consenso della società. Possono però nominare delegati e costituire procuratori per affari
speciali.”
2
Dalla norma si evince che il consenso della società era il
presupposto essenziale della delega di potere amministrativo.
L’essenzialità della preventiva autorizzazione dei soci era
giustificata dall’applicazione al rapporto di amministrazione dello schema
del mandato tout court e, in particolare, del mandato commerciale in virtù
del quale la rappresentanza generale assumeva un carattere fortemente
personale: i soci confidavano nelle qualità personali degli amministratori
per lo svolgimento dell’attività gestoria
3
.
Il presupposto del consenso dei soci veniva omesso dal successivo
codice di commercio del 1882 (art. 138) non perché fosse venuto meno
ma piuttosto perché considerata indicazione superflua e implicita nello
schema del mandato commerciale
4
.
L’autorizzazione alla delega doveva essere contenuta nello statuto
5
ma parte della dottrina
6
la riteneva valida anche se espressa in una
deliberazione dell’assemblea ordinaria.
Riguardo agli effetti sul piano della responsabilità, il legislatore del
1882 disponeva che gli amministratori non rispondessero in solido per i
“doveri proprii esclusivamente di un ufficio determinato e personale.”
(art 147 n. 5 cod. comm.)
7
.
Dottrina e giurisprudenza dell’epoca
8
concordavano nella
applicabilità della norma in oggetto (esclusione della responsabilità
solidale degli amministratori) alla fattispecie dell’amministrazione
2
Borsari, Codice di commercio del Regno d’Italia, I, Torino, 1868, p. 442 ss.
3
Mori, Società anonima. Amministrazione, I, Torino, 1897, p. 54
4
ibidem; Trib. Genova, 26 maggio 1917, in Temi gen., 1917, p. 246
5
Mori, op. cit., p. 54
6
Pipia, voce “Società anonima”, in Il Dig. It., XXI, III, 2, Torino, 1903-1906, p. 351 ss.
7
Sulla genesi della norma: Marghieri, I motivi del nuovo codice di commercio italiano, Napoli,
1885, II, p 567 ss.
8
Mori, op. cit., p. 55; Trib. Genova, 26 maggio 1917, cit.
delegata con la precisazione che per la culpa in eligendo e in vigilando gli
amministratori tornavano ad essere responsabili in solido
9
.
La disciplina dell’istituto risultava lacunosa riguardo alle
attribuzioni delegabili.
Nel silenzio della legge alcuni interpreti ritenevano possibile una
delega totale dei poteri del consiglio
10
, altri invece ritenevano non
delegabili alcune funzioni quali la redazione del bilancio di esercizio, la
tenuta dei libri contabili e tutti gli obblighi degli amministratori
sanzionati penalmente
11
.
Nel periodo compreso tra le due guerre lo sviluppo della grande
impresa in forma di società per azioni e le esigenze di dinamicità e di
concentrazione del potere gestorio segnarono la fine progressiva della
“sovranità dell’assemblea” sancita dal codice di commercio.
Ai soci venivano riservate solo le deliberazioni che costituivano
per legge una prerogativa irrinunciabile dell’assemblea
12
.
La somma dei poteri sociali veniva trasferita al consiglio di
amministrazione e questo, a sua volta, li trasmetteva ad uno dei suoi
membri.
Con la tendenza a trasformare il consiglio di amministrazione in
un organo di consulenza dell’amministratore delegato
13
si veniva a
ribaltare la situazione precedente, i delegati da organi meramente
esecutivi si stavano trasformando in organi direttivi e la delega da
semplice strumento di organizzazione interna (ripartizione dei compiti) si
andava delineando come un elemento di concentrazione di poteri e
competenze.
9
Mori, op. cit., p. 124; Pipia, op. cit., p. 416; Trib. Genova, 26 maggio 1917, cit.
10
Mori, op. cit., p. 54; Pipia, op. cit., p. 416, 438
11
Noto-Sardegna, Le società anonime, Palermo, 1908, p. 435
12
Frè, L’organo amministrativo nelle società anonime, Roma, 1938, p. 184 ss.
13
ibidem p. 193
L’importanza assunta dalla delega all’interno della realtà societaria
è testimoniata dall’interesse ad essa riservato nei vari progetti di riforma
della legislazione commerciale: Progetto Vivante, Progetto D’Amelio e
Progetto Asquini.
Il Progetto Vivante (1921) disponeva in merito quanto segue “Il
consiglio di amministrazione può delegare i suoi poteri a un comitato esecutivo,
composto di un numero dispari di membri, le cui deliberazioni non sono valide se non
raccolgono il voto favorevole della maggioranza assoluta dei suoi membri” (art. 193
terzo comma).
Significativo il passo contenuto nella relazione illustrativa al
progetto di Antonio Scialoja “Anche questi comitati, se pur chiamati
talvolta esecutivi, sono organi deliberanti entro i limiti della competenza
loro attribuita dallo statuto, dall’assemblea, o dal consiglio plenario […]”.
Oltre al funzionamento del comitato esecutivo (numero dispari di
membri, valida deliberazione a maggioranza assoluta e divieto del voto
per delegazione) venivano disciplinati i rapporti inter-organici tra organo
delegato e consiglio delegante (in base all’art. 193 il comitato esecutivo
doveva comunicare al consiglio il libro delle sue deliberazioni).
Sul piano della responsabilità veniva ribaltata la disciplina
contenuta nel codice di commercio
14
, per evitare che “la limitazione della
responsabilità risultante dalla disposizione […] per la quale gli
amministratori non rispondono dell’esatta osservanza di doveri, proprii
di un ufficio determinato e personale” costituisca “una comoda
scappatoia e un privilegio” si stabiliva che gli amministratori fossero
“responsabili per gli atti compiuti dal direttore estraneo o appartenente al consiglio e di
ogni altro organo esecutivo nei limiti dei poteri a questi organi attribuiti dalla statuto”
14
Cagnasso, op. cit., p. 17 nota 16
a meno che si riuscisse a provare che “non potevano prevenire o scoprire gli atti
medesimi” (art. 197).
La norma recepiva la tendenza dell’epoca a rafforzare la
responsabilità degli amministratori, in questo senso era prevista non solo
la responsabilità solidale per gli atti degli organi esecutivi ma anche la
responsabilità solidale con gli amministratori precedenti, inoltre l’azione
sociale di responsabilità poteva anche essere deliberata dai soci di
minoranza
15
.
Questa tendenza risulta attenuata nel seguente Progetto D’Amelio
(1925) come si evince dal disposto dell’art. 129 “Gli amministratori sono
responsabili per gli atti compiuti dai direttori generali o dal personale quando il danno
non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro
carica.”
In tal modo la responsabilità degli amministratori sorge solo
qualora vi sia una loro culpa in vigilando rispetto all’attività delegata, la
stessa formula è stata adottata dal legislatore del ’42 con riferimento alla
responsabilità dei sindaci (art. 2407 secondo comma cod. civ.)
16
.
Rispetto al precedente progetto viene poi introdotta la distinzione
tra amministratore delegato e comitato esecutivo e viene esplicitamente
previsto che l’organo delegato sia composto da membri scelti tra il
consiglio di amministrazione (art. 186)
17
.
Nel periodo compreso tra il Progetto D’Amelio (1925) e il
successivo Progetto Asquini (1940) la dottrina mostra vivo interesse
all’istituto della delega di potere amministrativo, interesse giustificato dal
crescente utilizzo nella pratica societaria del sistema delle deleghe.
Nella dottrina dell’epoca si potevano distinguere tre tendenze.
15
Relazione A. Scialoja, Le società commerciali, in Commissione Ministeriale per la riforma della
legislazione commerciale presieduta dal Prof. C. Vivante, Milano, 1922, p. 263 ss.
16
Borgioli, L’amministrazione delegata, Firenze, 1982, p. 59
17
Cagnasso, op. cit., p. 18 nota 18
Da una parte
18
si cercava di rafforzare il carattere autonomo degli
organi delegati, limitando il controllo del consiglio di amministrazione
entro limiti circoscritti e stabilendo la responsabilità esclusiva e non
solidale dei delegati per le attività attribuite alla sua competenza.
Altri autori
19
cercavano invece di limitare e attenuare l’autonomia
dei delegati, individuando alcune attività non suscettibili di delega e
rivalutando la posizione e la responsabilità del consiglio: tutti gli
amministratori sono in ogni caso responsabili per “quella generica
sorveglianza dell’azienda che non può essere eliminata anche se si
moltiplichino gli uffici o le singole attribuzioni conferite ad altri.”
Un ultimo orientamento
20
auspicava l’adozione del modello
dualistico già accolto nell’ordinamento tedesco, con conseguente
attribuzione al comitato esecutivo dei poteri di gestione e di
rappresentanza e al consiglio dei poteri di controllo e di intervento.
Il Progetto Asquini (1940) accoglie tutti i suggerimenti della
dottrina e anticipa diverse soluzioni accolte nella stesura definitiva del
codice
21
: viene esclusa la delega globale dei poteri del consiglio, restano
di competenza esclusiva di quest’ultimo la redazione del bilancio e la
riduzione del capitale sociale per perdite (art. 236 poi ripreso nell’art.
2381 cod. civ.), tutti gli amministratori sono in ogni caso responsabili
(responsabilità solidale inderogabile) per omessa vigilanza sul generale
andamento della gestione sociale (art. 248 poi ripreso nell’art. 2392 cod.
civ.).
18
Frè, L’organo amministrativo nelle società anonime, Roma, 1938, p. 189 ss.
19
Bonelli, Osservazioni sul progetto di nuovo codice di commercio, in Riv. dir. comm., 1923, I, p.
526; De Gregorio, Delle società e delle associazioni commerciali, in Il codice di commercio
commentato, Torino, 1938, p. 338; Marcora, L’azione civile di responsabilità contro gli
amministratori di società anonima, Milano, 1931, p. 11
20
Vivante, Contributo alla riforma delle società anonime, in Riv. dir. comm., 1934, I, p. 309 ss.
21
Borgioli, op. cit., p. 60
2. Le funzioni della delega di potere amministrativo
In dottrina si discute su quale sia la funzione svolta dalla delega di
attribuzioni all’interno dell’odierna società per azioni e alla luce della
disciplina positiva accolta dal legislatore del 1942.
Abbiamo già avuto modo di rilevare che l’ordinamento vigente
non ha inteso svuotare interamente il consiglio di amministrazione dalle
proprie attribuzioni, riservando ad esso alcune attività inderogabili,
quindi ogni interpretazione delle finalità perseguite non può prescindere
da questo dato di fatto.
Secondo un primo orientamento
22
la delega è uno strumento di
razionalizzazione
23
dell’esercizio del potere amministrativo, che risponde
alle esigenze di funzionalità e di efficenza amministrativa.
Attraverso la ripartizione dei compiti fra i vari membri del
consiglio si favorisce la specializzazione e la razionalizzazione dell’attività
di gestione inoltre si permette all’organo amministrativo di operare con
maggiore prontezza e flessibilità.
“E’ noto come il sistema delle deleghe di potere amministrativo
[…] costituisca da tempo una naturale conseguenza dello sviluppo
dimensionale delle imprese sociali, la cui organizzazione, man mano che
diviene più complessa, richiede inevitabilmente una maggiore
articolazione dell’organo amministrativo, una più adeguata distribuzione
di compiti ed una più precisa individuazione di poteri e di
responsabilità”
24
.
22
Fanelli, La delega di potere amministrativo, Milano, 1952, p. 5 ss.; Pesce, Amministrazione e
delega di potere amministrativo nella società per azioni, Milano, 1969, p. 63 ss.; Borgioli,
L’amministrazione delegata, Firenze, 1982, p. 61 ss.
23
Cagnasso, Gli organi delegati, op. cit., p. 7
24
Fanelli, op. cit., p. 5
“I complessi rapporti di partecipazioni azionarie, in relazione allo
sviluppo dimensionale delle imprese, che danno luogo alla formazione di
macroscopici consigli di amministrazione ed anche la tendenza generale
alla specializzazione come espressione di un dinamico funzionamento
dell’impresa del nostro tempo hanno determinato spesso la necessità di
consentire ad uno o più componenti del consiglio di amministrazione
delle società per azioni di esercitare taluni poteri del consiglio medesimo,
in maniera da permettere con maggiore tempestività l’adempimento degli
obblighi di amministrazione”
25
.
Una ulteriore finalità perseguibile con il sistema delle deleghe è
quella di graduare i vantaggi dell’amministrazione unipersonale
(flessibilità e prontezza al costo di un minore controllo interno all’organo
gestionale) con i vantaggi del metodo collegiale (ponderazione nelle
scelte e reciproco controllo fra i membri del consiglio al costo di una
maggiore macchinosità): la delega diventa lo strumento per adeguare le
modalità di svolgimento dell’attività amministrativa a tutte le possibili
circostanze in cui gli amministratori si trovano concretamente ad
operare
26
.
Altri autori
27
attribuiscono alla delega l’ulteriore funzione di
concentrazione del potere amministrativo in organi più ristretti quali sono il
comitato esecutivo o gli amministratori delegati.
Tale funzione è tanto più evidente quanto maggiori sono le
dimensioni della realtà societaria considerata, in questi contesti la delega
consente di trasferire la gestione dell’impresa dal consiglio di
amministrazione, composto spesso da membri di contorno nominati per
25
Pesce, op. cit., p. 63
26
Borgioli, op. cit., p. 63
27
Cagnasso, op. cit., p. 9 ss.; Cottino, Le società, I, 2, quarta ed., Padova, 1999, p. 418-419
varie ragioni (di garanzia, di prestigio, ecc..)
28
29
, all’organo direttivo vero
e proprio: l’organo delegato inteso non più come organo esecutivo o
consultivo
30
alle dipendenze del consiglio bensì organo costituito dagli
amministratori che si occupano a tempo pieno della effettiva gestione
sociale.
Attraverso l’amministrazione delegata e in conformità
all’evoluzione della disciplina della società per azioni (da struttura
“democratica” ottocentesca all’organismo “autoritario” odierno
31
) si
assiste ad un ulteriore spostamento degli equilibri di potere
32
: dapprima
dall’assemblea al consiglio e successivamente da quest’ultimo ai delegati.
Nelle medie e grandi società per azioni tra il consiglio di
amministrazione, spesso degradato a svolgere funzioni di ratifica e
controllo dell’attività delegata, e il comitato esecutivo si instaurano gli
stessi rapporti inter-organici che intercorrono tra l’assemblea e il
consiglio.
Si viene così a formare una struttura societaria piramidale
33
formata dalla base assembleare, dal consiglio di amministrazione (in
ruolo di assemblea di secondo grado) e dal vertice di comando occupato
dal comitato esecutivo.
28
“Non sono insoliti oramai consigli di amministrazione di oltre 20 o 25 componenti, gran parte
dei quali sono anche membri degli organi sociali di altre società, cosicchè è materialmente
impossibile che possano seguire l’attività di tutte: inoltre è noto il rilievo che tali consigli si
riuniscono assai di rado così da non poter seguire efficacemente l’andamento delle imprese”:
Pesce, op. cit., p. 63 nota 1
29
Cagnasso, op. cit., p. 8
30
Ibidem, p . 8 nota 2
31
“Il modello “democratico” fu abbandonato, in Italia, con il codice civile del 1942: si accolse, sia
pure in forma più attenuata, il modello “autoritario” introdotto in Germania con la legge del 1937”:
Galgano, Le società per azioni, Bologna, 1974, p. 105
32
Cagnasso, op. cit., p. 8
33
Cottino, op. cit., p. 418-419
3. La natura giuridica del rapporto di delega
La natura del rapporto giuridico che si instaura per effetto della
delega di attribuzioni amministrative all’interno della società per azioni è
stata oggetto di diverse teorie e classificazioni.
Taluni riducono il rapporto di delega ad un fatto interno al
consiglio di amministrazione, riconducibile allo schema del mandato
34
,
altri invece parlano di un rapporto diretto tra società e delegati
variamente classificato come nuovo rapporto di amministrazione (di
natura contrattuale
35
o organica
36
) o ancora dello stesso rapporto di
amministrazione già esistente ma ampliato per effetto della delega in
analogia con l’istituto della delega di diritto amministrativo
37
.
Nell’ambito della prima tesi si è detto che “Il comitato esecutivo o
gli amministratori delegati non costituiscono […] un altro organo della
società non essendo che un’emanazione diretta del consiglio di
amministrazione. Sono dei mandatari di questo, tanto che il consiglio
risponde del loro operato.”
38
Si tratta in verità di una visione anacronistica del fenomeno e
come tale è stata criticata da più parti.
In primo luogo ignora che i poteri e i doveri dei delegati
sussistono direttamente nei confronti della società e non del consiglio
39
,
la delega costituisce infatti una deroga al generale principio della
responsabilità solidale degli amministratori relativamente alle attività
34
Brunetti, Trattato del diritto delle società, II, Milano, 1948, p. 370
35
Minervini, Gli amministratori delle società per azioni, Milano, 1956, p. 450 ss. ; Frè, Società
per azioni, in Commentario del cod. civ. Scialoja e Branca, quinta ed., Bologna-Roma, 1982, p.
437-438
36
Fanelli, op. cit., p. 21 ss.
37
Cass., 6 agosto 1962, n. 2402, in Dir. Fall., 1962, II, p. 814
38
Brunetti, op. cit., p. 370
39
Cagnasso, Gli organi delegati, cit., p. 27
delegate (i non delegati rispondono solo per omessa vigilanza sul
generale andamento della gestione sociale).
In aggiunta l’ampiezza dei poteri delegabili, nel rispetto del
minimum di competenze esclusive del consiglio fissate dal legislatore e in
assenza di ulteriori limitazioni stabilite dai soci, è tale da escludere
l’applicazione dello schema del mandato attraverso il quale si potrebbero
attribuire i soli poteri di ordinaria amministrazione
40
.
L’orientamento della giurisprudenza è invece di attribuire alla
delega la funzione di autorizzazione in senso amministrativo, cioè di
rimuovere un vincolo all’esercizio, da parte di alcuni amministratori, di
quei poteri che sono già di competenza dell’organo amministrativo.
Seguendo l’interpretazione della Suprema Corte attraverso la
delega non si instaura un nuovo rapporto giuridico bensì si amplia, con i
delegati, il rapporto di amministrazione già esistente: “Ricorrono con
maggior evidenza i caratteri della delega di diritto amministrativo. Infatti
i deleganti non si spogliano dei poteri conferiti, che possono in qualsiasi
momento avocare a sé, e la delega diviene inefficace ipso iure per il venir
meno, nei soggetti deleganti, o in quello delegato, della qualità di
amministratore della società che giustificava la delega stessa; ma non si
potrebbe ritenere che essa conferisca poteri maggiori o diversi di quelli
che il delegato avrebbe potuto esercitare in seno al gruppo.
Si tratta di una ipotesi tipica, che ha natura di una autorizzazione
diretta ad attribuire ad uno dei soggetti ugualmente investito dei poteri di
amministrazione dell’ente sociale, quale componente dell’organo
collegiale, la facoltà di esercitarli da solo.”
41
40
ibidem
41
Dalla motivazione di Cass., 6 agosto 1962, n. 2402, cit.; nello stesso senso Cass., 17 luglio 1979,
n. 4191
La tesi della delega di diritto amministrativo è stata oggetto di
critiche da parte di alcuni autori ma non manca chi le ha riconosciuto il
merito di aver evidenziato come la funzione dell’istituto si traduca “nello
svolgimento da parte del delegato di quella stessa attività che avrebbe
dovuto essere posta in essere, collegialmente, dall’intero consiglio di
amministrazione”
42
.
Le critiche mosse riguardano piuttosto l’applicazione
indiscriminata dei principi di funzionamento che regolano l’attività degli
organi della pubblica amministrazione ad una fattispecie sostanzialmente
diversa
43
: mentre i principi di diritto pubblico che regolano e disciplinano
la delegazione amministrativa sono alquanto rigidi, di converso i principi
che regolano la delega di potere amministrativo nella società per azioni
sono più flessibili e le materie non delegabili per legge rappresentano
l’eccezione piuttosto che la norma.
All’opposto diversi sono gli argomenti a favore di un nuovo
rapporto che si instaura, per effetto della delega, tra la società e i delegati.
Secondo una prima impostazione la delega avrebbe natura
contrattuale
44
e a fondamento di questa tesi vengono individuati diversi
elementi contrattualistici dell’istituto autonomi e distinti rispetto al
preesistente rapporto di amministrazione: l’accettazione
45
espressa o tacita
da parte del soggetto designato (l’efficacia della nomina è subordinata
all’accettazione), il compenso
46
giustificato dal maggiore lavoro che i
42
Borgioli, L’amministrazione delegata, op. cit., p. 65
43
ibidem
44
Minervini, Gli amministratori di società per azioni, op. cit., p. 450 ss.
45
Contra Pesce, Amministrazione e delega di potere amministrativo, op. cit., p. 91: “Non esiste
quella composizione degli interessi delle parti (patrimoniali, secondo la dizione dell’art. 1321 c.c.)
che è l’oggetto del contratto, ed è perciò perfettamente nel sistema il fatto che la delega non
comporti accettazione da parte dell’organo delegato come tale”
46
Contra Borgioli, L’amministrazione delegata, op. cit., p. 67: “una particolare retribuzione
assegnata all’amministratore delegato (…) non sembra che abbia caratteristiche diverse da certe
indennità (…) attribuite ai lavoratori subordinati. Come la presenza di tali indennità non fa sorgere
un nuovo rapporto contrattuale, lo stesso motivo vale, nel nostro caso, per escludere un contratto
autonomo”
delegati sono chiamati a svolgere e il diverso regime della responsabilità
47
cui vanno incontro i membri dell’organo delegato.
Parlando del rapporto fra società e amministratore delegato: “tale
rapporto” – è stato scritto
48
– “si innesta su quello che preesiste fra la
società e l’amministratore a cui vengono delegati in tutto o in parte i
poteri del consiglio ma, a differenza di questo, ha natura contrattuale. Si
tratta dunque di un rapporto complesso risultante dalla combinazione di
elementi contrattuali e non contrattuali e che dovrebbe, come tale, essere
compreso in una categoria la cui costituzione offre indubbiamente
difficoltà assai più notevoli di quelle pur non lievi a cui dà luogo la
nozione dei cosiddetti contratti misti”.
In base ad una tesi differente il nuovo rapporto tra società e
delegati avrebbe natura organica
49
, con la delega si creano organi sociali
distinti che diventano elementi costituenti della struttura e
dell’organizzazione societaria, tutto ciò viene dedotto
50
:
a) dalla volontà autorizzativa dei soci espressa nell’atto costitutivo o in
assemblea, la stessa volontà che nella previsione legislativa sta alla base
della costituzione degli organi sociali.
b) dal carattere permanente delle attribuzioni delegate che dà luogo a una
competenza e ad un ufficio, le quali sono a loro volta la base e l’essenza
del concetto di organo.
c) dal differente regime di responsabilità verso la società cui sono
soggetti gli organi delegati e gli organi deleganti.
47
Contra Borgioli, op. cit., p. 67: “la responsabilità a cui va incontro l’amministratore delegato è
quella stessa alla quale egli era soggetto quale membro dell’organo collegiale”
48
Frè, Società per azioni, op. cit., p. 437-438
49
Fanelli, La disciplina dell’attività esterna degli organi delegati nelle società per azioni, in Riv.
not., 1954, p. 364 ss.; Cagnasso, Gli organi delegati nella società per azioni, op. cit., p. 30; Costi,
Modifiche della composizione del consiglio di amministrazione e sopravvivenza del rapporto di
delega, in Riv. dir. comm., 1965, I, p. 153 ss.; Galgano, Le società per azioni, op. cit., p. 134
50
Fanelli, La delega di potere amministrativo nella società per azioni, op. cit., p. 21 ss.