4
Ho altresì evidenziato come tali divergenze di opinioni nascano dal diverso ruolo
istituzionale di CEDU e CGCE: di tutela dei diritti fondamentali la prima, di tutela
del mercato unico europeo la seconda.
Ho volutamente omesso di trattare i rapporti di queste due Corti internazionali con
le Corti Costituzionali nazionali (a parte l’indispensabile riferimento alla sent.
Frontini della Corte Costituzionale italiana, n° 183/73) non certo per la pochezza
dell’argomento, ma perché lo stesso, per l’interesse che riveste, richiederebbe una
trattazione a parte.
Infine, mi preme ribadire che questa trattazione riguarda solo il diritto vigente.
Infatti il Trattato Costituzionale Europeo firmato a Roma il 29 ottobre 2004
prevede, all’art. 9, l’adesione formale della Comunità Europea alla CEDU, nonché
l’implementazione in esso della Carta di Nizza, con ciò risolvendo gran parte dei
problemi posti in questi mia tesi.
Si tratta però di una soluzione di coordinamento verosimilmente lontana, legata ai
problemi politici di ratifica di ognuno dei 25 Stati membri UE, e ciò rende
particolarmente interessante, nella sua attualità, il presente lavoro.
5
CAPITOLO I
Le tutele all’interno del Consiglio d’Europa. La Convenzione Europea
per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo
Nel 1949, in pieno periodo postbellico, i paesi europei sentirono il bisogno di
riallacciare i rapporti diplomatici fino ad allora compromessi dallo stato di guerra:
fu così che nacque l’organizzazione internazionale denominata “Consiglio
d’Europa”.
E’ importante precisare fin da ora che il Consiglio d’Europa va tenuto distinto sia
dalle Comunità che dall’Unione Europea1.
In seno ad esso, tradizionale sede di diplomatic fora, sono stati ad oggi discussi
rilevanti temi di comune interesse tra gli Stati membri e sono state redatte svariate
convenzioni internazionali.
La più importante è e resta comunque la Convenzione Europea dei Diritti
dell’Uomo (da ora in avanti: C.E.D.U.), aperta alla firma a Roma il 4 novembre
1950 2 3, che prevede, da un lato, un importante catalogo di diritti fondamentali
1
La CEE (CE dopo il Trattato di Maastricht ‘92) nacque solo successivamente, col Trattato di Roma del 25 marzo
1957; L’UE col Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992.
2
Ad oggi gli Stati membri sono 46: Albania (13.07.1995), Andorra (10.10.1994), Armenia (25.1.2001), Austria
(16.04.1956), Azerbaigian (25.1.2001), Belgio (5.5.1949), Bosnia-Erzegovina (24.04.2002), Bulgaria (7.5.1992),
Cipro (24.5.1961), Croazia (6.11.1996), Danimarca (5.5.1949), Estonia (14.5.1993), Ex-Repubblica jugoslava di
Macedonia (9.11.1995), Finlandia (5.5.1989), Francia (5.5.1949), Georgia (27.4.1999), Germania (13.7.1950),
Grecia (9.8.1949), Irlanda (5.5.1949), Islanda (7.3.1950), Italia (5.5.1949), Lettonia (10.2.1995), Liechtenstein
(23.11.1978), Lituania (14.5.1993), Lussemburgo (5.5.1949), Malta (29.4.1965), Moldavia (13.7.1995), Monaco
6
che ha assunto nel tempo valore e rilevanza notevoli in ambito europeo e non, e
dall’altro, vera rivoluzione per il diritto internazionale dell’epoca, un sistema
giudiziale apposito per garantirne il rispetto.
Per quanto concerne il primo aspetto, che sarà meglio affrontato nel proseguo
della trattazione, giova anticipare che il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992
(T.U.E.) introduce l’art. 64, co.2 che fa esplicito riferimento alla CEDU ed ai
diritti fondamentali ivi sanciti, dandogli rango di “principi generali del diritto
comunitario”.
Ma è il secondo aspetto quello che quì interessa maggiormente.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, vero motore propulsivo di tale sistema,
svolge da ormai più di un cinquantennio il suo autorevole ruolo di massima
istanza esistente per la tutela dei diritti fondamentali.
Peraltro negli ultimi anni i ricorsi alla Corte si sono moltiplicati a dismisura5 e ciò
ha richiesto una serie di riforme strutturali in seno alla Corte, alcune delle quali
sono ancora in atto.
L’assetto attuale della Corte è quello risultante dalle rilevanti modifiche introdotte
nel 1998 con l’adozione dell’undicesimo protocollo; esso prevede l’unificazione
(5.10.2004), Norvegia (5.5.1949), Paesi Bassi (5.5.1949), Polonia (29.11.1991), Portogallo (22.9.1976), Regno
Unito (5.5.1949), Repubblica ceca (30.6.1993), Romania (7.10.1993), Federazione di Russia (28.2.1996), San
Marino (16.11.1988), Serbia e Montenegro (03.04.2003), Slovacchia (30.6.1993), Slovenia (14.5.1993), Spagna
(24.11.1977), Svezia (5.5.1949), Svizzera (6.5.1963), Turchia (9.8.1949), Ucraina (9.11.1995), Ungheria
(6.11.1990).
Hanno inoltre lo statuto di osservatori: Canada, Giappone, Israele, Messico Santa Sede, Stati Uniti d’America.
3
Sono seguiti 14 protocolli addizionali: l’undicesimo protocollo ha sostituito tutti quelli precedenti a partire dalla
sua entrata in vigore (1 novembre 1998), il quattordicesimo è stato aperto alla firma il 13 maggio 2004 ed è
attualmente in via di ratifica.
4
Ex art F, par. 2; la nuova numerazione deriva dal Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997.
5
Tra il 1960 e il 1996 la Corte ha pronunciato 626 sentenze; nei soli anni 1999, 2000 e 2001 sono stati registrati
rispettivamente 8400, 10482 e 13858 ricorsi!
7
delle competenze giurisdizionali di Commissione, Corte e Comitato dei Ministri6
in capo alla sola Corte permanente (con sede fissa a Strasburgo), che è formata da
un numero di giudici pari a quello delle Alte Parti contraenti7 (art.20), eletti
dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (art.22) e che durano in
carica 6 anni, rieleggibili fino ai 70 anni (art. 23).
I giudici siedono alla Corte a titolo individuale e devono godere della più alta
considerazione morale e possedere i requisiti richiesti per l’esercizio delle più alte
funzioni giudiziaria, o essere giureconsulti di riconosciuta competenza (art. 21).
Proprio la grande autorevolezza dei suoi giudici ha da sempre attribuito alla Corte
ed alle sue sentenze grande forza e valore applicativo all’interno dei singoli Stati
membri, poiché tali sentenze sono sempre (e non potrebbe essere altrimenti…) di
mero accertamento8.
Possono proporre ricorso alla Corte, contro uno Stato membro: un altro Stato
membro (art. 33), una persona fisica, un’organizzazione non governativa o un
gruppo di privati che sostenga di essere vittima di una violazione da parte di una
delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione e suoi
Protocolli (art. 34).
6
Oggi il Comitato dei Ministri conserva solo una funzione di sorveglianza sull’esecuzione delle sentenze.
7
Attualmente 43. Il giudice italiano è il prof. Zagrebelsky.
8
Ex art. 46 le Alte Parti contraenti si impegnano a conformarsi alle sentenze definitive della Corte. Ad ogni modo,
è pacifico che una sent. CEDU costituisca prova scritta di un credito (art. 633 cpc) verso lo Stato e che dunque
potrà ben fondare un decreto ingiuntivo difficilmente opponibile da parte dello Stato stesso.
In Bulgaria, Lituania, Malta, Norvegia, Russia, Spagna e Svizzera è possibile la riapertura del processo ove via sia
stata una sent. CEDU che accerti la violazione dell’art. 6 CEDU (in Italia un ddl simile giace fermo alla
commissione giustizia del Senato dal febbraio 2004).
8
La presentazione dei ricorsi (requète) avviene col loro deposito in cancelleria,
sull’ammissibilità si pronuncia un collegio di 3 giudici9: la gran parte dei ricorsi
presentati non supera questo preliminare “filtro” di ammissibilità.
La CEDU prevede infatti una rigida e specifica disciplina delle condizioni di
ricevibilità:
• Incompatibilità ratione materiae: la Corte non può sindacare sulla violazione
di diritti non contemplati nella CEDU (es. diritto al lavoro, fisco e tributi)
• Incompatibilità ratione personae: si può ricorrere solo contro le Alte Parti
contraenti della Convenzione (ergo sarà irricevibile il ricorso presentato contro un
privato, contro uno Stato non membro, contro atti di altre istituzioni internazionali
non membre…)
• Non esaurimento delle vie di ricorso interne
• Il ricorso va presentato, a pena di decadenza, entro 6 mesi dalla decisione
interna definitiva.10
Segue, ove il ricorso passi il vaglio di ricevibilità, l’assegnazione ad una sezione
di 7 giudici, la trattazione e la sentenza.
Ma se il sistema CEDU è basato su un trattato internazionale da far rispettare agli
stati firmatari, negli ultimi decenni la materia dei diritti fondamentali è andata
assumendo sempre più carattere “europeo”, travalicando gli angusti confini
nazionali ed esprimendo così quella lenta e costante evoluzione del processo di
9
Il 14 protocollo prevede che la decisione sull’ammissibilità potrà esser presa anche da un solo giudice.
10
Il 14 protocollo prevede come ulteriore criterio di ammissibilità che il ricorrente abbia subito un “significativo
svantaggio”.
9
integrazione comunitaria che non può, non deve e non vuole essere ormai più solo
di tipo economicistico.
Ciò che resta dubbio e fumoso, in mancanza di una formale adesione che la quasi
unanime dottrina non ravvisa nel generico art. 6, co. 2, TUE, è se la Corte Europea
dei Diritti dell’Uomo possa sindacare atti dell’Unione o delle Comunità Europee
(atti che ad oggi possono riguardare anche direttamente vari aspetti, anche molto
rilevanti, della vita di 800 milioni di cittadini europei).
La decennale risposta della stessa Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, secondo
un formalistico atteggiamento di chiusura, è stata negativa per incompetenza
ratione personae (né l’Unione, né la Comunità Europea sono parti contraenti…).
Recenti sentenze della stessa Corte però manifestano qualche apertura,
caratterizzandosi per una cauta adesione alla discussa tesi della “responsabilità
indiretta” degli Stati membri UE per gli atti dell’Unione e delle Comunità
Europee11.
11
Per una più attenta disamina v. infra, cap 5.