2
portato all’emanazione di nuove leggi a tutela e alla predisposizione di strumenti nuovi e più
efficaci per la rilevazione dell’abuso.
Gli anziani, invece, rappresentano un’altra categoria che ha subito, e continua a
subire, soprusi e vessazioni, ma, a differenza delle altre due, il problema è stato ignorato e
sottovalutato nella società, con le conseguente minor tutela loro apprestata.
Così, mentre da alcuni anni sono state approntate iniziative e legislazioni sull’abuso
dei minori e delle donne, il problema dell’abuso sugli anziani è comparso solamente da poco
nel dibattito sulla vittimologia. Il che lo rende un tema nuovo e ricco di prospettive, sia ai fini
della predisposizione di nuovi strumenti di prevenzione, sia relativamente all’approntamento
di nuove misure legislative che contribuiscano a ridurre il fenomeno e a tutelare
maggiormente l’anziano.
Per comprendere appieno il fenomeno occorre, innanzitutto, stabilire dei criteri
definitori, riguardanti la nozione di “anziano” e, successivamente, cercare di capire quale sia
la potenziale incidenza dei reati contro le persone anziane, attraverso l’analisi della
composizione della popolazione italiana, alla luce dei dati demografici disponibili.
1) Definizione di anziano
Il termine “anziano” deriva dal latino “anteanus”, “antianus”, entrambi derivanti da
“ante” , che significa “prima”.
Definito “ancient” in Francia e “senior cityzen” in America, l’anziano è chiunque
abbia un’ “età avanzata, in senso assoluto o in relazione ad altri”
1
.
In senso relativo, la parola è usata, ad esempio, in ambito lavorativo ed indica il
tempo trascorso dall’inizio del rapporto, o, più genericamente, il tempo da cui si ricopre un
ufficio o si svolge un’attività.
1
Vocabolario della lingua italiana, Istituto dell’Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani,
Roma, Vol. I.
3
È necessario, invece, puntualizzare e circoscrivere il senso assoluto del termine
anziano.
Il concetto di “anzianità” si differenzia da quello di vecchiaia in quanto quest’ultimo
denota una condizione in cui è carente qualsiasi attitudine al lavoro, mentre la nozione di
“anzianità” prescinde da una qualsiasi valutazione relativa alla capacità lavorativa
2
. Tuttavia,
la definizione di “anziano” non è univoca, ma è determinata da una serie di fattori.
Attualmente l'età in cui una persona diventa “anziana” viene convenzionalmente fatta
coincidere con la soglia di ingresso nell'età pensionabile, e cioè i 65 anni:
questo criterio è condiviso anche dall'Istat, che definisce “popolazione anziana” quella
composta dai 65enni in su, contrapponendola alla fascia d'età compresa tra i 14 e i 64 anni,
considerata invece “popolazione attiva”.
Sotto il profilo giuridico è importante dare una definizione univoca di “anziano”, sia
nell’interesse dei singoli individui, ai fini di una loro maggior tutela, stabilendo una soglia
oggettiva ed inconfutabile, superata la quale sia applicabile l’eventuale apposita disciplina,
sia per soddisfare le esigenze di certezza giuridica, principio fondamentale di ogni
ordinamento giuridico, nazionale, straniero ed anche comunitario.
2) Medicina e Biologia
Scienze come la medicina e la biologia collegano il concetto di “anziano” a
particolari condizioni fisiche: con l’età infatti si verificano alterazioni fisiologiche e
strutturali in quasi tutti gli organi. L’invecchiamento dei singoli individui è in gran parte
condizionato da fattori genetici, dalla dieta, dalle condizioni sociali e dal verificarsi di
patologie legate all’età, quali diabete, osteoporosi, demenze senili e cardiopatie. Inoltre è
stato dimostrato che le alterazioni nelle cellule, legate all’età, sono importanti per
2
A. Saetta, La condizione degli anziani alla luce dei principi costituzionali, in Riv. Dir. Lav., 1978,
pag. 162.
4
l’invecchiamento dell’intero organismo. A sua volta l’invecchiamento cellulare potrebbe
essere costituito dal progressivo accumularsi negli anni di danni sub-letali che possono
portare a morte cellulare o alla riduzione della capacità della cellula a rispondere al danno.
Molte funzioni cellulari diminuiscono progressivamente con l’avanzare dell’età. Le
cellule senescenti hanno una ridotta capacità di captare le sostanze nutritizie e di riparare i
danni cromosomici; le alterazioni morfologiche nelle cellule senescenti comprendono nuclei
irregolari con lobature anomale, mitocondri vacuolati (strutture cellulari, il cui compito è
quello di produrre energia, tanto danneggiate da portare alla morte della cellula), riduzione
del reticolo endoplasmatico (le cui funzioni sono principalmente di depurare l’organismo da
tossine, produrre proteine e mantenere riserve di calcio, indispensabile per la conservazione
della rigidità ossea e di tutti i tessuti) e distorsioni dell’apparato di Golgi (che serve al
completamento delle proteine prodotte dal reticolo endoplasmatico). In concomitanza a
queste alterazioni, si verifica un consistente accumulo di lipofuscina, espressione di danno
ossidativo, di prodotti finali della glicosilazione e di proteine con anomalie nel ripiegamento.
Sebbene siano stati proposti diversi meccanismi per spiegare l’invecchiamento
cellulare, alcune ipotesi recenti si focalizzano su due processi collegati tra loro: l’esistenza di
un orologio biologico, geneticamente determinato, che scandisce il tempo
dell’invecchiamento, e gli effetti della continua esposizione ad agenti esterni, che danno
origine ad un progressivo accumulo di danni molecolari e cellulari.
La teoria dell’orologio è stata sviluppata a partire da un semplice modello
sperimentale dell’invecchiamento. Nell’organismo umano sono presenti i fibroblasti, cellule
che sintetizzano, tra le altre cose, il collagene, principale responsabile dell’idratazione della
pelle, e che producono elastina, che la rende elastica. Ebbene, i fibroblasti umani normali,
messi in coltura, hanno un potenziale di divisione limitato: le cellule dei bambini vanno
incontro ad un numero di divisioni maggiore di quello delle cellule delle persone anziane. Al
contrario, le cellule in vitro di pazienti con la sindrome di Werner, rara malattia caratterizzata
5
da precoce invecchiamento, hanno un tempo di vita molto ridotto. Dopo un numero fisso di
divisioni (predeterminato geneticamente), tutte le cellule si arrestano in uno stadio finale di
quiescenza, conosciuto come senescenza cellulare.
Come le cellule possano contare le loro divisioni è oggetto di intensi studi e sono stati
presi in considerazione diversi meccanismi, tra cui quello riguardante i geni dell’orologio:
l’ipotesi che orologi biologici, geneticamente programmati, controllino il grado e la velocità
dell’invecchiamento è stata confermata dall’identificazione di questi geni, soprattutto in
organismi inferiori. Per esempio, si è visto che i nematodi che hanno una forma mutata del
gene clk-1, hanno una vita del 50% più lunga di quella dei nematodi normali, una velocità di
sviluppo inferiore e un rallentamento di alcuni comportamenti ritmici dell’adulto.
Anche la continua esposizione ad agenti ambientali può esser causa
dell’invecchiamento cellulare: il tempo della vita cellulare può essere determinato
dall’equilibrio tra il danno cellulare, che risulta da eventi metabolici intracellulari, e le
risposte molecolari deputate a ripararlo. I piccoli animali hanno in genere vita più breve e un
metabolismo più veloce. Questo suggerisce che la durata della vita in una specie è limitata da
un consumo metabolico totale prefissato nell’arco dell’esistenza.
L’entità del danno ossidativo, che cresce con l’invecchiamento, può essere una
componente importante della senescenza, e l’accumulo di lipofuscina, che si osserva nelle
cellule invecchiate, ne è il segno. Quindi, parte del meccanismo che determina
l’invecchiamento può essere dovuto al danno cumulativo generato dalla formazione di
prodotti collaterali tossici del metabolismo e dall’esposizione ripetuta ad agenti ambientali,
quali le radiazioni ionizzanti, o dalla progressiva riduzione dei meccanismi di difesa
antiossidanti.
Il danno progressivo cellulare è bilanciato da molte risposte di tipo protettivo, e tra le
più importanti c’è il riconoscimento e la riparazione del DNA danneggiato. Sebbene la
maggior parte dei danni del DNA vengano riparati da enzimi di riparazione, alcune lesioni
6
persistono e si accumulano man mano che la cellula invecchia. Si è notato che, nei pazienti
affetti dalla Sindrome di Werner, difetti dell’enzima elicasi provocano il rapido accumularsi
di alterazioni cromosomiche simili a quelle che si verificano durante l’invecchiamento
cellulare, dando così al paziente l’aspetto di invecchiamento precoce.
Alcuni studi hanno dimostrato che la durata della vita aumenta se la risposta al danno
del DNA cresce. Quindi, l’equilibrio tra l’accumulo del danno metabolico e la risposta ad
esso può determinare la velocità a cui si invecchia e, d’altra parte, l’invecchiamento può
essere ritardato riducendo l’accumulo del danno o aumentando la risposta a questo.
La perdita della capacità di riparare il danno ossidativo o di provvedere alla
riparazione del DNA appaiono essere particolarmente importanti nell’invecchiamento
cellulare e possono contribuire all’invecchiamento prematuro della cellule in alcune
malattie
3
.
Se ne deduce, dunque, un concetto non univoco ma strettamente legato alle
condizioni di salute, in particolare delle cellule: l’età spesso non corrisponde al grado di
senescenza e quindi si possono avere un uomo di quarant’anni con problemi al cuore e al
sistema circolatorio, che lo rendono “vecchio”, e un altro di settanta che, pur avendo gli
indubbi segni di invecchiamento relativi all’età, ha un cuore e delle arterie “giovani”.
D’altra parte l’anziano può conservare una notevole efficienza psichica e, spesso,
buone capacità di memoria, attenzione, logica e creatività si accompagnano ad un fisico che,
per l’avanzata involuzione senile, appare vecchio. Viceversa, si osservano persone anziane
che, pur mantenendo caratteristiche fisiche relativamente giovanili, mostrano i segni del
deterioramento mentale senile, con la perdita dalla memoria dei fatti recenti, della capacità di
attenzione ecc.
3
R. S. Cotran, V. Kumar, T. Collins, Robbins-Le basi patologiche delle malattie, Piccin, Padova,
2000, Vol. I, pagg. 52-55.
7
Questi esempi mostrano come la vecchiaia fisica, o biologica, e quella psicologica
non sempre coincidano, e come sia difficile, oltre che controproducente, stabilire un’età in
cui una persona possa essere considerata “anziana”.
3) Psichiatria
Lo psichiatra francese Claude Olievenstein ha elaborato un concetto di vecchiaia
secondo cui, prescindendo dal dato cronologico, l’anzianità consiste in “un confronto iniquo
tra il desiderio, i desideri, e la possibilità sempre più ridotta di soddisfarli, a causa dei tabù
della società contemporanea o della condizione del corpo, oppure per paura di essere
additati come incapaci”
4
. Non è quindi possibile stabilire una data precisa di inizio della
vecchiaia, né in generale, né, tanto meno, per il singolo individuo. Le variabili che
sanciscono l'inizio di tale fase di vita sono numerose: fisiche, psicologiche, ambientali.
Lo stato fisico, senza dubbio, è il primo fattore che segna lo scarto tra ciò che si
vorrebbe compiere e le reali possibilità. Il dolore che nasce dal confronto tra questi due
estremi può essere anche molto intenso, se non, a volte, devastante.
Gli aspetti psicologici determinano il vissuto individuale, in relazione a tutto il complesso
della vita fino a quel momento vissuta e a quella che resta ancora a disposizione.
Gli aspetti ambientali si riferiscono non solo agli atteggiamenti sociali, ma anche a quelli più
ristretti, a livello familiare. Il puntualizzare costantemente le manchevolezze, l'irritazione, il
pietismo, oppure la preoccupazione assillante con cui vengono additati tali deficit, possono
aggravare il vissuto soggettivo.
Tali variabili operano in sinergia tra loro, si influenzano e si rafforzano a vicenda,
creando situazioni uniche.
Nel 1978 l’Institute of Medicine of the National Academy of Sciences raccomandò di
includere un maggior numero di informazioni sulla geriatria nello studio della medicina, e nel
4
C. Olievenstein, La scoperta della vecchiaia, Einaudi, Torino, 1999.
8
1989 l’American Board of Psychiatry and Neurology (ABPN) dichiarò la psichiatria
geriatrica una subspecialità: oggi la psichiatria geriatrica è il campo psichiatrico in più rapida
crescita.
Questa branca della medicina, il cui nome deriva dal greco geras (età anziana) e
iatros (medico), si occupa della prevenzione, diagnosi e terapia dei disturbi fisici e psichici
dell’anziano e cerca di favorire la longevità. La psichiatria geriatrica richiede conoscenze
particolari in quanto i disturbi mentali di questi pazienti spesso differiscono dai disturbi degli
adulti più giovani, sia nelle manifestazioni cliniche, sia nella patogenesi sia nella
fisiopatologia. Molti disturbi degli anziani non corrispondono alle categorie della quarta
edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-IV) e la diagnosi
e il trattamento dei pazienti anziani possono presentare maggiori difficoltà rispetto alla cura
dei pazienti più giovani.
Il programma Epidemiologic Catchman Area (ECA) del National Institute of Mental
Health, ha appurato che i disturbi più comuni nell’anziano sono i disturbi depressivi, quelli
cognitivi, le fobie e l’abuso di alcol. Elevato è, inoltre, il rischio di suicidio e sintomi
psichiatrici indotti da farmaci.
Molti disturbi mentali degli anziani possono essere prevenuti, migliorati e perfino
guariti, ma, se non diagnosticati accuratamente e trattati in tempo utile, possono progredire
fino ad uno stadio irreversibile
5
.
Esistono vari fattori di rischio psicosociali che predispongono gli anziani ai disturbi
mentali: la perdita del ruolo sociale, la perdita di autonomia, la morte di amici e parenti,
problemi di salute, l’aumento di isolamento, le ristrettezze finanziarie e la riduzione delle
capacità cognitive.
5
H. Kaplan & B. Sadock, Psichiatria: Manuale di scienze del comportamento e psichiatria clinica,
Centro Scientifico Internazionale, Torino, 2001, Vol. II, pagg. 1289-1293.
9
Inoltre, molti farmaci possono causare sintomi psichiatrici negli anziani, e questo è
dovuto alle alterazioni dell’assorbimento del farmaco legate all’età, all’eccesso di dosaggio
della prescrizione, all’eccesso di farmaco assunto senza attenersi alle istruzioni e alla
sensibilità del soggetto al farmaco. Quasi l’intera gamma dei disturbi mentali può essere
causata da farmaci.
Tra i principali disturbi mentali di cui gli anziani possono essere affetti, vi sono le
demenze, i disturbi depressivi, i disturbi da uso di alcool e altre sostanze, i disturbi del sonno
e altri.
Demenze
La demenza è una compromissione generalmente progressiva e irreversibile
dell’intelletto: tra gli adulti di oltre 65 anni solo l’artrite è una causa di disabilità più comune
della demenza. Fattori di rischio noti sono l’età, la storia familiare e il sesso femminile. In
America si è calcolato che, tra gli ultraottantenni, il 20% circa è affetto da una demenza
grave.
A differenza del ritardo mentale, la compromissione intellettiva nella demenza si
sviluppa nel tempo, cioè vi è la perdita graduale delle funzioni mentali precedentemente
acquisite. Le caratteristiche alterazioni coinvolgono le funzioni cognitive, la memoria, il
linguaggio, ma sono comuni anche i disturbi comportamentali che comprendono agitazione,
irrequietezza, vagabondaggio, rabbia, violenza, disinibizione sociale e sessuale, impulsività e
deliri. Deliri e allucinazioni si verificano, nel corso delle demenze, in quasi il 75% di tutti i
pazienti.
Molte sono le cause della riduzione delle capacità cognitive, tra queste vi sono traumi
cranici, dipendenza da alcool, farmaci ed infezioni, ma tale riduzione è dovuta soprattutto a
malattie degenerative primarie del sistema nervoso centrale e da vasculopatie (malattie dei
vasi sanguiferi, arterie e vene).
10
Il 10-15% dei pazienti che mostrano sintomi di demenza sono potenzialmente
trattabili, nel senso che potrebbero guarire curando le diverse malattie che ne costituiscono la
causa, come quelle cardiache, renali ed endocrine.
Le demenze sono state distinte in corticali e sottocorticali, secondo la sede della
lesione cerebrale: un esempio di demenza sottocorticale è il morbo di Parkinson, mentre un
esempio di quella corticale si ha con la demenza di tipo Alzheimer. Tali malattie hanno un
origine ereditaria o acquisita
6
.
Disturbi depressivi
Quanto ai disturbi depressivi, questi non sono dovuti all’età in quanto tale, ma ad
eventi e situazioni legati all’età, quale la morte del coniuge o una malattia.
Gli abituali sintomi dei disturbi depressivi includono energia e concentrazione ridotte,
problemi di sonno, ridotto appetito, perdita di peso e somatizzazioni. Si è calcolato che il
15% circa dei residenti in comunità per anziani soffre di disturbi depressivi e che il 25-50%
dei pazienti con demenza è depresso: si è visto, inoltre, che spesso la depressione può
associarsi ad una malattia fisica e ai farmaci usati per trattarla.
Il deterioramento cognitivo nei soggetti geriatrici depressi viene denominato
“Sindrome demenziale in corso di depressione” (pseudodemenza) e può facilmente essere
confusa con una demenza vera e propria, ma in quest’ultima il deterioramento intellettivo è
solitamente di natura globale, mentre nella pseudodemenza i difetti di attenzione e
concentrazione sono variabili. Inoltre i pazienti con pseudodemenza presentano con minore
probabilità, rispetto a quelli con vera demenza, disturbi del linguaggio e della
confabulazione
7
.
6
H. Kaplan & B. Sadock, Op. cit., pagg. 1293-1295.
7
H. Kaplan & B. Sadock, Op. cit., pagg. 1295-1296.
11
Disturbi da uso di alcool e altre sostanze
Gli anziani con dipendenza da alcool presentano di solito una malattia medica,
soprattutto epatica, e sono divorziati, vedovi o uomini che non si sono mai sposati. Molti
hanno un passato di arresti e sono annoverati tra i poveri senza tetto: inoltre un gran numero
di questi è affetto da una malattia cronica con demenza.
In totale, i disturbi da alcool e altre sostanze rendono conto del 10% di tutti i problemi
emotivi nell’anziano e la dipendenza da sostanze quali ipnotici, ansiolitici e narcotici, è
molto frequente. Il comportamento tipico di chi deve procurarsi sostanze, caratterizzato da
reati e comportamenti illeciti, è relativamente raro negli anziani rispetto al giovane adulto.
Il quadro clinico dei soggetti anziani con disturbi da uso di alcool e altre sostanze è
vario ed include confusione, scarsa igiene personale, depressione e malnutrizione.
Anche le sostanze da banco, come nicotina e caffeina, possono essere usate in modo
improprio dall’anziano.
Disturbi del sonno
L’età avanzata è la principale causa dei disturbi del sonno. Oltre all’alterazione dei
sistemi regolatori e fisiologici, le cause dei disturbi del sonno nell’anziano includono disturbi
del sonno primari, come l’apnea morfeica e l’insonnia primaria (cioè non dovuta a
patologie), altri disturbi mentali, condizioni mediche generali e fattori sociali e ambientali.
La mancanza di una strutturazione della giornata e di responsabilità sociali o
lavorative contribuiscono alla scarsa qualità del sonno, così come l’assunzione di quantità
anche modeste di alcool che, come ipnotici e altre sostanze, deprimono il sistema nervoso
centrale e aiutano l’anziano ad addormentarsi: tuttavia alcuni dati mostrano che gli individui
che ne fanno uso presentano risvegli mattutini precoci e frammentazione del sonno.
12
I cambiamenti della struttura del sonno nell’anziano coinvolgono sia la fase REM
(sonno con movimenti oculari rapidi) sia la fase NREM (senza movimenti oculari rapidi)
8
.
Altri disturbi mentali
Gli anziani possono essere affetti anche da altri disturbi che non connotano
specificamente tale fascia di età e che, anzi, si rinvengono più facilmente in soggetti giovani.
Ad esempio è stato descritto un tipo di schizofrenia ad esordio tardivo, con inizio
dopo i 45 anni. La schizofrenia inizia di solito nella tarda adolescenza, persiste per tutta la
vita e si manifesta con il deterioramento progressivo della capacità intellettiva, la
dissociazione progressiva dalla realtà e la regressione allo stato infantile, come difesa contro
il sentimento di inadeguatezza rispetto alla realtà. I sintomi includono deliri (disturbi del
pensiero che consistono in idee e convincimenti patologici, non reali e inattaccabili dalla
critica), allucinazioni (disturbi della percezione che, coinvolgendo tutti i sensi, possono
essere di cinque tipi, una per ogni organo di senso) e comportamenti bizzarri e disorganizzati.
Esistono tre tipi di schizofrenia, quella catatonica, caratterizzata dal non comunicare più con
l’esterno, quella diafrenica, in cui è presente un forte senso di inadeguatezza, e quella
paranoide: rispetto alla schizofrenia ad esordio precoce, si è notato che quella ad esordio
tardivo è prevalentemente di tipo paranoide, con preminenza di deliri (soprattutto di
persecuzione e di grandezza) e allucinazioni, appiattimento o incongruenza affettiva
9
.
Un’altra malattia mentale di cui gli anziani possono essere affetti è il disturbo
delirante, che di solito esordisce tra i 40 e i 50 anni. Ne esistono varie forme (ad esempio i
deliri somatici, in cui i soggetti sono convinti di avere una malattia mortale, oppure quelli
persecutori, in cui credono di essere spiati, seguiti, avvelenati), possono accompagnare altre
8
H. Kaplan & B. Sadock, Op. cit., pagg. 1297-1298.
9
H. Kaplan & B. Sadock, Op. cit., Vol. I, pagg. 468-474.
13
malattie e derivare da farmaci, e possono essere precipitati da certi tipi di eventi, come la
morte del coniuge, il pensionamento, l’isolamento sociale, malattie e circostanze finanziarie.
I disturbi d’ansia, che di solito iniziano nella giovinezza o nella mezza età, possono
colpire anche dopo i 60 anni, pur se raramente. I segni e i sintomi delle fobie dell’anziano
sono meno gravi di quelli che si verificano nelle persone più giovani, ma sono ugualmente
debilitanti, se non di più, nell’anziano. La fragilità del sistema nervoso autonomo
nell’anziano può rendere conto dello sviluppo di ansia dopo uno stress importante: il disturbo
postraumatico da stress è spesso più grave nell’anziano che nel giovane a causa della
contemporanea presenza di disabilità motoria
10
.
4) Aspetti demografici
Nell’analizzare l’incidenza del crimine contro la popolazione anziana è necessario
conoscere la situazione demografica italiana, l’età media e, dunque, la quantità di anziani
presenti sul territorio. La tutela dell’anziano è, infatti, ulteriormente incentivata da una dato
fondamentale: la popolazione italiana sta invecchiando.
Dal censimento del 2001 sulla struttura demografica della popolazione, condotto
dall’Istituto Nazionale di Statistica-Istat, e aggiornato annualmente, è emerso che la
popolazione residente in Italia è pari a 56.995.744 unità, con un lieve aumento rispetto al
1991. Ma, già al 31.12.2005, la popolazione è risultata essere composta da 58.751.711
individui, superando, così, le previsioni del 2004. In questo quadro emerge come la
popolazione femminile superi quella maschile di 1.697.935 unità, per cui in Italia, ogni 100
persone, si contano 48,4 uomini e 51,6 donne, con uno scarto del 3,2%. Questa differenza di
genere è dovuta al progressivo invecchiamento della popolazione associata ad una maggior
speranza di vita delle donne. Infatti, sebbene nascano più maschi che femmine, la più elevata
10
H. Kaplan & B. Sadock, Op. cit., Vol. II, pag. 1296.
14
mortalità che colpisce gli uomini, sin dalle età più giovani, comporta che, nel totale, le donne
siano più numerose.
La percentuale di popolazione con età superiore ai sessantacinque anni è aumentata,
dal 15,3% (8.700.185 persone) del 1991, al 18,7% (10.645.874 persone) del 2001, a 19,8%
nel 2005
11
.
Anche per le età più avanzate l’aumento è stato sensibile: la popolazione con più di
settantacinque anni è passata dal 6,7% nel 1991
12
, all’ 8,4% nel 2001
13
, al 9,2% nel 2005
14
.
Inoltre degli ultrasettantacinquenni registrati nel 2001, il 63,7% è costituito da donne.
I cosiddetti “Grandi Vecchi”, gli ultraottantacinquenni, sono anch’essi aumentati
rispetto al 1991, fino a costituire il 5% della popolazione residente, nel 2005. A fronte, la
percentuale di giovani fino a 14 anni si è andata ulteriormente riducendo, fino a raggiungere
il valore del 14,1% circa nel 2005
15
.
L’invecchiamento della popolazione non è omogeneo dal punto di vista territoriale:
nel Mezzogiorno giovani ed anziani sono, numericamente, ancora in equilibrio, e, in linea
generale, i comuni col maggior numero di anziani sono quelli più piccoli. Le regioni con più
anziani sono la Liguria (12,2% della popolazione locale ha più di settantacinque anni),
l’Umbria (10,9%), l’Emilia Romagna e la Toscana (10,8%). (Tabella I).
Al 1° gennaio 2006 l’indice di vecchiaia, ossia il rapporto tra la popolazione con 65
anni ed oltre e quella con meno di 15 anni, si stima essere pari al 140,4%, con un costante
11
Sistema statistico nazionale-Istat, Annuario statistico italiano 2006, Istat 2006, pag. 50.
12
Sistema statistico nazionale-Istat, Popolazione e abitazioni. 13° censimento generale delle
popolazioni e abitazioni, 20.10.1991, Istat 1992, pag. 130.
13
Sistema statistico nazionale-Istat, Struttura demografica e familiare della popolazione residente.
14° censimento generale della popolazione e abitazioni, Istat 2002, pagg. 3.
14
Sistema statistico nazionale-Istat, Annuario statistico italiano 2006, Istat 2006, pag. 50.
15
Sistema statistico nazionale-Istat, Annuario statistico italiano 2006, Istat 2006, pagg. 46-50.
15
aumento rispetto agli anni precedenti: 131, 4% per il 2002, 133,8% per il 2003, 135,9% per il
2004
16
, 137,8% per il 2005
17
.
Da questi dati emerge quanto la popolazione italiana stia invecchiando. Il rapporto
percentuale tra gli anziani e i bambini è, in media, nell’intero Paese, di 3,4 anziani per ogni
bambino (considerando tale chi ha meno di 6 anni), con le punte massime in Liguria, dove si
registrano addirittura 6 anziani per un bambino, in Toscana e Umbria, con quasi 5 per
bambino. Le uniche regioni che ancora presentano un’eccedenza di giovani rispetto agli
anziani sono la Campania e la provincia autonoma di Bolzano.
Gli ultracentenari sono triplicati, passando da 3.345 che erano nel 1991, a 6.313
registrati nel 2001, a 10.441 nel 2005. In questo caso il primato spetta alla Lombardia,
seguita dal Piemonte, dall’Emilia Romagna e dalla Toscana.
16
Sistema statistico nazionale-Istat, Annuario statistico italiano 2005, Istat 2005, pag. 32.
17
Sistema statistico nazionale-Istat, Annuario statistico italiano 2006, Istat 2006, pag. 46.