli intenti
eversivi. Cfr. D. della Porta, op. cit., 48.
11
D. della Porta, Terrorismi in Italia, Bologna 1984, 51.
12
coperte”, ossia di quelle azioni che si prestano ad essere interpretate in
molteplici modi, ma che allo stesso tempo costituiscono quelle nei
confronti delle quali le Istituzioni rispondono con una certa
imparzialità: infatti in questi casi si risponde all’eversione nella sua
globalità.
Durante il biennio 1974/75 incominciano a verificarsi dei sintomi di
crisi all’interno dell’eversione di destra. Anzitutto, già nel dicembre
del 1973 il Ministro dell’interno sciolse coattivamente con un decreto
On, a seguito di un processo tenutosi a Roma contro On medesimo. I
giudici iniziarono numerose istruttorie contro l’eversione di destra
proprio in quegli anni; nel 1975 iniziò un processo contro An, che
portò a svariati arresti. Nel maggio del 1974 Giulio Andreotti, allora
leader governativo e democristiano, durante un’intervista denuncia
l’esistenza di un legame tra l’eversione di destra e i servizi segreti
12
:
da ciò si deduce ulteriormente che iniziano ad esserci delle “falle” nel
rapporto col Potere. Ma la crisi vera e propria gli eversori di destra la
vivono a livello interno: quelli degli anni settanta sono i militanti della
“nuova destra”, caratteristica non di una società nella quale gli
“esempi” di vita erano quelli tramandati dall’ideologia cattolica e
della famiglia patriarcale, ma di una società benestante e che vuole
usufruire di questo benessere. Di conseguenza si comprende anche
perché l’arruolamento delle nuove leve sia stato fatto anche con
discorsi più “moderni” del mito di Salò e del nazismo. A tutto ciò
basti aggiungere la presenza di un antagonista sempre più forte:
l’eversione di sinistra.
L’ideologia in base alla quale si muoveva l’eversione di destra è, per
certi versi, molto particolare. A parte l’evidenza del richiamo alla
12
Si parla a riguardo dei c. d. servizi segreti “deviati”.
13
pubblicistica del nazismo tedesco con il nome dato ad “Ordine
nuovo”
13
, caratteristica è la presenza del fattore magico-esoterico e di
alcuni rituali legati ad esso; prima d’ogni colpo richiamavano una
“segreta sapienza antica”, in virtù della quale avrebbero potuto
conseguire ciò cui si aspirava, in altre parole una dittatura
antiegalitaria, di tipo militare, che risolverà i problemi (mai ben
definiti). Che valore potevano avere i vari rituali? La sociologia è
piuttosto chiara a riguardo: tutto questo è indice del fatto che ci
troviamo in presenza d’uomini suddivisi tra loro in vari gruppi, ma
che sono pronti ad unire le loro forze quando si tratta di passare
all’azione
14
.
Al contrario dell’eversione “nera”, l’eversione “rossa” si presenta
molto meno coperta da “aloni di mistero”: vogliamo così apprestarci
ad effettuarne la trattazione in relazione ai documenti di cui
disponiamo.
Le notizie che abbiamo ci sono pervenute fondamentalmente
attraverso periodici della stessa sinistra eversiva, opuscoli, atti
giudiziari e giornali
15
: iniziamo la trattazione analizzando alcuni degli
scritti di Giangiacomo Feltrinelli, promotore della prima rete
rivoluzionaria clandestina in Europa, al fine di avviare sulla strada
della lotta il movimento comunista.
Feltrinelli vedeva la lotta del proletariato sotto una prospettiva
“strategica internazionalistica”, in altre parole voleva introdurre sia in
Italia sia in Europa lo stesso tipo di lotta armata che il movimento
rivoluzionario stava ormai attuando nei paesi sottosviluppati del terzo
13
Hitler parlava della necessità di costituire un “nuovo ordine” per mezzo dei
principi del nazismo. Cfr. D. della Porta, op. cit., 39.
14
D. della Porta, op. cit., 40.
15
Non appartenenti all’area eversiva. In D. della Porta, op. cit. , 77.
14
mondo; la particolarità di questo suo pensiero sta nell’intenzione di
spostare l’epicentro della lotta: dalla “periferia” del terzo mondo alla
“metropoli”
16
. A Feltrinelli si affiancarono alcuni gruppi, tra i quali
ricordiamo i Gruppi d’azione partigiana, organizzati dallo stesso
Feltrinelli, il Collettivo politico metropolitano, le Brigate rosse e
Potere operaio. Per quanto riguarda però Potere operaio e Brigate
rosse, l’unica protagonista della lotta antimperialista sarà la “classe
operaia” e non il “proletariato”
17
. Per quale motivo dalla periferia la
lotta si è spostata al centro del sistema? In un documento di Potere
operaio risalente al 1970, si spiega tutto in base ad una teoria di Marx:
il sistema è più debole dove la classe operaia è più forte. Visto che la
classe operaia in quel periodo si presentava molto battagliera, n’è
nata la definizione dell’Italia quale “anello debole” del sistema
imperialistico
18
.
Sembra corretto, a questo punto, fornire almeno una spiegazione,
seppur minima, della “teoria dell’imperialismo”. Usando le parole di
Toni Negri, noto ideologo dell’eversione di sinistra, si può affermare
che l’imperialismo non è altro che il frutto dello stato capitalistico
dell’epoca, caratterizzato “dall’unità del ceto capitalistico mondiale,
organizzato dalle multinazionali”
19
e diretto dal capitale americano.
E’ in questo contesto che si radica il terrorismo di sinistra, ed è quindi
nella dimensione ideologica e politica che ne va ricercata la “genesi”.
16
D. della Porta, op.cit., 94.
17
Le Br cambiano il soggetto di riferimento volutamente, poiché volevano
evidenziare la differenza del “proletariato”, ossia la classe posta più in basso nella
“scala” sociale e la cui unica fonte di ricchezza era la “prole”, dalla “classe
operaia”, comparsa con la rivoluzione industriale e vista nell’accezione marxista
di “forza-lavoro” necessaria per il funzionamento degli ingranaggi industriali.
18
D. della Porta, op. cit., 95.
19
Tesi sulla crisi, appendice a Negri (1976a: 172) in D. della Porta, op. cit., 98.
15
Il contesto storico durante il quale si sono sviluppate queste ideologie
è quello delle tensioni sociali del 1967. Coadiuvarono molto l’elevato
livello di presa sociale due fattori. Da una parte abbiamo il fanatismo
e la violenza che caratterizzava le azioni dei movimenti di massa.
Dall’altra parte abbiamo la risposta dello Stato, sia politica sia
istituzionale. Essendo questa risposta piuttosto scarsa si comprende
per quale motivo la violenza abbia trovato molto terreno fertile per
assurgere a “condizione lecita”, ai fini del raggiungimento degli
obiettivi.
A questo punto vediamo quali furono i gruppi che segnarono la storia
dell’eversione di sinistra.
Tra il 1969 e il 1970, in altre parole alle origini, la svolta fu data
fondamentalmente da tre gruppi: i Gruppi d’azione partigiana, il
Collettivo politico metropolitano e Potere operaio. I Gap erano formati
da poche persone, tra l’altro anche di varia provenienza politica:
inutile dire che la loro unica fonte vitale fosse nella persona del loro
capo, ossia Feltrinelli. Il Cpm e Po sono invece i gruppi che diedero
vita al progetto di un “partito armato”. Tra i due però, ad avere una
rilevanza decisiva ai fini della lotta armata fu sicuramente Po. Questo
gruppo si distingue dagli altri anche per aver saputo creare
un’organizzazione impeccabile: migliaia d’adepti provenienti dai più
diversi ceti sociali e un gruppo d’esperti dirigenti che amministravano
un intero organico. Il gruppo più importante della sinistra eversiva è
quello delle Brigate rosse. Nella prima fase della sua attività il gruppo
delle Br s’impegnò considerevolmente per le occupazioni delle case e
i trasporti gratuiti; tuttavia, nel 1972 vi furono gli arresti di alcuni
appartenenti all’organizzazione, e questa, ai fini della propria
16
sopravvivenza, dovette passare in “clandestinità totale”
20
. Fu proprio
la svolta della clandestinità che creò la necessità di un “legame” con
un’organizzazione parallela, che operasse a livello delle masse, al
confine tra l’illegalità e la legalità: fu così che s’instaurò il c.d. “asse”
fra Br e Po
21
.Questo legame si fondava su una sorta di “contratto
equo”: le Br utilizzavano Po come referente immediato per gli impulsi
terroristici a livello delle masse, mentre Po vedeva nelle Br l’unica
organizzazione capace di realizzare il rapporto, o meglio, la
“dialettica” tra “azione combattente” e “illegalità di massa”
22
. Il
processo dialettico di cui si parla tanto negli scritti dell’eversione di
sinistra, si può instaurare soltanto attraverso l’organizzazione
d’attacco del “partito armato”. In uno scritto attribuito a Toni Negri se
ne chiarisce meglio il concetto: “Distinguiamo i due livelli della
dialettica dell’avanguardia di massa- e cioè l’organismo di massa del
potere operaio e proletario, come soggetto della lotta per il salario e
per l’appropriazione, e l’organizzazione di partito come soggetto della
lotta d’attacco, dell’aggressione al comando”
23
.Nel periodo
intercorrente fra il 1977 e il 1979 inizia ad intravedersi il
cambiamento; infatti, sono trasformate molte delle parole che le Br
erano solite usare per identificare le proprie azioni: la “propaganda
armata” diventa “guerra civile dispiegata”, le “azioni punitive” adesso
sono rivolte “all’annientamento” etc.
24
; la situazione che si presenta è
dunque la seguente: ad una trasformazione degli obiettivi fa riscontro
dall’altra parte, l’allontanamento dagli strati sociali per i quali il
gruppo si era eretto a “paladino della giustizia”.
20
D. della Porta, op. cit., 134.
21
D. della Porta, op. cit., 134.
22
D. della Porta, op. cit., 135.
23
D. della Porta, op. cit., 139.
24
D. della Porta, op. cit.,189.