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3. La Balanced Scorecard può fornire un  contributo strategico importante per gestire il 
continuo cambiamento in atto? 
 
Prima di iniziare la trattazione è  opportuno precisare che al termine “tradizionale”  non 
viene data nessuna connotazione negativa; in alcune realtà produttive particolarmente 
stabili, poco complesse e con bassa competitività i sistemi di contabilità direzionale 
tradizionali possono continuare a fornire un contributo importante alle esigenze 
informative. 
 E’ quasi inutile sottolineare come solo pochissime imprese oggi operino in ambienti 
descrivibili come statici e semplici. Al contrario, il nuovo contesto competitivo si 
caratterizza per un’elevata turbolenza e complessità. 
 Il contributo più significativo è stato dato da un grande economista dell’industria 
ottocentesca americana: Frederick Taylor. 
Tra il 1889 e il 1895 il signor  Taylor ha sviluppato la contabilità analitica, il 
cronometraggio e il controllo dei tempi di lavoro della manodopera diretta, gli standard 
e l’allocazione dei costi indiretti in base a driver come ore di manodopera diretta e ore-
macchina. 
 Questi strumenti riflettono però il tipo di ambiente competitivo dell’epoca, ossia la 
grande industria nascente americana di fine Ottocento. Anche oggi, nonostante la 
distanza temporale che ci separa e soprattutto la mutata situazione economica e 
competitiva, molti metodi portano il marchio d’origine di questi anni. 
Vediamo ora velocemente quali sono i principi che hanno permesso il più sorprendente 
periodo di crescita della storia. 
 
 
1.1 IL MODELLO TAYLORISTICO 
 
I quattro principi di Taylor 
 
1. Stabilità 
 I meccanismi di performance, i saperi operativi che permettono d’essere efficaci sono 
stabili nel tempo. Questo principio giustifica la nozione di “standard”, regola di 
 5 
 
 
performance relativamente immutata nel tempo e fonda tutte le forme di “gestione al 
retrovisore”, quelle, cioè, che richiamano i riferimenti del passato. 
 Alla fine del XIX secolo le tecnologie si evolvevano molto lentamente, le qualifiche dei 
dipendenti erano praticamente statiche e la dinamica innovativa non apportava 
miglioramenti continui; questo principio era in accordo con la visione deterministica del 
tempo:“Dobbiamo considerare lo stato attuale dell’universo come l’effetto del suo stato 
precedente e la causa di quello che seguirà. Lo spirito umano è in grado di capire gli 
stadi passati e futuri del sistema mondiale attraverso le stesse espressioni analitiche” 
Laplace, 1814. 
 
2. Informazione perfetta 
 Il dirigente, grazie ai meccanismi di performance dei sistemi che dirige, dispone 
d’informazione perfette, quindi sa cosa fare perché vede e capisce tutti i processi 
operativi che rientrano nel suo campo di responsabilità. 
 
3. La performance produttiva s’identifica con la   minimizzazione dei costi. 
 L’efficacia economica dell’impresa sta nella sua capacità di fornire il massimo del 
valore utilizzando il minimo delle risorse, quindi massimizzando la differenza tra ricavi 
e costi. Rispetto a questa regola generale ovvia, il sistema tayloristico apporta una 
semplificazione sostanziale tramutando l’obiettivo “massimizzare la differenza tra ricavi 
e costi” con l’obiettivo di “minimizzare i costi”. 
Questo principio riflette anche una realtà storica: nel 1900 la grande industria americana 
cominciava a vivere un vero e proprio boom. Il mercato diventava dominante e le 
capacità industriali non stavano al passo: era un mercato dell’offerta. 
Dirà più tardi Henry Ford: “Il cliente può scegliere il colore che vuole, a condizione che 
sia il nero”. 
 
4. Il costo totale è proporzionale al costo del fattore di     produzione dominante. 
Secondo questo principio, nella struttura delle risorse usate dall’impresa esiste un 
fattore dominante e il suo utilizzo e il suo costo determinano le variazioni  della spesa 
globale. Generalmente questo fattore è rappresentato dalla manodopera diretta, tuttavia 
potrebbe anche trattarsi del capitale, delle materie prime o dell’energia. 
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Per il sistema di Taylor non è essenziale la scelta del fattore dominante, ma conta 
l’esistenza di una risorsa campione da utilizzare come base per le procedure 
d’allocazione e per la valutazione dell’insieme dei costi. 
 
Di fatto, questi quattro principi non hanno la stessa rilevanza. Da una parte i principi 1 e 
2 fondano una vera e propria “filosofia di gestione”, dall’altra i principi 3 e 4 descrivono 
uno stadio specifico dell’apparato produttivo e definiscono un modello di produttività 
industriale. 
Combinando gli ultimi due principi si arriva alla conclusione che la performance 
dell’impresa consiste nel minimizzare il costo del fattore dominante. 
Per Taylor, quindi, dirigere la performance significa dirigere la produttività del lavoro 
diretto. L’introduzione del cronometro nello stabilimento permette di determinare 
quanto lavoro viene svolto in un determinato periodo di tempo. Il lavoro diviene quindi 
un bene fungibile, indifferenziato. In altre parole, se misurato in termini di tempo, il 
lavoro deve essere ripetitivo, normalizzato e dunque non creativo. 
Il cronometro permette di rapportare tutti i prodotti ad un equivalente-tempo e quindi di 
misurare la produzione giornaliera in “ore standard”. 
Ecco che dunque si arriva al primo tentativo di valutazione della performance aziendale: 
costo definitivo, prodotto misurato in ore standard, produttività. L’introduzione della 
remunerazione operaia in base al rendimento completa l’opera. In questo modo si 
orienta il  comportamento individuale in accordo con la direzione della performance 
aziendale. 
 
 
1.2 SUPERAMENTO DEI PRINCIPI DI TAYLOR 
 
Vediamo perché oggi questi quattro principi sono privi di fondamento: 
1.La forsennata ricerca delle innovazioni, le rapidissime   evoluzioni del mercato 
mondiale, l’apertura crescente verso nuovi mercati sono fattori che non permettono la 
stabilità auspicata dal 1° principio. 
 
 7 
 
 
2.L’aumento della complessità delle tecnologie, il continuo miglioramento della 
qualifica dei dipendenti cui va aggiunta una specializzazione sempre più profonda, lo 
sviluppo esponenziale delle informazioni prodotte, porta all’abbattimento della 
presunta onniscienza del manager. 
 
3.Il mercato dell’inizio del ‘900, dominato dall’offerta, è diventato un mercato della 
domanda, una domanda sempre più esigente in termini di qualità, prezzo, 
personalizzazione e differenziazione dei prodotti. Oltre a ciò si deve anche 
considerare l’intensificazione della concorrenza e la saturazione progressiva dei 
bisogni elementari di consumo. E’ evidente che la gestione del profitto non può più 
ridursi alla pura gestione del costo, come supponeva il principio numero tre
1
. 
 
4.L’odierna struttura dei costi industriali è caratterizzata dalla ripartizione delle risorse: 
non esiste più un fattore di produzione dominante. Il trend attuale indica che la 
struttura dei costi è dominata dai costi che riguardano tecnologia, coordinamento e 
manutenzione. Per questo anche il 4° principio non è più valido. 
 
La turbolenza del contesto, in termini di frequenza e imprevedibilità dei cambiamenti, 
rende sempre più difficile distinguere tra aspetti di breve periodo e aspetti di lungo 
periodo; in altri termini, diviene problematico definire un piano strategico di lungo 
periodo da ribaltare poi in piani di breve periodo. Inoltre, si riduce al minimo il tempo 
utile per attuare modifiche e interventi correttivi. Accanto alla turbolenza agisce la 
complessità ambientale. 
 La complessità nasce quando la strategia si sposta dalla forsennata ricerca 
dell’abbattimento dei costi e quindi dei prezzi, alla strategia basata sulla massima 
customizzazione e differenziazione del prodotto; in questo modo aumenta la varietà dei 
prodotti e dunque le variabili da tenere sotto controllo. In questo caso dunque l’interesse 
si sposta su qualità, tempo di consegna, livello di servizio. 
 La maggior complessità descrittiva si traduce poi in una maggior complessità delle 
organizzazioni, che devono essere in grado di gestire una grande molteplicità di mercati 
                                                 
1
 P.LORINO “IL CONTROLLO DI GESTIONE STRATEGICO – la gestione per attività” Francoangeli, 
1992. 
 
 8 
 
 
e attività. Se poi a questa situazione aggiungiamo la turbolenza è facile intuire come non 
si riesca più a gestire queste organizzazioni in modo gerarchico: si passa dunque ad una 
struttura “a rete”, con collegamenti più o meno formalizzati tra le unità, che devono 
però essere gestite in modo integrato per sfruttare le sinergie tra le parti. 
 
 Se turbolenza e complessità rendono più difficile il compito dei managers, 
l’innovazione tecnologica può semplificare il controllo della performance di 
un’impresa. Si fa riferimento in questo caso alle potenzialità espresse dall’Information 
technology, che aumentano senza soluzione di continuità l’insieme di informazioni di 
cui è economicamente possibile disporre, nonché la tempestività con cui queste possono 
essere ricavate. 
 
 
1.3  LA CONCORRENZA NELL’ERA DELL’INFORMAZIONE 
 
Le imprese sono impegnate in una trasformazione rivoluzionaria: la concorrenza 
dell’era industriale si va trasformando in concorrenza dell’era dell’informazione. 
 Nell’era industriale, ossia dal 1850 fino a circa il 1975, il successo delle imprese 
dipendeva quasi esclusivamente dalla loro capacità di trarre profitto da economie di 
scala e di raggio d’azione
2
. La tecnologia era importante, ma arrivava al successo chi la 
utilizzava per produrre prodotti reali su vasta scala, in modo da migliorare 
continuamente l’aspetto che riguardava i costi. Tuttavia l’avvento dell’era 
dell’informazione ha reso obsoleti molti aspetti dell’era industriale. Le imprese non 
riuscivano più ad ottenere un vantaggio competitivo con la semplice adozione della 
tecnologia su beni reali e con una buona gestione dell’attivo e del passivo finanziari. 
 Questa rivoluzione ha impattato maggiormente sulle imprese di servizi che sulle 
industrie manifatturiere
3
. Molte aziende di servizi, come quelle attive nel settore 
trasporti, telecomunicazioni, finanza, sanità, operavano da decenni in ambienti piuttosto 
tranquilli e  non troppo competitivi. Incontravano molte difficoltà per quanto riguardava 
                                                 
2
 A.D.CHANDLER “Dimensione e diversificazione. Le dinamiche del capitalismo industriale” Il Mulino, 
Bologna 1994. 
3
 R.S.KAPLAN  D.P.NORTON “Balanced Scorecard – Tradurre la strategia in azione” Isedi, Torino 
2005. 
 9 
 
 
l’ingresso in nuovi settori o per la determinazione dei prezzi, ma erano coperte da leggi 
che le tutelavano dai concorrenti più spietati. Negli ultimi anni però, la tendenza a 
privatizzare le società di servizi ha posto le basi per una trasformazione anche di questi 
settori. 
 L’ambiente dell’era dell’informazione richiede nuove capacità competitive tanto alle 
imprese manifatturiere quanto a quelle di servizi. La capacità di un’impresa di sfruttare i 
suoi beni immateriali è diventata di gran lunga più essenziale rispetto agli investimenti 
in beni reali e tangibili
4
. 
 
 I beni immateriali consentono di: 
 
• stabilire con i clienti rapporti di fedeltà reciproca e consentono di servire con 
efficacia nuovi segmenti di mercato; 
 
• introdurre più facilmente prodotti e servizi innovativi sul mercato; 
 
• produrre prodotti e servizi personalizzati di alta qualità e a basso costo nel breve 
termine; 
 
• mobilitare capacità e motivazione dei dipendenti allo scopo di attuare 
miglioramenti continui nella qualità e nei tempi di risposta; 
 
• sfruttare tecnologia, database e sistemi informativi. 
 
 
 
1.4  I NUOVI PRESUPPOSTI 
 
La mutata situazione ha portato le aziende a comportarsi seguendo altri presupposti
5
: 
 
                                                 
4
 H. ITAMI “Le risorse invisibili” Isedi, Torino 1992. 
 10 
 
 
Funzioni incrociate. Nell’era industriale le aziende ottenevano un vantaggio 
competitivo specializzando le qualità funzionali nei settori della produzione, 
dell’acquisto, della distribuzione, del marketing. 
 Questa specializzazione portava a buoni profitti, ma col tempo ha determinato una 
gestione inefficiente. Invece le organizzazioni nell’era dell’informazione opera con 
processi di business integrato che procedono in direzione trasversale alle tradizionali 
funzioni, combinando rapidità di risposta, efficienza, alta qualità. 
 
Rapporti con clienti e fornitori. Le imprese nell’era industriale lavoravano con clienti e 
fornitori attraverso transazioni di tipo frontale. La tecnologia moderna permette di 
integrare fornitura, produzione, gestione dell’ordine e consegna, apportando importanti 
miglioramenti di costo, di qualità e servizio. 
 
Segmentazione della clientela. Mentre nell’età industriale si fornivano prodotti a basso 
costo, ma standardizzati, nel nuovo contesto vengono forniti prodotti e servizi 
customizzati, senza costi aggiuntivi per le operazioni ad alta differenziazione e a basso 
volume. 
 
Scala globale. Nell’era dell’informazione i confini nazionali di fatto non esistono più. 
La concorrenza si allarga a tutto il mondo e quindi ogni impresa combatte contro le 
migliori imprese del settore del mondo. Ecco che quindi la sensibilità di marketing 
assume una grande importanza strategica. 
 
Innovazione. I cicli di vita dei prodotti si riducono di continuo. Il vantaggio ottenuto 
sulla concorrenza in una fase del ciclo di vita del prodotto non costituisce una garanzia 
di leadership del prodotto. Le imprese devono essere in grado di anticipare le future 
esigenze della clientela per convertire le nuove tecnologie di produzione in processi 
operativi. 
 
 
                                                                                                                                               
5
 R.S.KAPLAN  D.P.NORTON “Balanced Scorecard – Tradurre la strategia in azione” Isedi, Torino 
2005.