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extraterritoriale. Viene poi delimitato l’ambito di applicazione del
principio ed infine vengono analizzati i principali problemi ad esso
connessi. Segnatamente, quali limiti – interni ed esterni - incontri il suo
esercizio. Nell’ambito dei limiti interni, si è cercato di operare una
distinzione tra principio di giurisdizione universale assoluto e
condizionato e tra esercizio facoltativo e obbligatorio della competenza
che si basi sul principio di universalità. Nell’ambito dei limiti esterni, sono
state considerate le cause che escludono la procedibilità; in particolare le
immunità – funzionali e personali - e la possibilità di giudizio in absentia.
Il secondo capitolo ha come scopo quello di operare un breve excursus
sulla disciplina normativa, posta da trattati internazionali e da leggi
interne, del principio di giurisdizione universale e sulla prassi rilevante. Si
dà conto di quali siano state le origini del principio, in particolare in
relazione al reato di pirateria in alto mare, e si passa poi ad analizzare
quali siano le Convenzioni che lo prevedono e in quale misura. Uno
sguardo poi - in ottica di comparazione - agli ordinamenti interni di alcuni
paesi europei e di alcuni paesi del sud America. Ancora, viene analizzata
la decisione del 2002 della Corte internazionale di giustizia, relativa al
caso del “Mandato d’arresto” in una controversia tra Congo e Belgio. Il
tutto al fine di sottoporre a verifica la tesi dell’esistenza di una norma nel
diritto internazionale generale che accolga il principio di giurisdizione
universale. Dalle ricerche effettuate è emerso che una tale norma può
dirsi esistente, e che il principio di giurisdizione universale sia pertanto
accolto, benché nella sua forma condizionata.
Il terzo capitolo ha come obiettivo quello di analizzare in maniera più
approfondita la legislazione spagnola e i casi di maggiore rilevanza in cui i
tribunali spagnoli si sono attribuiti competenza sulla base del principio di
giurisdizione universale. La casistica giurisprudenziale esaminata
comprende i gravi crimini di diritto internazionale commessi in
Guatemala durante la guerra civile, in particolare il genocidio della
popolazione Maya (Guatemalan generals case), e in Argentina durante il
periodo della dittatura militare (Scilingo case). Sono state poi considerate
- INTRODUZIONE -
7
le decisioni emesse nei confronti di soggetti che, al tempo in cui i fatti
vennero commessi, ricoprivano alte cariche nel governo cinese. Si è fatto
riferimento, nello specifico, al genocidio avvenuto ai danni del popolo
Tibetano durante l’invasione cinese e alle gravi violazioni dei diritti umani
commesse, in Cina, contro i simpatizzanti della corrente religiosa Falun
Gong. Da ultimo è stato esaminato il caso relativo all’omicidio del
giornalista Manuel Couso, durante la guerra in Iraq, per mano dell’esercito
statunitense.
Capitolo I - IL PRINCIPIO DI GIURISDIZIONE UNIVERSALE -
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CAPITOLO 1:
IL PRINCIPIO DI GIURISDIZIONE UNIVERSALE
SOMMARIO: 1. Il concetto di giurisdizione – La nozione di giurisdizione – I principi che regolano
la giurisdizione penale degli Stati – I titoli attributivi di competenza statale in materia penale –
2. L’ambito di applicazione del principio di giurisdizione universale – Considerazioni
preliminari – Genocidio – Crimini di guerra – Crimini contro l’umanità – Tortura – 3. Il
contenuto e i limiti del principio di giurisdizione universale - Giurisdizione universale
obbligatoria e giurisdizione universale facoltativa –Giurisdizione universale assoluta e
giurisdizione universale condizionata – Giurisdizione universale e immunità internazionali.
Capitolo I - IL PRINCIPIO DI GIURISDIZIONE UNIVERSALE -
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1. IL CONCETTO DI GIURISDIZIONE
1.1. La nozione di giurisdizione
Per approfondire il concetto di giurisdizione universale è necessario
analizzare cosa si intenda per “giurisdizione”. Tale nozione ha carattere
polisemico e, nella giurisdizione universale, la definizione di giurisdizione
allude ad un nucleo di problemi relazionato con la proiezione delle
competenze statali nello spazio.
Esistono due teorie in merito alla definizione di giurisdizione: una teoria
tripartitica e una bipartitica.
a) Secondo quella parte della dottrina che sposa la teoria della
tripartizione1 - e che si basa sulla definizione montesquiana di Stato
come divisione in potere legislativo, giudiziario ed esecutivo - la
giurisdizione può essere classificata in:
- Legislative jurisdiction o jurisdiction to prescribe: capacità dello
Stato di regolamentare le relazioni sociali e di prescrivere modelli di
comportamento, preferibilmente attraverso atti normativi sia di
organi legislativi che esecutivi.
- Judicial jurisdiction o jurisdiction to adjudicate: capacità dello
Stato di risolvere controversie relative all’applicazione del diritto.
- Esecutive jurisdiction o jurisdiction to enforce: capacità dello
Stato di imporre modelli di comportamento e regole di condotta
mediante l’esercizio materiale e fisico della coercizione.
b) Un’altra parte della dottrina sostiene che sia possibile una
bipartizione2 del concetto di giurisdizione in:
1
Akehurst, Jurisdiction in International law, in British year book of international law, 1972-1973,
pp.145 ss.
2
Stern, Quelques observations sur les règles internationales relatives a l’application
extraterritoriale du droit, in Annuaire français de droit internationale , 1986, pp.10-11.
Capitolo I - IL PRINCIPIO DI GIURISDIZIONE UNIVERSALE -
10
- Legislative, o normative, jurisdiction.
- Executive, o prerogative, jurisdiction.
Secondo tali Autori ciò che rileva è la distinzione tra due tipi di
facoltà dello Stato: da una parte la possibilità di prescrivere modelli
di comportamento agli individui e di prevedere sanzioni per la loro
inosservanza; dall’altra parte la facoltà di imporre coattivamente,
mediante la coercizione fisica o materiale su persone o beni, tali
modelli comportamentali.
Una parte della dottrina sostiene che la classificazione tripartitica, e in
particolare la distinzione tra competenza normativa e competenza
giurisdizionale, risulti imprescindibile per esigenze derivanti dal principio
democratico: il principio di legalità penale esige che vi sia una tipizzazione
previa delle fattispecie, attraverso legge del parlamento. La necessità di
evitare l’arbitrarietà e di garantire i più essenziali diritti dell’individuo rende
necessario attribuire al potere giudiziario il potere di giudicare e
condannare3.
Tuttavia, quando si tratta di delimitare l’ambito spaziale dello ius
puniendi di uno Stato, nella pratica, la distinzione tra competenza legislativa e
giurisdizionale non rileva. In primo luogo, infatti, lo ius puniendi costituisce
uno degli attributi considerati più intimi e direttamente vincolati alla nozione
di sovranità. Ne è dimostrazione - in ambito europeo - la materia della
cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale integrante il terzo
pilastro dell’UE, che è ancora oggetto di sistemi sostanzialmente
intergovernamentali, fuori dai meccanismi soprannazionali propri del
pilastro comunitario. In tale ambito gli Stati membri non sono disposti a
cedere la loro sovranità a favore di un’organizzazione.
Inoltre, in ambito penale esiste identità tra forum e ius applicabile; ciò
significa che l’unica legislazione penale che i tribunali di uno Stato, con
carattere generale, possono applicare è la propria lex fori. In secondo luogo, i
limiti che il diritto internazionale impone alla giurisdizione penale, dal punto
3
Sánchez Legido, Jurisdicción universal penal y derecho internacional, Valencia, 2004, pp.23-34.
Capitolo I - IL PRINCIPIO DI GIURISDIZIONE UNIVERSALE -
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di vista della sua proiezione spaziale, coincidono sotto i due profili della
competenza legislativa e di quella giurisdizionale.
1.2. I principi che regolano la giurisdizione penale degli
Stati
Chiarito cosa si intenda per giurisdizione, al fine di comprendere la
rilevanza dell’argomento oggetto di analisi, è necessario illustrare i principi
che regolano l’attribuzione di giurisdizione ad uno Stato nazionale.
È importante sottolineare la differenza sussistente tra “principi” e
“criteri”. I principi si potrebbero definire come leggi generali che forniscono
una legittimazione all’applicazione della legge penale nazionale nello spazio. I
criteri di competenza costituiscono poi delle traduzioni, delle
concretizzazioni, di tali principi di competenza nel diritto interno di uno
Stato4.
Esistono in merito due opposte concezioni.
L’una prevede che il diritto internazionale lasci ogni Stato libero di
stabilire l’estensione della propria giurisdizione penale, preoccupandosi
soltanto di verificare che non vengano lesi i diritti degli altri Stati.
L’altra ritiene invece che il diritto internazionale contenga un’espressa
disciplina in materia, per cui le pretese giurisdizionali degli Stati dovrebbero
trovare il proprio fondamento in un’apposita norma di attribuzione5.
Il diritto internazionale, una volta intervenuto ad individuare le
fattispecie criminose, si occupa di stabilire altresì quali siano i criteri generali
per la repressione nazionale delle condotte proibite. Infatti, diversi trattati in
materia di crimini internazionali da un lato enunciano una definizione della
condotta proibita; dall’altro contengono norme volte a stabilire i principi di
giurisdizione che legittimano la repressione penale da parte dei giudici
4
Swart, La place des critères traditionnels de compétence dans la poursuite des crimes
internationaux, in Cassese-Delmas Marty (a cura di), Jurisdictions nationales et crimes
internationaux, Parigi, 2002, pp.568-569.
5
Reydams, Universal jurisdiction. International and municipal legal perspectives, Oxford, 2003,
pp. 11-16.
Capitolo I - IL PRINCIPIO DI GIURISDIZIONE UNIVERSALE -
12
interni6. Ne è chiaro esempio l’articolo 5 della Convenzione sulla tortura7, che
da una parte obbliga gli Stati contraenti ad adottare determinati criteri di
giurisdizione (territorialità, nazionalità attiva e forum deprehensionis) e
dall’altra prevede che quegli Stati, se lo ritengono opportuno, possano
perseguire il crimine di tortura sulla base del principio della nazionalità
passiva. Inoltre, prevede espressamente che la Convenzione non esclude
l’esercizio della giurisdizione sulla base di altri criteri contemplati dal diritto
interno. Appare dunque preferibile la seconda concezione; se si accogliesse la
prima impostazione tali norme di natura permissiva apparirebbero
superflue, in quanto non farebbero altro che riaffermare il potere, già proprio
di ogni Stato sulla base del diritto consuetudinario, di applicare qualsiasi
criterio giurisdizionale entro i limiti imposti dal diritto internazionale.
In definitiva, le norme dei trattati sulla giurisdizione penale interna si
presentano come vere e proprie norme convenzionali di attribuzione della
giurisdizione.
Dalla preferenza accordata all’uno o all’altro orientamento derivano
conseguenze diverse su vari livelli.
Nel caso in cui uno Stato contesti l’esercizio della giurisdizione penale di
un altro Stato davanti ad un giudice internazionale competente, avallando il
primo indirizzo sarebbe lo Stato attore a dover dimostrare la lesione di un
proprio diritto soggettivo e tale conclusione è contraria al diritto
6
Convenzione contro la presa di ostaggi, 1979, Art. 5 par. 1 lett. d]; Convenzione di Roma per la
repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della navigazione marittima, 1988, art. 6 par. 2;
Convenzione di New York per la repressione del finanziamento degli atti di terrorismo, 1999, art.7
par. 2 della.
7
Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, ONU,
New York, 1984, art. 5: « 1. Ogni Stato Parte prende i provvedimenti necessari al fine di stabilire
la propria competenza per conoscere di tutti i reati di cui all’articolo 4, nei seguenti casi:
a] qualora il reato sia stato commesso in un territorio sotto la sua giurisdizione o a
bordo di aeromobili o navi immatricolati in tale Stato;
b] qualora il presunto autore del reato sia un cittadino del suddetto Stato;
c] qualora la vittima sia un cittadino del suddetto Stato e quest’ultimo giudichi
opportuno intervenire.
2. Ogni Stato Parte prende ugualmente i provvedimenti necessari al fine di stabilire la
propria competenza per conoscere dei suddetti reati qualora il presunto autore si trovi in un
territorio sotto la sua giurisdizione e qualora il suddetto Stato non lo estradi, conformemente
all’articolo 8, verso uno degli Stati di cui al paragrafo 1 del presente articolo. 3. La presente
convenzione lascia impregiudicata la competenza penale esercitata conformemente alle leggi
nazionali».
Capitolo I - IL PRINCIPIO DI GIURISDIZIONE UNIVERSALE -
13
internazionale; optando invece per la seconda impostazione sarebbe lo Stato
che afferma la propria competenza a dover dar prova che essa è permessa da
una specifica regola di diritto internazionale.
Nel caso in cui sorgano conflitti positivi di giurisdizione, non sarebbe
possibile, nella prima ipotesi, individuare un ordine di priorità rispetto alle
diverse e confliggenti pretese giurisdizionali, in quanto non sarebbe possibile
preferire la libertà di uno Stato a quella di un altro; nella seconda ipotesi
invece sarebbe possibile, e necessario, stabilire con esattezza quali principi
giurisdizionali siano legittimati dal diritto internazionale per il caso di specie
e in riguardo alle norme internazionali incriminatrici invocate, e quali invece
no. Occorrerebbe inoltre verificare se nel diritto internazionale esistano
principi giurisdizionali prioritari.
Bisogna infine considerare la valenza dei principi in analisi dal punto di
vista del diritto internazionale. Sposando la prima teoria i principi fondanti la
competenza a giudicare avrebbero mero interesse classificatorio, in quanto
rileverebbe solamente la non contrarietà dell’esercizio dell’azione penale a
norme internazionali vigenti. Se invece si condivide l’idea che il diritto
internazionale disciplini i rispettivi ambiti di competenza giurisdizionale
degli Stati in campo penale, allora occorrerebbe dimostrare che le pretese
punitive degli Stati ispirate all’uno o all’altro principio abbiano il proprio
fondamento nell’uno o nell’altro principio, da cui trarrebbero legittimazione.
Poiché si assume che sia il diritto internazionale a disciplinare l’ambito
di competenza giurisdizionale degli Stati per la repressione dei crimini
internazionali, l’esame della prassi internazionale è cruciale. Serve a provare
l’esistenza di norme consuetudinarie che legittimano l’applicazione dell’uno o
dell’altro principio giurisdizionale da parte dei giudici interni.
In conclusione, è preferibile la concezione secondo cui l’ambito della
giurisdizione penale interna sarebbe stabilito da norme internazionali, che
dunque costituirebbero la fonte delle pretese punitive degli Stati8.
8
Gaeta, Il diritto internazionale e la competenza giurisdizionale degli Stati per crimini
internazionali, in Cassese, Chiavario, De francesco (a cura di), Problemi attuali della giustizia
penale internazionale, Torino, 2005, pp. 497-511.
Capitolo I - IL PRINCIPIO DI GIURISDIZIONE UNIVERSALE -
14
1.3. I titoli attributivi di competenza statale in materia
penale
Ciascun ordinamento giuridico conosce vari titoli che legittimano
l’esercizio della giurisdizione; tra questi, il più forte è sicuramente quello che
si fonda sul principio di territorialità.
Normalmente per individuare quale sia il giudice competente si guarda al
locus commissi delicti, ossia al luogo di commissione del reato. Il criterio
fondamentale è quindi dato dal principio di territorialità, che è il principio
secondo cui uno Stato è competente ad applicare la propria legge penale in
relazione a tutti i reati commessi sul proprio territorio9. Tale principio è
sancito in una fondamentale norma consuetudinaria in tema di delimitazione
del potere di governo dello Stato. Il titolo giurisdizionale in questione è
strettamente correlato al concetto di sovranità territoriale, di cui la norma
consuetudinaria si occupa.
Lo Stato ha tra i suoi compiti essenziali quello di garantire l’ordine entro
i propri confini. Lo Stato territoriale, del resto, è quello che ha le migliori
opportunità e gli strumenti più efficaci per la raccolta dei mezzi di prova; lo
Stato territoriale è anche quello che ha il maggiore interesse ad esercitare
l’azione repressiva, poiché è nel locus commissi delicti che si è verificato il
maggiore allarme sociale e in questo modo la pena raggiunge il più alto grado
di efficacia intimidatoria e deterrente10. In linea di principio lo Stato
territoriale può esercitare la propria sovranità in modo esclusivo e in piena
libertà rispetto agli altri Stati.
Il principio di territorialità però non ha un elevato grado di efficacia nella
punizione dei crimini internazionali. Innanzitutto, solitamente tali crimini
9
International Court of Justice, Case concerning arrest warrant of 11 April 2000 (Democratic
Republic of Congo c. Belgium), sentenza del 14 febbraio 2002, separate opinion of M. Guillaume,
in I.C.J. Reports, 2002, p.36, par.4: «Le droit pénal a pour premier objet de permettre la répression
dans chaque pais des infractions commises sur le territoire national». In http://www.icj-
cij.org/docket/index.php?pr=552&code=cobe&p1=3&p2=3&p3=6&case=121&k=36 .
10
Valentini, Alma , Il ne bis in idem internazionale ed il riconoscimento della continuazione tra
reati commessi in territori nazionali diversi, relazione al convegno del 7 Maggio 2007, svoltosi
presso l’Università degli Studi di Ferrara, pp. 4-5.