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INTRODUZIONE
L’argomento al centro di interesse di questo lavoro è l’ambivalenza attitudinale
verso la leadership femminile.
Nel primo capitolo viene spiegato il significato dell’ambivalenza attitudinale
utilizzando la definizione che ne danno Thompson, Zanna e GriYn (1995), secondo
cui questa consiste nella simultanea esistenza di forti giudizi positivi e negativi circa
lo stesso oggetto di atteggiamento.
Gli atteggiamenti ambivalenti condividono diverse caratteristiche e conseguenze che
differiscono da quelle degli atteggiamenti non-ambivalenti. L’ambivalenza è
associata a valutazioni lente, bassa stabilità di atteggiamento nonché elaborazione
sistematica.
Secondo Bargh (1992), gli ampi tempi di valutazione sono dovuti al fatto che la
presentazione di un oggetto ambivalente attiva associazioni sia positive che negative.
Entrambi i lati della presentazione richiedono attenzione e valutazione e questo rende
più difficile decidere se l’oggetto è positivo o negativo.
Per capire cosa influenza i nostri atteggiamenti, se siano di più le emozioni o l’aspetto
cognitivo a predominare, viene fatto riferimento a una ricerca volta dagli studiosi
Thomsen, Zanna e Borgida (1998), pubblicata sul Journal of Experimental Social
Psychology. I risultati di questa ricerca dimostrano che l’interesse è predominante
sulla cognizione nel determinare gli atteggiamenti e comportamenti, ma solo per gli
atteggiamenti caratterizzati da un’ambivalenza affettivo-cognitiva. Attraverso
quattro ricerche nazionali gli autori hanno valutato le componenti affettive e
cognitive degli atteggiamenti verso i canditati alle presidenziali, cosi come gli
atteggiamenti verso tutti i candidati e hanno riportato le modalità di voto. Gli
intervistati sono stati scelti dai dati degli Studi delle Elezioni Nazionali (NES)
collegati al Centro degli Studi Politici dell’Università del Michigan.
Nel secondo capitolo viene analizzato il sessismo verso le donne e viene illustrata la
critica alla definizione di sessismo data da Leyens e colleghi (2001) da parte di Glick
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e Fiske (1996), secondo cui il sessismo viene considerato da Leyens e colleghi solo
nella sua componente ostile trascurando i sentimenti positivi verso le donne che
caratterizzano molti stereotipi sessisti: secondo i due studiosi, invece, questi due
aspetti coesistono generando il sessismo ambivalente.
Infine, nel terzo capitolo viene presentata e discussa una ricerca originale svolta per
comprendere l’ambivalenza attitudinale verso la leadership femminile nelle realtà
aziendale italiana.
Nonostante le varie lotte finora condotte, oggi vi è ancora un pregiudizio radicato
verso le donne che ricoprono ruoli di leader nelle aziende. I tassi di occupazione
della popolazione maschile e femminile in età lavorativa sono indicatori chiave della
disparità di genere nel mondo del lavoro. Nonostante la crescita dell’occupazione
femminile degli ultimi decenni, la differenza tra l’Italia e gli altri paesi EU è ancora
rilevante: i tassi di occupazione femminile sono inferiori a quelli medi europei per
ogni classe di età. E’ stato preso in considerazione, ai fini della ricerca, un campione
di 100 uomini, 50 dei quali dipendenti della Selex-Sistemi Integrati presso la sede di
Fusaro, e 50 dipendenti di Camomilla presso la sede di S.Giovanni a Teduccio.
Utilizzando una metodologia di tipo quantitativo, ai partecipanti è stato
somministrato un questionario, costruito ad hoc in relazione agli obiettivi della
ricerca, comprendente diversi strumenti.
Ai fini della ricerca presentata in questo lavoro si è esaminata solo una parte del
questionario. Nello specifico, sono state considerate le scale per rilevare
l’ambivalenza attitudinale, il neosessismo e il sessismo ambivalente.
Ciò che ci aspettavamo di riscontrare nel nostro studio è un sessismo ambivalente nei
confronti della leadership femminile.
Più in particolare, si è voluto verificare se esistono differenze tra i partecipanti dei
due contesti aziendali, caratterizzati da una produzione maschile/femminile.
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I CAPITOLO
L’Ambivalenza attitudinale
1. Cos’è l’ambivalenza attitudinale
Per comprendere l’ambivalenza attitudinale è particolarmente pregnante lo studio di
Yaël de Liver , Joop van der Pligt, Daniël Wigboldus (2007) pubblicato sulla rivista
“Journal of Experimental Social Psychology”.Gli autori citano la definizione di
ambivalenza attitudinale data da Thompson, Zanna e GriYn (1995), secondo cui
questa consiste nella simultanea esistenza di forti giudizi positivi e negativi circa lo
stesso oggetto di atteggiamento.
Definire l’ambivalenza implica che l’atteggiamento ambivalente abbia una struttura
differente da quella degli atteggiamenti non ambivalenti (univalenti).Ciò che
determina un atteggiamento univalente positivo o negativo è il legame che c’è tra
l’oggetto dell’atteggiamento e gli attributi positivi o negativi. E’ probabile che anche
nel caso degli atteggiamenti ambivalenti esista questo legame. Si pensa che
l'atteggiamento ambivalente abbia associazioni forti sia positive che negative. Ad
esempio accendere una sigaretta, andare a correre alle 6 del mattino, il diritto
all'aborto, la limitazione del numero di immigrati. Questi diversi atteggiamenti hanno
in comune che possono evocare forti sensazioni di conflitto. In contrasto con la
tradizionale idea che gli atteggiamenti non sono né positivi né negativi,Yaël de Liver
, Joop van der Pligt, Daniël Wigboldus (2007) hanno dimostrato attraverso due studi
che esiste una forte correlazione tra gli attributi positivi e negativi degli atteggiamenti
ambivalenti. Lo studio 1 ha indicato che gli atteggiamenti ambivalenti differiscono da
quelli univalenti: associazioni positive e negative sono confrontabili in intensità solo
per atteggiamenti ambivalenti. Lo studio 2 ha mostrato che tali associazioni sono
relativamente forti. Ai partecipanti del primo studio, 50 studenti di psicologia
dell‘Università di Amsterdam, è stato chiesto di categorizzare correttamente le
parole che appaiono al centro dello schermo premendo il tasto A o L . Le parole sono
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generalmente parole positive e negative (ad esempio, piacere, orrendo), e parole che
rappresentano l’oggetto (ad esempio, carne, aborto). L’intervallo tra una prova e la
seguente è di 1500ms.
Ogni ST-IAT consiste di tre blocchi, ognuno dei quali consiste a sua volta di 20
prove in ordine aleatorio. Durante un primo blocco di prove, un set di cinque parole
positive (felicità, grazioso, primavera, gioia, e amichevole) e cinque negative
(disgusto, triste, odio, orrendo, e orribile) viene presentato due volte. Il compito dei
partecipanti è di indicare se ogni parola è positiva o negativa tramite la pressione del
tasto appropriato. I due blocchi sperimentali sono simili, tranne per il fatto che a
questo punto viene presentato anche l’oggetto. Nel blocco positivo, i partecipanti
premono un tasto per le parole generiche positive e per l’oggetto, e l’altro tasto per le
parole generiche negative. Nel blocco negativo si ha la situazione opposta: la stessa
risposta viene richiesta per l’oggetto come per le parole negative generiche. Per
assicurare che per ogni blocco il numero di risposte corrette per ogni tasto sia lo
stesso, sul blocco negativo le parole positive generiche vengono presentate due volte
e viceversa per il blocco positivo.
I partecipanti hanno scelto oggetti ambivalenti (birra, immigranti), positivi (amore,
amicizia), e negativi (guerra, violenza). Come gli autori si aspettavano, giudicando
sia dai tempi di risposta che dai tassi di errore, gli atteggiamenti ambivalenti hanno
mostrato eguali associazioni positive e negative. Ciò indica che la struttura
associativa che soggiace agli atteggiamenti ambivalenti è diversa da quella degli
atteggiamenti positivi e negativi univalenti.
Nel secondo studio sono stati coinvolti 68 studenti di psicologia non ancora laureati
in cambio di crediti di corso o di un compenso (3€ ) ai quali è stato chiesto di valutare
gli oggetti che vengono fatti precedere da uno stimolo elementare positivo, negativo o
neutro. Tale esperimento ha lo scopo di dimostrare la forza di associazione tra gli
oggetti ambivalenti e non,confrontando oggetti ambivalenti e neutri poiché sono
caratterizzati dall’associazione di valutazione positiva e negativa. Selezionati sulla
base di uno studio pilota (N=30) gli oggetti sono costituiti da 6 ambivalenti
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(marocchino, alcol, rifugio, dolciumi, aborto, ed esame) e 6 neutri (pinze, lampada,
tegola, magazzino, meeting, e trasporto). Hanno selezionato tre oggetti palesemente
positivi (amico, regalo, e fiori), e tre palesemente negativi (cancro, guerra, e
scarafaggio) che servissero da controlli per l’efficacia del paradigma. Come stimoli
elementari hanno usato sei aggettivi positivi (magnifico, perfetto, affettuoso,
fantastico, splendido e piacevole), sei negativi (disgustoso, inutile, tetro, terribile,
fastidioso e orribile), e sei stringhe di lettere (ad esempio bbbbb, mmmmm). In
questo studio, sia stimoli elementari positivi che negativi hanno condotto ad una
facilitazione di risposta per oggetti ambivalenti ma non per quelli neutri. Gli
atteggiamenti ambivalenti condividono diverse caratteristiche e conseguenze che
differiscono da quelle degli atteggiamenti non-ambivalenti. L’ambivalenza è
associata a valutazioni lente, bassa stabilità di atteggiamento, nonché elaborazione
sistematica. Ad esempio, Bargh (1992) suggerisce che gli ampi tempi di valutazione
sono dovuti al fatto che la presentazione di un oggetto ambivalente attiva associazioni
sia positive che negative. Entrambi i lati della presentazione richiedono attenzione e
valutazione e questo rende più difficile decidere se l’oggetto è positivo o negativo. A
questo punto è utile domandarsi quale influenza sia predominante nel determinare le
preferenze complessive attitudinali, quella delle emozioni o quella delle conoscenze.
E’ importante delineare il modo in cui questi due tipi di informazione attitudinale
sono integrate quando la gente tenta di formulare valutazioni complessive e quando
assume un comportamento atteggiamento-rilevante.
2 Aspetti cognitivi e affettivi degli atteggiamenti ambivalenti
Secondo una ricerca svolta dagli studiosi J. Thomsen, Mark P.Zanna e Eugene
Borgida (1998), pubblicata sulla rivista Journal of Experimental Social Psychology,
l’interesse dovrebbe predominare sulla cognizione nel determinare gli atteggiamenti e
comportamenti ma solo per gli atteggiamenti delineati da un’ambivalenza affettivo-
cognitiva. Attraverso quattro ricerche nazionali gli autori hanno valutato le
componenti affettive e cognitive degli atteggiamenti verso i candidati alle
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presidenziali, cosi come gli atteggiamenti verso tutti i candidati e hanno riportato le
modalità di voto. Gli intervistati sono stati scelti dai dati degli Studi delle Elezioni
Nazionali (NES) collegati al Centro degli Studi Politici dell’Università del Michigan.
Le interviste pre e post elezione NES consistono in un ampio campione nazionale
preso a caso di adulti americani. Gli intervistati delle quattro recenti elezioni
presidenziali (1980, 1984, 1988, 1992) rientranti nello studio hanno valutato le
emozioni provate per i candidati (interesse), le credenze circa la sfera rilevante delle
qualità personali dei candidati, hanno espresso valutazioni complessive dei candidati
(atteggiamento) e il comportamento di voto. I risultati supportano la predominanza
dell’interesse (piuttosto che della cognizione) tra gli intervistati con strutture di
ambivalenza affettiva-cognitiva: per gli intervistati con opposta valenza affettiva e
cognitiva, l’interesse generalmente ha esercitato un’influenza più forte sugli
atteggiamenti verso i candidati e sulle scelte di voto rispetto alla cognizione.