5
cultura in una moderna concezione antropologica, si pensa a
quella disposizione ad affrontare la realtà che si costituisce
negli individui in quanto membri di una società storicamente
determinatasi e determinatesi. Cultura cioè designa quel
patrimonio sociale dei gruppi umani che comprende
conoscenze, credenze, fantasie, ideologie, simboli, norme,
valori, nonché le disposizioni all’azione che da questo
patrimonio derivano e che si concretizzano in schemi e
tecniche d’attività tipici in ogni società
2
. Dato che nella
realtà contemporanea la spinta consumistica è sempre più
evidente, gli uomini sono coinvolti in questo vortice che fa
crescere il desiderio di potenziare la propria immagine
sociale agli occhi dell’altro e di apparire migliore solo
perché si possiede qualcosa in più o qualcosa di più bello.
Come rispondere allora ai desideri continuamente
cangianti?
Ecco che le innumerevoli aziende si contendono il
successo non solo immettendo sul mercato molteplici prodotti
dall’aspetto sempre più fascinoso ed accattivante, ma anche
riproponendo oggetti del passato prodotti con qualche
modifica affinché la loro richiesta sul mercato si mantenga
2
Cfr. Tentori, T., Antropologia culturale. Roma, Studium, 2000, p.13.
6
sempre viva e competitiva.
Attraverso una ricerca ampia e metodologicamente
impostata, ho cercato di comprendere il significato del
fenomeno noto come RESTYLING, nonché di capire le
motivazioni psicologiche che lo determinano e le conseguenze
socio culturali che esso produce.
Che cosa si intende dunque col termine restyling e
quali sono le motivazioni principali che ne assicurano il
successo attuale in una pluralità di contesti?
Che ruolo ha avuto l’uomo nel farne un fenomeno di
costume attraverso il desiderio sempre più diffuso, di merci e
prodotti di scambio che assumono importanza non tanto per
la loro utilità quanto per la connotazione valoriale che li
rappresenta?
L’uomo è una creatura del desiderio, non del bisogno,
e questo si manifesta anche nella volontà di voler rinnovare
continuamente i suoi beni, di ristilizzarli, di vederli cioè
riproposti con un aspetto nuovo. Gli esseri umani non sono
considerati tanto come decisori razionali quanto come figure
prese in una morsa di emozioni
3
.
3
Cfr. Benedict R., Modelli di cultura. Milano, Feltrinelli, 1979, p.160.
7
Nei più differenti contesti culturali, più gli oggetti e le
rappresentazioni che si istituiscono intorno ad essi sembrano
essere privi di una funzione pratica, più questi sono ambiti
dall’uomo e vengono investiti di significati simbolici
4
.
Il lavoro si divide in due sezioni: una, teorica, nella quale
si cerca di cogliere il fenomeno del restyling secondo delle
valenze sociologiche antropologiche e comunicative, facendo
riferimento alla letteratura, volta all’analisi delle nuove
tendenze nella società contemporanea; una seconda sezione
del lavoro nella quale, attraverso una ricerca empirica, si
prenderà in esame un contesto specifico di applicazione del
restyling.
Esattamente dal dizionario, restyling vuol dire
ripristinare, rimettere in vita qualcosa di superato
assegnandogli un nuovo aspetto. Il restyling, potremmo
intenderlo come un qualsiasi miglioramento nei prodotti e nei
sistemi organizzativi, ma a mio avviso, anche come una
risposta creativa alle sollecitazioni dell’ambiente.
4
Cfr. Rami Ceci L., Porcellane, ninnoli e martingale. Ovvero l’elogio
dell’effimero. Roma, Armando, 2002, p.311.
8
Esso consiste infatti nella realizzazione di una nuova
idea, comprendendo la fase di progettazione, produzione e
marketing.
Lo studioso Roy Wagner
5
ha citato parole come
invenzione e innovazione, affermando che queste sono spesso
usate per distinguere atti o idee nuove o cose create per la
prima volta da azioni, situazioni e pensieri che si sono
consolidati o sono diventati abituali e, estendendone l’uso
all’intero campo del pensiero e dell’azione, si riferiscono alla
realizzazione spontanea e creativa della cultura umana. Quindi
l’invenzione è cultura, e la reinvenzione va intesa come il
tentativo di far rivivere un’idea o un’immagine del passato e
di renderne ancora vivo il ricordo.
La reinvenzione ci pone di fronte al desiderio di far
rivivere la memoria collettiva, definita da M.Halbwachs come
<<l’insieme delle tracce del passato che un gruppo sociale
trattiene, elabora e trasmette da una generazione alla
successiva in relazione con i materiali della propria storia e
con i contenuti delle proprie tradizioni
6
>> .
5
Cfr. Wagner R., L’invenzione della cultura. Milano, Mursia, 1992.
6
Cfr. Halbwachs M., La memoria collettiva. Milano, Unicopli, 1996,
p.264.
9
La memoria collettiva è fondamento e insieme
espressione dell'identità di un gruppo. In quanto espressione
dell'identità, la memoria collettiva richiama e rafforza i valori
e le norme intrinsecamente legati al patrimonio culturale del
gruppo stesso. Come ha mostrato M. Halbwachs, e non
diversamente da quanto accade per la memoria in generale, la
memoria collettiva rappresenta il passato interpretandolo:
ogni gruppo seleziona e riorganizza incessantemente le
immagini del passato, in relazione agli interessi e ai progetti
che predominano nel presente. Si decide di inventare cose
nuove o di reinventare quelle del passato in corrispondenza
dei desideri del consumatore e della sua esperienza
d’acquisto, definita anche way of buying.
Il way of buying è il processo di cambiamento che vede il
consumatore sempre più impegnato a ricercare una esperienza
d’acquisto e non solo prodotti o servizi
7
; il processo di scelta
è ben complesso rispetto ad una pura comparazione tra
prodotti materiali o prestazioni tecniche, perché oggi il cliente
è impegnato a decidere come vuole acquistare e che tipo di
esperienza d’acquisto vuole fare.
7
Cfr. Trevisani D., Comportamento d’acquisto e comunicazione
strategica. Milano, Franco Angeli, 2003, p.15.
10
Gli studi dell’antropologia dei consumi
8
fanno
emergere chiaramente un fenomeno: l’acquisto va ben oltre
l’utilità pratica e funzionale del bene ricercato. Il
comportamento dell’acquistare ha valenze dimostrative ed
emotive, e in alcuni casi risponde a logiche estranee alla
ricerca delle proprietà di prodotto/servizio. L’acquisto si
associa ad emozioni e simboli, per diventare atto di
gratificazione psicologica di se stessi o di altri. Al di là del
fascino che può esercitare una scienza protesa a svelare ciò
che è dietro la facciata del nostro quotidiano, l’antropologia
studia anche il comportamento d’acquisto dell’uomo e lo
descrive come quella pratica quotidiana, la cui esperienza
circonda, avvolge, permea in modo spesso inconsapevole
l’essere umano. Molti esperti dell’antropologia dei consumi
infatti, usufruiscono di tutto un background di contenuti e
categorie appartenenti agli studi antropologici, ponendo le
basi per una nuova disciplina del futuro, l’<<antropologia di
marketing>>. Anche la mia tesi si potrebbe appunto inserire
8
Si occupa di analizzare cosa accade all’interno di una specifica cultura,
quali barriere o scudi culturali esistono, come questi si frappongono
all’adozione di un comportamento, quali filtri culturali e regole non scritte
agiscono in background nel condizionare il cliente, il suo comportamento,
le sue valutazioni.
11
in un simile scenario in quanto, attraverso le conoscenze
dell’antropologia, tenta di studiare dei contenuti di marketing.
Sarà forse un possibile futuro a cui noi, esperti di
comunicazione, potremmo approdare alla fine dei nostri
studi?
Come ho già accennato, la seconda parte della mia tesi,
consiste in una ricerca analitica che io ho condotto attraverso
l’uso di metodologie qualitative di indagine, quali l’intervista
focalizzata (focus interview) e l’analisi visuale realizzata sulla
base di una scheda di osservazione, applicate ad un caso
specifico, cioè quello del restyling di un’automobile, la
MINI, perché credo possa testimoniare al meglio le
caratteristiche del fenomeno studiato. Ho cercato di capire
soprattutto perché la Mini è una macchina che si differenzia
da tutte le altre per aver segnato la storia di una generazione,
quella degli anni ‘60-‘70, e perché continua tuttora ad essere
la manifestazione di una moda e di una tendenza dominante
sia per giovani che per adulti. Sarebbe interessante capire se
esiste un profilo di personalità che predispone il consumatore
a desiderare proprio questa vettura o se esiste uno stereotipo
nelle valutazioni degli esperti nel settore automobilistico.
12
L’intervista focalizzata si fonda sull’uso di una traccia
predisposta dal ricercatore sulla base delle conoscenze che
possiede riguardo al fenomeno studiato ed ha una struttura
flessibile che può accettare eventuali modifiche durante il
colloquio; ho utilizzato allora questo tipo di metodologia
rivolgendomi ad alcuni esperti del mondo Mini nel tentativo
di comprendere le ragioni che si celano nella decisione di
effettuare un’operazione di restyling, nonché il target di
riferimento con età, status sociale e atteggiamenti dei fruitori.
Potrebbe emergere ad esempio, che il desiderio di far rivivere
la Mini del passato è legato ad un forte bisogno di successo, di
esibizione e vanità, di auto-rappresentazione, di fiducia in sé
stessi e alta stima di sé o di cambiamento e personalità
creativa riscontrabili nel consumatore.
Attraverso un’analisi visuale metterò a confronto
alcune immagini della Mini stessa, prese rispettivamente dal
passato e dal presente, per riconoscere somiglianze e
differenze nella morfologia ambientale, nei contesti, nella
funzione pratica e simbolica, nelle caratteristiche e nella
destinazione d’uso.
13
Capitolo primo
L’antropologia del restyling
1.1. Che cos’è il restyling?
Il restyling è l’innata tendenza delle arti umane a
ridisegnare, riprogettare, reinterpretare gli elementi stilistici
classici favorendo la rinascita di ciò che le generazioni
precedenti ci hanno lasciato in eredità. Automobili,
elettrodomestici, vestiti, marchi commerciali, architetture: non
esiste prodotto della cultura contemporanea che non sia stato
reinventato.
Ma si tratta di una pratica che attribuisce nuova vita al
prodotto, riproponendolo con un design migliore e con quelle
qualità in più che servono a renderlo più accattivante ed
appetibile agli occhi del consumatore, o di una strategia che
favorisce l’obsolescenza rapida delle merci?
Mi domando poi, com’è possibile che, nonostante il
nostro sia un secolo apertosi all’insegna della rottura col
passato, in cui tutto sembrerebbe proiettato verso il futuro,
rimanga ancora chiaramente vivo quel senso di nostalgia che
rende il restyling una strategia ancora attuale e diffusamente
14
presente per la maggioranza delle aziende mondiali nel lancio
e rilancio di un brand o di un prodotto?
Questi sono alcuni interrogativi che mi sono posta, e a
cui ho cercato di rispondere nel corso della mia ricerca.
Ho consultato dizionari vari per capire il significato
del termine restyling ma questa ricerca mi è stata soprattutto
utile a capire la fragilità e la transitorietà di molti concetti
usati e talvolta abusati nella contemporaneità.
Restyling è una parola così nuova e di nicchia che
nell’edizione del 1988 dello Zingarelli non compare, mentre
in quella del 1994 è descritto come una strategia che modifica
il design o il modello di un prodotto o manufatto e ancora,
come un’ operazione di rifacimento, rinnovamento,
rielaborazione.
Restyling è la perfetta unione tra l’intervento di tipo
estetico e quello legato al miglioramento della performance
che delinea un modello chiaramente diverso da tutti i
precedenti. Infatti, la nostra società tende ad essere sempre più
complessa, nelle aspettative, nelle istituzioni, negli oggetti,
nelle attività, negli stili di vita, cresce allora il desiderio di
superare l’obsolescenza estetica dei propri prodotti
riproponendoli in una veste del tutto nuova. Così,
15
elettrodomestici, cellulari, automobili, vengono riproposti con
un aspetto dichiaratamente più fashion e servono a
determinare un fenomeno dai confini incerti ma percepibili a
tal punto da non lasciarci indifferenti alla sua attenzione.
Restyling quindi fa pensare ad un’operazione di ritocco
attraverso quei piccoli o grandi aggiustamenti apportati ad un
prodotto già esistente, per finalità che possono essere le più
varie: dal suo miglioramento estetico alla sostituzione di un
materiale che non può più essere utilizzato, fino alla rilettura
critica di un progetto così riuscito e significativo da non
meritare l’oblio. Dunque le motivazioni che spingono a
modificare il prodotto sono molteplici ma nella maggior parte
dei casi, a mio avviso, il restyling riguarda soprattutto
l’estetica del prodotto. Di solito, le persone hanno l’abitudine
di assegnare agli oggetti funzioni ben precise, oggetti che con
il tempo passano di moda, si deteriorano, diventano scarti,
eppure il loro destino non può ancora dirsi compiuto. Tutto
può ripartire: gli oggetti, liberati della loro missione primaria,
sono pronti per nuove avventure estetiche e le funzioni iniziali
si trasferiscono in nuove forme o in nuovi materiali per essere
poi adattate alle nuove esigenze, della moda o della
tecnologia.
16
Ma quando nasce il restyling?
Oggi il gusto precede e detta legge alla tecnica: si
cambia un’automobile, un rasoio, una lavatrice, una macchina
da scrivere, solo perché essa si è esteticamente consumata,
ossia non ci piace più, ci è venuta a noia, è cambiata la moda e
via dicendo
9
.
Potremmo segnare la nascita del fenomeno del
restyling, allora, nel momento in cui l’industria si rende conto
che per crescere ed ampliare il proprio mercato deve offrire
innovazione, evitando però quegli investimenti
eccessivamente costosi nella ricerca e nella tecnologia. Opta
quindi per il restyling dei prodotti, pensando che questo possa
comunque comunicare innovazione.
9
Cfr. Koenig G.K., L’invecchiamento dell’architettura moderna e altre
dodici note. Firenze, Editrice Fiorentina, 1967, pp.115-128.
17
1.2. La dimensione antropologica del restyling
Cosa si intende per restyling da un punto di vista
antropologico?
La dimensione antropologica del restyling è nel fine ad
esso assegnato di aggiornare sensazioni, sentimenti e
psicologia di un oggetto esistente. Nonostante la
consapevolezza di un millennio appena terminato con il
dissolvimento di ideali e speranze di progresso che ne hanno
costituito l’ossatura lungo gli ultimi quattrocento anni, le
necessità che animano le scelte sociali sono altre: un banale
sogno di potenza individuale ha sostituito il desiderio
collettivo di dominare l’Universo. Ci si serve allora dei
consumi per la propria affermazione personale all’interno di
un gruppo come elemento fondante di socialità e gli oggetti
hanno il compito di sottolineare le specifiche individualità,
rappresentando dei punti di riferimento.
Il design diventa uno strumento di affermazione e di
riconoscimento della propria identità, che fa apparire l’uomo
più forte e più potente di fronte agli altri e più in generale di
fronte ad un mondo oggettivato che gli è ostile. Gli oggetti e
le qualità che li definiscono, diventano quindi segni magici
perché hanno lo scopo di accrescere il mana (la potenzialità)
18
loro e di chi li possiede. Così come avveniva per i primitivi
abitanti della Polinesia:
Le decorazioni impresse per mezzo di incisioni a colori
sulle lance, sugli scudi, sui boomerang non sono fatte per
rendere l’oggetto più bello ma più potente. Sono segni
magici.
Ma il mana degli oggetti non è una qualità oggettiva
perché siamo noi che dalla nostra mente la dobbiamo
trasferire in loro o per suggestione o per educazione
10
.
La forza di un segno si misura a seconda di quanto esso si
rende riconoscibile da parte del popolo dei consumatori che
con esso si identificano. I residui del passato, ovvero quei
segni sopravvissuti all’oblio del tempo, riemergono
imponendo all’industria la necessità di rispondere al bisogno
assoluto di restyling riproponendo i prodotti in una forma più
convincente.
E’ possibile comprendere allora il moltiplicarsi di
pezzi che sono dichiaratamente derivati nelle forme da
modelli originali, come nel caso del settore automobilistico
10
Cfr. Vignola, G., <<Riti magici di ieri e di oggi>>. Milano, De Vecchi
Editore, 1972., in Briatore, V., Restyling, Meraviglie e miserie del
progetto contemporaneo. Roma, Castelvecchi, 2000, p. 41.