PRESENTAZIONE
L'intento che si è cercato di raggiungere in questa tesi è quello di andare alla scoperta
dell'Alto Lazio, attraverso gli occhi, le impressioni, gli stati d'animo di viaggiatori francesi,
scrittori di professione o meno, che vi giunsero nella prima metà dell'800 e che dopo tale
viaggio credettero opportuno raccontare la loro esperienza per iscritto. Per viaggiatori
infatti, noi vogliamo indicare tutti quegli autori che hanno lasciate scritte le impressioni
ricavate dal loro soggiorno italiano e che hanno descritto gli avvenimenti di cui sono stati, in
terra italiana, protagonisti o testimoni. Abbiamo specificato "Francesi": questa parola va
intesa in senso lato, sta per viaggiatori di lingua francese Troveremo scrittori che di diritto
possono chiamarsi francesi anche quelli che, belgi, svizzeri ecc hanno scritto le loro
impressioni sull'Italia in lingua francese. Pur se non francesi di diritto essi appartengono alla
cultura francese.
Per quanto non sia possibile tracciare i confini precisi della zona da noi presa in
consideraziope, per Alto Lazio noi intendiamo tutta quella parte di territorio che è
“compreso tra il Tevere e il mare e i confini della Toscana, per molti secoli è stato
conosciuto come il Patrimonio di S. Pietro o. la Provincia del Patrimonio. L'Alto Lazio, un
territorio privo di una propria storia che non fosse quella delle sue città quando ospitavano i
papi, dei suoi castelli, delle sue ville, delle sue terre, feudi delle più note e potenti famiglie
romane o di enti e istituti ecclesiastici di primo piano; un territorio, infine, che era
l'anticamera di Roma per il pellegrino e il viaggiatore, il magazzino per la sua popolazione,
la fonte di arricchimento per i suoi affittuari e i suoi mercanti, la patria di tanti dei suoi
mendichi e proletari.”
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Sebbene i viaggiatori che hanno attraversato il nostro Paese nella prima metà del secolo
siano stati numerosissimi e molti di loro abbiano lasciato una testimonianza relativa alla
zona da noi presa in esame, le difficoltà incontrate nel reperire testi, hanno reso il lavoro
non del tutto completo. Difficoltà ancora maggiori si sono presentate al momento di trovare
notizie biografiche sugli autori da noi citati, poichè non tutti erano personalità rinomate
della società francese.
Imposteremo la nostra ricerca analizzando i luoghi da essi visitati prendendo in
considerazione una dopo l'altra le strade percorse e lungo le quali si trovano appunto le
località di maggiore interesse.
Molto spesso ci serviremo delle parole usate nei loro testi, con brani interamente o
parzialmente riportati, poichè crediamo che nulla meglio delle loro parole può darci un'idea
di come era l'Alto Lazio in quel tempo; nel momento in cui mancasse il testo originale
useremo delle traduzioni.
La nostra ricerca si è basata su di una bibliografia già esistente e su testi trovati direttamente
sui cataloghi delle biblioteche, testi che però non esistevano in tale bibliografia; in questo
secondo caso ci siamo basati sulla data di pubblicazione dell'opera.
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Rassegna degli studi e delle attività culturali nell'Alto Lazio, a cura del Centro di ricerche per la storia dell'Alto Lazio,
1-80, [Roma 1980], pp.3-4
Nel ricercare notizie sugli scrittori abbiamo poi a volte riscontrato delle inesattezze tra il
periodo del viaggio reale e il periodo in cui il viaggiatore visse: un esempio ci viene da
Nicolas Audebert, creduto un viaggiatore della prima metà del XIX secolo, vissuto in realtà
nel lontano 1500, periodo in cui compi il suo viaggio. Una parte di queste inesattezze va
collegata al fatto che molte volte ci siamo trovati di fronte a opere pubblicate postume.
Ulteriori errori sono stati riscontrati nei resoconti di viaggio fatti dagli stessi viaggiatori; le
distanze tra una località e l'altra sono solo approssimate, salvo qualche caso, rispetto poi alla
loro reale collocazione.
Mery Joseph, come vedremo, parla di una foresta alle porte di Viterbo infestata da briganti;
non essendoci foreste intorno alla città e notando che poi egli è l'unico a parlarne, riteniamo
si tratti della catena dei Monti Cimimi, interamente coperta di boschi, che si snoda in
prossimità di Viterbo e di cui in seguito il Mery non parla, mentre proprio questa era la zona
interessata dal brigantaggio. Quando ci troveremo di fronte ad una situazione analoga
cercheremo per quanto è possibile di correggere probabili errori.
INTRODUZIONE
Il XIX secolo vede continuare quella grande passione per i viaggi che, a partire dalle prime
scoperte geografiche era stata al centro dell'attenzione di tutti coloro avidi di conoscere
nuovi sistemi di vita, nuove culture. Quel cosmopolitismo, che nell'800 era presente in ogni
ambiente culturale, non fa che aumentare questi spostamenti in lungo e in largo per i molti
paesi europei.
L'Italia, da sempre considerata un "carrefour" di razze e civiltà, vera culla dell'arte e della
cultura sarà, anche in questo secolo, meta di moltissimi viaggiatori.
I motivi che spinsero questi uomini ad oltrepassare il confine francese. per venire in Italia
furono molteplici; alcuni vi si recarono per il semplice desiderio di vedere le rovine di
Roma e delle altre città d'arte presenti nel nostro Paese, come dei semplici turisti. Altri,
invece, vi furono spinti da incarichi legati allo svolgimento del proprio lavoro, come'
Stendhal, che vi giunse come ufficiale dei dragoni, poi come intendente militare durante le
guerre della Rivoluzione e dell'Impero e nel 1831 come console a Trieste e poi a
Civitavecchia. Questi viaggi permisero a Stendhal di scoprire l'Italia e di amarne, poi, la
società, il paesaggio, la tradizione artistica.
In alcuni casi fu il sentimento religioso, la volontà di compiere un pellegrinaggio a Roma,
che provocò questo spostamento.
Dalle ricerche compiute risulta che le professioni dei viaggiatori in patria erano delle più
varie, tuttavia esse presentavano quasi sempre delle attinenze con il mondo della cultura e
dell'arte. Berlioz, fu un grandissimo compositore e compì questo viaggio per scoprire ed
assaporare più da vicino il mondo della musica italiana; Delecluze fu piuttosto eclettico
nelle sue professioni, prima pittore di successo poi valido scrittore per terminare come
critico d'arte. Petit-Radel fu chirurgo ma questo non gli impedì di interessarsi alla letteratura
e alla cultura latina.
L'estrazione sociale dei viaggiatori è borghese per. la maggior parte dei casi, ma abbiamo
anche incontrato nomi legati al mondo della nobiltà, Chambord Henry, ad esempio, fu duca
di Bordeaux conte di Chambord, ultimo rappresentante del ramo primogenito dei Borbone e
aspirante al trono di Francia.
Non sempre le sensazioni che il nostro Paese suscitò nell'animo di questi viaggiatori furono
positive; molti di loro quando arrivarono avevano ancora davanti agli occhi descrizioni
meravigliose, nelle orecchie riecheggiavano ancora tutti gli elogi fatti da chi, prima di loro,
aveva avuto modo di attraversare le nostre terre. Questo perchè dell'Italia si era scritto
moltissimo e ancora si scriveva; essi invece a esso, si trovavano di fronte ad una realtà che
contrastava con quelle descrizioni di un paese meravigl ioso , quasi che quest'ultime fossero
solo l'opera della fantasia di taluni scrittori. Le reazioni andavano dallo sdegno più profondo
alla rassegnazione ad andare avanti nella speranza di scoprire qualcosa che potesse restituire
un po' di sollievo.
La loro voce nelle descrizioni degli ambienti incontrati rivelerà uno spirito colto e attento ai
particolari; frequenti saranno i richiami appartenenti al passato storico delle località, nomi e
volti famosi torneranno a vivere attraverso la loro memoria. Ne emergerà un profondo senso
dell'arte e della bellezza che tutti i viaggiatori sembrano possedere. Uomini con personalità
diverse si soffermeranno su aspetti differenti: ci sarà chi, interessato esclusivamente all'arte,
tralascerà qualsiasi cosa non rientri in questo contesto, mentre, al contrario, altri riusciranno
a "mélanger" accenni alla situazione politico-sociale del periodo a descrizioni
paesaggistiche di grande potenza visiva. I loro scritti potranno risultare quindi o molto
superficiali, semplici note di viaggio, o molto accurati condotti con uno spirito analitico,
quasi scientifico diremo, ma in ogni caso, scopriremo nel corso del nostro lavoro, quanto
anche una semplice annotazione possa esserci utile.
Il viaggio aveva una durata variabile, poteva durare un mese oppure essere prolungato ad un
anno o più, tutto dipendeva dalle mete che il viaggiatore si era prefisso: Délécluze ad
esempio giunse a Roma gli ultimi giorni di ottobre del 1823 e lascerà la città il 22 Aprile
1824. Dai loro testi risulta che una volta giunti in Italia essi tendevano a toccare tutte le città
degne di un qualche valore artistico o storico, ma molti fin dall ' inizio avevano come meta
Roma.
Si spostavano con vetture trainate da cavalli che poi venivano cambiati nelle stazioni di
posta; viaggiavano soli o in gruppo, i più ricchi accompagnati dai loro servitori e da una
grande quantità di bagagli, muniti probabilmente di un manuale turistico che gli forniva
tutte le informazioni relative ai luoghi da visitare. L'opera del Richard, secondo alcuni, era
la vera guida del forestiero poichè essa indicava le distanze, le misure, le altezze, restringeva
in quattro parole la storia delle città, accennava i fatti geologici e poneva sotto l'occhio del
viaggiatore quelle località e quei monumenti ch'egli doveva ammirare. Quando poi il
viaggiatore era interessato a conoscere qualche particolare evento avvenuto in una tale
località, non riportata nelle notizie della guida, si improvvisava a chiedere delle
delucidazioni agli abitanti del luogo che però il più delle volte non erano in grado di fornire
delle risposte. La popolazione di questi paesi era costituita da persone di scarsa cultura il cui
unico interesse era lavorare per riuscire a sfamarsi.
Come già accennato, i viaggiatori una volta tornati in patria, scrivevano le memorie di
questo loro viaggio che poi venivano consultate da chi avrebbe dovuto fare la stessa
esperienza. Proprio per questo motivo c'è chi tiene a precisare, Méry Joseph ne è un
esempio, che il suo libro non è un itinerario d'Italia, ma una raccolta di pagine disordinate
scritte a capriccio. Quel viaggiatore quindi che adottasse il suo volume come cicerone lo
troverebbe molto incompleto. Il lavoro di Méry Joseph è stato quindi per sua stessa
ammissione quello di aver gettato delle idee impulsivamente sopra un album, includendo
queste memorie nelle sue fantasie di viaggiatore; egli si muove senza indicatore né cicerone,
nomina poche città perchè poche ne vede: Genova, Pisa, Firenze, Siena, Roma ma tiene a
precisare che sono le più importanti. Ha cercato di mettere in evidenza la parte descrittiva
che concerne la campagna di Roma, creando così un mosaico italiano.
Non tutti i viaggiatori francesi sceglievano di percorrere la stessa strada; coloro che erano
più interessati a visitare il CentroWItalia o il Sud, piuttosto che prendere la via di terra,
raggiungevano il nostro Paese via mare, sbarcando a Civitavecchia.
A quel tempo c'era il Sully, nave francese a vapore, che trasportava i passeggeri e le merci
da Marsiglia a Napoli e viceversa toccando Genova, Livorno e Civitavecchia; sbarcati in
questi porti essi procedevano a cavallo o in carrozza.
Una delle principali norme di viaggio in Italia, secondo il parere di Colomb Romain, era
quella di vedere all'andata un mucchio di cose che avrebbero fatto alzare le spalle al
ritorno:"il faut surtout chercher à diner avec les italiens il ne faut négliger aucune occasion
pour connaitre le caractère de ce peuple que, il y a quelques annees est devenu encore plus
mefiant".
2
Ma cosa si aspettava di trovare il viaggiatore nel nostro Paese? Con che spirito vi giungeva?
Le parole di Mery Joseph, possono aiutarci a questo proposito:
"Jamais pèlerin partant pour l'Italie n'a senti plus que moi dans son coeur cette fervente
devotion d'artiste qui s'attache à tous les puissants souvenirs. Ce n'etait pas l'Italie des
autres que j'allais voir: c'etait la mienne, l'Italie de mon enfance, des mes études, de mes
rêves au dortoir du collège; l'Italie de Ménalque et Palémon, l'Italie de mon age d'homme,
celle des Antonius, de Leon X; celle de Dante, de Giotto, de Michel-Ange, de Raphaël. A
tous ces norns, à toutes ces irnpressions, à tous ces souvenirs j'avais lie, dès rnes prerniers
ans, des irnages, des affections, des physionornies, des teintes locales qui rn'étaient
propres, qui s'étaient gravées dans rnon cerveau, qu'aucune lecture de voyages n'avait
rnodifiees. J'en avais tant lu de voyages! J'allais aborder l'Italie avec rnes-seules
irnpressions personnelles. C'était l'histoire de l'art qui me les avait données, et non les
récits des voyages. Je brulais de savoir s'il fallait renoncer à d'anciennes adorations et me
reconnaitre dupe d' illusions enfantines, ou bien me confirrner à toujours dans un culte que
je croyais ma seconde religion.
3
"
I viaggiatori dunque subivano il fascino de1l'Italia; essa esercitava su di loro un'attrazione
dispotica, irresistibile, fatta di curiosità e di tenerezza, nutrita dalle letture, esaltata dai
racconti dei suoi devoti.
2
Colomb Romain, Journal d'unvoyaqe en Italieet.en Suisse pendant l'annee 1828, par M.R.C, Paris, Verdières,[1833J
3
Joseph Mery, Scènes de la vie italienne, Paris, [1837]
L'Italia era divenuta per loro il luogo ideale dove andare a distendere i nervi perchè era vista
come un paese giovane e vivace, dove tutto era allegria, anche lo stesso far niente.
Secondo il parere di Aubert Henry :" Elle éveille dans nos coeurs un délire d'enthousiasme
qu'il est plus facile de subir que d'expliquer, que le temps accroit et que l'habitude n'attenue
pas
4
".
Per l'Henry dunque, questa era un'Italia che non aveva mai ingannato nessuno, perchè anche
il viaggiatore meno preparato e meno intelligente poteva ricevere del piacere alla vista del
suo sole, dei suoi monumenti, della sua originalità.
“J'eprouve dans ce-pays,dit Stendhal,un charme dont je ne puis me rendre compte,c'est de
l'amour et cependant je ne suis amoureux de personne
5
" Lamartine chiama l'Italia la patria
dei suoi occhi e del suo cuore.
Mery Joseph afferma, invece, che: "En Italie la vie est plaine; le temps n'y languit point; on
peut y echanger chaque heure du jour contre quelque chose qui vaut une heure de vie. C'est
ce qui donne à ce beau pays un attrait que l'artiste chercherait vainement ailleurs.
6
"
Per questi viaggiatori gli italiani erano un popolo che concepiva l'esistenza come una gioia
continua e una perseverante affermazione di bellezza. Persuasi che la felicità mantiene la
gioventù, gli italiani sopprimevano l'inverno e quando parlavano della stagione, si trattava
sempre dell'estate e della primavera; nelle loro conversazioni la parola che tornava con più
frequenza era divertirsi, divertimento. A uno spettacolo simile,come potevano sottrarsi?
Ecco allora che cominciava il viaggio. Anche in quel tempo un viaggiatore che entrava in
4
Aubert Henry, Villes et gens d'Italie, Paris, Messein [19141
5
Aubert Henry, op. cit.
6
Joseph Mery, op. cit.
Italia doveva essere munito di passaporto che veniva mostrato ogni volta che egli' si
immetteva in un altro stato. All'entrata del nuovo confine c'era la dogana che domandava al
viaggiatore un'ammenda non sempre uguale poichè essa variava da stato a stato.
Da quanto risulta nei loro scritti il nostro Paese non era molto attrezzato a ricevere gli
stranieri; molto spesso, infatti, essi denunciavano la mancanza di un servizio di posta
adeguato, di alberghi o locande funzionanti capaci di ospitare un viaggiatore stanco e
affamato.
La cucina italiana, oggi tanto rinomata all'estero, non viene quasi mai descritta anzi
piuttosto si parla di locande dove si mangiava male o per niente.