3
relativa all'applicazione del passo uno ai pupazzi e oggetti.
Questo campo poco esplorato risulta di particolare interesse per il
fatto che l’odierno 3D ne eredita i contenuti estetici e formali.
Non si potrà, perciò, non parlare di King Kong, ma
preferibilmente verrà dedicato più spazio alle opere interamente
realizzate con pupazzi e oggetti e agli artisti che hanno creato
non solo il genere ma via via un linguaggio specifico per questo
genere.
Trattando di animazione, che implica quindi la relativa tecnica
del passo uno, verranno esclusi dall'analisi i film di marionette
mosse da fili e di pupazzi filmati da normali macchine da presa e
quindi verranno scartate le marionette di Paul Brann, del film
Team America (Trey Parker, 2004), di Jacques Chesnais e
produzioni italiane come la serie dei Piccoli di Vittorio Podrecca,
I quattro moschettieri di Carlo Campogalliani, Pierino
Salvadanaio di F. Paolone, Le avventure di Topo Gigio, La
guerra del missile (filmato da Kon Ichikawa, del quale si dovrà
escludere anche il film di marionette, andato perso, Musume
Dojoji).
Ancora la tecnica sarà la discriminante anche per i pupazzi
mossi elettronicamente o meccanicamente (i kinemin e
l'animatronics) come Ring around Saturn prodotto da Edward
Nassour, Hansel und Gretel di John Paul e il più recente E.T. (S.
Spielberg, 1982).
Allo stesso modo si dovranno mettere da parte le numerose
opere realizzate con ritagli e collage, le "ombre cinesi" di Lotte
Reiniger e dell’italiano Ugo Amadoro, e questa volta la ragione è
la loro bidimensionalità.
4
Nella strutturazione per capitoli e paragrafi, si cercherà di
trattare un po' tutti gli aspetti di questo campo dell'animazione,
cercando di introdurre nella trattazione cronologica le recensioni
dei giornalisti italiani e infine azzardare delle ipotesi di lettura.
Nel primo capitolo verranno tratteggiate le linee essenziali del
cinema d’animazione, verrà messo in evidenza ciò che lo
differenzia dal cinema tout court e, tenendo questo come punto di
partenza, ci si occuperà, infine, dell'applicazione della tecnica
base all'animazione di pupazzi e oggetti.
Si faranno poi delle considerazioni di tipo ricettivo ed eventuali
paralleli con gli ambiti psicologici.
Nel secondo capitolo verrà trattata la storia del cinema di
animazione di oggetti volumetrici, dai primi esperimenti alle
prime produzioni, dall'epoca del riconoscimento a livello
mondiale fino agli odierni sviluppi; il percorso storico verrà
suddiviso in paragrafi nei quali verranno introdotte le figure più
significative del settore e la storia del genere per aree
geografiche, dando particolare rilievo ai paesi che hanno dato al
cinema dei pupazzi un posto di riguardo (se non esclusivo)
all'interno della produzione cinematografica nazionale.
5
Capitolo I
Il cinema di animazione e peculiarità del
cinema di pupazzi
1.1- Il cinema d'animazione e il cinema "dal vero".
Per cinema di animazione bisogna intendere, principalmente, ogni
creazione cinematografica realizzata immagine per immagine […], [il
cinema dal vero] procede con un’analisi meccanica, per mezzo della
fotografia, di avvenimenti simili a quelli che saranno restituiti sullo
schermo, mentre il cinema d’animazione crea gli avvenimenti per
mezzo di strumenti diversi dalla registrazione automatica. In un film
d’animazione gli avvenimenti hanno luogo per la prima volta sullo
schermo
1
Cosi recita la definizione contenuta nello statuto dell’ASIFA
(Association International du Film d’Animation) nonostante ci
siano comunque difficoltà nello stabilire con esattezza cosa è
animazione e cosa non lo è, soprattutto in un’epoca nella quale i
confini tra le arti si fanno sempre più labili e l’animazione è in
fecondo rapporto d’interscambio con l’arte cinetica, l’arte
astratta, la pittura, l’incisione e la scultura.
Gli odierni orizzonti degli effetti speciali comprendono ad
esempio la motion capture: le informazioni di movimento di un
essere umano, catturate con dei sensori, sono applicate ad esseri
digitali. Tale procedimento è generalmente definito “di
animazione” ma non c’è effettivamente un processo che richieda
la lavorazione fotogramma dopo fotogramma.
1
(G. BENDAZZI, Topolino e poi. Cinema di animazione dal 1888 ai nostri giorni, Edizioni Il Formichiere, 1978, p.12)
6
Gianni Rondolino nella prefazione al suo testo sul cinema
d’animazione scrive:
Il cinema d'animazione è il risultato di un'operazione tecnica che
prescinde sia dalla riproduzione meccanica della realtà fenomenica
sia, in certi casi estremi, dalla stessa macchina da presa [pittura diretta
su pellicola]
2
Anche questa definizione incontra dei problemi
nell’applicazione ad esempio della pixilation (inventata da
McLaren e utilizzata anche da Švankmajer e dalla Aardman per il
video di Peter Gabriel Sledgehammer) che consiste nel trattare un
essere umano come un pupazzo animato, ossia registrarne i
movimenti con la tecnica dell’animazione.
Il risultato in proiezione sarà uguale a quello di un film agito da
pupazzi: il personaggio si muoverà più o meno a scatti.
Qui si contraddice quindi l’assunto che vuole fuori
dall’animazione la realtà fenomenica.
Riferendosi però ad un’applicazione della tecnica più
tradizionale, si possono tralasciare queste due anomalie della
definizione e fare riferimento alle leggi generiche del cinema
d’animazione.
Nel cinema d’animazione il movimento nasce nel momento
della proiezione e non come riproduzione di movimento già
esistente in fase di ripresa, come avviene nel cinema "dal vero".
Dice Alexeieff:
Per gli animatori di film è il movimento che ha luogo sullo schermo
per la prima volta a costituire l’opera originale: in opposizione al
2
(G. RONDOLINO, Storia del cinema di animazione, Einaudi, Torino 1974, p. XIII)
7
“film-foto” che si accontenta di analizzare fotomeccanicamente degli
avvenimenti reali che la sintesi sullo schermo restituisce come dei déjà
vu
3
L’animatore interviene direttamente nel movimento interno a
ciascuna immagine e nel ritmo che costituisce il legame tra
un'immagine e l'altra. Questa è una risorsa che può gestire nelle
unità minime di movimento, a differenza del regista del cinema
“dal vero” che amministra sì il movimento ma solo parzialmente.
Il “potere” del controllo dettagliato del movimento e del tempo
determina tutte le potenzialità espressive del cinema di
animazione.
Si tratta pertanto di un movimento interno, dato dai rapporti
interni all’immagine, questo è il motivo per cui il cinema
d'animazione è parco di complicati movimenti di macchina;
al contrario, nel cinema dal vero il movimento è soprattutto
esterno perché si serve delle possibilità di modificazione continua
dei piani scenici.
Ne deriva per il cinema d’animazione una composizione
prevalentemente pittorica, in senso lato, la cui dimensione narrativa e
drammatica è poggiata sul ritmo, cioè sulla successione nel tempo di
immagini statiche. Di qui gli stretti rapporti con la musica, arte alla
quale il cinema d'animazione è legato per più versi. Il cinema
d'animazione (anche muto) è costruito come un balletto, in cui i
movimenti dei personaggi e il ritmo musicale sono in un rapporto di
interdipendenza molto stretto […] Il movimento è l'asse portante nella
costruzione formale del cinema, ma nel cinema d'animazione esso può
essere controllato, determinato, predisposto, addirittura inventato
dall'artista
4
3
(G. BENDAZZI, Topolino… cit. p. 5)
4
(da G. RONDOLINO, Storia… cit)
8
Il ritmo è una delle basi estetiche del cinema di animazione.
Ma il potere più grande dell’animatore, che racchiude in potenza
infinite possibilità, è il partire da zero, l’avere l’opportunità di
costruire la sua opera in ogni sua parte, non solo controllando e
scegliendo il materiale, ma addirittura creandolo volta per volta.
Il regista cinematografico, invece, deve sempre fare i conti con
una realtà esterna che in varia misura lo determina nelle scelte
artistiche.
Per questa ragione Alexeieff considera il cinema d’animazione
“opera pura dello spirito”, in quanto:
Al contrario del cinema dal vero, la materia prima nella quale
l’Animazione attinge gli elementi della sua opera futura si compone
UNICAMENTE DELLE IDEE UMANE, di idee che i diversi uomini
si fanno delle cose, degli esseri viventi, delle loro forme, dei loro
movimenti, del loro significato. Essi rappresentano queste idee
attraverso delle immagini fatte con le loro mani. Nel concatenamento
causale delle loro immagini, da loro concertato, nulla può essere
lasciato al fortuito. Per questo la realizzazione delle opere richiede un
tempo eccessivamente lungo, al di fuori di qualunque proporzione col
cinema dal vero. Ma il repertorio delle idee umane è inesauribile
5
L’animatore, per la capacità artistica pratica che deve
possedere, è soprattutto un artigiano, la sua attrezzatura non
differisce molto da quella di un pittore o di uno scultore, cioè di
un artista nel senso tradizionale della parola, ed è anche un
"autore", perché spesso è l’unico artefice della propria opera (a
titolo esemplare, Cohl era il disegnatore, l’operatore, il regista, e
si sviluppava persino la pellicola).
5
(da G. BENDAZZI, Topolino… cit. p. 7)
9
L'artista dell'animazione mantiene un rapporto continuo e costante con
la propria opera per mesi interi, in un lavoro minuzioso di alta
precisione tecnica, che non consente errori o distrazioni, che
potrebbero compromettere, in certi casi, l'intero film.
E' chiaro che un simile lavoro, che per certi aspetti si avvicina a quello
della meccanica di precisione o dell'artigianato orientale, richiede,
oltre a determinate qualità intrinseche e a particolari disposizioni, una
sorta di "ascetismo" artistico che visibilmente contrasta con la
mondanità di cui è avvolta la normale attività cinematografica.
C'è una specie di diaframma che separa le due attività: diaframma che,
in misura minore, si riflette sul campo della critica e del pubblico che,
per tradizione, disinformazione, abitudine, considerano il cinema
d'animazione un sottoprodotto dell'industria cinematografica o, se si
vuole, un particolare settore di quella produzione, adatto a determinati
pubblici e non comparabile con l'altro cinema
6
Al contrario di come si pensa, inoltre:
Il cinema d'animazione, come il fumetto, non nacque come surrogato
della letteratura per l'infanzia, ma si rivolse agli adulti, di cui rifletteva
atteggiamenti e umori di fronte alla realtà quotidiana nella
rappresentazione che di essa ne dava in termini di satira o anche
soltanto di bonaria ironia
7
In seguito, per la vicinanza con le attività preferite dai bambini (il
disegno e le bambole) i temi si modificano, gli intenti comici si
accentuano e il cinema d’animazione si dedica quasi
completamente all’infanzia, traendo ispirazione dalla favolistica
mondiale, dai fumetti etc.
6
(da G. RONDOLINO, Storia… cit.)
7
(ibidem)
10
Il primo Festival dell’animazione si organizzò in Francia, ad
Annency nel 1960, ma già il Festival di Cannes aveva inaugurato
una sezione specializzata nel 1956.
Nel 1962 venne designato il Consiglio d’Amministrazione
provvisorio dell'ASIFA il cui primo presidente fu Norman
McLaren.