V
Dovrebbe potersi vedere facilmente se la crisi è superabile o meno per evitare di
utilizzare invano risorse e tempo in una causa persa in partenza.
In realtà e difficile valutare se un’impresa è risanabile, alcuni possono essere
favorevoli altri meno, dipende dal punto di vista e dagli interessi di ognuno
nell’impresa. I creditori, per esempio, potrebbero essere interessati al fallimento
immediato dell’impresa perché così riuscirebbero ad ottenere subito i crediti da
loro vantati. In altri casi l’imprenditore può avviare la procedura in ritardo perché
non vuole perdere il possesso dell’impresa e in questo modo aggrava la
situazione.
Un problema è che nella valutazione tra salvare o no un’impresa entrano spesso
in gioco interessi sociali e politici che fanno deviare le scelte: un conto è far
fallire un’impresa con dieci dipendenti e un conto è farne fallire una con più di
1000. Tanto più grande è il gruppo tanto maggiore è l’esigenza politica di
tentarne il salvataggio, anche se le prospettive sono negative. E’ accaduto che si
sia continuato l’esercizio di imprese per cui non conveniva e che sono poi fallite,
così come ci sono state modifiche alla normativa introdotte per facilitare specifici
gruppi, come l’ultimo caso Alitalia e ancor prima quello Parmalat. I fini che
l’istituto dell’amministrazione straordinaria si propone sono ambiziosi:
salvaguardare la produzione, i livelli occupazionali e soddisfare i creditori
sociali. Bisogna però vedere se è stato raggiunto il fine ultimo
dell’amministrazione straordinaria, cioè se le imprese che hanno avviato la
procedura si sono effettivamente salvate.
Nel mio lavoro, intendo quindi vedere, in base all’analisi delle procedure avviate
nei vari anni, se l’istituto dell’amministrazione straordinaria è stato
effettivamente utile, verificando se ha consentito il salvataggio delle imprese in
crisi, che sono così riuscite a rimanere sul mercato.
Dal punto di vista dell’utilità dell’istituto ci sono stati molti dibattiti e diversi
punti di vista sull’opportunità di mantenere nel nostro ordinamento una
procedura concorsuale che consenta il permanere sul mercato di imprese
inefficienti. Dall’altra parte è un istituto che a differenza delle altre procedure
VI
concorsuali mira a salvaguardare l’occupazione e i complessi aziendali e non
solo gli interessi dei creditori.
Io mi propongo in primo luogo di analizzare la normativa relativa all’istituto
dell’amministrazione straordinaria con il fine di spiegarne il funzionamento.
Successivamente mi concentrerò sull’analisi dei gruppi che hanno avviato la
procedura di amministrazione straordinaria dal 1979 al 2007. E’inoltre
interessante osservare la dimensione del fenomeno dell’amministrazione
straordinaria nel tempo, la sua distribuzione geografica, le imprese, i dipendenti e
i settori coinvolti. In particolare andrò a vedere se le aziende che sono entrate in
amministrazione straordinaria sono riuscite a risollevarsi grazie all’istituto e
permangono tuttora sul mercato. Un altro aspetto che tratterò nella mia ricerca
riguarderà la questione dei dipendenti: quanti sono riusciti a conservare il loro
posto di lavoro. Premesso che i dati relativi a questi ultimi sono molto più
volatili, in quanto le aziende ai primi segni di crisi diminuiscono il numero di
addetti ancor prima dell’entrata in amministrazione straordinaria o li modificano
successivamente in base a degli accordi. Dalla mia analisi ho tralasciato per
mancanza di dati e perché di non diretto interesse con la mia ricerca l’analisi dei
risultati per i creditori sociali e i costi delle varie procedure.
1
CAPITOLO 1
L’EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è un istituto che
mira al recupero e al risanamento delle grandi imprese che versano in uno stato
d’insolvenza, per evitare la dispersione del patrimonio aziendale e la perdita di
un gran numero di posti di lavoro. Essa tende a contemperare la tutela dei
creditori con il proseguimento delle attività produttive, in modo da conservare i
livelli occupazionali. Tale istituto è stato introdotto in Italia con la legge Prodi
del 1979. Dobbiamo precisare che d’allora fino ad oggi la legge che regola
l’istituto dell’amministrazione straordinaria è stata abrogata e sostituita con una
nuova disciplina e inoltre ha subito diverse modifiche, spesso suggerite da
situazioni contingenti. Intendo analizzare qui di seguito le principali vicende
dell’istituto per avere un’idea della normativa che si è susseguita nei vari anni,
dei commenti e delle problematiche sorte e poter comprendere meglio il
fenomeno nel suo insieme.
1.1. La Legge Prodi del 1979
1.1.1) Aspetti generali del procedimento
L’ Amministrazione Straordinaria delle grandi imprese in crisi ha lo scopo di
tentare il recupero delle grandi imprese in difficoltà1. Infatti, a differenza delle
procedure concorsuali tradizionali2 mira alla conservazione e non alla
liquidazione dell’impresa.
1
In considerazione dell’interesse generale del sistema economico e dell’interesse sociale al mantenimento
dei livelli occupazionali.
2
Sono: il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione controllata e il concordato.
Capitolo 1
2
L’ istituto dell’Amministrazione Straordinaria è stato introdotto per la prima
volta dalla legge del 3 aprile 1979 n. 95 (la legge Prodi). Tale legge nasce
dall’insoddisfazione per un sistema di procedure concorsuali all’epoca inadatto
alla complessità degli interessi coinvolti nella crisi dell’impresa, e non orientato
alla conservazione e al risanamento dell’impresa anche quando questo sia
possibile.
Pur essendo nata come decreto legge sotto l’urgenza di alcuni salvataggi
(Maraldi, Liquigas, Monti), l’amministrazione straordinaria si poneva come
regolamentazione a carattere generale, con una procedura gravante in misura
maggiore sui creditori. In seguito la legge è stata “adattata” per far rientrare
nuove imprese prive dei requisiti per l’ammissione o per consentire particolari
operazioni di salvataggio3.
L’amministrazione straordinaria esclude il fallimento e prevede l’intervento di
uno o più commissari, sotto la vigilanza del Ministero dell’Industria.
Tale procedura, nella sua versione originaria, comporta la continuazione
dell’esercizio dell’impresa come condizione “normale”, è inoltre unica per tutte
le imprese insolventi di un medesimo gruppo, impone al commissario di
formulare un piano di risanamento e gli consente di perseguirlo gestendo
l’impresa con ampiezza di strumenti e avvalendosi della garanzia pubblica sui
nuovi finanziamenti.
Nel corso della procedura i debiti dell’impresa risultano “cristallizzati” e la
possibilità di soddisfarli dipende dai risultati della gestione commissariale.
L’attività d’impresa può essere rivolta al risanamento dei complessi produttivi o
alla cessione. La legge in particolare afferma che per quanto possibile deve
essere preservata l’unità dei complessi produttivi, compresi quelli da trasferire.
3
La legge 445/80 modifica la disciplina per consentirne l’applicazione al gruppo Genghini; la legge
784/80 modificava indirettamente alcuni articoli della legge Prodi con riferimento al gruppo SIR; la legge
119/82 allunga la durata dell’amministrazione straordinaria a 4 anni (5 per i gruppi) per consentire la
prosecuzione della gestione commissariale per il gruppo Maraldi; la legge 696/83 cancellando il requisito
del finanziamento agevolato consente il commissariamento del gruppo Gondrand e Einaudi. Altre leggi
nel 1984 hanno consentito la proroga delle amministrazioni straordinarie.
Capitolo 1
3
RISANAMENTO ristrutturazione dell’impresa con il ritorno in efficienza dei
complessi produttivi, l’uscita dallo stato d’insolvenza per mano della gestione
commissariale e la restituzione della stessa all’imprenditore. Si conserva
l’impresa originaria;
CESSIONE la cessione delle attività dell’impresa a terzi soggetti. La gestione
commissariale ha la funzione di mantenere nel migliore stato di efficienza i
complessi aziendali in vista dell’entrata del nuovo imprenditore. L’impresa
originaria è destinata ad estinguersi. Tale cessione può avvenire in tre modi:
o Tramite la cessione in blocco di tutti i complessi produttivi aziendali
funzionanti a un terzo imprenditore;
o Tramite la cessione dei singoli complessi aziendali in attività a diversi
imprenditori;
o Tramite la cessione atomistica dei beni dell’impresa a terzi ( liquidazione
in senso stretto);
Il programma deve indicare in modo specifico gli impianti da riattivare, quelli da
completare e quelli da trasferire.
Requisito oggettivo per l’ammissione alla procedura è l’accertamento dello stato
d’insolvenza e la presenza della cosiddetta “esposizione debitoria qualificata”,
cioè un’esposizione verso istituti o aziende di credito o istituti di previdenza e
assistenza sociale, superiore a cinque volte il capitale sociale versato ed esistente
secondo l’ultimo bilancio approvato nonché a venti miliardi di lire, di cui uno per
finanziamenti agevolati. L’introduzione del criterio sociale dell’omesso
pagamento di almeno tre mesi di retribuzione come autonomo presupposto
oggettivo rende inoltre possibile l’applicazione delle norme sull’A.S. anche a
Capitolo 1
4
imprese formalmente non insolventi.4 Un’impresa insolvente può venire
commissariata anche in virtù dei collegamenti con un'altra già sottoposta ad A.S.
Dopo la pronunzia da parte dell’autorità giudiziaria che ha accertato lo stato
d’insolvenza e la sussistenza di tutti gli elementi richiesti, il Ministro per
l’Industria dispone con decreto l’apertura del procedimento di amministrazione
straordinaria. Con lo stesso decreto può essere disposta la continuazione
dell’esercizio dell’impresa da parte del commissario, per un periodo non
superiore a due anni, prorogabile una sola volta per non oltre un anno5.
Tuttavia manca al Ministero la possibilità di analizzare la rilevanza pubblica
degli interessi in gioco e di valutare le effettive potenzialità di risanamento per
cui l’autorizzazione alla continuazione dell’esercizio dell’impresa diventa, di
fatto, un presupposto formale iniziale della procedura con rilevanti conseguenze
su tutti coloro che sono collegati alla sorte dell’impresa.
La sfera d’azione del commissario è vastissima: pur dovendo operare nella
prospettiva di preservare l’unitarietà dei complessi produttivi egli può perseguire
soluzioni differenziate per singole aziende o imprese, inclusa anche la possibilità
di effettuare nuovi investimenti.
I beneficiari diretti della nuova situazione sono innanzitutto i lavoratori delle
imprese dissestate, i quali evitano le drastiche conseguenze di un fallimento e
inoltre, in quanto creditori nei confronti d’imprese insolventi ricevono tutela
speciale per quanto riguarda gli stipendi pregressi e le varie indennità
contrattuali.
Per i creditori invece comporta una serie di conseguenze negative quali
l’addossamento dei costi di gestione, la sospensione delle azioni esecutive
individuali, il mancato pagamento degli interessi, senza che per contro la
procedura sia finalizzata al loro pregiudiziale soddisfacimento6.
4
E’ diventata così prevalente la tendenza ad applicare la norma a gruppi medio-piccoli dalla rilevanza
sociale sicuramente limitata.
5
Al termine del periodo di continuazione si avvia la fase liquidatoria, che comporta la cessione delle
attività dell’impresa a terzi.
6
A differenza delle altre procedure concorsuali, dove l’obiettivo esclusivo è il soddisfacimento dei
creditori, nell’amministrazione straordinaria tale obiettivo è affiancato a quello di politica economica.
Capitolo 1
5
Il fatto sta che la continuazione dell’esercizio d’impresa comporta l’accensione
di nuovi debiti, questi ultimi in forza della stessa legge “Prodi” hanno assoluta
priorità sui vecchi. Il rischio d’impresa risulta a carico dei vecchi creditori, i quali
vedono diminuire l’attivo patrimoniale sul quale possono soddisfarsi, finché
l’impresa non torna a produrre utili; inoltre non hanno alcun controllo sulla
gestione7. Essi perdono le garanzie patrimoniali ogni qual volta il commissario
opera parziali alienazioni dell’attivo finalizzandone il ricavato alla sola gestione
ordinaria.
Dietro i creditori delle imprese in A.S.8 troviamo il sistema bancario, quello
stesso a cui i commissari devono naturalmente rivolgersi per ottenere i mezzi
necessari al proseguimento della loro attività imprenditoriale. Non è da stupirsi
quindi se i commissari hanno trovato un atteggiamento poco collaborativo nelle
banche.
1.1.2) Gli interessi dei creditori
Nell’ottica dei creditori la scelta tra continuazione e interruzione dell’attività
d’impresa deve essere valutata caso per caso confrontando il valore delle attività
d’impresa in caso d’interruzione con quello in caso di continuazione.
Di sicuro se la crisi d’impresa è una crisi economica, come accade nella quasi
totalità delle insolvenze, se l’impresa continua a operare sarà inefficiente
economicamente. Il perseguimento delle finalità di politica economica, quali il
mantenimento dell’occupazione e lo sviluppo della produzione, porta invece a
una netta preferenza verso la continuazione dell’attività d’impresa.
C’è un trade - off tra interessi dei creditori e interessi di politica economica.
La continuazione dell’impresa richiede nuovi finanziamenti, ma se la gestione
non è economica, non potranno che essere finanziamenti garantiti dal Tesoro.
Questo determina un costo per l’Autorità di politica economica, che dovrebbe
7
“Quale strategia per l’industria? – primo rapporto sull’industria e la politica industriale italiana – 1986 -
CER
8
in amministrazione straordinaria.
Capitolo 1
6
valutare le condizioni di economicità della continuazione dell’esercizio in
un’ottica costi-benefici. In realtà ciò non avviene poiché ci sono pressioni
politiche e sociali, quindi accade che imprese proseguano l’attività anche se non
è economicamente conveniente.
Per le grandi aziende in crisi, inoltre, ci si attende che in media vi sia una
maggiore convenienza alla continuazione: l’esistenza di una struttura
organizzativa formalizzata fa si che la sostituzione dell’imprenditore avvenga
senza eccessivi costi; infine ci si attende una notevole incidenza dei valori
immateriali9 che sarebbero distrutti in caso d’interruzione dell’attività.
Dall’altra parte bisogna considerare che, se la continuazione dell’attività
d’impresa è economicamente sostenibile per ottenere finanziamenti dovrebbero
bastare le garanzie di prededucibilità.
C’è il rischio che la garanzia del Tesoro favorisca situazioni inefficienti,
permettendo la continuazione dell’attività produttiva anche quando non è
conveniente in senso economico.
I creditori potrebbero preferire la continuazione dell’attività d’impresa se il
valore dell’attivo rispetto alle passività è particolarmente basso, perché il
soddisfacimento atteso dei creditori può essere irrisorio, quindi può essere
conveniente agli stessi creditori scommettere sulla continuazione dell’esercizio
dell’impresa. Inoltre la continuazione dell’attività d’impresa presenta la
possibilità di interrompere successivamente la stessa, mentre la scelta
dell’interruzione dell’attività determina la perdita di gran parte dei valori
immateriali d’impresa e il più delle volte risulta irreversibile.
Nel caso di cessione dei complessi aziendali funzionanti i creditori vorrebbero
ottenere dalla cessione il maggiore valore possibile, mentre la finalità di politica
economica richiede all’imprenditore subentrante delle garanzie sul mantenimento
in attività dell’azienda ceduta e dei livelli occupazionali (in questo caso il prezzo
di cessione sarà minore). Ciò mostra la difficoltà a soddisfare entrambi gli
interessi.
9
Per esempio il patrimonio umano impiegato nell’azienda, i rapporti con la clientela…
Capitolo 1
7
1.1.3) I risultati della legge
L’esperienza dimostra che gli obiettivi perseguiti sono stati limitati. L’ostacolo
principale è stato la difficoltà a ottenere finanziamenti. Non è previsto alcun
contributo finanziario diretto da parte dello Stato, ma solo la garanzia totale o
parziale per i debiti che le società in A.S. contraggono con istituzioni creditizie
per il finanziamento della gestione corrente e per la riattivazione e il
completamento degli impianti industriali.
Tuttavia la garanzia fideiussoria statale inizialmente limitata a un plafond di soli
cinquecento miliardi è apparsa subito del tutto insufficiente è ha determinato agli
inizi del 1982 una vera e propria paralisi dei finanziamenti bancari alle imprese
in amministrazione straordinaria. I commissari hanno potuto affidarsi solo al
blocco degli oneri finanziari pregressi e proseguire la gestione grazie ai ritardi
nei pagamenti degli stipendi e dei fornitori e mediante vendite patrimoniali volte
a recuperare provvisori margini di liquidità. Nello stesso anno il plafond di
garanzia è aumentato a settecento miliardi e sono stati stanziati venticinque
miliardi per il pagamento delle garanzie escusse e la situazione si è sbloccata.
Dopo cinque anni di applicazione la legge Prodi non aveva raggiunto i risultati di
politica economica che si proponeva10, mentre per altro verso, aveva prodotto
notevoli pregiudizi ai creditori delle imprese commissariate.
Nei primi anni di applicazione della legge c’è da constatare che i commenti sugli
effetti prodotti dall’istituto sono stati per la maggior parte negativi.
Nell’amministrazione straordinaria, si diceva in quegli anni, sono sacrificati i
diritti dei creditori, perché l’impresa continua ad operare, nelle mani del
commissario a cui è affidata la gestione, libera da tutti i debiti precedenti.
I creditori corrono il rischio di essere soddisfatti in misura minore di quanto
avrebbe consentito la semplice liquidazione dell’attivo, in quanto le loro
possibilità di soddisfacimento dipendono dai risultati della gestione.
10
Salvo rare eccezioni si era conseguito il risanamento, erano prevalse soluzioni liquidatorie. “Le
politiche di ristrutturazione e salvataggio” di G. Fornengo in “Le leggi della politica industriale in Italia”
di Franco Momigliano, il Mulino.