S e c o n d a U n i v e r s i t à d e g l i s t u d i d i N a p o l i
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Indice
Introduzione pag. 3
Capitolo I : L’evoluzione dei modelli di misurazione della performance. pag.4
1) Modelli contabili di misurazione della performance e limitazioni.
1.1) Strategic Management
1.2) Limiti all’approccio tradizionale di misurazione della performance
2) Modelli evoluti di misurazione della performance
3) La Balanced Scorecard.
3.1) Struttura della BSC.
3.2) Critiche al modello
4) Modelli System Dynamics
Capitolo II : Dalla System Dynamics al Vortice della Performance pag. 48
1) Il governo della dinamica della strategia secondo l’ottica di Coda V. e Mollona E.
2) Il Vortice della Performance
Capitolo III: L’analisi multidimensionale dei dati. pag. 58
1) Introduzione ai modelli analizzati.
2) Analisi di regressione multipla.
2.1) In teoria
2.2) Esempi pratici d’interpretazione del modello
2.3) Possibili Problematiche
3) Il Partial Least Squares
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Capitolo IV: Caso Studio: Il mercato alimentare di Murcia pag.80
1) Introduzione.
2) Descrizione delle variabili.
3) Analisi della correlazione
3.1) Matrice di correlazione
4) Analisi PLS
Conclusioni pag. 112
Bibliografia pag. 115
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Introduzione
L’argomento trattato nello studio di tesi verte sull’utilizzo di tecniche statistiche
multivariate che coniugate con modelli di derivazione economica e modelli di System
Dynamics riescono a coglie in pieno la multidimensionalità del fenomeno della
performance aziendale.
In particolare tale coniugazione viene effettuata attraverso l’ideazione di un modello
economico di misurazione della performance “Vortice della Performance”, da me ideato e
testato in questo lavoro.
La tesi è strutturata in quattro capitoli più le conclusioni.
Il primo capitolo tratta dell’evoluzione che hanno subito i modelli di misurazione della
performance nel corso del tempo. Sono stati ampiamente discussi i limiti dei modelli di
misurazione della performance di derivazione contabile, la capacità di superarli da parte
dei modelli di nuova generazione, come la Balanced Scorecard, e i limiti di questi.
Vengono altresì esposti i modelli di System Dynamics che, mediante la costruzione di
diagrammi di flusso che legano le variabili aziendali e che immessi in programmi di
simulazione quali il Power Simulator, cercano di simulare la performance aziendale
derivanti dalle scelte strategiche.
Il secondo capitolo è incentrato sulla spiegazione dei modelli di System Dynamics e sui
limiti riscontrati in essi, sui quali si fondano i punti di forza del modello “Vortice della
Performance”.
Nel terzo capitolo vengono spiegate le metodologie statistiche utilizzate nel trattare i dati.
In particolare si fa riferimento alla regressione multipla sia da un punto di vista teorico si
su una piccola applicazione pratica. Viene illustrata altresì la tecnica di regressione PLS
utilizzata nell’analisi finale.
Infine l’ultimo capitolo verte sul caso pratico, ossia sull’applicazione reale del modello. Il
caso riguarda il settore di produzione alimentari della regione Murcia (SPAGNA).
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Capitolo I
L’evoluzione dei modelli di misurazione della performance
1) Modelli contabili di misurazione della performance e limitazioni
Nel seguente capitolo tratterò l’evoluzione storica dei modelli di misurazione di
performance. La terminologia “modelli”, come di seguito si vedrà, verrà ad essere
appropriata con riferimento alla nascita dello Strategic Planning e dello Strategic
Management, ai quali susseguiranno interpretazioni delle dinamiche di performance
sempre più appropriate.
Secondo noti autori quali Johnson e Kaplan, l’origine dei sistemi di pianificazione e
controllo si possono far risalire alla seconda rivoluzione industriale.
Le tecniche di contabilità direzionale si svilupparono in numerose imprese del diciottesimo
e diciannovesimo secolo, infatti, in tale periodo vennero elaborati indicatori sintetici per
misurare l’efficienza con cui lavoro e capitale si trasformavano in prodotti finiti ( come per
esempio, il costo per ora lavorata, per processo, per operaio,…). La quota dei costi più
rilevanti comprendeva il costo del lavoro e dei materiali e talune attribuzioni dei costi
generali.
Intorno alla metà del diciannovesimo secolo furono messi a punto l’indice operativo
(rapporto tra reddito e costi operativi) che veniva calcolato sia per le diverse aree d’affari,
sia per misurare le prestazioni dei diversi responsabili, il margine lordo per divisione ed il
tasso di rotazione delle scorte.
La nascita dello Scientific Management, la cui filosofia era incentrata sul miglioramento
dell’efficacia nell’utilizzo della forza lavoro e delle materie prime, apportò importanti
contributi nella definizione dei sistemi di contabilità direzionale. Infatti, introdusse
importanti innovazioni concettuali nella definizione dei criteri per l’attribuzione dei costi
indiretti all’unità di prodotto.
Un significativo contributo evolutivo del tema, fu apportato al management della Du Pont
Powered Company, che propose l’utilizzo del ROI (rapporto tra reddito operativo e
capitale investito) per valutare le decisioni di allocazione dei capitali.
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I primi modelli di controllo della gestione aziendale, sono quelli che comunemente
vengono definiti tradizionali e verranno di seguito trattati per comprendere l’iter evolutivo
della tecniche di misurazione della performance aziendale per scorgerne i limiti, che
saranno i punti di forza del modello che verrà proposto nei seguenti capitoli.
Fig.1 : Modelli tradizionali di Misurazione della Performance
Lo strategic Planning
Il controllo di gestione secondo l’ottica dello Strategic Planning, si basa su due livelli di
analisi, controllo di gestione direzionale e operativo.
La sua struttura e la sua filosofia, propone il raggiungimento degli obiettivi dell’azienda
rispettando le politiche strategiche generali indicate dal vertice aziendale. Questa ottica
presume la scelta di una strategia e delle politiche atte a consentirne il raggiungimento,
quindi il tutto si traduce nella fissazioni di obiettivi in termini di cifre, verificati ad
intervalli temporali periodici al fine di spingere i manager a conformarsi a quanto
preventivato. Questo significa che, in sede attuativa della strategia, se fossero rilevati degli
scostamenti rispetto agli obiettivi, spetta al controllo individuarne i responsabili e suggerire
ai manager di linea i provvedimenti più opportuni volti a ricondurre la loro azione al
raggiungimento ed al rispetto della strategia prestabilita.
Controllo
Tradizionale
Strategic Planning
Controllo Operativo
Controllo Direzionale
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Quindi da ciò si evince che non è possibile mettere in discussione le strategie
aprioristicamente delineate e si delinea, oltremodo, una struttura di tipo rigida di tale
controllo, non reattiva alle turbolenze ambientali che, tra l’altro, non vengono nemmeno
prese in considerazione. In questo modo le strategie divengono fissazioni di obiettivi e il
controllo di gestione viene utilizzato come mezzo per valutare e imputare responsabilità.
Un’altra caratteristica di questo modello è l’eccezione della gerarchia. Quindi seguendo
una logica di tipo Top down, il vertice aziendale stabilisce gli obiettivi di costo, ricavo e
reddito da assegnare ai manager di linea e da questi, lungo la piramide gerarchica, ai loro
dipendenti fino a giungere ai soggetti preposti all’esecuzione materiale dei compiti di
produzione e di vendita.
L’approccio di tipo top-down implica scarso coinvolgimento dei collaboratori situati nei
vari livelli aziendali. Questo può far sorgere problemi non solo tra “direzione” ed
“esecuzione”, ma altresì impoverisce il contenuto della mappa strategica privandola di
importanti ed indispensabili informazioni e idee che potrebbero generarsi attraverso un
coinvolgimento globale dell’organico aziendale.
Come visibile dalla figura 1, lo schema tradizionale del controllo di gestione presuppone
due livelli di controllo. Il controllo direzionale mira a valutare se i manager rispettano gli
obiettivi a loro affidati. Questi ultimi presentano contenuto prettamente economico-
finanziario e consentono altresì una certa discrezionalità nel loro raggiungimento. Il
controllo operativo è volto a valutare se gli obiettivi, di tipo quantitativo-fisico, vengono
rispettati nella fase attuativa-pratica della strategia. Inoltre non permettono l’esercizio di
misure discrezionali da parte dei destinatari, che devono adeguare le loro azioni a quanto
prestabilito.
Si denota, da quanto detto, un’altra caratteristica di questo approccio, ossia la miopia
interna nella fissazione degli obiettivi. Ciò significa che la fissazione degli ultimi avviene
secondo un’ottica narcisista, nel senso che le sole variabili che vengono prese in
considerazione sono quelle interne aziendali, tralasciando qualsiasi termine di paragone
con i principali concorrenti (benchmark) e con la turbolenza ambientale.
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1.1) Strategic Management
Per far fronte agli inconvenienti dello strategic planning, gli studiosi incominciano ad
innestare nel classico schema di controllo un’ulteriore tipologia, nota come Strategica, la
quale nel tempo diviene sempre più importante.
Quindi il controllo in questo caso si sviluppa su tre dimensioni, direzionale, operativo e
strategico.
Attraverso l’introduzione di questa nuova dimensione, vengono riempiti alcuni vuoti del
precedente modello. Nello specifico la prima variazione è denotabile nella filosofia di
fondo. Infatti, mentre nello strategic planning la strategia era fissata aprioristicamente ed
era immodificabile, lo strategic management presuppone che la stessa avvenga di paro
passo con la sua attuazione. Questo è un grande passo verso lo snellimento della rigidità
strategica presupposta dallo strategic planning.
Inoltre, ulteriore elemento di novità è il coinvolgimento di tutti i livelli organizzativi nella
formulazione della strategia che fa fronte ad un altro limite antecedentemente esposto.
Viene evidenziata altresì l’importanza delle dinamiche ambientali attraverso l’introduzione
dell’approccio delle variabili critiche di successo. Questo si propone di focalizzare
l’attenzione del management su pochi aspetti dell’ambiente ossia quelli caratterizzanti il
proprio contesto competitivo, tenendo riguardo alle limitate capacità di elaborazione di
informazioni che caratterizzano la mente umana. Inoltre la conoscenza dell’andamento
delle variabili chiave, integrata dalle analisi sui consumatori, unirebbe al pregio di una
discreta selettività delle informazioni quello di garantire una maggiore flessibilità
strategica.
1
Ciò che può sembrare normale, connota un primo elemento di debolezza di questo modo di
pensare. In primis, la riduzione del numero di variabili ambientali allo scopo di
semplificarne l’anali può portare all’assunzioni di scelte sbagliate, in quanto la selettività
delle informazioni ricercate non ha natura “oggettiva” ma riflette puramente una
valutazione “soggettiva” sulle dinamiche che in quel momento si ritengono più
significative, trascurandone altre. Inoltre se l’azienda è tenuta ad attivarsi solo dopo
essere venuta a conoscenza di peggioramenti nelle prestazioni delle aree critiche, e se
queste ultime sono individuate previa analisi delle esigenze dei consumatori, ne consegue
1
Sannino G., Tendenze evolutive nei principi e negli strumenti del controllo di gestione, Cedan, 2002, pag.
da 59 a 86.
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che tale modello privilegia una visione del rapporto azienda-mercato di tipo “reattivo” e
non “predittivo”.
1.2) Limiti dell’approccio tradizionale di misurazione della performance.
Le debolezze dell’approccio tradizionale alla misurazione delle performance individuali
nelle organizzazioni emergenti, possono essere riassunti in 10 punti.
L’enfasi sulla dimensione economico-finanziaria della performance.
L’enfasi sulla gerarchia.
L’enfasi sulla dimensione individuale della performance.
L’enfasi sull’approccio top-down.
L’orientamento al passato;
La modesta diffusione verticale;
La modesta diffusione orizzontale;
L’orientamento al breve;
L’orientamento all’interno;
La rigidità.
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L’enfasi sulla dimensione economico-finanziaria della performance.
Most companies (small, medium and large) have a tendency to base their decisions
primarily on financial monitors of performance.
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Molte aziende, pur consapevoli della criticità di altre variabili, perseverano nel misurare le
performance individuali in termini essenzialmente economici-finanziari, stimolando
comportamenti individuali non desiderati. Non sempre, infatti, i parametri di tipo contabile
si rivelano uno strumento efficace per sostenere i processi di decentramento decisionale e
per assicurare la coerenza degli obiettivi assegnati ai differenti centri di responsabilità e
delle azioni da questi intraprese.
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Detti indicatori offrono inoltre una visione tardiva delle performance individuali, infatti, si
qualificano come parametri di tipo leading, evocativi dei soli effetti generati dal verificarsi
di dati fenomeni e non anche delle loro cause. In questo modo la bontà delle performance
individuali viene apprezzata tardivamente.
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Questo significa che gli input al cambiamento vengono rilevati tardivamente, cosa
inconcepibile in considerazione della sempre e più pressante esigenza di competere sulla
velocità di risposta al mercato. Quindi aziende che competono sulla velocità e la
flessibilità, non possono permettersi di misurare a posteriori la loro performance al fine di
evidenziare eventuali problemi ed inversioni di marcia, e quindi diviene essenziale
sviluppare la capacità di anticipare il momento di misurazione al fine di ricavarne un
vantaggio competitivo. Il fenomeno della performance è di natura poliedrica e quindi non
misurabile dai soli indicatori economici-finanziari. Ci sono aspetti importati da tenere in
considerazione, quali le capacità e le competenze manageriali, il grado di apprendimento
della stessa organizzazione, la customer satisfaction, l’innovazione, la employee
satisfaction.
5
Quindi condividendo l’ipotesi che la performance manageriale è di natura multi-
dimensionale, appare logico che la vocazione contabile dei tradizionali sistemi di
misurazione ha prodotto fenomeni di miopia manageriale evidenti e pericolosi, inducendo i
manager ad agire secondo una percezione incompleta e distorta della proprio performance.
2
AA.VV., Performance measurement in the manufacturing sector, CIMA, 1993, pag. 1.
3
Keating Scott A., Accounting metrics for division manager performance evaluation , Management
Accounting Conference, 1996, pag. 24
4
Kaplan R.S. – Norton D.P., The Balanced Scorecard, Harvard Business School Press, pag. 24.
5
Baraldi S., le performance manageriali – Sistemi di misurazione e valutazione, Mc Graw Hill, 2000,pag 5-
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L’enfasi sulla gerarchia.
While hierarchy is merely one of a number of mechanisms which can be used to align
employee goals with broader objective, it is inherent in the traditional notion of
responsibility accounting through the division of the organizations into hierarchically
ordered responsibility centers.
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Il principale punto di riferimento dei tradizionali strumenti di misurazione della
performance è la gerarchia. In questa ottica ciascun manager ha la responsabilità di
contribuire al raggiungimento degli obiettivi dei livelli manageriali a lui superiori.
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Ciò fa si che il processo di misurazione si riveli negoziale, visionario e demotivante.
Negoziale perché è orientato a trovare un compromesso tra superiore e collaboratore sia
riguardo la definizione di obiettivi accettabili da parte di entrambi sia riguardo
l’apprezzamento dei risultati conseguiti, causando il sacrificio di molte opportunità di
miglioramento o di apprendimento per evitare tensioni.
Visionario e demotivante perché la performance dei collaboratori è misurata secondo la
visione dei loro superiori diretti piuttosto che dei loro subordinati. Si perde, in questo
modo, l’opportunità di valorizzare le conoscenze di coloro che sono più vicini alle attività
che determinano l’andamento della prestazione valutata.
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Bisogna oltremodo considerare che l’enfasi sulla gerarchia rende miopi rispetto alla
dimensione orizzontale della performance ovvero quella di processo.
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Infatti in una
organizzazione funzionale, le singole funzioni non sono mai responsabili di un intero
processo di creazione del valore. Quindi un sistema di controllo efficace deve incentrarsi
sul flusso del lavoro orizzontale indipendentemente dai confini organizzativi,
allontanandosi dalla concezione di imputabilità dei risultati della performance a singoli
responsabili.
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6
Modell Sven., A process-oriented approach to responsibility in professional services, International Journal
of Service Management, vol. 8, n. 4, pag. 308.
7
Dossi Andrea., L’integrazione delle misure di processo nei sistemi di reporting direzionale: problemi di
metodo, Convegno Aidea, 1997, pag.3
8
Dixon J. R. – Nanni A. J. – Vollmann T.E., The new performance challenge, Irwin, 1990, pag 61.
9
Lynch R.L. – Cross K.F., Migliorare la performance aziendale, Franco Agnelli, 1992, pag. 47.
10
Baraldi S., le performance manageriali – Sistemi di misurazione e valutazione, Mc Grow Hill, 2000, pag .
215-220.