2
1.1. IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO: BREVI CENNI
L’ espressione concreta della potestà amministrativa è
costituita dai cosiddetti provvedimenti amministrativi. Essi nascono
a conclusione del procedimento amministrativo, come risultato
ultimo di una pluralità di atti e fatti susseguenti e diversi tra loro
(il termine procedimento amministrativo è stato utilizzato in
una norma di carattere generale, quale la legge 7 agosto 1990 n.
241, il cui titolo appunto reca “Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi”, modificate ed integrate recentemente dalla legge
11 febbraio 2005 n. 15, ed ancora dal D.L. 14 marzo 2005 n. 35
convertito con L. 14 maggio 2005 n. 80), con i quali la P.A. dà
vita ad un processo decisionale. Il provvedimento è un atto
amministrativo avente rilevanza esterna, indirizzata a soggetti
determinati o determinabili
1
.
1
Parte della dottrina considera provvedimenti anche quelli cd. “dichiarativi”,
distinguendoli da quelli “costitutivi”: «dai provvedimenti costitutivi si distinguono
quelli dichiarativi, dal carattere degli effetti da essi prodotti; che tuttavia servono a
rafforzare ovvero ad affievolire o a specificare situazioni giuridiche che trovano la
loro fonte (costitutiva) in altro atto o fatto. Laddove questo tipo di atti incida su
3
Affinché il provvedimento amministrativo sia idoneo a
produrre effetti nella sfera giuridica dei destinatari è necessario
che esso sia efficace, quindi in grado di produrre effetti nel
mondo del diritto «nonché, allo stesso tempo, per una
sovrapposizione di significati linguistici, il complesso medesimo
delle conseguenze derivanti da tali effetti»
2
; valido, inteso come
conformità del provvedimento al modello legale; non è
condizione di efficacia, bensì modalità di esecuzione,
l’esecutorietà. Quest’ ultima consiste nella capacità, per la stessa
amministrazione, di portare direttamente ad esecuzione il
provvedimento amministrativo, anche contro la volontà del
privato destinatario del provvedimento stesso, senza dover
ricorrere all’autorità giurisdizionale
3
. Il provvedimento
situazioni di diritto soggettivo, non si produce alcun effetto di “degradazione” sulle
situazioni stesse, che restano oggetto di accertamento (e di tutela giurisdizionale in
genere da parte del giudice ordinario.»: V. Cerulli Irelli, “Principii del diritto
amministrativo”, Tomo II, Torino, 2005, p. 206. Al contrario c’è chi distingue tra i
meri atti ed i provvedimenti amministrativi: «i primi sono atti di organi amministrativi
emanati nell’esercizio di potestà pubbliche, ma privi di imperatività , cioè della
capacità di incidere unilateralmente su date situazioni giuridiche di soggetti che si
trovano in stato di soggezione rispetto alla P.A.», esempi di tali atti sono gli atti di
certazione, le proposte, i pareri e in generale quelli interni al procedimento
amministrativo. F. Bassi , “Lezioni di diritto amministrativo”, Milano 2003, p.75.
2
V. Cerulli Irelli, “Corso di diritto amministrativo”, Torino, 2001, p. 521.
3
Tale fenomeno si verifica in due casi: quando il contenuto dispositivo del
provvedimento comporta la sua diretta ed immediata esecuzione, anche nella sfera di
soggetti terzi, a prescindere dall’apporto dell’attività di questi (provvedimenti ablatori
4
amministrativo deve essere tipico, nel senso che la P.A. non
può emanare atti che non siano previsti e descritti dalla
fattispecie normativa attributiva del potere (principio di
legalità
4
); imperativo, ovvero in grado di incidere in maniera
unilaterale nella sfera giuridica del soggetto destinatario che, in
tal modo, si troverà nella posizione di subire gli effetti dell’atto.
Altra peculiarità del provvedimento amministrativo è
l’inoppugnabilità: trascorsi, infatti, i termini di decadenza stabiliti
dalla legge sia per i ricorsi amministrativi
5
, sia per quelli
giurisdizionali
6
, non può essere più impugnato dai destinatari
che dall’atto si ritenessero ingiustamente danneggiati.
reali, ad esempio espropriazione, requisizione, etc.); ed inoltre quando
l’Amministrazione si trovi costretta ad intervenire di fronte alla mancata osservanza,
da parte dei terzi, di obblighi di dare o facƟre.V Cerulli Irelli, “Principii”, cit, p. 193 e
ss.
4
Non è un principio codificato dalla carta costituzionale, anche se deducibile dai
principi costituzionali in tema di organizzazione dello Stato (in dottrina si seguono tre
strade per asserire la presenza, seppur implicita nel nostro ordinamento , del principio
di legalità: la prima che fa leva sulle riserve di legge e sul combinato disposto degli
artt. 23 e 97 Cost.; la seconda che prende le mosse dall’art 101 Cost. ed infine la terza
che si riferisce all’art 1. Cost.) esso comporta la soggezione dell’autorità
amministrativa al potere legislativo e si afferma quando, per ovviare all’eccessiva
ingerenza dell’ operato della P.A., si comprende che è necessario che la norma
attributiva del potere fissi anche le modalità del suo esercizio.
5
Per il ricorso gerarchico- proprio ed improprio- e per l’opposizione:30 giorni dalla
piena conoscenza del provvedimento amministrativo; per il ricorso straordinario al
Capo dello Stato: 120 giorni dalla piena conoscenza del provvedimento stesso.
6
60 giorni dalla piena conoscenza del provvedimento amministrativo.
5
Ricostruite, sinteticamente, le caratteristiche del
provvedimento amministrativo, si deve precisare inoltre la
necessità che esso sia esistente (o perfetto)
7
cioè rilevante
nell’ambito dell’ordinamento giuridico, in quanto esistenti in
esso i requisiti minimi richiesti dalla legge.
L’interesse del cittadino a che l’ attività della P.A. sia svolta
in modo legittimo, cioè in conformità alle norme giuridiche che
la regolano, è espressione del cosiddetto interesse legittimo: esso
risulterà leso quando i limiti fissati nella legge saranno superati
8
.
Non è facile dare una definizione riassuntiva di tale situazione
giuridica soggettiva, della quale parlano espressamente ben tre
disposizioni della Costituzione: l’art 24, che garantisce agli
interessi legittimi la stessa tutela giurisdizionale concessa ai
7
F. Bassi, op .cit., p. 106.
8
Numerose sono le teorie che cercano una definizione univoca di interesse legittimo.
Tra le più autorevoli ricordiamo quella di Sorace, secondo il quale l’ interesse finale
non è l’oggetto della tutela, né può esserlo legittimità dell’azione amministrativa, ma
la “chance” che un soggetto possiede, ovvero la possibilità di mantenere, o acquisire,
il bene della vita; cfr. D. Sorace, “Diritto delle amministrazioni pubbliche”, Bologna,
2002. Secondo la teoria di Scoca la legittimità è il limite della tutela, il bisogno di
essa nascerà qualora il provvedimento emanato risulti illegittimo; cfr. F. G. Scoca,
“Contributo sulla figura dell’interesse legittimo”, Milano, 1999. Si ricorda poi la tesi
di Zito, per il quale l’ interesse legittimo è una situazione giuridica soggettiva di
vantaggio che tutela il cittadino nei confronti della P.A. qualora emani atti illegittimi;
il suo oggetto è la garanzia dell’immunità dai danni derivanti dall’atto illegittimo; cfr.
A. Zito, “Danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa. Riflessioni
sulla tutela dell'interesse legittimo”, Napoli, Ed. scientifica, 2003.
6
diritti soggettivi; l’art. 103, che ne fa l’ oggetto principale della
giurisdizione del giudice amministrativo; l’art. 113, il quale
ribadisce che la tutela giurisdizionale dei diritti, e degli interessi
legittimi, è “sempre” ammessa “contro gli atti della Pubblica
Amministrazione”.
L’interesse legittimo può essere definito come la pretesa alla
legittimità dell’atto amministrativo, che viene riconosciuta a
quel soggetto che si trovi, rispetto all’esercizio di un potere
della P.A., in una particolare posizione legittimante, che è
costituita dalla necessità di tutelare un interesse della vita; ad
esempio, il richiedente un permesso di costruzione, sebbene
non vanti un diritto perfetto al rilascio di tale atto, ha pur
sempre la pretesa a che l’Amministrazione proceda, in modo
legittimo, alla valutazione della sua domanda: tale istituto
rappresenta l’unico strumento mediante il quale gli interessi del
privato sono protetti dal potere amministrativo, rappresentando
quindi, la situazione giuridica soggettiva che “dialoga” con il
potere, che si traduce nella pretesa a che la P.A. eserciti
7
legittimamente i propri poteri, in relazione alla concreta
situazione giuridica del privato. La pretesa alla legittimità del
provvedimento amministrativo, quindi, non viene riconosciuta
indifferentemente a tutti i cittadini, bensì a coloro che, rispetto
al potere amministrativo si trovino in una posizione
legittimante
9
, per la preesistenza di un precedente rapporto
giuridico su cui incide il provvedimento stesso. Gli interessi
legittimi si distinguono in oppositivi e pretensivi: la distinzione tra i
due tipi di interesse è collegata al tipo di effetti che l’esercizio
delle potestà amministrative determina nella sfera giuridica del
privato. Se questi effetti sono riduttivi della sfera giuridica del
privato (es. il decreto di esproprio), l’interesse legittimo si dice
oppositivo, perché il privato ha interesse ad opporsi
all’esercizio delle potestà amministrative; se gli effetti di cui
sopra, invece, sono ampliativi della sfera giuridica del privato
(es. il permesso per costruire), l’interesse legittimo si dice
9
Ad esempio nell’ipotesi in cui un cittadino è soggetto ad un potere gerarchico o
disciplinare della P.A. (militare di carriera), oppure quando un soggetto partecipi ad
una gara o ad una selezione, o ancora quando un precedente provvedimento ampliativi
venga ritirato dalla P.A.
8
pretensivo, perché il privato ha interesse a che le potestà
amministrative vengano esercitate in senso per sé favorevole.
Le caratteristiche sopra esposte permettono di vedere il
provvedimento come fattispecie produttiva di effetti giuridici
che, per dirsi realizzata, deve essere un atto volontario ed
espresso .
9
1.2. LA SCARNA DISCIPLINA LEGISLATIVA DELL’INVALIDITÀ
DEL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO PRIMA DELLA
RIFORMA DEL 2005 .
Descritto il provvedimento amministrativo nei suoi tratti
salienti, si può scorgere in esso l’importanza del
comportamento della P.A., ed i modi di esplicazione di esso,
nei confronti del cittadino/destinatario.
Nell’emanare il provvedimento la P.A. deve rispettare regole
normativamente stabilite.
Premettendo che l’interesse del singolo cittadino è
secondario rispetto a quello collettivo perseguito dalla P.A., e
quindi sacrificabile, è pur vero che il legislatore ha fissato gli
elementi in cui il potere amministrativo si articola, individuando
anche il tipo di effetto prodotto sulla situazione giuridica del
destinatario dell’atto
10
.
Per verificare se il provvedimento amministrativo è
conforme, o meno, al modello legale siamo nel tema
10
E. Casetta, “Compendio di Diritto Amministrativo”, Milano, 2005.
10
dell’invalidità: un atto sarà valido
11
se corrispondente alla norma
che lo disciplina, invalido se non corrispondente alla norma
astratta che lo disciplina. Gli stati di anomalia del
provvedimento sono indicati dalla dottrina come stati patologici
12
,
ad indicare appunto una sorta di malattia del provvedimento
emesso.
La mancanza nel sistema amministrativo, di una qualsiasi
regolamentazione in materia di invalidità, ha portato in passato
la dottrina ad assimilare il provvedimento al negozio giuridico
di diritto privato
13
. In questo ramo del diritto si distinguono
due tipi di invalidità: la nullità, insanabile, imprescrittibile ed
eccepibile da chiunque
14
, e l’annullabilità, rilevabile solo da dati
soggetti, prescrittibile e sanabile
15
. In diritto privato la relativa
disciplina può essere descritta come segue: la inosservanza di
11
Dal latino “valƟo” che vuol dire “sto bene”.
12
Il concetto di patologia è utilizzato da R. Alessi, “Principi di diritto
amministrativo”, Milano, 1978, p. 402 ss.
13
R. Porcini, “Contributo sul tema della nullità di atti amministrativi” in Arch. giur.,
LXIV, 1900, p. 599 e ss. secondo cui «la nullità degli atti amministrativi
sostanzialmente non è diversa da quella che colpisce negozi giuridici d’ ordine
privato. L’origine ne è sempre la stessa, cioè la violazione di una norma giuridica: e
non diverso è il suo scopo e funzione,la reintegrazione del diritto che un cittadino o
un pubblico funzionario ha violato.».
14
Cod. Civ., LIBRO IV, TITOLO II, CAPO XI , Artt. 1418 e ss.
15
Cod. Civ., LIBRO IV, TITOLO II, CAPO XII, Artt. 1425 e ss.
11
norme giuridiche si sostanzia in una qualifica negativa dell’atto,
tale sanzione può essere automatica (opera di diritto, come nel
caso della nullità), oppure di necessaria applicazione giudiziale
(è il caso della annullabilità), ed infatti l’atto nullo è inefficace di
diritto, mentre quello annullabile è provvisoriamente efficace,
salvo a perdere la sua efficacia al momento dell’annullamento.
Alle categorie della annullabilità e della nullità del diritto
civile, gli studiosi amministrativisti facevano riferimento per
indicare lo stato viziato dell’atto adottato in violazione di una
norma giuridica, e quindi la non conformità alle leggi.
La prima definizione legislativa degli stati per così dire
“viziati” degli atti amministrativi aveva stranamente una
rilevanza unicamente processuale
16
risalente alla normativa di
cui all’art. 26 e all’ art. 45 del testo unico delle leggi sul
Consiglio di Stato.
«Una breve considerazione merita la constatazione che solo
una legge relativa al processo contenga nel nostro sistema
16
L’ art. 22 co. 1, del r.d. 17 agosto 1907, n. 648, attribuiva al giudice amministrativo
il potere di «decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di potere o per
violazione di legge contro atti e provvedimenti …».
12
norme attinenti ad un problema, quello dell’invalidità dell’atto
amministrativo, che è sicuramente di diritto sostanziale»
17
.
L’art. 26
18
individuava i vizi di legittimità, l’ art. 45 ne
stabiliva le conseguenze: qualsiasi vizio di legittimità
determinava sempre e soltanto l’ annullabilità del
provvedimento. Tale situazione era motivata dalla
considerazione
19
che in diritto amministrativo le cause di
invalidità non erano tassativamente indicate e i tre vizi, ovvero
l’incompetenza, l’eccesso di potere e la violazione di legge,
potevano in sostanza ridursi ad uno solo che tutti li
comprendeva (la violazione di legge). Infatti la disciplina
positiva del 1889 (istitutiva della IV sezione del Consiglio di
Stato) riaffermata poi dal T.U. del 1924 e della legge n. 1034 del
1971 (legge istitutiva dei TAR), stabiliva che il giudice
amministrativo avrebbe annullato il provvedimento
amministrativo affetto da uni dei vizi di legittimità sopra
17
R. Caranta, “L’inesistenza dell’atto amministrativo”, Milano, 1990, p.107.
18
La normativa di riferimento è stata introdotta nell’ordinamento con l’art. 24, legge
31 gennaio 1889, n. 5992, adesso nell’ art. 26 T.U. Cons. di St.
19
F. Luciani, “Il vizio formale nel sistema delle invalidità legislative”, Torino, 2003,
p.288.
13
menzionati.
L’identificazione dell’ invalidità con la sola annullabilità era
inoltre concezione teorica e regola pratica condivisa da dottrina
e giurisprudenza. E’ stato infatti osservato che il tentativo di
costruire una teoria esaustiva dell’invalidità degli atti
amministrativi «tutta nel diritto pubblico», che considerasse la
distinzione tra atto nullo ed annullabile, non avrebbe avuto
alcun valore giuridico, in quanto il diritto positivo «non
stabilisce che sia dichiarato nullo un atto amministrativo viziato
gravemente, e valido un atto viziato lievemente, e tanto meno
ammette delle specie intermedie di gravità del vizio, e di
riflesso, di nullità.»
20
.
L’inadeguatezza della normativa appariva palese soprattutto
in considerazione dei vizi più gravi; si finiva per regolare allo
stesso modo tutte le ipotesi di difformità del provvedimento dal
modello legale, di qualsiasi entità esse fossero. Il concetto di
nullità ha fatto la sua comparsa soltanto nella seconda metà del
20
A. De Valles, “La validità degli atti amministrativi”, Roma, 1916, (rist. Padova,
Cedam, 1986), pp. 483-484.
14
secolo scorso, in alcune disposizioni legislative relative alla
disciplina giuridica del pubblico impiego
21
.
La giurisprudenza del passato era piuttosto severa nei
confronti delle violazioni formali
22
. L’attenzione eccessiva alla
forma finiva per svilire la sostanza del provvedimento, senza
salvaguardare il cuore e il fulcro centrale della volontà della
Pubblica Amministrazione che si riversava, appunto, nel
provvedimento. Anche parte della dottrina difendeva la
posizione formaliste osservando che «il formalismo è il peggior
nemico dell’arbitrio e la sorella gemella della libertà»
23
. In un
tempo in cui il potere dell’amministrazione poteva esprimersi
senza vincoli sostanziali, il controllo e il sindacato di legittimità,
21
Per esempio assunzioni senza concorso, avanzamenti di carriera senza valutazione
comparativa: considerati dalla legge provvedimenti amministrativi nulli.
22
Questo atteggiamento della giurisprudenza è particolarmente evidente nel settore
delle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici ed in quello dei concorsi
pubblici. In tali settori infatti la violazione di una formalità prevista dal bando
produce l’invalidità dell’aggiudicazione finale. Ad esempio Cons. di St. V, 7
settembre 1995, n. 1277, in “Il Consiglio di Stato”, 1995, I, p. 1218; Cons. di St. VI,
18 novembre 1994, n. 1668, in “Il Consiglio di Stato”, 1994, I, p. 1632.
23
S. Cassese, “La disciplina legislativa del procedimento amministrativo. Una
analisi comparata”, in Foro it., 1993, V, p. 7 ss., cita Rudolf Von Jhering il quale
diceva: "Die Form (ist) die geschworene Feindin der Willkür, die Zwillingsschwester
der Freiheit" ossia che "il formalismo è il peggior nemico dell'arbitrio e la sorella
gemella della libertà".
15
necessariamente venivano appoggiati e ritagliati sulle forme
24
.
L’atteggiamento rigorosamente formalistico era il solo che
consentisse una certa tutela nei confronti dell’Amministrazione.
Questo stato di cose appariva un ostacolo al raggiungimento di
elevati standard, di efficacia ed efficienza, della complessiva
attività amministrativa.
La necessità più grande era quella di graduare le sanzioni di
invalidità, aggiungendo alla regola generale anche la nullità per
casi più gravi (oggi art. 21-septies legge 241/1990) e la
annullabilità, sanabile, per i casi meno gravi (oggi art. 21-octies
legge 241/1990) .
24
F. G. Scoca, “I vizi formali nel sistema delle invalidità dei provvedimenti
amministrativi”, V. Parisio (a cura di), “Vizi formali, procedimento e processo”,
Milano 2004.