Dalla presenza di aree in cui la tradizionale distinzione tra diritto internazionale umanitario e
diritto dei diritti dell’uomo si viene sfumando, scaturisce la necessità di adattare, eventualmente
di aggiornare, le norme preesistenti.
Con la presente trattazione si intende, pertanto, innanzitutto ripercorrere, in via di estrema
sintesi, le tappe fondamentali dello sviluppo storico delle due branche in esame. Partendo dalle
loro separate origini, si cercherà di dimostrare come, con il passare del tempo si sia registrato un
progressivo avvicinamento, addirittura una convergenza, fondata sul condiviso convincimento
della dottrina, che, in fondo, i due sistemi condividano il comune ideale di protezione
dell’individuo. Si tenterà, altresì, di esemplificare tale convergenza mediante l’analisi di alcune
delle disposizioni contenute nei testi fondamentali dei due sistemi di protezione.
Dimostrata l’esistenza di un avvicinamento e, in certi casi di una vera e propria sovrapposizione,
tra il diritto internazionale umanitario ed i diritti dell’uomo, nel secondo capitolo, si tenterà di
dare conto delle soluzioni adottate dagli organismi giurisdizionali internazionali e regionali,
quali la Corte Internazionale di Giustizia, il Comitato dei diritti dell’uomo e gli organismi
preposti alla tutela dei diritti dell’uomo nel sistema interamericano ed europeo, relativamente ad
alcuni problemi connessi con l’interrelazione tra i due sistemi. In via generale, infatti,
l’espansione dell’ambito di applicazione dei diritti dell’uomo, l’affermata possibilità di applicare
le norme a loro tutela anche nei conflitti armati, unitamente alle carenze mostrate dai
meccanismi di protezione dei diritti dell’individuo previsti dal diritto internazionale umanitario,
hanno fatto sì che, sempre più spesso, gli individui adissero gli organismi preposti alla tutela dei
diritti dell’uomo, anche, a fronte di violazioni commesse nei conflitti armati. In tale modo gli
organismi di tutela dei diritti dell’uomo, internazionali e regionali, hanno, necessariamente,
dovuto affrontare il problema della relazione intercorrente tra i due sistemi. Innanzitutto, si
vedrà in che modo la Corte Internazionale di Giustizia ha inteso risolvere la questione relativa al
rapporto intercorrente tra diritto internazionale umanitario e diritti dell’uomo. L’analisi verrà
pertanto condotta alla luce di alcune fondamentali pronunce in cui tale problema è stato
espressamente affrontato dalla Corte. L’orientamento della CIG verrà poi comparato con le
soluzioni adottate dal Comitato dei diritti dell’uomo, dalla Corte e dalla Commissione
interamericane, nonché dalla Corte europea di Strasburgo. L’analisi che si svolgerà nel secondo
capitolo sarà finalizzata, soprattutto, a mettere in luce le posizioni contenute nella
giurisprudenza degli organismi preposti alla tutela dei diritti dell’uomo che hanno affrontato il
problema del rapporto tra diritto internazionale umanitario e diritti dell’uomo. In particolare, si
intenderà esaminare se tali organismi abbiano in qualche modo riconosciuto l’affievolimento del
confine tra le due materie applicando essi stessi il diritto di Ginevra, oppure, al contrario,
4
abbiano applicato unicamente le norme contenute nelle convenzioni sui diritti dell’uomo,
mantenendo un approccio più cauto e tradizionalista.
L’argomento centrale della presente trattazione, tuttavia, sarà rappresentato dall’analisi della
giurisprudenza degli organi di Strasburgo in relazione ai problemi nascenti dalla convergenza tra
diritto di Ginevra e diritto internazionale dei diritti dell’uomo. In particolare, larga parte del
secondo capitolo, sarà dedicato al tentativo di analisi delle soluzioni prospettate dalla Corte di
Strasburgo in ordine ad una serie di questioni relative alla possibilità di applicare la
Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo in situazioni di conflitto armato.
Partendo, infatti, dal presupposto che i trattati sui diritti dell’uomo trovino, in via generale,
applicazione anche nei conflitti armati, nella parte spacificamente dedicata alle attività della
Corte di Strasburgo s’intenderà dare conto delle specifiche situazioni, verificatesi in Europa, in
cui tale applicazione è avvenuta. In particolare, si noterà come la Corte europea, nel corso degli
anni, si sia pronunciata su questioni relative a violazioni delle disposizioni della Convenzione
verificatesi in connessione con regimi di occupazione militare e conflitti armati non
internazionali. Poiché negli ultimi anni le condotte degli Stati spesso si sono spinte al di là dei
confini geografici dello Stato territoriale, si cercherà di analizzare, nel terzo capitolo, la
giurisprudenza, non sempre chiara, della Corte europea relativa all’applicazione extraterritoriale
della Convenzione europea, nonché delle posizioni assunte dal Comitato dei diritti dell’uomo e
dalla Commissione interamericana dei diritti dell’uomo alla luce dei casi più o meno recenti che
sono stati chiamati a decidere. L’analisi relativa all’applicazione extraterritoriale dei trattati sui
diritti dell’uomo costituirà, pertanto, l’oggetto del capitolo finale della nostra trattazione, nel
quale, si cercherà di esemplificare le posizioni adottate dagli organi sia internazionali che
regionali in relazione al problema dell’applicazione extraterritriale dei trattati relativi ai diritti
dell’uomo. Quest’ultimo problema rappresenta, infatti, a parere di chi scrive, una questione di
estrema attualità alla luce dei più recenti accadimenti internazionali. Non si può infatti negare
come, sempre più spesso, gli Stati agiscano al di là dei propri confini, soprattutto in connessione
con situazioni di conflitto armato, e come consentire loro che un tale tipo di azione possa
giustificare la violazione, in territorio altrui, di quegli stessi diritti che sono tenuti a rispettare sul
proprio territorio sarebbe inaccettabile e dannosa.
5
CAPITOLO I
I DIRITTTI DELL’UOMO E IL DIRITTO INTERNAZIONALE
UMANITARIO: PROFILI GENERALI
1.1 Origine e sviluppo dei due sistemi
A. I diritti dell’uomo
Nell’ambito del diritto internazionale, così come venutosi a consolidare nel tempo, l’espressione
«diritti dell’uomo»
1
suole indicare quel suo specifico settore destinato ad assicurare la
protezione dell’individuo in quanto tale
2
. L’attuale sistema di tutela di quei diritti, tuttavia,
rappresenta il frutto di una lenta evoluzione storica il cui momento iniziale può collocarsi solo
alla fine del XVIII secolo allorché si registrarono le grandi «dichiarazioni» che fecero seguito,
nel Nuovo Continente, alla guerra d’indipendenza americana del 1776
3
e, in Europa, alla
rivoluzione francese del 1789
4
. In epoca antecedente alla redazione di queste ultime, infatti, è
possibile rintracciare testi, quali la Magna Charta Libertatum (1215); la Petition of Rights
1
Alcuni Autori sottolineano come da un punto di vista linguistico- formale, l’espressione diritti umani non sia
corretta, ma sia il frutto di posizioni retoriche legate ad un esacerbato formalismo femminista che intende affermare
i diritti della donna bandendo l’uso del termine uomo (cfr. LATTANZI F., Il Confine fra diritto internazionale
umanitario e diritti dell’uomo, in Studi in onore di Gaetano Arangio-Ruiz, Napoli, 2004, pp. 1985-2036). Secondo
altri, l’espressione «diritti umani» sarebbe semplicemente semanticamente meno corretta rispetto alla tradizionale
formula «diritti dell’uomo» evidenziando come, da un punto di vista storico, le prime «dichiarazioni» furono
redatte in tali termini (valga da esempio la Déclaration des droits de l’homme et du citoyen del 26 Agosto 1789) e
solo successivamente, con l’emanazione di testi internazionali redatti in lingua inglese, l’espressione tradizionale fu
affiancata da quella di matrice inglese «human rights» (fino alla metà del XX secolo anche i testi tradizionali
inglesi usavano espressioni quali «Bill of rights», «Petition of rights» o «Declaration o rights»), ammettendo
tuttavia una certa equipollenza delle due espressioni (cfr. ZANGHì C., La protezione internazionale dei diritti
dell’uomo, Roma, 1980, p. 3.)
2
Più precisamente si dovrebbe parlare di «diritto internazionale dei diritti dell’uomo» (cfr. LATTANZI F., op. cit.
(nota 1), p. 1986).
3
Il 4 luglio 1776 il Congresso generale dei rappresentanti all’assemblea delle colonie adottò all’unanimità il testo
della Dichiarazione di indipendenza americana predisposto da Thoman Jefferson e corretto da Benjamin Franklin e
John Adams. Il testo enumera una serie di diritti inalienabili tra cui il diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della
felicità, senza proporsi di essere un elenco esaustivo.
4
Il testo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino fu adottato il 26 agosto 1789 dopo due mesi di
dibattito tra i deputati degli Stati generali eretti in seno all’Assemblea nazionale costituente. Si tratta di una
formulazione fortemente influenzata dalle idee dell’illuminismo francese, in particolare, di Rousseau, Diderot,
Voltaire e Montesquieu. Tutt’oggi questo documento viene considerato come l’archetipo di tutte le dichiarazioni, il
modello di codice di libertà e di diritti dell’individuo che ispirò, nel 1791, la prima Costituzione francese, sulla base
dell’idea che una buona Costituzione dovesse fondarsi sui diritti dell’uomo concretamente protetti.
6
(1628) e il Bill of Rights (1689)
5
, che pur contenendo il riconoscimento di limitati e singoli
diritti dell’individuo, risultavano totalmente privi di quella organicità e, soprattutto, di quella
vocazione universale che, per l’appunto, costituiscono, per ciò che qui interessa, la più grande
novità contenuta in quelle «dichiarazioni».
Volendo, a questo punto, svolgere, in via di assoluta sintesi, un’analisi prettamente storica delle
fasi che hanno portato alla definizione dell’odierno concetto di «diritti dell’uomo», è possibile
individuare quattro ben definiti momenti evolutivi di quello sviluppo
6
.
Una prima fase, coincidente con la preistoria del diritto, in cui, senza apprestare qualsivoglia
tutela a principi legati all’uguaglianza, alla non discriminazione, all’autodeterminazione, si offrì,
più semplicemente, protezione ai soli beni relativi ai più elementari diritti dell’uomo, quali, ad
esempio, quello alla vita
7
.
Una seconda fase, corrispondente al Medioevo, in cui si affermò l’idea della esistenza di diritti
individuali fondati su accordi tra sudditi e sovrano e che, in buona sostanza, erano volti ad
assicurare, in un rapporto dialettico tra questi ultimi, una limitazione ai poteri assoluti del
sovrano.
Una terza fase, coincidente, nel suo momento finale, col periodo delle monarchie costituzionali,
in cui si registrò la codificazione dei diritti dell’uomo nelle leggi fondamentali dei singoli Stati,
leggi che, pur contenendo quella vocazione universale evidenziata in premessa, mantennero, pur
sempre, la loro operatività nel ristretto ambito territoriale dei singoli ordinamenti.
Soltanto nel XX secolo, e in particolare con la fine della seconda guerra mondiale e con la
promulgazione, in seno alle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
del 1948
8
, il rispetto dei diritti dell’uomo diventò un obbiettivo dell’intera comunità
internazionale.
Prima della fine dell’Ottocento
9
, dunque, agli individui ed ai popoli, come testimoniato dai testi
di alcuni tra i maggiori esponenti della dottrina internazionalistica
10
, non veniva riconosciuta
5
Costituiscono esempi di prime formulazioni di questo tipo la Magna Charta Libertatum del 1215, considerato
come il primo testo costituzionale dell’Inghilterra, con cui i baroni inglesi tentarono di porre un freno all’arbitrio
dei Re inglesi, e nel quale si trovano, per la prima volta, misure volte a tutelare la libertà individuale. Ulteriore
esempio, risalente al 1598, è rappresentato dall’ Editto di Nantes con cui si poneva fine a 36 anni di lotte continue
nella Francia di Enrico IV mostrando qualche apertura in tema di libertà di culto. Di maggiore rilievo tuttavia sono
la Petition of rights del 1628 ed il Bill of rights del 1689, entrambi promulgati in Inghilterra, che sanciscono, tra gli
altri, un principio di fondamentale importanza ancora oggi nei paesi di common law quale quello dell’ habeas
corpus volto a garantire contro il rischi di arresti o pene arbitrarie.
6
ZANGHÌ C., op. cit. (nota 1), p. 16.
7
Già il Codice di Hammurabi in Mesopotamia nel 1750 a.C., le leggi vigenti nell’Atene del 700 a.C. e poi la legge
Numa e la legge Silla nell’esperienza romana, tutelavano il diritto alla vita prevedendo la punizione dell’omicidio.
8
Il testo fu adottato il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite (ris. 217 A III) con un voto di
48 in favore, 0 contrari e 8 astensioni.
9
Tra la pace di Westfalia e la fine dell’800.
7
alcuna rilevanza nel diritto internazionale che, occupandosi dei soli rapporti tra Stati, prendeva
in considerazione l’individuo in quanto tale solo per regolamentarne le posizioni giuridiche
attive e passive in relazione al suo status di straniero. Questa condizione, rimasta immutata per
diversi secoli, solo verso la metà del XIX secolo cominciò a subire alcuni mutamenti allorché,
ad opera di Pasquale Stanislao Mancini, si affermò la teoria delle nazionalità che, per la prima
volta, pose in evidenza l’importanza delle nazioni intese come insieme di individui, unici e veri
soggetti della realtà internazionale
11
.
Ma poiché gli uomini hanno bisogno di grandi sconvolgimenti, di profondi scossoni per
ripensare e modificare le strutture preesistenti, non fu che a seguito delle due guerre mondiali
che si realizzò una vera svolta. Soltanto i tragici eventi registratisi nella prima metà del XX
secolo, quali l’avvento dei regimi totalitari in Europa, le due guerre mondiali ed il più orrendo
disconoscimento dei diritti dell’uomo che ad essi fecero seguito, consentirono una rottura col
passato.
Così, solo in seguito alla seconda guerra mondiale, si aprì la fase “rivoluzionaria” dei diritti
dell’uomo che, peraltro, era già stata preannunciata negli anni ’30 e ’40, dalle quattro
fondamentali proposte del presidente Wilson e dal celebre discorso pronunciato il 6 gennaio
1941 dal presidente F. D. Roosevelt al Congresso degli Stati Uniti d’America. All’interno di
quest’ultimo, in particolare, per la prima volta vennero enunciate le quattro libertà che, secondo
l’enunciazione di un Capo di Stato, dovevano ritenersi indispensabili al fine di creare una nuova
società mondiale. Libertà di parola e di espressione, libertà religiosa, libertà dal bisogno e libertà
dalla paura, secondo il rivoluzionario discorso del presidente Roosevelt, diventano le basi su cui
fondare un nuovo diritto internazionale, così ponendo al centro del futuro assetto mondiale il
riconoscimento e la regolamentazione di diritti appartenenti non più agli ordinamenti nazionali,
ma ai singoli individui.
Né può tacersi che i concetti espressi in quel celebre discorso, con un ancor maggiore impatto
sulla scena del diritto internazionale, furono ripresi ed ampliati, solo qualche mese più tardi,
nella Carta Atlantica redatta dallo stesso F. D. Roosevelt e dal Primo Ministro inglese W.
Churchill per essere, infine, sottoscritti dai numerosi governi dei Paesi che intesero aderire a
quella alleanza.
Come sopra già evidenziato, solo con la ferita ancora aperta dagli orrori della seconda guerra
mondiale, finì, definitivamente, per affermarsi, con forza, l’idea che la persona umana dovesse
10
Si prenda ad esempio alcuni classici del diritto internazionale: Vattel (che scriveva nella Svizzera della seconda
metà del 1700), De Martens (la cui produzione in Germania risale alla fine del 1700) o ancora Wheaton ed Heffter
(rispettivamente statunitense e tedesco che ancora nella seconda metà del 1800 descrivevano una realtà immutata in
cui l’ individuo non trovava spazio).
11
CASSESE A., I diritti umani nel mondo contemporaneo, Editori Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 9.
8
essere tutelata in quanto tale perché, «se si voleva evitare il ripetersi delle sciagure provocate dal
nazismo, bisognava prendere coscienza dell’importanza del binomio pace – diritti umani e
operare, nel dopoguerra, perché questo binomio divenisse il fine essenziale di tutti gli Stati, e
della comunità internazionale nel suo complesso»
12
.
Infatti, già nell’immediato indomani del conflitto mondiale, i contenuti del testo che segnerà la
fine del sistema tradizionale delle relazioni internazionali fondato sulla supremazia assoluta
dello Stato, ossia la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo del 1948, trovarono la loro
ispirazione nella Carta delle Nazioni Unite (San Francisco, 26 giugno 1945) che, per l’appunto,
tra i principali fini dell’organizzazione, annoverava il rispetto dei diritti umani
13
.
A riprova della centralità assegnata alla tutela dell’individuo nella prospettiva di un nuovo
ordine internazionale, non è privo di significato il tenore letterale del preambolo di quella Carta
in cui, testualmente, si legge:
«Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra (…) a riaffermare la
fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti
degli uomini e delle donne delle nazioni grandi e piccole (…)»
14
.
A partire dalla redazione della Dichiarazione Universale (1948), abbondantemente preparata dai
testi sopra citati, si apre, dunque, una nuova fase dello sviluppo dei diritti dell’uomo,
caratterizzata dal fiorire di una serie di strumenti introdotti da convenzioni internazionali. Se,
infatti, quella prima “Dichiarazione” conteneva una generica elencazione di diritti individuali
che dovevano acquistare rilevanza anche nell’ambito delle relazioni internazionali, è solo con le
successive “Convenzioni” che gli Stati si preoccuparono di codificare la disciplina con la quale
riconoscere, attuare e tutelare alcuni di quegli specifici diritti
15
. Dalla Dichiarazione Universale,
che, indubbiamente, costituisce la fonte primaria del “diritto dei diritti dell’uomo”, si passò, nel
12
CASSESE A., op. cit. (nota 11), p. 27.
13
Carta delle Nazioni Unite art. 1 para. 3: «(…) Conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei
problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale ed umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare
il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o
di religione (…)» (corsivo aggiunto).
14
Il testo integrale della Carta delle Nazioni Unite è reperibile al sito http://www.unhchr.ch/html/menu3/b/ch-
pream.htm
15
Le Convenzioni elaborate in specifici ambiti, insieme ai Patti sui diritti civili e politici e al Patti sui diritti
economici, sociali e culturali, entrambi firmati a New York il 16 dicembre 1966, costituiscono I c.d. Core Treaties.
Essi sono rappresentati dalle Convenzioni relative alla prevenzione e repressione del crimine di genocidio (New
York, 1948); all’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (New York, 21 dicembre 1965);
all’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (New York, 18 dicembre 1979); contro la tortura
e altri trattamenti inumani o degradanti (New York, 10 dicembre 1984); ai diritti del bambino (New York, 20
novembre 1989) e infine ai diritti dei lavoratori migranti e dei membri della loro famiglia (New York, 18 dicembre
1990). Il testo in inglese di tali convenzioni è consultabile al sito dell’ Office of the High Commissioner for Human
Rights all’indirizzo http://www.ohchr.org/EN/HRBodies/Pages/HumanRightsBodies.aspx
9
corso del tempo e soprattutto in ambito regionale
16
, alla elaborazione di numerose, altre
dichiarazioni con le quali, per l’appunto, a quei diritti, si offriva una disciplina positiva.
Col passare del tempo e l’evolversi della società internazionale, anche l’oggetto dei diritti
dell’uomo cui attribuire riconoscimento ed apprestare tutela registrò una significativa
espansione. Da una prima affermazione globale e universale di diritti quasi esclusivamente civili
e politici registratasi al tempo della Rivoluzione francese
17
, si passò alla protezione di diritti
rientranti nella sfera economica e sociale per giungere, infine, al riconoscimento di quelli oggi
definiti di solidarietà.
Con riferimento al percorso evolutivo sopra delineato, in dottrina
18
, sono state operate alcune
distinzioni in relazione alla natura dei diritti che, nel tempo, sono comparsi sulla scena delle
relazioni internazionali e, in particolare, si è parlato di diritti di prima, di seconda e, più di
recente, di terza generazione. L’attuale insieme dei diritti dell’uomo, pertanto, sempre secondo
la dottrina in esame, avrebbe fatto emergere, accanto ai tradizionali diritti civili e politici nonché
a quelli sociali ed economici precedentemente affermatisi, tutta una serie di nuove situazioni,
quali il diritto allo sviluppo, alla pace, alla tutela dell’ambiente, alla condivisione della proprietà,
del patrimonio comune dell’umanità, alla comunicazione
19
, che, anche grazie alla nuova spinta
esercitata dai Paesi in via di sviluppo, sono venuti, progressivamente, affermandosi così da
trovare, sempre con maggiore frequenza, un loro spazio nei fori giuridici e politici
internazionali
20
.
In chiusura di trattazione, non può, peraltro, omettersi di segnalare come l’affermazione dei
diritti umani nei termini sopra delineati sia stata il risultato di un processo reso assai lungo,
complesso e difficoltoso anche dalla riluttanza dimostrata dagli Stati nell’accettare ingerenze
esterne in un settore tradizionalmente riservato alla giurisdizione domestica. Nonostante il
manifestarsi di quelle difficoltà, appare, tuttavia, oggi evidente come il rispetto dei diritti
dell’uomo sia senza dubbio la prima condizione su cui fondare una prospettiva di pace e di
16
Per ciò che attiene gli strumenti attualmente in vigore in ambito regionale troviamo, in ordine cronologico: la
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali (Roma 4 novembre 1950); la
Convenzione americana dei diritti dell’uomo (San Josè di Costa Rica, 22 novembre 1969) e più di recente la Carta
africana sui diritti umani e dei popoli (Nairobi, 27 giugno 1981) e la Carta araba per i diritti umani (Tunisi, 23
maggio 2004).
17
Cfr. VASAK K., Pour une troisième génération des droits de l’homme, in Etudes et essais sur le droit
international humanitaire et sur les principes de la Croix Rouge en l’honneur de Jean Pictet, Genève- La Haye,
1984, p. 839.
18
Cfr. ZANGHì C., op. cit. (nota 1), p. 18-20; VASAK K., op. cit. (nota 17) pp. 837-845.
19
Cfr. VASAK K., op. cit. (nota 17), p. 840.
20
Nel 1978 l’UNESCO ha approvato la Dichiarazione sulla questione della razza e dei pregiudizi razziali che cita
esplicitamente il diritto allo sviluppo (art. 3); il diritto alla tutela dell’ambiente è citato nel I Principio della
Dichiarazione di Stoccolma, del 1972, adottata nell’ambito della Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente; il
diritto alla pace è proclamato nella stessa Carta delle Nazioni Unite la quale bandisce il ricorso all’uso della forza
come mezzo per risolvere le controversie internazionali (art. 1) ed è poi esplicitamente richiamato in innumerevoli
atti delle Nazioni Unite stesse.
10
convivenza tra i popoli e, al contrario, come eventuali condotte governative responsabili di
violazioni di quei diritti, anche se esercitate nella propria sfera interna, finiscano,
inevitabilmente, per sfociare in azioni violente rivolte all’esterno e suscettibili di turbare gli
equilibri internazionali
21
. In tale nuovo contesto, diventa, dunque, una prerogativa della
comunità internazionale difendere quei valori comuni che tanto faticosamente si sono affermati
a partire dal XVIII secolo, perché i risultati cui, non senza sforzi, si è pervenuti non rischino di
rimanere vani e perché il sogno delle Nazioni Unite, come efficacemente sottolineato dallo
stesso Segretario generale, Kofi Annan
22
(«(…) we will not enjoy development without security,
we will not enjoy security without development, and we will not enjoy either without respect for
human rights») non resti lettera morta.
B. Il diritto internazionale umanitario
Con la locuzione «diritto internazionale umanitario» (DIU)
23
, ci si vuole riferire a «quel settore
della disciplina del diritto internazionale, generale e convenzionale, che mira alla tutela della
persona umana in quanto possibile vittima di una situazione di violenza derivante da un conflitto
armato, internazionale o interno»
24
. Esso rappresenta, pertanto, parte integrante del diritto dei
21
Sulla correlazione tra rispetto dei diritti umani e pace nel mondo si sono soffermati autori quali VERDOSS A. (
Idées directrices de l’Organisation des Nations Unies, in Recueil des Cours, 1953, vol II., p. 23) e più di recente
VIRALLY M. (Droit de l’homme et théorie générale du droit international, in René Cassin Amicorum
discipulorum liber, IV, Paris, 1972, p. 327), il quale scrive: « (…) la violation des droits de l’homme n’est que le
prologue de la violation du droit international». Cfr. PINESCHI L., La tutela dei diritti umani nella Carta delle
Nazioni Unite: quadro normativo e prassi dell’Organizzazione, in PINESCHI L. (a cura di) La tutela
internazionale dei diritti umani. Norme, garanzie, prassi, A. Giuffrè, Milano, 2006 p. 15.
22
Rapporto In larger freedom: towards development, security and human rights, del 21 marzo 2005 (UN Doc.
A/59/2005, para. 17).
23
L’espressione «diritto internazionale umanitario» ha, nel tempo, via via sostituito quella di «diritto internazionale
dei conflitti armati», al fine di sottolineare piuttosto i fini umanitari della disciplina.
24
Cfr. LATTANZI F., op. cit. (nota 1), p. 1985. Secondo la definizione elaborata Comitato Internazionale della
Croce Rossa esso costituisce l’insieme delle «regole di origine convenzionale o consuetudinaria, che sono destinate
a regolamentare i problemi umanitari derivanti direttamente dai conflitti armati, internazionali o non internazionali,
che limitano, per ragioni umanitarie il diritto delle parti del conflitto di scegliere liberamente i mezzi e metodi di
guerra o che proteggono le persone o i beni, coinvolti o che possono essere coinvolti nel conflitto» (tale definizione
è riportata da MERAVIGLIA M. F., Il diritto internazionale umanitario e i suoi processi di formazione in Rivista
internazionale dei diritti dell’uomo, 1994, p. 435); secondo altre definizioni «lo scopo del diritto internazionale
umanitario, che è una branca del diritto della guerra o dei conflitti armati, è di proteggere gli individui che sono stati
messi fuori combattimento o che non prendono parte al conflitto, e di assicurare che siano trattati umanamente»
(cfr. SCHINDLER D., Le Comité International de la Croix Rouge et les droits de l’homme, in Revue Internationale
de la Croix Rouge, 1979, p. 3 ss.). La maggioranza della dottrina ritiene dunque superata la tradizionale distinzione
tra diritto dell’Aja e diritto di Ginevra, per indicare, rispettivamente, le norme che stabiliscono diritti e doveri dei
belligeranti nella condotta delle operazioni militari e limitano la libertà nella scelta dei mezzi e metodi di
combattimento, da un lato, e, dall’altro, quelle volte a salvaguardare i militari posti fuori combattimento, nonché le
persone che non partecipano alle ostilità (cfr. GREPPI E., Diritto internazionale umanitario dei conflitti armati e
diritti umani: profili di una convergenza, in La Comunità Internazionale, 1996, pp. 475 ss.; GREPPI E., Tutela dei
diritti umani e diritto internazionale umanitario, in PINESCHI L. (a cura di), La tutela internazionale dei diritti
11
conflitti armati
25
e, nello specifico, quel particolare ambito di norme che mirano a porre dei
limiti all’esercizio della violenza bellica; a proteggere, in situazioni di conflitto armato, i diritti
fondamentali della persona umana; a fornire protezione a coloro che non sono, o non sono più,
coinvolti nel conflitto
26
.
Deve, pertanto, escludersi, che, al giorno d’oggi, i conflitti armati abbiano luogo in un vuoto
legislativo (come affermava Cicerone, nella sua Pro Milone con le parole: «silent enim leges
inter arma»
27
), dovendosi, al contrario, ritenere come anche questi ultimi siano assoggettati ad
un sistema normativo ben definito volto a delimitare l’ambito delle azioni da considerarsi vietate
e, perciò, illecite
28
.
Essendo una branca del diritto internazionale, anche quello internazionale umanitario, pur
mantenendo alcune sue specificità
29
, partecipa di tutte la caratteristiche proprie delle norme che
disciplinano le relazioni tra Nazioni, quali l’assenza di istituzioni verticali, il regime di
responsabilità per violazioni di norme internazionali, etc.
Sebbene il termine «diritto internazionale umanitario» sia di formazione relativamente recente,
il corpus legislativo cui fa riferimento (c.d. ius in bello) è, senza dubbio, di lunga data. La storia
stessa dell’umanità è stata segnata da confronti, da lotte armate tra le Nazioni, i popoli, gli
individui e dai rapporti di forza, di volta in volta, instauratisi tra le opposte fazioni. In questo
scenario, fin dall’antichità, vi sono stati uomini che hanno tentato di contenere gli effetti di tale
umani. Norme, garanzie, prassi, A. Giuffrè, Milano, 2006, p. 808; VENTURINI G., Relazione sistematica fra
diritto internazionale umanitario e diritti dell’uomo, in Atti del convegno “Il rispetto dei diritti dell’uomo in tempo
di emergenza e di conflitto armato”, Ischia, 1996, p. 1; VERRI P., Appunti di diritto bellico, Edizioni speciali della
“Rassegna dell’Arma dei Carabinieri”, Roma 1990, p. 6).
25
La tradizionale distinzione tra diritto dell’Aja e diritto di Ginevra è stata ritenuta superata, non solo dalla dottrina
(cfr. nota 24), ma dalla stessa Corte Internazionale di Giustizia che, in più occasioni, ha accolto questa prospettiva.
In particolare, nella sentenza del 27 giugno 1986 nel caso delle attività militari e paramilitari in e contro il
Nicaragua (ICJ Reports, 1986, para 215) ha stabilito che la posa di mine da parte di uno Stato costituisce «a breach
of the principles of humanitarian law underly specific provisions of Convention No. VII of 1907». In occasione del
parere consultivo dell’8 luglio 1996 sulla liceità della minaccia dell’uso di armi nucleari (ICJ Reports, 1996, para.
75), la stessa Corte ha avuto modo di ribadire la propria posizione affermando che: «these two branches of the law
applicable in armed conflict have been closely interrelated that they are considered to have gradually formed one
complex system, known today as international humanitarian law».
26
Le quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949 e i due Protocolli ad esse aggiuntivi dell’ 8 giugno 1977
(che assieme alle Convenzioni dell’Aja del 1907 formano il diritto internazionale umanitario) fanno, infatti
riferimento a: il miglioramento delle condizioni dei feriti e dei malati delle Forze armate in campagna (I
Convenzione di Ginevra); il miglioramento delle condizioni dei feriti, dei malati e dei naufraghi delle Forze armate
sul mare (II Convenzione di Ginevra); il trattamento dei prigionieri di guerra (III Convenzione di Ginevra); la
protezione delle persone civili in tempo di guerra (IV Convenzione di Ginevra).
27
Cicerone, Pro Milone, 4.11
28
In altre parole si tratta di un sistema legale istituito tra Stati sovrani e altre istituzioni superiorem non
recognoscentes.
29
Cfr. ABI-SAAB G., The specificities of humanitarian law, in Etudes et essais sur le droit international
humanitaire et sur les principes de la Croix Rouge en l’honneur de Jean Pictet, Genève- La Haye, 1984, pp. 265-
280.
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