L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
Capitolo 1
La società delle api
1.1 Cenni sulle origini della vita sociale delle api
Le api mellifere sono insetti sociali e come tali vivono in famiglie, o colonie, costituite
da alcune decine di migliaia di individui (da 10.000 a 1000.000).
Sicuramente le api non sono state sempre sociali, risulta tuttavia difficile, stabilire
quando il processo ha avuto inizio.
Secondo una ipotesi basata soprattutto su somiglianze morfologiche, le api
deriverebbero direttamente da vespe della superfamiglia Sphecoidea
1
,un insetto
solitario, che oltre 70 milioni di anni fa, durante il Cretaceo si sarebbe convertita ad una
dieta a base di nettare e polline, approfittando dell’abbondante disponibilità di questi
alimenti in un periodo di diffusione delle angiosperme, le più evolute delle piante con
fiori.
I più antichi reperti fossili di Apoidei sono stati ritrovati nel nord dell’Europa, e secondo
stime approssimative risalgono al tardo Eocene, 40 milioni di anni fa.
2
Ancor oggi una buona parte di queste specie conduce vita solitaria, allevando la loro
prole su un miscuglio di miele e polline collocato in gallerie scavate nel suolo o nel
legno, nella fessura di un muro, in una conchiglia vuota o in altro luogo a seconda della
specie. Di solito dopo la deposizione delle uova le femmine muoiono senza aver mai
visto la loro prole. In alcuni casi però, come negli Alicti, le femmine vivono abbastanza
a lungo per prendersi cura direttamente della propria covata . In alcune specie si
formano piccole colonie dove i primi nati, tutte femmine, leggermente più piccole della
madre, l’aiutano a costruire nuove celle nel nido, a raccogliere il cibo e ad accudire la
prole. Queste femmine non si accoppiano mai, si comportano da operaie, mentre la
madre da questo momento in poi, si limita a deporre le uova, diviene cioè regina.
Alla fine dell’estate, vengono allevati dei maschi e delle femmine più grandi, queste
ultime dopo l’accoppiamento, passato l’inverno, saranno pronte a fondare altrettante
famiglie la primavera successiva. Vere forme sociali si hanno nei Bombi, tuttavia anche
le loro società si sciolgono col sopraggiungere dell’inverno. Sopravvivono solo le nuove
regine allevate in autunno che dopo l’accoppiamento svernano singolarmente per
rifondare in primavera altrettante società. Fino alla nascita della prima covata queste
regine seguono tutti i lavori necessari che in seguito verranno svolti dalle figlie operaie.
Il massimo sviluppo sociale si raggiunge però nel genere Apis, ed in particolare nell’A.
mellifera ove la regina per fondare una nuova colonia ha bisogno dell’aiuto delle api
operaie. Nell’A. mellifera sono presenti caste ben differenziate che comprendono api
operaie, maschi e regine, quest’ultime sono molto diverse dalle operaie.
In pratica le società delle api, come quelle di tutti gli insetti sociali, non derivano
dall’aggregazione di individui di varia provenienza, ma sono costituiti dai componenti
1
Culliney T.W., 1983- Origin and evolutionary history of the honeybees Apis.-Bee World.64 (1): 29-38
2
Poinar G. JR, 1994- Bees in fossilized resin. Bee World, 75 (2): 71-77
6
L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
di un’unica grande famiglia. Con ogni probabilità anche le primitive regine delle api
mellifere erano in grado di compiere tutte le operazioni necessarie per fondare una
nuova colonia, oggi invece si sono altamente specializzate solo nella deposizione delle
uova. Questo è potuto accadere grazie alla capacità delle famiglie di accumulare
provviste sufficienti a superare periodi sfavorevoli e grazie anche alla capacità di
controllare la temperatura del nido.
1.2 La vita all’interno del favo
1.2.1 Generalità
Le famiglie delle api vivono su favi di cera costruiti entro cavità naturali (tronchi,
sottoroccia, ecc.) o contenitori forniti dall’uomo dette arnie. I favi sono costituiti da una
doppia serie di celle esagonali poste orizzontalmente a stretto contatto fra di loro e
aventi il fondo in comune. Oltre alle celle esagonali, di due diverse misure,
occasionalmente si rinvengono delle celle circolari, a forma di ghianda, aperte verso il
basso, dette celle reali dalle quali nasceranno future regine. Dunque la popolazione di
tali nidi è formata da tre tipi di individui: una sola femmina feconda o regina, molte
migliaia di femmine sterili o operaie, poche centinaia di maschi o fuchi, presenti solo
dalla primavera all’autunno.
I tre tipi si distinguono tra loro con facilità perché le operaie hanno il corpo ricoperto di
fitta peluria, le ali lunghe quasi quanto il corpo e gli occhi ben separati sulla fronte, i
fuchi sono più grandi, più tozzi, hanno le ali più lunghe del corpo egli occhi enormi che
quasi si toccano sulla fronte, le regine sono più grandi e più snelle, posseggono un
grande addome turgido e lucente che sporge abbondantemente dalle ali soprattutto dopo
che è avvenuta la fecondazione da parte dei fuchi.
Tab. 1.2.1 - principali differenze anatomiche fra operaie, regine e fuchi
Caratteristiche Operaia Regina Fuco
Lunghezza del corpo in mm
Larghezza dei torace in mm
Peso in mg
Numero di segmenti del flagello delle antenne
Numero di placche porose delle antenne
Posizione degli occhi composti
Numero degli ommatidi
Lunghezza della ligula in mm
Zampe
Pungiglione
Durata dello sviluppo in giorni
12 ÷ 13
4
100
11
6.000
Separati
4.500
5,5 ÷ 7,1
Attrezzate
Presente
21
17÷ 20
4.2
250
11
2.000
Separati
3.500
Molto corta
Non attrez.
Presente
16
15
5
230
12
30.000
Contigui
7.500
Molto corta
Non attrez.
Assente
24
7
L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
1.2.2 Determinazione del sesso
Come in tutti gli organismi viventi anche nelle api il sesso viene determinato
geneticamente. I caratteri ereditari sono contenuti nei cromosomi che nelle api sono 32.
Nella riproduzione sessuata i gameti prodotti dai rispettivi sessi (ovuli nella femmina e
spermatozoi nel maschio) si uniscono per formare lo zigote da cui si svilupperà il nuovo
individuo. Perché il numero di cromosomi resti costante però è necessario che durante
la gametogenesi venga ridotto alla metà attraverso la meiosi.
Fu J. Dzierzon
3
nel 1845 a scoprire nelle api il fenomeno dell’aplodiploidia: da un uovo
fecondato nasce una femmina mentre da un uovo non fecondato, per partenogenesi
apolide arrenotoca nasce un maschio. Tuttavia circa un secolo dopo si scoprì che la
cosiddetta “ regola di Dzierzon “ aveva delle eccezioni.
Nella maggior parte dei generi di A. mellifera, se le famiglie rimangono orfane , cioè
prive di regina, anche le operaie cominciano a deporre uova non fecondate che in
seguito daranno origine a femmine che, a seconda del tipo di alimentazione a cui
vengono sottoposte si svilupperanno operaie o regine. Ciò è possibile perché nelle
operaie, durante la meiosi, i prodotti aploidi della divisione riduzionale si fondono
successivamente tra di loro per formare un nucleo zigotico in grado di svilupparsi
autonomamente. Questo fenomeno è chiamato partenogenesi telitoca.
4
La determinazione del sesso è un aspetto fondamentale della genetica dell’ape, sia per la
peculiarità dei meccanismi, sia per le conseguenze riproduttive.
Il sesso delle api dipende da un unico locus X (locus sessuale) che presenta numerosi
alleli ( Xª, X
b
,X
c
, ecc.). Gli individui che posseggono due alleli sessuali differenti e
sono quindi eterozigoti per questi alleli ( ad esempio individui XªX
b
, XªX
c
, X
b
X
c
, ecc.)
sono femmine, mentre gli individui che presentano il medesimo allele sono maschi, sia
che essi siano apolidi e quindi emizigoti (ad esempio individui Xª, X
b
, X
c
, ecc.) sia
diploidi omozigoti (ad esempio individui XªXª, X
b
X
b
, X
c
X
c
, ecc.). In condizioni normali
non si osservano fuchi diploidi perché le loro larve vengono uccise e divorate dalle
operaie poche ore dopo lo sgusciamento dall’uovo
5
. Ciò comporta una perdita di
compattezza della rosa di covata, tanto più evidente quanto più elevata è la percentuale
di omozigoti, e una corrispondente diminuzione del vigore della famiglia.
In condizioni naturali, la presenza di numerosi alleli sessuali, uniti con la fecondazione
multipla della regina, rende molto improbabile che essa venga fecondata da uno o più
fuchi con un allele sessuale uguale a uno dei due di cui essa è dotata.
La frequenza con cui si verifica la nascita di maschi diploidi sarà tanto più elevata
tanto maggiore è la consanguineità, che tende a ridurre il numero degli alleli presenti e
quindi ad aumentare le probabilità di accoppiamenti omozigoti.
Probabilmente è proprio per evitare un evento simile che nelle api si è evoluto un
comportamento riproduttivo molto complesso, che rende estremamente improbabile la
copulazione della regina con maschi provenienti dal suo stesso alveare di origine
(fratelli) e anche dal suo stesso aviario (figli).
I maschi aploidi che nascono all’interno dell’alveare, non si sviluppano in celle uguali a
quelle delle operaie, ma più grandi, seppur di forma e disposizione simili. Ciò implica
3
Dierzon J. 1845 Eichstad Bienenztg 1: 113
4
Tucker K.W., 1958. Automictic Parthenogenesis in the honey bee. Genetics. 43, 299-316
5
Woyke, J., 1963- What happens to diploid drone larvae in a honeybee colony.-J. apic. Res, 2:19-24
8
L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
che quando una regina depone un uovo, questo viene fecondato o meno secondo che sia
stato deposto in una cella piccola (da operaia) o in una cella grande (da fuco).
Nelle api la fecondazione delle uova non segue immediatamente l’accoppiamento, ma
avviene solo al momento dell’ovodeposizione. Gli spermatozoi ricevuti dai maschi
durante l’accoppiamento vengono conservati vitali dalle regine, per tutta la durata della
vita, in una particolare struttura detta spermateca la cui apertura e chiusura è regolata
da un’apposita valvola. Con ogni probabilità la dimensione della cella instaura un arco
riflesso che agisce sulla valvola della spermateca. In presenza di una cella piccola la
valvola si apre e lascia passare alcuni spermatozoi, uno dei quali feconderà l’uovo
passando attraverso un piccolo foro, il micropilo; da questa fecondazione nascerà una
femmina, in presenza di una cella grande la valvola resta chiusa e la regina depone un
uovo non fecondato da cui nascerà un maschio. Oggi la maggioranza dei ricercatori è
concorde nel ritenere che il tipo di risposta sia da mettere in relazione alle ripetute
esplorazioni che la regina fa alle celle con zampe e antenne, prima di deporvi l’uovo.
Qualunque sia il meccanismo che regola la deposizione delle uova da parte della regina,
non spetta a questa la decisione se far nascere femmine o maschi, ma il compito di
decidere passa attraverso le operaie le quali, in base alle dimensioni delle celle che
costruiscono, determinano il sesso degli individui che vi verranno allevati.
In realtà inizialmente, dal punto di vista genomico, non vi è alcuna differenza tra l’ape
operaia e la regina. Le notevoli differenze sono dovute unicamente alla diversa dieta a
cui vengono sottoposte le rispettive larve durante lo sviluppo. Mentre le larve destinate
a divenire operaie vengono nutrite per i primi tre giorni di vita con una particolare
secrezione ghiandolare prodotta dalle giovani operaie, la pappa reale, e successivamente
con un impasto di miele e polline, quelle destinate a diventare regine vengono
alimentate per tutta la durata del loro sviluppo con la sola pappa reale.
Nel secondo stadio di sviluppo larvale, comincia a divenire fondamentale l’espressione
di diversi geni, che hanno un ruolo centrale nel regolare la crescita determinata
dall’alimentazione. Infatti è stato scoperto un gene che codifica per una proteina
insulina-simile, ed un altro che codifica per il recettore dello stesso peptide la cui
espressione raggiunge livelli molto alti nelle larve destinate a divenire regine, rispetto a
quelle destinate al lavoro, quindi si tratta di una via di connessione tra il tipo di
alimentazione ed il pathway di segnali chimici responsabili della determinazione e della
differenziazione delle due caste.
6
Ancora, attraverso analisi semi quantitative effettuate con l’utilizzo della trascrittasi
inversa e PCR, durante tutto il periodo di sviluppo larvale, sono state trovati due geni
che codificano per due proteine mitocondriali, la citocromo ossidasi- subunità1 (COX-
1; codificata nel mitocondrio) e il citocromo c (codificata nel nucleo), espressi in
maniera diversa durante lo sviluppo delle regine e delle operaie.
In particolare, il cyt c è trascritto in quantità maggiori nelle larve di regine,rispetto alle
larve operaie, dall’inizio alla fine della metamorfosi. Questo spiega l’aumento del
processo di respirazione mitocondriale, accompagnato da un incremento del livello di
espressione di geni nucleari e mitocondriali che avviene solo nelle larve delle regine.
7
A determinare il destino a cui andrà incontro l’uovo è anche il luogo ove esso viene
deposto; ad esempio se viene deposto in celle particolari a forma di coppa rivolta verso
il basso dette cupolini, verranno allevate api regine.
6
Wheeler DE, Buck N, Evans JD.2006. “ Expression of insulin pathway genes during the period of caste
determination in the honey bee, Apis mellifera”. Insect Mol Biol.
7
Corona M, Estrada E, Zurita M. 1999. “Differenzial expression of mitocondrial genes between queens
and workers durino caste determination in the honey bee Apis mellifera.” J Exp Biol ; 202 (Pt 8): 929-38.
9
L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
Figura 1.2.1:Organi della riproduzione di ape
Regina (a) e ovari atrofici in ape operaia Figura 1.2.2:Ovari di ape regina di due anni
d’età. Si intravede, in basso, la forma sferica
della spermateca
Figura 1.2.3: Cupolino reale che custodisce una pupa di regina
10
L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
1.2.3 La suddivisione gerarchica della famiglia
Appena nata, la regina passeggia libera sui favi e si distingue dalle operaie per le sue
zampe gialle e lunghe e per l’addome più affusolato.
Normalmente vengono allevate più regine contemporaneamente, ma all’interno di una
famiglia deve restare un’unica regina.
● Se la famiglia ha allevato delle regine per cambiare la regina “vecchia” (sostituzione)
o per compiere un’unica sciamatura, la prima nata uccide le sue sorelle quando queste
ancora si trovano entro le celle, oppure, se due regine sono nate contemporaneamente,
una volta uccise le altre, si affrontano sui favi ed ogni scontro fra regine ha per risultato
la morte di una e la vittoria dell’altra. La vincitrice esce sempre indenne dalla lotta.
● Se deve invece avvenire una sciamatura secondaria la prima regina nata impedisce,
con la sua presenza, lo sfarfallamento delle altre. Queste, pronte a nascere ma segregate
nelle proprie celle, attendono la partenza della regina libera per uscire a loro volta.
L’unica giovane regina che rimane nell’alveare comincia a rilasciare nell’ambiente
feromoni che inibiscono l’ulteriore produzione di celle reali e lo sviluppo degli ovari
delle api operaie. Quando una colonia perde la regina, la produzione di feromoni cessa e
le api della colonia iniziano a costruire celle reali d’emergenza. Se, per qualche motivo,
nessuna delle nuove regine sopravvive, dopo un certo tempo alcune operaie iniziano a
deporre uova infeconde. Le api figliatrici hanno ovari sviluppati e secernono alcuni dei
feromoni reali. In questo modo , famiglie di Apis mellifera orfane sono in grado di
rigenerare una colonia.
Capita a volte che queste caratteristiche siano così pronunciate che la famiglia si
comporti come se fosse in presenza di una vera e propria regina.
Un’altra caratteristica che distingue una regina dal resto della famiglia è la longevità,
infatti nella maggior parte degli animali la longevità è raggiunta a spese della fertilità,
ma nell’ape regina questo compromesso non esiste, essa è sia fertile che longeva, a
differenza delle api operaie che sono sterili e hanno una vita piuttosto breve.
Attraverso degli studi effettuati sulle api operaie è stato ipotizzato che questa differenza
è determinata dalla presenza di concentrazioni diverse di tre molecole in particolare, la
Vitellogenina (Vg), meglio conosciuta come proteina del tuorlo, l’ormone insulino
simile IGF-1 e l’ormone della crescita GH.
La Vg è prodotta nel torace e nelle cellule adipose in maniera età dipendente, e le regine
più anziane mostrano averne una quantità nettamente superiore rispetto alle operaie,
questa molecola è un efficace antiossidante e protegge la regina dagli effetti
dell’invecchiamento; al contrario l’IGF-1 e il suo recettore corrispondente, espressi in
particolare nel capo, sono presenti in concentrazioni basse nelle regine anziane, ma più
elevate nelle operaie anziane. L’ormone della crescita invece ha il compito di attivare
l’espressione dei geni per la Vg e l’IGF-1 in direzione opposta. Questo è un
meccanismo specie –specifico che permette di regolare la longevità della regina, senza
inibire la capacità riproduttiva.
8
Nelle prime ore dopo la nascita la regina vergine viene completamente ignorata dalle
operaie. Nei giorni successivi esse aumentano il loro interesse ed iniziano a molestarla
spingendola con la testa o con le zampe, o trascinandola per le ali. Inizialmente essa
accetta tutto senza reagire oppure si mette a cantare, il che fa sospendere
8
Corona M, Velarde RA, Remolina S, Moran-Lauter A, Wang Y, Huges KA, Robinson GE,
“Vitellogenin, juvenile hormon, insulin signaling, and queen honey bee longevity”.Poc Natl Acad Sci
USA. 2007 Apr 24; 104 (17): 7128-33. Epub 2007 Apr 16.
11
L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
immediatamente ogni attacco, o corre via. Con ogni probabilità gli attacchi delle operaie
alla regina vergine servono a migliorare la sua efficienza fisica e ad accelerarne la
prontezza al volo.
L’accoppiamento avviene in particolari luoghi denominati punti di raduno o corridoi di
volo
9
dove i maschi si radunano in gran numero. Ogni regina attira a se un gruppo di
maschi e l’insieme compie delle evoluzioni in mezzo agli altri maschi.
In un luogo di raduno è possibile distinguere due categorie di fuchi: quelli che volano
alti, da 100 fino a 800 metri di altezza in caso di barriere geografiche, che rappresentano
la maggioranza, e che formano come uno schermo vivente attorno al luogo di raduno e
quelli che formano intorno alle regine gli sciami di accoppiamento (da 2 a 5 metri). Il
luogo di raduno è frequentato dall’insieme dei fuchi della zona fino ad una distanza
superiore ai 6 km ; nessun luogo è frequentato solo dai maschi di un unico apiario ,
tuttavia catene montuose di 1000 m di altezza sembrano non costituire un ostacolo agli
accoppiamenti (sono frequenti luoghi di raduno su dei valichi dove maschi e regine vi
accedono da entrambi i versanti).
L’accoppiamento avviene in volo (fig. 1.2.3.1 e fig 1.2.3.2)
Figura 1.2.3.1: Sequenza delle fasi
essenziali di accoppiamento. La linea
tratteggiata segna il punto di distacco
della parte terminale dell’endofallo
(bulbo).
Figura 1.2.3.2: Accoppiamento in volo: la
regina vergine è legata all’estremità di
un’asta posta a ca. 20m di altezza, che
ruota attorno ad un perno. Per
accoppiarsi, il fuco dovrà inserire il
proprio endofallo in posizione ventrale
rispetto alla regina. (Koeniger et
al..1979- Internetional Bee Reasearch
Association)
Un maschio si aggrappa al dorso della femmina ed introduce molto rapidamente per
estroflessione l’ organo genitale nella vagina della regina eiaculando istantaneamente lo
sperma. In questo momento il fuco resta come paralizzato, lascia la presa, gli organi
9
Loper M.G., Wolf W.W., Taylor O.R., 1992- Honey Bee drone flyways and congregation areas_ Radar
observation. J. of Kansas Ent. Soc. 65 (3): 223-230.
12
L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
genitali si strappano con una piccola esplosione dovuta alla pressione a cui sono
sottoposti, e cade a terra dove muore. Sovente il distacco è favorito dall’azione del
maschio successivo che attende il proprio turno. Il tutto dura solo qualche secondo.
10
Dopo l’accoppiamento gli spermatozoi migrano nel dotto spermatico e poi nella
spermateca, tuttavia gli spermatozoi provenienti dai vari maschi non si mescolano
completamente e quindi si possono avere famiglie in cui col passare del tempo
compaiono api con caratteristiche leggermente diverse le une dalle altre.
E’ da notare come la poliandria (fecondazione da più maschi), permette all’alveare di
fecondare la nuova regina anche coi propri fuchi, senza eccessivi peggioramenti della
linea genetica.
Se la regina, o perché nata in un periodo in cui le condizioni atmosferiche sono avverse
o perché nata nell’autunno inoltrato quando oramai non vi sono più maschi, non ha la
possibilità di accoppiarsi entro una ventina di giorni dalla nascita, perde tale capacità e
diviene fucaiola.
Come si è detto la regina è la madre di tutte le api della famiglia. Essa viene nutrita
dalle giovani operaie con pappa reale. Altre operaie, spesso più vecchie,l’accarezzano e
la leccano per suggere una sostanza, la sostanza reale, secreta dalle ghiandole
mandibolari e tergali. Normalmente una regina è in grado di deporre alcune migliaia di
uova al giorno per diversi anni. Solo il freddo è in grado di arrestare la deposizione per
un periodo relativamente lungo (qualche mese). Le uova vengono deposte nella parte
centrale dell’arnia, in uno spazio grosso modo sferico, il nido di covata, circondato da
miele e polline ed in cui la temperatura si mantiene costantemente fra i 34 e 35°C.
Dopo alcuni anni di deposizione, mediamente da 3 a 4 , in una stessa arnia o in più arnie
in caso di sciamatura, la regina termina la provvista di spermatozoi ed è quindi in grado
di deporre solo covate maschili. Quando la regina comincia ad esaurirsi, le api operaie,
danno inizio alla procedura di sostituzione allevando una o più regine. Durante la
sostituzione, soprattutto se avviene alla fine dell’estate, la regina vecchia e quella
giovane possono coabitare. In primavera comunque la regina vecchia sarà scomparsa.
Anche se sono molte le regine che superano i 3 anni, è anche vero che il ritmo di
deposizione rallenta sensibilmente con l’età a partire dal 2° anno di vita. Per questa
ragione si è diffusa la prassi fra gli apicoltori di sostituire, dopo due anni, le regine, in
modo d’avere regine sempre efficienti e poco portate alla sciamatura, tendenza che
aumenta con l’aumentare dell’età della regina.
Appena nata l’ape operaia è piccola, pelosa, biancastra, malferma sulle zampe, lenta e
inoffensiva. A poco a poco i suoi tegumenti acquistano colore, induriscono, e l’andatura
diviene più sicura. A questo punto l’operaia è pronta ad iniziare a svolgere i propri
compiti, prima all’interno dell’alveare e successivamente all’esterno.
Le api operaie presentano un tipico polietismo legato all’età, che non è rigido, ma viene
alquanto modificato dalle condizioni ambientali. Differenze genetiche fra le api
influiscono tuttavia sulla divisione del lavoro. Questa variabilità genetica non è dovuta
ad una diversa sensibilità agli stimoli ambientali, quanto piuttosto ad un differente ritmo
di sviluppo comportamentale.
11
Ogni operaia svolge in successione ciascuna delle varie mansioni necessarie alla
famiglia. Per circa tre giorni dopo la nascita la giovane operaia si dedica alla pulizia
10
Marco Lodesani (2003) “Il miglioramento genetico dell’ape regina”.Istituto Nazionale di Apicoltura-
Bologna.Ed: Il Leccio srl
11
Calderone, N.W., Page, R.E. JR, 1991-The evolutionary genetics of division of labor in colonies of the
honey bee (Apis mellifera).- Am. Nat.,138: 69-92.
13
L’ape, l’insetto “invisibile”, sensore viaggiante dell’inquinamento ambientale
delle celle che debbono accogliere nuova covata e a rivestirle con una sostanza simile ad
una lacca, la propoli. Dal quarto giorno entra a far parte della schiera delle “nutrici”, che
hanno il compito di nutrire e sorvegliare la covata, prima occupandosi delle larve più
anziane fornendo loro miele, polline e acqua, poi, dal momento in cui entrano in
funzione le ghiandole che producono la pappa reale, occupandosi delle larve di meno di
3 giorni e di quelle reali. Dal decimo al diciassettesimo giorno, entrando in funzione le
ghiandole ceripare, l’ape operaia si occupa di lavori di costruzione e riparazione (ape
ceraiola). Per pochi giorni poi, si dedica al ricevimento del nettare e del polline. A circa
20 giorni d’età si dedica alla difesa della comunità e, dalla terza settimana fino alla fine
della sua vita, si dedica alla raccolta del cibo nei campi, diviene cioè bottinatrice.
La divisione del lavoro non è così rigida, infatti è possibile che bottinatrici, per
necessità, ridivengano nutrici, anche se le ghiandole produttrici di pappa reale si stanno
atrofizzando. I primi voli eseguiti dalle future bottinatrici avvengono davanti all’arnia in
piccoli gruppi e vengono chiamati voli di soleggiamento. Dopo qualche tempo
cominciano i veri voli di bottinaggio.
Nel pieno della maturità le bottinatrici sono in grado, spostandosi alla velocità media di
20 km/h, di recarsi a bottinaie fino ad una distanza di almeno 3 km.
Figura 1.2.3.3: ape operaia e circa 20 giorni d’età col compito di bottinatrice.
I maschi, o fuchi, a differenza delle operaie non presentano particolari adattamenti
morfologici, se non per quanto riguarda l’apparato riproduttore.
Essi sono di dimensioni più cospicue (15 mm di lunghezza contro i 12-13 mm delle
operaie), più tozzi, e le loro ali più grandi di quelle delle operaie, superano la lunghezza
dell’addome. Hanno gli occhi composti molto voluminosi (da 7 a 8000 ommatidi), che
quasi si toccano sulla fronte.
L’apparato boccale presenta una lingua molto corta, inadatta alla raccolta del nettare, di
conseguenza non sono d’aiuto all’alimentazione della popolazione.
Le antenne sono formate da 12 segmenti, uno in più rispetto alle operaie, e sono più
complesse infatti vi si contano 30.000 placche porose (organi olfattivi) contro le circa
6000 delle operaie.
14