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1.1 - L’ INFORMAZIONE: DALLA RADIO ALLA TV, IL PASSAGGIO
DALL’ASCOLTO ALLA VISIONE DELLE NOTIZIE
Evoluzione dell’informazione dal giornale scritto, al radiogiornale dopo
l’invenzione della radio, al telegiornale.
Le notizie arrivano così nelle case non solo con la voce, ma anche con le
immagini.
La televisione entra anche dove la radio non era mai arrivata. Le notizie sono
piu’ credibili e le ambientazioni e le scenografie dove vengono ambientati i
telegiornali crescono di importanza.
Oggi nel mondo ci sono 1 miliardo e 96 milioni di televisori e
almeno un miliardo di persone vede la televisione ogni giorno. Il
fenomeno televisivo ha raggiunto dimensioni imponenti e
nessun altro massmedia ha una platea così vasta; solo la radio
può vantare un numero superiore di apparecchi, ma con un
numero inferiore di ascoltatori.
La diffusione dei primi massmedia avviene con la nascita della
stampa e dei giornali, ma è stata limitata sia dalle difficoltà di
trasporto dei giornali al di fuori dei centri, sia dal costo , sia dal
numero ristretto di coloro che sapevano leggere.
L’avvento della radio risolve il problema dell’analfabetismo e
soprattutto annulla le distanze.
La radio é stata inventata da Guglielmo Marconi nel 1895 ( un
anno felice, in cui sono nati i fumetti, il cinema, e le gomme per
le automobili ), ma né lui né altri che sperimentavano le onde
elettromagnetiche scoperte dal fisico tedesco Heinrich Hertz nel
1887, come il russo Alexander Popov e il francese Edouard
Branly, pensavano a questa possibile applicazione: il loro
obiettivo era di superare i limiti del telegrafo.
L’utente della radio ha quindi una prossimità virtuale con tutti
gli eventi della vita pubblica perché, in una maniera speciale,
partecipa ad essi.
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I grandi eventi giungono in diretta nelle case: la benedizione
papale o i discorsi dei governanti, le performance dei cantanti e
degli attori piu’ famosi. Tutto cio’ che prima era esclusivo ,
costoso, raro, lento nella diffusione, tende a diventare
accessibile, gratuito, frequente , quotidiano, sincrono.
Sia pure in una forma virtuale, senza partecipazione diretta,
l’utente della radio è in collegamento con il mondo in una forma
che, fino a pochi anni prima, era stata privilegio di pochi.
La radio costituisce una nuova abitudine; per la prima volta la
vita famigliare dispone di un personaggio esterno, un “ospite
fisso” dalle mille risorse, attorno al quale si riorganizzano le
conversazioni, gli orari, i rapporti fra vari membri della
famiglia.
La diffusione della radio fu tuttavia piuttosto lenta. Tra le due
guerre solo in pochi paesi esisteva una larga massa di cittadini
dotata della capacità di spendere per beni non di prima
necessità; certo non in Italia. La radio aveva però dei limiti:
perfetta per la musica , rapida nell’informazione ma non lo era
altrettanto nell’intrattenimento.
Fin dagli anni ‘20 furono fatti molti esperimenti per superare
quello che appariva il principale limite della radio, l’assenza di
immagini in movimento. Ormai da decenni in tutte le nazioni si
era fatta molta esperienza nella produzione tecnica di immagini:
la fotografia (1842), il cinema (1895).
Nella seconda metà degli anni ‘30 in vari paesi si era pronti per
la televisione ma la crescente tensione internazionale, che portò
alla guerra , non soltanto impedì la produzione degli apparecchi
e il lancio della tv; ma soppresse le condizioni sociali di fondo
quali il benessere, il desiderio di investire in beni durevoli.
Queste condizioni si verificarono invece dopo la guerra. Tra il
1945 e il 1955 la tv si diffuse in condizioni di crescente
prosperità economica , di cui non aveva goduto la radio negli
anni ’30.
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In alcuni paesi, tra cui l’Italia, la tv arrivò anche dove la radio
non era mai arrivata. La tv completò il processo di un nuovo
senso della vita , iniziato con l’avvento della radio.
La televisione fornendo contemporaneamente un audio e un
video, una parola e un immagine, richiedeva poco sforzo allo
spettatore. L’effetto congiunto dell’immagine e del suono
restituiva un inedito effetto di realtà, quasi che l’obiettivo della
telecamera guidasse lo spettatore in situazioni insolite,
prestigiose e comunque piacevoli.
Se la radio aveva industrializzato il tempo del suono, la
televisione realizzava la contemporaneità del suono e
dell’immagine.
Le prime vere trasmissioni di informazione e di
approfondimento avvennero nei primi anni ‘50, in quanto prima
non era facile realizzare programmi di attualità.
Bisognava girarli in cinematografico e poi svilupparli in
pellicola. Infatti fino ad allora l’informazione era fatta come una
sorte di radionotiziario coadiuvato da immagini girate in
pellicola e trasmesse in diretta.
Invece agli inizi degli anni ‘50 la televisione Americana aveva
sviluppato quello che resterà il suo cavallo di battaglia:
l’approfondimento informativo legato ad un anchorman (uomo-
appoggio), un giornalista dalla forte personalità, connotato
anche politicamente, che conduceva uno spazio fisso.
Fu questo il primo esempio di telegiornale fatto da un esperto
del settore che commentava delle notizie, quello che oggi noi
chiamiamo giornalista.
La televisione americana non era certo lontana dalla politica:
basti pensare al presidente Lyndon Johnson, la cui famiglia
gestiva una florida stazione televisiva ad Austin nel Texas.
Furono proprio le esigenze della politica a far decidere come
fare informazione e come impostare i palinsesti televisivi sia
nelle reti private che in quelle pubbliche.
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A partire da questo momento si cominciò a fare informazione in
tutti paesi del mondo, sotto forma di notiziari, fino ad arrivare
alla formula “classica” del telegiornale dei nostri giorni.
La televisione è un mezzo che serve per il nostro relax: soddisfa
le nostre necessità di informazione e di comunicazione. La tv
risponde a un esigenza di ricostituzione psicofisica e di gestione
dei rapporti umani, e quindi l’informazione data per via
televisiva è diventata col tempo importantissima proprio per
l’efficacia del mezzo televisivo.
La televisione nasce come perfezionamento della radio, che è
stata la prima forma di broadcasting, cioè “diffusione larga”
(ma anche semina), di trasmissioni via etere di un segnale che
giunge in tutte le case, ovunque ci sia un apparecchio e un
antenna.
Nei primi telegiornali il tono della voce del giornalista era di
stampo radiofonico, stentoreo e virile perché doveva dare un
idea di forza e di indiscutibilità, mentre inseguito fu scelta
un’altra linea, infatti il conduttore aveva un tono della voce che
cercava di trasmettere: sicurezza, profondità, distacco dal reale,
oggettività. Il giornalista doveva essere convincente , non
imposto, bensì degno di fiducia, rassicurante. Non a caso, si può
affermare che il mezzobusto (secondo la definizione che ne dette
Sergio Saviane nel 1972 su “L’Espresso”) praticamente non
sorridesse mai. L’asetticità di questa voce veniva confermata
dalla tecnica di ripresa implicita nel neologismo di Saviane; lo
speaker era infatti inquadrato in una posizione che ne tagliava il
tronco all’altezza del torace ( per l’appunto “il mezzobusto”).
Inizialmente la televisione si è appoggiata alle stesse strutture
amministrative, industriali, tecniche e alle stesse soluzioni
legislative adottate dalla radio, mentre oggi la televisione
viaggia su propri binari.
Anzi oggi la televisione occupa un ruolo fondamentale nella
nostra società e l’informazione data per via televisiva è diventata
importantissima.
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Il passaggio dall’ascolto alla visione delle notizie, cioè dalla
radio alla televisione, è stata la svolta di questo secolo sul modo
di fare informazione: “ha creato l’esigenza di rendere piu’
credibili le notizie”, quindi anche lo spazio dove venivano e
vengono ambientati i telegiornali diventano fondamentali per
supportare la veridicità delle informazioni che si danno in un
telegiornale.
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1.2 - USA-EUROPA
La Germania nazista fu la prima ad annunciare un programma televisivo nel
marzo 1935, seguita poco dopo dalla Francia. Però fu in America (1932) che
tale mezzo ebbe maggiore sviluppo e diffusione
Dopo la Seconda Guerra Mondiale si accelera il processo tecnologico. Il
modello americano basato sulla competizione tra piu’ catene televisive
indipendenti comincia in Europa a partire dai primi anni 70/80.
In Italia, dopo Tangentopoli, i conduttori televisivi emergono come
intermediari tra cittadini e potere.
La televisione, a detta dei suoi critici, è vista come un potere separato e non
democratico.
La televisione è un fenomeno recente, che si colloca nella
seconda metà del nostro secolo. Per tutti gli anni ‘30 in vari
paesi (l’Inghilterra, gli Stati Uniti, la Francia, la Germania,
l’Unione Sovietica e altri fra cui l’Italia ) si effettuarono
esperimenti che in qualche caso portarono all’inizio ufficiale
delle trasmissioni.
Le prime nazioni che fecero un servizio televisivo furono
l’Inghilterra (1936), gli Stati Uniti (1939) e probabilmente la
Germania (già nel 1935, ma non si hanno fonti sicure che
confermino questa data ) erano in grado di svolgere un servizio
regolare e di produrre su larga scala apparecchi televisivi.
In Europa la prima fu la Germania nazista, che forzò i tempi per
annunziare il 22 marzo 1935 il “primo programma televisivo
regolare del mondo”, con un standard piuttosto primitivo, 180
linee
1
e 25 immagini al secondo si voleva precedere gli inglesi,
1...Le immagini che vediamo sullo schermo del televisore non sono continue,
ma “a punti” formata cioè da una grande quantità di elementi di immagine,
ciascuno chiamato pixel, di colore ben definito, oggi nella tv a colori ogni pixel
è a sua volta formato da una terna di puntini colorati, uno rosso, uno verde,
uno blu generati da tre tipi diversi di sostanze, che rivestono la parte interna
dello schermo televisivo. Queste sostanze inviano luce quando sono colpite
da un sottile fascio di elettroni: pennello elettronico che è generato nel tubo
catodico. Il pennello elettronico, che costituisce un pixel, viene deflesso da un
dispositivo magnetico e percorre tutto lo schermo operando una scansione
per righe in orizzontale da sinistra a destra. Per evitare lo sfarfallamento, il
pennello percorre prima le righe dispari e poi quelle pari, scansione
interlacciata, quindi si forma un semiquadro per volta, 25 al secondo;
attualmente in Italia in base ai parametri di tutti i paesi europei, sistema
televisivo PAL, ogni quadro completo è composto da 625 righe, scandite ad
un frequenza di 15.625 Hz.. Definizione tratta da: AA.VV., “Enciclopedia della
Scienza e della Tecnica”, De Agostini, Novara, 1994.
15
con quattro ore e mezzo di trasmissioni settimanali, che
diventarono quattordici l’anno successivo (nel 1936 le
Olimpiadi di Berlino furono trasmesse per otto ore al giorno).
Col tempo migliorarono le definizioni, nel 1937 si arrivò a 455
linee della televisione Francese.
Negli U.S.A. fu il luogo dove il mezzo televisivo fece piu’
strada; David Sarnoff, che nel 1930 era stato nominato
presidente della Rca, era un suo accanito sostenitore e iniziò dal
1932 trasmissioni sperimentali, optando gradualmente per il
sistema elettronico della ripetizione del segnale. Nel 1939 la
Nbc organizzò una grande dimostrazione pubblica alla Fiera
mondiale di New York.
Vari paesi europei e non, produssero tentativi isolati, per tutti gli
anni ‘30 in cerca della televisione, e allo scoppio della seconda
guerra mondiale, era ormai certo che la televisione sarebbe stata
elettronica, che l’audio si sarebbe giovato della nuova tecnologia
in banda Fm, che le linee di scansione dovevano essere piu’ di
500 perchè il servizio fosse gradevole agli utenti. Il quadro
tecnologico era completo; il boom del dopo guerra e la
riconversione dell’industre belliche avrebbero fatto il resto.
Intanto in tutti i paesi fu sospesa la produzione di apparecchi
televisivi per un preciso motivo: le industrie produttrici erano
determinanti per lo sforzo militare. Le valvole elettroniche della
radio e della tv saranno componenti primarie dei primi grandi
computer come l’Enaic (Electronic Numerical Integrator And
Computer) di J.Eckert e J.Mauchly dell’Università di
Pennsylvania, un macchina da 30 tonnellate e 18000 valvole,
costruiti durante la guerra per i calcoli di artiglieria. Lo stesso
ingombrante tubo catodico che equipaggiava i televisori, servirà
a un apparato fondamentale per la ricognizione a distanza di
navi e aerei nemici, il Radar ( Radio Detecting And Ranging ).
All’indomani della seconda guerra mondiale la televisione
riprese con decisione la sua strada. Nel mondo diviso in due
blocchi contrapposti la diffusione della Tv si colorava di un
aspetto geopolitico: fu evidente quando si trattò di dare un
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ordinamento internazionale alla radiodiffusione e di scegliere gli
standard di trasmissione. In una Conferenza mondiale sulle
radiocomunicazioni che si tenne ad Atlantic City nel 1947,
presenti i delegati di 60 paesi, si stabilirono le distribuzioni delle
frequenze disponibili nell’etere (lo “spettro elettromagnetico”),
che sostanzialmente è ancora quello odierno , e scegliendo
ufficialmente il termine “televisione”, preferendolo a
“radiovisore” e ad altre dizioni oggi dimenticate.
Gli standard di trasmissione furono oggetto di una sotterranea
guerra commerciale. Gli Stati Uniti confermarono il loro sistema
a 525 linee, puntando sulla massima diffusione a scapito della
qualità. Nel 1953 la Cbs propose negli Stati Uniti di adottare un
sistema di televisione a colori, costoso e incompatibile per gli
apparecchi esistenti , ma di ottima qualità. Tuttavia si proseguì
con il bianco e nero.
Nello stesso anno iniziarono le trasmissioni a colori, ma con il
sistema Ntsc, quindi compatibile con i televisori esistenti. Lo
standard Americano fu adottato in Canada, nell’America Latina,
in Australia, in India, nelle Filippine.
Nell’Europa occidentale fu adottata nel 1951 una definizione
migliore, a 625 linee in bianco e nero: del colore ancora non si
parlava. Lo stesso numero di linee, con alcune varianti, fu
adottato dai paesi del blocco sovietico, Cina compresa.
L’Inghilterra conservò il suo vecchio standard di 405 linee,
mentre la Francia adottò una complessa definizione a 819 linee;
una decisione che provocò un persistente ritardo nella diffusione
della televisione in Francia.
L’Italia, dopo qualche incertezza, scelse lo standard europeo
(1952). Solo negli anni ‘60 tutti i paesi europei adottarono le
625 linee. Questa lentezza , dovuta alla preoccupazione di
proteggere i propri modelli culturali e l’opinione pubblica
nazionale, impedì fortemente la formazione di una cultura e di
una economia televisiva europea.
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In America l’occupazione del territorio da parte della televisione
avveniva a grandi passi. Già il 25 aprile del 1945
l’inaugurazione della conferenza istitutiva dell’ONU a
S.Francisco fu trasmessa in televisione fino a New York con un
collegamento di cinquemila chilometri. Per renderlo possibile
erano stati installati 120 ripetitori posti su torri di cemento a 40
chilometri di distanza l’una dall’altra: una specie di nuova
conquista del West, che creò un enorme “spazio audiovisivo”
unificato ed omogeneo.
In Europa invece ciascun paese costituì il proprio spazio
televisivo secondo una propria cultura , avviando con i paesi
attigui rapporti di buon vicinato, piu’ che di collaborazione.
Si trattò di un occasione perduta: si posero così le fondamenta di
un paesaggio audiovisivo con un grande centro ideativo e
produttivo, gli Stati Uniti, e tante televisioni nazionali piu’
piccole, ciascuna delle quali aveva piu’ rapporti con la
televisione americana che non con i propri vicini.
Dal 1950 erano disponibili “convertitori standard” che
permettevano di comunicare tra reti televisive con diversa
definizione, ma non furono sfruttati a pieno. Nel 1950 fu creata
l’Uer ( Union Européenne de Radiodiffusion ) con sede a
Ginevra e Bruxelles, mentre il blocco orientale dava vita alla
all’Oirt ( Oganisation Internationale de Radio et Télévision ) con
sede a Praga. L’Uer però ebbe sempre una funzione diplomatica
e di rappresentanza, quasi mai una dimensione produttiva.
L’Eurovisione, che era un collegamento reciproco tra le reti
nazionali per la trasmissione in contemporanea (nel blocco
sovietico Intervisione) non andò mai oltre lo scambio di riprese
di cerimonie, giochi ed eventi internazionali, o la fornitura
quotidiana di immagini “grezze” di eventi di attualità, e questo
fu un grave errore. Infatti se ci fosse stata piu’ collaborazione, e
scambi tra i due blocchi, probabilmente molte scoperte ed
evoluzioni tecniche sarebbero arrivate prima ed oggi, forse,
saremmo già in grado di utilizzare tecnologie attualmente non
realizzabili (ad esempio le trasmissioni a microonde)
18
Lo sviluppo della televisione in America fu rapido: basti pensare
che nel 1952, solo il 4% delle famiglie aveva un televisore, nel
1956 si arrivò al 48%, e nel 1960 le famiglie con il televisore
erano 89% con oltre 50 milioni di apparecchi. Nel 1953 c’erano
tre network tv Cnbc (che era privata), e le due statali Cbs e Abc,
quindi coesisteva la televisione nazionale e quelle private che
sopravvivevano grazie ai proventi delle pubblicità. La prima
ditta che concentrò i suoi investimenti pubblicitari sulla Tv, fu la
Hazel Bishop, cosmetici, che passò in due anni da 50 mila
dollari a 4 milioni e mezzo di fatturato.
Il modello Americano era basato sulla competizione tra piu’
catene televisive indipendenti, finanziate dagli investitori
pubblicitari, che preferivano sponsorizzare i programmi
piuttosto che fare spot, e niente gravava sullo spettatore. Questo
modello in Europa fu utilizzato a partire dagli anni 70/80.
Infatti se in America l’informazione televisiva, specialmente
quella legata alla politica, divenne importante, quasi
fondamentale, già a partire dagli anni ‘60, con i primi dibattiti
politici tra i principali candidati alla presidenza,
2
in Europa si
dovette attendere i primi anni ‘80, quando l’informazione
politico sociale divenne un seguito genere televisivo, una vera e
propria forma di intrattenimento, con accesi dibattiti in studio,
un crescente potere dei conduttori delle trasmissioni,
un’influenza sugli spettatori indubbia, anche se difficile da
certificare.
In maniera particolare in Italia quando, con la crisi della classe
politica dovuta agli scandali di Tangentopoli tra il 1990 e il
1992, fece emergere i conduttori televisivi come intermediari tra
i cittadini e il potere.
2
...questo argomento è maggiormente approfondito nel Capitolo 5 intitolato “I
Telegiornali Stranieri”.
19
Dai critici la televisione è stata vista come un potere separato e
non democratico, sovrapposto a quello politico-elettivo e per
molti aspetti sostituito ad esso. Basti pensare al repentino
ingresso in politica del magnate delle televisioni private, Silvio
Berlusconi, e alla sua vittoria, da molti imprevista, alle elezioni
del 1994, che ha rafforzato questa impostazione critica.
20
1.3 - DAL MONOPOLIO DELLA RAI ALLA LIBERALIZZAZIONE
DELL’INFORMAZIONE
Inizio del servizio televisivo il 03/01/1954 in regime di monopolio affidato
alla RAI con concessione ventennale.
Anche Gran Bretagna, Germania, Francia e Spagna hanno una rete a carattere
nazionale espressione della volontà e delle posizioni del Governo.
A partire dal 1961 con i primi governi di centro sinistra si profila la
cosiddetta “lottizzazione”, si arriva alla situazione attuale dove gli spazi e i
set dei telegiornali restano uguali.
La televisione, all’inizio degli anni ‘50, era presente in quasi
tutti i paesi d’Europa e in queste nazioni non c’erano alte
percentuali di alfabetizzazione, né diffusione capillare dei
giornali quotidiani che, generalmente, costituisce la prima
conseguenza del diffondersi di un piu’ alto livello di cultura.
Anche in l’Italia, ed in particolarmodo in alcune regioni italiane,
la tv arrivava prima della scuola e del giornale, e prima anche
della radio. Per la particolare situazione del paese la tv in Italia
costituì un elemento di democratizzazione controllata e di
modernizzazione, e invase il campo lasciato vuoto dalle
insufficienze delle scuole, diventando un surrogato di una
carente scolarità e di alfabetizzazione.
La missione editoriale della Bbc, che la Rai aveva ben presente,
assunse in Italia una particolare intenzione pedagogica. La
cultura di sinistra diffidava della tv che la giudicava rozza,
propagandistica e volgare. La Chiesa cattolica invece dimostrò
una grande attenzione : Pio XII, che si era servito largamente
della radio (dal 1931 il papato ha una propria emittente,
ascoltata in tutto il mondo, la Radio Vaticana), in occasione
della Pasqua del 1949 pronuncia il suo primo messaggio
televisivo e accetta il dono di un trasmettitore televisivo da parte
dei cattolici francesi.
21
In quasi tutti gli Stati dove era presente la televisione, c’era una
rete unica, che agiva in regime di monopolio o quasi, ed era di
proprietà del governo.
Infatti in Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia e Spagna le
trasmissioni iniziano tra il 1946 e il 1956 e in tutti questi stati
c’è una rete unica a carattere nazionale, che è l’espressione delle
volontà e delle posizioni del Governo.
In Italia il servizio televisivo inizia il 3 gennaio 1954 ed è svolto
in regime di monopolio dalla RAI (Radio Televisione Italiana)
che aveva già in gestione il servizio radiofonico. Prima di questa
data ci fu però un’intero anno di sperimentazione all’interno del
quale venne trasmesso un telegiornale il 10 settembre 1952, con
una sigla ripresa da un jingle radiofonico (quello de I tre
moschettieri, rimaneggiato dal maestro Storaci)
3
.
Quest’incarico fu affidato alla Rai, grazie ad una concessione
ventennale con lo Stato, nel 1952, ed il telegiornale nazionale
nasce lo stesso giorno e va in onda per la prima volta alle 20.30
4
.
La rete fu completata in tempo di record, nel 1957.
All’inizio la televisione italiana, probabilmente per l’influsso
cattolico, è particolarmente pedagogica e umanista. Negli anni
che vanno dal 1957 al 1961 iniziarono a notarsi dei
cambiamenti: in primo luogo la direzione del telegiornale fu
affidata a Massimo Redina ed è con lui che avvengono i primi
sostanziali mutamenti, in una direzione piu’ anglosassone del
Tg. Nel 1957, ad esempio, lo speaker unico (Riccardo
Paladini),viene sostituito da un gruppo di speaker (Gigi Carrai,
Marco Raviarat e Emilio Tarantino), sia da giornalisti in video.
Nel 1958 si aumenteranno le edizioni del telegiornale, che
diventeranno tre, con l’aggiunta di un pomeridiano alle 17.30.
5
3
... tratto dal libro: CALABRESE O. “I telegiornali, istruzioni per l’uso”, La
Terza, Bari, 1995
4
...questo argomento è maggiormente approfondito nel Capitolo 2 intitolato
“Dal Mezzo Busto agli Anni Novanta”.
5
... tratto dal libro: CALABRESE O. “I telegiornali, istruzioni per l’uso”, La
Terza, Bari, 1995
22
Nel 1959 Redina fu sostituito da Leone Piccioni, che aveva una
visione più’ giornalistica e culturale del telegiornale. Con
Piccioni il modello del giornalismo si fa nel contempo un po'
più’ “firmato” e “americano”, cioè in qualche caso fondato
sull’autorevolezza del giornalista. Nel 1959 cambia ad esempio
l’immagine dello studio, con l’introduzione di uno schermo
trasparente, l’Ampex, su cui far scorrere le immagini registrate e
le fotografie di accompagnamento alle notizie. L’Ampex fu
addirittura un’innovazione prettamente italiana, e conferì un
carattere di spettacolarità all’informazione televisiva
praticamente sconosciuta all’estero.
Dopo il 1960, grazie alle esperienze tecniche, acquisite con le
Olimpiadi di Roma, giunge un nuovo ed energico
amministratore delegato, Ettore Bernabei, politicamente legato
alla Dc, protagonista della televisione fino alla riforma del 1975.
Nel novembre 1961 inizia il Secondo Programma, che non ha
autonomia produttiva , ma alimenta un unica offerta e anche il
telegiornale è ambientato negli stessi spazi e tratta gli stessi
argomenti del telegiornale del primo canale.
Nel 1964, con i primi governi di centro-sinistra, giungono
amministratori, dirigenti, giornalisti socialisti e si profila quella
che sarà chiamata da Alberto Ronchey la “lottizzazione”: la
spartizione non trasparente di cariche e di responsabilità tra i
partiti.
Questo primo grosso cambiamento non influenzò i set dei
telegiornali, che rimasero tutto sommato uguali a quelli già
esistenti.
Tra il 1965 e il 1969 alla guida della Rai viene affidata a Gianni
Granzotto, ed proprio in questi anni che all’interno dei
telegiornali avvengono interessanti mutamenti di modello:
crescono sensibilmente i filmati dall’estero prodotti direttamente
dalla Rai, e non acquistati dall’Eurovisione o da organismi
consimili.