5
La raffinazione è quel processo mediante il quale dal petrolio greggio
vengono ottenuti i prodotti petroliferi che verranno destinati da una
parte ad altri settori industriali e dall’altra al consumo finale.
Notevoli, anche in questo caso, sono le economie di scala e la fortuna
dell’impero di Rockefeller e della Standard Oil Trust ebbe origine
proprio da questa intuizione.
Infine c’è la fase della distribuzione, in cui i prodotti petroliferi
ottenuti vengono smistati verso i mercati di consumo.
Un ruolo fondamentale per il funzionamento del “mercato” è svolto
dalle compagnie petrolifere, dagli Stati detentori delle più ingenti
risorse e dagli Stati consumatori, tra i quali si pongono organismi
internazionali e, più recentemente, intermediari finanziari.
Tra le compagnie petrolifere possono distinguersi le grandi
multinazionali, che esercitano un ruolo di primo piano, dalle
cosiddette compagnie indipendenti, che operano in regime di
concorrenza.
Il mercato fino agli anni ’70 era dominato dalle majors, società
verticalmente integrate, chiamate anche “sette sorelle” perché in parte
“figlie della stessa madre”e poi perché operavano gestendo “con
fratellanza” il settore.
Negli anni ’50 si affacciano sul mercato le indipendenti e le
compagnie di Stato, una delle quali, in particolare, la Saudi Aramco,
ha strappato, alle vecchie majors, quel ruolo di preminenza da queste
esercitato per un intero secolo.
Per quanto riguarda gli Stati produttori è essenziale distinguere tra
quelli che destinano tutta la loro produzione al consumo interno e
quelli che, invece, ne ottengono un eccesso da collocare sul mercato.
Ai nostri fini saranno di maggiore interesse, quindi, più che altro i
paesi che definiremo esportatori di petrolio, rispetto a quelli che, come
6
gli Stati Uniti , pur essendo tra i maggiori produttori di greggio, hanno
necessità di impiegarlo per il soddisfacimento dei consumi interni,
facendo ricorso anche alle importazioni.
Tra i paesi produttori, viceversa, prenderemo in considerazione
prevalentemente quelli esportatori netti.
Tra gli organismi internazionali, un ruolo di primo piano è svolto
indubbiamente dall’OPEC (Organization of the Petroleum Exporting
Countries) da una parte e dall’altro dall’AIE, istituito per la tutela
degli Stati consumatori.
Definire il processo produttivo del petrolio ed individuare i
protagonisti del mercato è stato ritenuto necessario, per affrontare le
problematiche relative ai meccanismi che ne determinano il
funzionamento.
Solo a questo punto è stato possibile, quindi, rivisitare le teorie, che,
negli anni, si sono sviluppate per descrivere e spiegare tali
meccanismi, che sono basilari per comprendere ed analizzare le
oscillazioni del prezzo del greggio.
A tal riguardo è stato interessante constatare, come i primi approcci
degli anni ’30 si basavano sulla teoria neoclassica delle risorse
esauribili, in cui l’enfasi era posta proprio su questa caratteristica del
petrolio.
In base a ciò, infatti, si riteneva, a prescindere da altri aspetti, che il
prezzo fosse destinato inevitabilmente a crescere.
Nei primi anni ’70 il punto di vista dell’analisi si sposta, lasciando la
problematica legata all’esaurimento, per porre maggiormente
l’attenzione su questioni legate alla forma di mercato, considerata
come la determinante fondamentale per spiegare l’andamento del
prezzo.
7
I principali esponenti del dibattito, che in quel periodo fu acceso,
furono, in particolare, Adelman da un lato e Frankel dall’altro.
Il primo riteneva che, nel mercato petrolifero, sarebbero prevalse
quelle condizioni, proprie della concorrenza, tali da esercitare una
pressione al ribasso sul prezzo.
Frankel sosteneva, invece, che il settore petrolifero, in quanto
caratterizzato da rendimenti crescenti di scala nelle principali fasi
della produzione, si sarebbe sviluppato all’interno di un mercato
oligopolistico costituito da poche grandi imprese.
Ritenendo che una realtà così complessa ed articolata, non potesse
essere circoscritta alla sola influenza esercitata sul mercato dalle
grandi compagnie petrolifere, la teoria iniziò a prendere in
considerazione anche il ruolo svolto dagli Stati produttori ed in
particolare dall’OPEC, organizzazione costituita nel 1960.
Così si sviluppa quell’approccio teorico che pone l’azione del cartello
OPEC al centro degli eventi caratterizzanti il settore, da cui deriva
che, ora, a determinare il prezzo del petrolio, è l’offerta di greggio da
parte dei paesi OPEC, che operano sul mercato in un regime di
concorrenza monopolistica con i restanti produttori “indipendenti”.
Tale offerta del cartello, che in questo approccio è considerata
residuale rispetto alla produzione indipendente, costituisce la base di
partenza per la costruzione di altri modelli che, partendo da questa
impostazione teorica, ne approfondiscono le caratteristiche (modello
target revenue con curva di offerta autoregressiva).
Le teorie più recenti, invece, si sviluppano con l’intento di offrire una
visione più ampia di un mercato, caratterizzato strutturalmente da un
oligopolio tra Stati produttori ed in cui un ruolo importante
spetterebbe ancora alle compagnie petrolifere ed anche agli Stati
consumatori.
8
Un approccio teorico, così strutturato, può servirsi per la sua
impostazione, degli strumenti offerti dalla teoria dei giochi.
Questa evoluzione ha portato a ritenere che sia in ogni caso l’offerta a
doversi adeguare alla domanda, la cui dinamica costituisce il dato di
partenza su cui basare tutti i modelli econometrici elaborati per
verificarne e testarne la corrispondenza teorica.
Muovendo da queste considerazioni, a conclusione di una rivisitazione
storica degli eventi che hanno maggiormente segnato il mercato, viene
proposto un esercizio per la stima di quelle variabili, che possono aver
avuto un’influenza sulla domanda mondiale di greggio negli anni tra il
1980 ed il 1998.
La verifica dei risultati ottenuti, ci ha permesso di poter ritenere che le
variabili individuate (il prezzo, il reddito dei paesi OCSE, la capacità
mondiale di raffinazione e la proxy ambientale) sono le principali
determinanti della domanda mondiale di petrolio.
Tutti questi elementi ritenevamo fossero indispensabili per offrire una
visione il più possibile esaustiva su un mercato, come quello del
greggio, che influenza e caratterizza in modo marcato l’ancor più
vasto settore dell’energia
1
.
1
La domanda di energia è soddisfatta grazie all’uso di fonti quali: petrolio, carbone, gas naturale
(combustibili fossili); e da fonti non fossili quali: energia nucleare, energia idroelettrica, energia
solare, energia geotermica, energia eolica, legna, sterco, scarti agricoli, impianti di biogas, maree,
onde, gradienti termici e marini.
9
Capitolo I
La produzione del petrolio
1.1.Introduzione
La produzione di petrolio può essere suddivisa essenzialmente in
cinque fasi:
- ricerca,
Fase mineraria
- estrazione,
- trasporto,
- raffinazione,
- distribuzione.
10
1.2.La ricerca
La ricerca di petrolio è la fase più delicata del processo di
produzione, infatti, è caratterizzata da costi elevati e da un elevato
grado di rischiosità.
Per individuare i giacimenti sotterranei, si cerca un bacino
sedimentario in cui argilliti ricche di materiali organici siano rimaste
sepolte per un tempo sufficientemente lungo affinché il petrolio si sia
potuto formare (il lasso di tempo può variare da decine di milioni a un
centinaio di milioni di anni). Le condizioni dell’ambiente roccioso,
inoltre, devono aver permesso al combustibile di raggiungere strati
rocciosi permeabili delimitati da strati impermeabili capaci di
trattenere grandi quantità di liquido.
I geologi dispongono di molti strumenti per identificare le zone
potenzialmente interessanti; ad esempio, i rilevamenti degli
affioramenti superficiali di strati sedimentari permettono di dedurre le
caratteristiche del primo strato del sottosuolo, che possono a loro volta
essere integrate con le informazioni ottenibili perforando la crosta
terrestre per prelevare campioni degli strati di roccia attraversati.
Inoltre, tecniche sismiche sempre più sofisticate, quali la riflessione e
la rifrazione di onde d’urto propagate nel terreno, rivelano dettagli
importanti sulla struttura e sull’interrelazione dei vari strati rocciosi
presenti sotto la superficie terrestre.
La rivoluzione informatica
2
, applicata in quest’ambito, ha permesso,
inoltre, di velocizzare in modo assai rilevante l’elaborazione dei dati
ottenuti.
Oggi occorre la metà del tempo, rispetto a venti anni fa, per decidere
se è il caso o meno di ricorrere ad una perforazione esplorativa.
2
Cfr. CLÔ A.(2000), “Economia e politica del petrolio”, Compositori, Bologna, pp.264-265
11
Inoltre alcune società petrolifere, prima fra tutte la Exxon nel 1972,
riuscendo a cogliere l’importanza e le prospettive di applicazione della
tecnologia informatica, hanno sviluppato una tecnologia sismica tri-
dimensionale
3
, che permette, mediante l’utilizzo di sensori di
profondità, di elaborare un’immagine virtuale ad alta definizione del
giacimento.
L’impiego di questi strumenti ha consentito di aumentare
notevolmente nel tempo la capacità di identificare e localizzare il
profilo e la dimensione dei giacimenti, raddoppiando negli ultimi venti
anni il tasso di successo definito dal rapporto tra pozzi trovati rispetto
al numero delle perforazioni (la probabilità di successo è stimata, ad
oggi, essere del 20%)
4
.
In ultima analisi, comunque, l’unico modo per provare
inconfutabilmente la presenza di una trappola petrolifera in una
determinata zona è trivellare pozzi esplorativi. Un giacimento
petrolifero può comprendere diversi bacini, che sono in genere situati
l’uno sull’altro e separati da strati di roccia impermeabile,
generalmente a una profondità compresa tra poche decine e diverse
centinaia di metri. I bacini possono estendersi su una superficie di
poche decine di ettari o coprire decine di chilometri quadrati, tuttavia
è da notare che la maggior parte del petrolio sfruttato su scala
mondiale viene estratto da un numero relativamente limitato di
giacimenti molto estesi.
In questa attività non esistono economie di scala, ma solo curve di
apprendimento, delle quali si serviranno gli esperti, insieme ad una
dose di intuito e di fortuna.
3
Gli ultimi sviluppi delle tecnologie informatiche in quest’ambito di applicazione sono stati
presentati nell’ultima edizione della fiera SMAU a Milano
4
BABUSIAUX D., BOY DE LA TOUR X. (1999), Industria petrolifera: impatto della tecnologia sui
costi, in “Energia”, n.1, pp. 16-22
12
1.3. L’estrazione
Questa è la fase nella quale, una volta individuato il giacimento, si
deve riportare in superficie il petrolio.
Vi sono diverse tecniche utilizzate per il recupero:
1. recupero primario,
2. recupero secondario,
3. recupero terziario,
4. tecniche di recupero in mare aperto.
1.3.1.Recupero primario
Nella maggior parte dei casi, i pozzi petroliferi vengono trivellati
con il metodo “a rotazione” (rotary) brevettato in Gran Bretagna nel
1844 da R. Beart.
L’elemento più appariscente di un impianto di perforazione è l’alta
struttura a traliccio detta torre di trivellazione, o derrick, che a circa
tre metri dal suolo sostiene una piattaforma sulla quale sono montati la
“tavola rotante” e il relativo apparato motore.
Entro un foro a sezione quadrata della tavola rotante (disposta
orizzontalmente) scorrono verticalmente, ricevendone il moto
rotatorio, le aste tubolari, pure a sezione quadrata, della batteria di
perforazione, che vengono avvitate una sull’altra man mano che
penetrano nel terreno. La prima asta, che provvede alla perforazione
del terreno, è dotata di una testa tagliente (denominata “scalpello”)
variamente sagomata ma in genere costituita da tre ruote dentate
coniche ad assi concorrenti, con i denti di acciaio temprato o di altro
materiale adatto a frantumare la roccia. All’interno della batteria di
perforazione, che penetra nel terreno spinta dal suo stesso peso, viene
pompato fango molto fluido, che dopo aver raggiunto lo scalpello
13
ritorna in superficie (portando con sé i detriti del terreno scavato)
passando nell’intercapedine che resta fra le aste della batteria e le
pareti del foro (il diametro dello scalpello è infatti maggiore di quello
delle aste).
Il petrolio grezzo contenuto nelle trappole sotterranee è solitamente
sotto pressione e salirebbe fino ad arrivare in superficie se non fosse
bloccato da uno strato di roccia impermeabile; così, quando la trivella
penetra in questi bacini petroliferi “pressurizzati”, il petrolio fluisce
immediatamente nella zona di bassa pressione costituita dal foro di
trivellazione, che comunica con la superficie terrestre. Il pozzo, via
via che si riempie di liquido, esercita a sua volta una contropressione
sul bacino petrolifero; l’afflusso di altro liquido nel pozzo di
trivellazione cesserebbe quindi molto presto, se non entrassero in
gioco altri fattori.
Figura 1.1.- Impianto per l’estrazione di petrolio
Nella maggior parte dei casi, a causa dell’elevata pressione, il petrolio
greggio contiene una notevole quantità di gas in soluzione; come
14
conseguenza di ciò, quando la soluzione fluisce nel pozzo di
trivellazione, dove la pressione è più bassa, il gas si libera e comincia
ad espandersi, spingendo il liquido verso l’alto. In alcuni pozzi è
invece la pressione dell’acqua freatica a spingere il petrolio in
superficie.
A mano a mano che si estrae greggio dal giacimento, la pressione
all’interno del bacino e la percentuale di gas disciolto nel liquido
diminuiscono, quindi la quantità di petrolio che sale in superficie si
riduce; a questo punto per continuare l’estrazione è necessario
ricorrere all’azione di una pompa aspirante. Quando il flusso di
petrolio è diventato esiguo, tanto che pomparlo in superficie sarebbe
troppo costoso, si fa ricorso a tecniche diverse, dette di recupero
secondario. Con questa tecnica di recupero si riesce ad estrarre in
media il 25% dell’ammontare totale del giacimento.
1.3.2.Recupero secondario
Allo stato attuale i sistemi di recupero secondario più usati sono
due:
i. l’iniezione di acqua e
ii. l’iniezione di gas o di vapore.
1.3.2.1. Iniezione di acqua
Per coltivare un giacimento petrolifero di grandi dimensioni, è
possibile trivellare numerosi pozzi a distanze comprese tra i 60 e i 600
m, in relazione al tipo di trappola presente nella situazione specifica.
Pompando acqua all’interno di alcuni dei pozzi, si riesce a mantenere
a un livello pressoché costante (oppure ad aumentare) la pressione
interna del bacino. In questo modo si incrementa la percentuale di
15
recupero del petrolio greggio, sfruttando anche il fatto che l’acqua lo
sposta fisicamente, facilitandone direttamente il recupero. In alcuni
bacini molto uniformi e caratterizzati da un basso contenuto di argilla,
l’iniezione di acqua può, inoltre, aumentare considerevolmente
l’efficienza del pozzo.
1.3.2.2. Iniezione di gas o di vapore
Il gas o il vapore vengono iniettati nel bacino alla maggiore
profondità possibile per mezzo di un foro obliquo rispetto alla
direzione del foro di estrazione, in modo da spingere verso l’alto il
petrolio e, miscelandosi con esso, in modo da diminuirne parzialmente
la densità. L’iniezione di vapore è impiegata soprattutto nei giacimenti
che contengono tipi di greggio molto densi e viscosi, che fuoriescono
lentamente. Il vapore non solo fornisce l’energia necessaria a spostare
il petrolio ma, innalzando la temperatura del bacino, ne riduce in
modo significativo la viscosità, permettendo una fuoriuscita più
rapida.
1.3.3.Recupero terziario
Quest’ultima tecnica di recupero è quella più costosa e che in più
consente di estrarre solo una piccola percentuale in più del petrolio
che complessivamente è intrappolato nel giacimento.
Le imprese decideranno, quindi, di ricorrervi solo in presenza di
prezzi di mercato adeguatamente elevati.
Queste tecniche utilizzano solventi chimici che permettono di rendere
meno vischioso il greggio, per poterlo poi estrarre con tecniche di
pompaggio.
16
1.3.4.Trivellazioni in mare aperto
Gli impianti di trivellazione in mare aperto sono installati su
speciali piattaforme, capaci di resistere alla forza delle onde e del
vento, che possono essere sia galleggianti sia poggiare su piloni
piantati sul fondale oceanico a profondità di diverse centinaia di metri.
Come negli impianti di trivellazione tradizionali, il derrick serve
sostanzialmente a sostenere e far ruotare la batteria di perforazione,
alla cui estremità è fissata la trivella stessa. Alcuni pozzi petroliferi
trivellati da piattaforme di questo tipo raggiungono profondità di oltre
1500 m sotto la superficie dell’oceano
5
.
I pozzi in mare aperto contribuiscono alla produzione mondiale annua
di petrolio per il 25% circa.
1.4. Costi della fase mineraria
6
Tutte queste operazioni sono economicamente rilevanti dal punto di
vista dei costi.
Questi possono essere suddivisi a loro volta in:
- costi fissi, come ad esempio i costi per attrezzature di
pompaggio o le spese iniziali;
- costi variabili, ovvero, ad esempio, costi per i tubi o costi di
rivestimento.
5
cfr. CLÔ A.(2000), op.cit., p.266
6
cfr. PIREDDU G. (1990), “Economia delle fonti di energia” , F.Angeli, Milano, p.143 e seguenti
Costi della fase mineraria
Costi di ricerca Costi di sviluppo Costi operativi
17
I costi operativi (lavoro, manutenzioni, energia), sono comunque
quelli che incidono in misura minore tra i costi della fase mineraria,
mentre quelli di ricerca e quelli di sviluppo sono quelli indubbiamente
più importanti.
Ciò è vero, non solo per la loro entità, ma soprattutto, per le sorti ed il
destino della compagnia petrolifera nel mercato.
7
Per quanto riguarda l’attività di ricerca, infatti, le decisioni riguardanti
l’area in cui intraprendere l’attività esplorativa e l’ammontare delle
risorse finanziarie da destinarvi sono di una importanza strategica
fondamentale.
Per risolvere il problema dell’entità di risorse da destinare alla ricerca
è assai utile impiegare il concetto di Maximum Economy Finding Cost
(MEFC) introdotto da Adelman
8
.
L’MEFC fornisce un limite superiore alle spese che possono essere
sostenute nell’attività di ricerca, tale limite è dato dalla considerazione
che all’aumentare della produzione, aumentano i costi di estrazione e
diminuiscono le riserve. La ricerca di nuovi giacimenti e la loro messa
in produzione ha lo scopo di evitare che ciò avvenga.
La ricerca è quindi vantaggiosa fino al punto in cui essa non risulti più
costosa dell’aumento dei costi di produzione e dei mancati profitti
derivanti dal termine dell’attività una volta esauriti i giacimenti in quel
momento utilizzati nella produzione.
La scelta sul luogo in cui intraprendere la ricerca non è effettuata sulla
base di considerazioni strettamente economiche, ma influiscono su di
essa soprattutto fattori politici.
Il timore di espropriazioni future, in luoghi che risulterebbero più
idonei, porta spesso a ripiegare su regioni politicamente più sicure.
7
cfr. RONCAGLIA A. (1983), “L’economia del petrolio” , Laterza, Bari
8
cfr. ADELMAN M.A. (1972), “The world petroleum market”, Johnsw Hopkins U.P., Baltimore
18
Un altro tipo di decisione strategica deve, poi, essere presa, nel
momento in cui, deciso il luogo, devono essere effettuate perforazioni
esplorative.
Questo tipo di decisioni, vengono, in seno alle compagnie petrolifere,
generalmente prese, da centri decisionali differenti rispetto a quelli
che si occupano di scegliere l’area più adatta alla ricerca.
La difficoltà per decidere il numero di pozzi da perforare è data dal
trade-off esistente, tra i maggiori costi da dover sostenere, da un lato,
e dall’altro, dalla maggiore quantità di riserve che si otterrebbero
all’aumentare delle perforazioni esplorative.
Questo tipo di costi sono, appunto, quelli che vengono chiamati costi
di sviluppo del giacimento.
Per decidere quanto investire per lo sviluppo di nuovi giacimenti,
secondo Adelman
9
, le compagnie petrolifere cercano di massimizzare
il valore attuale dei profitti futuri derivanti dallo sfruttamento dei
nuovi pozzi, sulla base delle aspettative circa i prezzi futuri.
In base a ciò verrà perforato un nuovo pozzo, solo se il valore della
stima dei profitti futuri, attualizzato, risulterà superiore al costo
dell’investimento necessario per avviare la produzione.
Per la realizzazione di queste stime e questi calcoli di convenienza
economica, tuttavia la compagnia petrolifera deve costruire dei
modelli che consentano ad essa di effettuare delle stime sul livello dei
prezzi futuri.Gli investimenti sono, invece, dati e quindi noti a priori.
C’è da dire inoltre che negli ultimi anni, le tecniche per sfruttare i
pozzi di petrolio, hanno permesso, seppur con costi maggiori, di
aumentare la quantità di greggio estraibile da un giacimento,
attraverso soprattutto le tecniche di perforazione orizzontale e di
pompaggio.
9
cfr. ADELMAN M.A. (1972), op. cit.