6
realizzazione del progetto. Ringrazio Maria Fiorenza Coppari e tutto lo staff della
Comunicazione Integrata dell’Università degli Studi di Verona per avermi coinvolto in
questa avventura.
2. Un occhio di riguardo ad una giovane di 61 anni
A detta di alcuni la nostra “Magna Charta”, legge fondamentale dello Stato italiano, non
è altro che un peso morto. Irrimediabilmente sclerotizzata dall’attuale assetto sociale,
culturale, economico e politico è da cambiare, rinnovare, riassettare.
«La XVI sia davvero una legislatura Costituente»
1
.
Parole di Gianfranco Fini il 30 aprile del 2008.
«La Costituzione nella seconda parte si può modificare»
2
.
Parole di Renato Schifani il 14 febbraio 2009.
«(…)dovremo arrivare a quelle riforme della Costituzione che sono necessarie perché
la Carta è una legge fatta molti anni fa sotto l’influenza della fine di una dittatura e con
la presenza al tavolo di forze ideologizzate che hanno guardato alla Costituzione russa
come a un modello da cui prendere molte indicazioni»
3
.
Parole di Silvio Berlusconi il 7 febbraio 2009.
Rivisitazione delle briciole oppure in una luce più generale e spregiudicata ricerca di
una seria linea di cambiamento? Attraverso prospettive condivise da più parti politiche,
non necessariamente appartenenti alla stessa coalizione, assistiamo ad una concitazione
del rifare e del riscrivere. L’ingegneria costituzionale non è una novità. L’esigenza di
adeguare i principî costituzionali alla dimensione storica in evoluzione è apparsa e
riapparsa più volte negli anni della Repubblica, prima o seconda che fosse.
L’ingegneria costituzionale se vista in prospettive serie di rivitalizzazione e non
nell’ansia di difendersi o d’evolversi tra i privilegi non darebbe scandalo. Vertici di
1
Corriere della Sera, http://www.corriere.it/politica/08_aprile_30/fini_camera_2de0d87a-1672-
11dd-8b6700144f02aabc.shtml (visto il 20/05/2009)
2
Da Sky Tg24,
http://tg24.sky.it/tg24/politica/2009/02/14/Costituzione_Schifani_seconda_parte_si_puo_cambiare.html,
(20/05/2009)
3
Corriere della Sera, http://www.corriere.it/politica/09_febbraio_07/berlusconi_costituzione_bd1e8990-
f53f-11dd-a70d-00144f02aabc.shtml , (20/05/2009)
7
“saggi” per la riforma della Costituzione si susseguono: negli ultimi vent’anni,
l’esigenza di adeguare il ruolo della Costituzione ha trovato accordi bipartisan e a tal
fine più volte abbiamo assistito al formularsi (e conseguente disgregarsi) di numerosi
comitati e commissioni incaricati al dibattimento di riforme.
Sono state più volte istituite delle commissioni (o comitati) composte da rappresentanze
dei due rami del Parlamento, incaricate in primo luogo di studiare e dibattere tali
riforme e quindi di predisporre le proposte di legge costituzionale da presentare alle
Camere per l'approvazione.
3. La nuova democrazia in cammino, 8 e 9 settembre 1943
Esiste una democrazia perché qualcuno l’ha conquistata per noi. Dire liberamente quello
che si pensa e nella migliore delle ipotesi riuscirlo a trasportare su carta, professare un
credo religioso e politico, non è una grazia ricevuta. All’opposto è un diritto
conquistato.
Un diritto conquistato sul campo di battaglia, nelle organizzazioni clandestine, nel
pensiero degli uomini datisi alla macchia. Un giorno, l’8 settembre del 1943, l’Italia
morendo si risvegliò. Il destino di macerie che già aveva accompagnato la Penisola
negli anni iniziali del conflitto sembrò evolversi/riversarsi nella direzione del marasma
generale (e senza ancora ben saperlo della democrazia).
In principio fu la radio. Alle 18.30 dell’8 settembre parlò dai microfoni di Radio Algeri
il generale Dwight D. Eisenhower e poco dopo alle 19.42 il maresciallo Pietro Badoglio
dette conferma dai microfoni dell'EIAR:
Il governo italiano, riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la
soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi
sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante
in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve
cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno ad
eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.
4
4
L'Armistizio con gli anglo-americani venne improvvisamente annunciato da un messaggio radio
registrato di Badoglio, in quel momento in fuga con la famiglia reale verso Pescara. Associazione
Nazionale Partigiani Italiani, http://www.anpi.it/militari/8settembre.htm , (03/06/2009)
8
L’Italia martoriata uscì dai giochi ben sapendo di cambiare solo il nemico e non la
storia. L’esercito a causa della mancanza di disposizioni si dissolse e migliaia di militari
italiani vennero catturati dalle milizie naziste. La popolazione era in attesa di questo
annuncio dal momento della defenestrazione di Mussolini il 25 luglio; la formula
equivoca presente nell’ultima frase del proclama “Esse però reagiranno ad eventuali
attacchi da qualsiasi altra provenienza” introduceva da subito quel che sarebbe stato nei
giorni successivi. L’8 settembre «Il giorno della vergogna da cui nasce la volontà di
combattere da uomini liberi»
5
l’Italia si trovò nella situazione di dover fare e agire da sé,
senza sovrano e dittatore (in fuga a Sud l’uno e in carcere al Centro l’altro) ma anche
con una grande occasione di scelta. L’ 8 settembre segna i primi episodi di Resistenza
contro i tedeschi (a Roma, a Cefalonia, a Corfù, nell'isola di Lero). L’8 settembre indica
un solco e due prospettive diverse: il mantenimento del totalitarismo fascista o la
ricerca, scendendo in campo, di una nuova libertà.
La Resistenza fu essenzialmente opera di contadini e operai, sintomo d’un riscatto
umano e dell’esigenza di liberare e liberarsi dai confini ben delineati dalla storia. I
partigiani che si arruolarono in Italia furono oltre 180.000, di questi quasi 30.000
moriranno in battaglia. Mal equipaggiati e spesso disorganizzati riuscirono comunque a
scagliare oltre 6000 attacchi ai nazi fascisti. Nelle ombre dei boschi o al caldo delle
pianure non era mai circolato il termine Resistenza. Per descrivere l’insieme di vicende
avvenute tra gli anni 1943 e 1945 si utilizzavano le espressioni meno allusive o
metaforiche di movimento partigiano, di liberazione oppure patrioti in armi. Il termine
Resistenza venne applicato più tardi a conflitto terminato su imitazione dell’analoga
esperienza d’Oltralpe.
Le riflessioni di un giovane Italo Calvino ci arrivano grazie alle parole di Kim, studente
di medicina prestato alle armi, e sintetizzano nel migliore dei modi quella che fu
l’esperienza partigiana e soprattutto chi furono i partigiani:
Poi c'è qualche intellettuale o studente, ma pochi, qua e là, con delle idee in testa,
vaghe e spesso storte. Hanno una patria fatta di parole, o tutt’al più di qualche
libro. Ma combattendo troveranno che le parole non hanno più nessun significato, e
scopriranno nuove cose nella lotta degli uomini e combatteranno così senza farsi
5
N. Bobbio, Dal fascismo alla democrazia. I regimi, le ideologie, le figure e le culture politiche,
Baldini&Castoldi, Milano, 1997, pag. 121
9
domande, finché non cercheranno delle nuove parole e ritroveranno le antiche, ma
cambiate, con significati insospettati (…).
6
I partigiani, quelli che riuscirono ad adattare le vaghe e spesso distorte idee ad un
contesto sociale e politico di nuova formazione vennero rappresentati o loro stessi si
autorappresentarono all’Assemblea Costituente.
La storia della Resistenza viaggia sullo stesso binario della storia del Cln, Comitato di
Liberazione Nazionale. Il Cln, nacque il 9 settembre 1943 come espressione di una
rappresentanza di partiti antifascisti, fu presieduto alla nascita da Ivanoe Bonomi ed
incluse il Partito Socialista di Unità Proletaria, il Partito Comunista, il Partito d'Azione,
la Democrazia cristiana, la Democrazia del lavoro e il Partito Liberale. Il Cln, essendo
nella propria concordanza un’istituzione di mera politica unì, sin dagli inizi, pensatori di
vecchia e nuova generazione. Intellettuali che avevano assistito a buona parte della
dittatura mussoliniana dal carcere. Vi furono soprattutto “vecchi politici” in
rappresentanza dell’Italia d’inizio secolo. Non vi furono contadini, sindacalisti, donne e
militari di professione: attori appartenenti a differenti culture, non solo politiche, che
all’opposto trovarono soltanto nei mesi successivi uno spazio tra gli scranni ravvicinati
di Montecitorio grazie alle elezioni del 1946.
4. La miniera della Costituzione
Talvolta riappare nell’officina giornalistica il pensiero dei Costituenti, dei pochi
Costituenti che rimangono in vita. Ricordi di giovinezza, attimi di commozione in
occasione di anniversari comandati. 20, 25, 30, 50 e 60 anni.
Tra il 1946 e il 1947 l'Assemblea costituente formata da 556 componenti lavorò diciotto
mesi per scrivere la nostra Carta. Si unirono i migliori delle diverse e plurali culture
umanistiche, scientifiche e politiche: da Piero Calamandrei a Guido Calogero, da Guido
Carli a Gaetano Martino, da Ugo La Malfa a Arturo Labriola a Giuseppe Saragat.
La Costituzione del nostro Paese fu un’opera collettiva, e in questo si differenzia dalle
molte costituzioni che sono opera di uno solo o di pochi esperti. Sulla Costituzione del
nostro Paese posero le mani tutte le forze politiche in gioco. Le percentuali riportate
dalle singole liste nell'elezione per l'Assemblea costituente furono le seguenti:
6
I. Calvino, Il sentiero dei nidi di ragno, Mondadori, Milano, 1993, pag. 145
10
Democrazia Cristiana 35,2%; Partito Socialista 20,7%; Partito Comunista 19%; Unione
Democratica Nazionale 6,8% Fronte Uomo Qualunque 5,3%; Partito Repubblicano
4,4%; Blocco Nazionale Libertà 2,8%; Partito d'Azione: 1,4%.
7
Analizzando i risultati si possono notare alcuni aspetti importanti ed evidenti scaturiti
dal voto del 2 giugno 1946; in primis l’enorme differenza in termini di preferenze dei
partiti di massa (Dc, socialisti e comunisti) su quelli di categoria, si assistette inoltre alla
quasi scomparsa politica del Partito d’azione che come vedremo ebbe un enorme
importanza nel periodo del Cln. Infine è da evidenziare il 5,3% dei suffragi ad una entità
politica, il Fronte dell’Uomo Qualunque, fondato da Guglielmo Giannini, autore
satirico, che attaccò senza mezzi termini la politica stessa, difendendo l’autonomia dei
cittadini. La destra più estrema, non rappresentata in queste prime elezioni a suffragio
universale riapparve negli ultimi mesi del 1946 con la fondazione dell’Msi, Movimento
Sociale Italiano.
Una lucida analisi degli elementi di comunicazione ideologica incardinati e nascosti
nella nostra Carta costituzionale è presente nel pensiero di Norberto Bobbio:
Con questo non voglio dire che attraverso la crosta consolidata, per continuare la
metafora, che aveva reso abbastanza uniforme il terreno, non si possano vedere con
un’opera di non difficile scandaglio, i vari settori geologici. Se pure più nella prima
parte del testo, quella dedicata ai diritti e doveri dei cittadini, che nella seconda
dedicata alla organizzazione dello stato. Nella prima parte gli strati più evidenti
sono tre: il primo è quello che proviene dalla tradizione liberale, e consiste
nell’affermazione dei tradizionali diritti di libertà personale, civile e politica; il
secondo è quello che deriva dalla tradizione socialista che è compatibile con la
democrazia tout court, ed anzi può essere a giusto titolo considerata come
un’integrazione e un rafforzamento della democrazia, e consiste nell’affermazione
dei diritti sociali e del diritto di sciopero, nell’introduzione del principio delle
nazionalizzazioni (art.43) e soprattutto nell’art.3 che prevede la rimozione degli
ostacoli di volta in volta frapponentisi all’eguaglianza dei cittadini; il terzo è quello
costituito dagli ideali del cristianesimo sociale, ispirati a una concezione
pluralistica della società, evidente nell’art. 2 che introduce il concetto delle
“formazioni sociali” e nella considerazione della famiglia come “società naturale”
(art. 29), e al principio della funzione sociale della proprietà (art. 42), che permette
di salvaguardare l’istituto della proprietà privata, anzi di diffonderlo e di
estenderlo.
8
7
I dati riferiti alle elezioni del 2 giugno sono ad oggi riportati in un numero sterminato di fonti
documentarie. La fonte prima e presumibilmente più attendibile: «Elezioni per l’Assemblea Costituente 2
giugno 1946», Istituto Centrale di Statistica e Ministero dell’Interno, Roma, 1948.
8
N. Bobbio, op. cit., pp 170 - 171
11
Un’attenzione e un’analisi che vira dai Costituenti alla Carta senza tralasciare le
appropriazioni politiche o ideologiche. Qualsivoglia testo, trattato o libro nasce da una o
più idee, inizia con una nota introduttiva e si conclude il giorno in cui dimenticato è
nascosto nel lato più buio della biblioteca. La Costituzione, “Bibbia laica” come l’ha
definita Carlo Azeglio Ciampi, ebbe una nota introduttiva, la libertà della quale
parleremo nelle prossime pagine.
La Costituzione ebbe altresì una data introduttiva, una data d’approvazione ma
soprattutto un giorno nel quale iniziò a muovere i primi passi: il 2 giugno 1946.
5. 1946 l’anno della politica, l’anno delle donne in politica
Cosa avvenne il 2 giugno 1946? Vennero consegnate due schede: gli elettori cittadini
italiani, uomini e per la prima volta donne
9
, che avessero raggiunto la maggiore età –
allora quantificata in 21 anni – espressero la scelta tra monarchia e repubblica e
contestualmente elessero i deputati dell’Assemblea costituente.
63 anni or sono desideri e aspirazioni lasciarono spazio ai ricordi d’un passato ancora
vicino, troppo lacerato e lacerante. Il cosiddetto referendum istituzionale vide la vittoria
della repubblica con circa 12 milioni e 700mila voti, una manciata di preferenze in più
rispetto ai 10.718.502 voti attributi alla monarchia. La vittoria, che un’analisi
meramente numerica definirebbe fragile
10,
definiva anche una grande differenza Nord-
Sud: se al Nord il 65 % dei voti finì alla repubblica, al Sud e nelle Isole il 65 % delle
preferenze andò a favore della monarchia. Le cronache del voto, al di là dei risultati,
riportano passaggi d’un giorno intenso e partecipato:
9
Il primo vero e proprio battesimo politico femminile in Italia fu la partecipazione alla Consulta
nazionale. La consulta venne istituita il 5 aprile 1945 e funzionò fino al 25 settembre 1946. I consultori
vennero nominati dal governo su proposta dei partiti politici, le donne furono 13. Nel mese di marzo del
1946 si tennero le elezioni amministrative in circa 6mila Comuni italiani. Le percentuali di elettrici
furono molto alte e furono elette molte donne anche alcune “Sindache”.
10
A tal proposito, anche se a margine, mi pare onestamente utile proporre un passaggio/pensiero di
Vittorio Foa [Questo Novecento, Un secolo di passione civile. La politica come responsabilità, Einaudi,
Torino, 1996, pag. 192]: «La repubblica è passata in modo indolore. E in cinquant’anni non è mai
comparso qualcuno a proporre di tornare al re. Perché tanta stabilità? Si poteva pensare (e lo pensai anche
io) che la nuova repubblica non creava problemi perché assomigliava troppo alla vecchia monarchia.
Eugenio Scalfari ha ricordato una lettera che gli scrisse allora Italo Calvino: “tu sei liberale e vuoi votare
monarchia, io sono comunista e voto repubblica: guarda, non cambierà nulla, puoi votare tranquillamente
repubblica!”».
12
Lunghe file alle urne per votare con mamme e bambini. Le mogli e le mamme si
erano messe in fila fin dalla mattina presto, per essere libere poi all’ora di pranzo,
mentre le ragazze arriveranno più tardi con « l’abito della festa e le scarpette nuove
». Le madri di famiglia, già use alle lunghe ed estenuanti file per procacciare il
pasto quotidiano in questi ultimi anni, l’ultima fila l’hanno fatta domenica e
l’hanno considerata come un premio e un riconoscimento ai loro sacrifici. Sono
state le prime quando ancora non era giorno chiaro ad accorrere alla porta delle
sezioni elettorali; hanno atteso pazienti per ore e ore, fino a quando il sole è
diventato cocente, calme e silenziose, preoccupate solo di perdere l’ora del gas per
il pranzo ma comprese del loro dovere di cittadine complete e fiere del loro
diritto.
11
Voto come diritto acquisito ed un tocco di colore nella descrizione di una soleggiata
domenica 2 giugno 1946.
Le donne italiane erano state a lungo in coda prima di ottenere il diritto di voto. Al
termine dell’Ottocento inizi Novecento, mentre nel resto del mondo il voto alle donne
iniziava ad essere concesso (Appendice Tabella 1) l’Italia ribadiva l’esclusione totale:
«Non sono elettori né eleggibili gli analfabeti, le donne, gli interdetti e gli inabilitati»
(R.d 28 marzo 1895, n.83 Testo unico della legge elettorale politica e R.d 4 maggio
1898, n.164 Che approva il nuovo testo della legge comunale e provinciale ).
Un primo stralcio di speranza, la prima legge in Italia che concesse il voto all’elettorato
femminile (L.22 novembre 1925, n.2125 Ammissione delle donne all’elettorato
amministrativo) fu approvata nel novembre del 1925. Il diritto di voto era limitato alle
sole consultazioni amministrative e venivano ammesse le donne che avessero compiuto
25 anni e che rispondessero ad almeno una di queste condizioni: decorate di medaglie al
valore, che avessero terminato gli studi elementari, che pagassero almeno 100 lire di
tasse comunali o fossero madri/vedove di caduti in guerra. Nessuna donna si recò ai
seggi in quanto le elezioni amministrative furono cancellate dalle leggi istitutive del
regime podestarile. Vent’anni più tardi arrivò il tanto atteso decreto che estese alle
donne il diritto di voto (D.lgs.lgt. 1° febbraio 1945, n.23 Estensione alle donne del
diritto di voto) e poco più tardi nel marzo del 1946 venne risolta anche la questione
dell’eleggibilità (D.lgs.lgt. 10 marzo 1946, n. 74 Norme per l’elezione dei deputati
all’assemblea Costituente).
Le donne dovevano e ancor più volevano votare.
11
Articolo non firmato, «Elogio alle donne. Superbo esempio di democrazia dei cittadini romani alle
urne» in “Il Popolo”, Roma, 4 giugno 1946
13
6. A macchia d’olio nei luoghi storico-istituzionali. Ministero per la Costituente,
Assemblea costituente, Commissione dei Settantacinque, Sottocommissioni e Comitato
di Redazione
«La politica si fa con il cervello ma non con esso solamente. In ciò l’etica della
convinzione ha pienamente ragione. Ma se si debba seguire l’etica della convinzione o
l’etica della responsabilità, e quando l’una o quando l’altra, nessuno è in grado di
determinarlo»
12.
La Costituzione, ovvero il testo finale scritto e approvato, apparve pubblicamente il 27
dicembre del 1947
13.
Costruita ed edita in poco meno di diciotto mesi, nacque al termine
d’una laboriosa gestazione svoltasi in più di 300 riunioni e in 170 sedute d’Assemblea.
L’edificio della Costituzione e d’altra parte la stessa stesura, vennero organizzati in un
disegno a “macchia d’olio” che spaziò dall’Assemblea costituente eletta dal popolo
italiano alla Sottocommissione dei lineamenti economici-sociali. Riuscendo ad
inglobare anche grazie ai singoli deputati/rappresentanti confluiti nelle operazioni di
discussione, proponimento, stesura ed edizione differenti ideologie di riferimento.
L’impianto della Carta, come è stato anticipato, nacque in diversi luoghi storico-
istituzionali i quali confermano ancor una volta come l’intero progetto costituzionale
non sia frutto d’improvvisazione o di una singola esigenza egemonica ma di un lavoro
costruito, programmato e confrontato attentamente attraverso istanze provenienti da
tutte le parti politiche in gioco proporzionalmente al numero di deputati eletti. Forse non
tutte, «si ebbe in questo periodo il cosiddetto “tripartito” (democristiano, comunista,
socialista) e allo stesso modo fu “tripartita” anche la Commissione dei
Settantacinque…»
14
come ebbe a dire il direttamente coinvolto Piero Calamandrei,
esponente del Partito d’azione.
12
M. Weber, Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1973, p.118
13
Edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale n.298 del 27 dicembre 1947
14
P. Calamandrei, «Cenni introduttivi sulla Costituente e sui suoi lavori», in P. Calamandrei, A. Levi,
Commentario sistematico della Costituzione italiana, Firenze, Barbera, 1950, pp. CXXVII-CXXVIII
14
6.1 Ministero per la Costituente
Il ministro per la Costituente Pietro Nenni inviò questa missiva al presidente della
neonata Assemblea Costituente Umberto Terracini in data 29 giugno 1946:
Signor Presidente,
Il Ministero per la Costituente ha esaurito i suoi studi
attinenti, secondo quanto disponeva il D.L. che lo ha istituito, alla nuova
costituzione e alle direttive dell’azione economica e sociale del futuro Stato.
(…) Attualmente le relazioni predette si trovano alla stampa, e ritengo che esse
potranno cominciare ad apparire con i primi dell’entrante mese. Copia di esse sarà
rimessa a ciascun componente dell’Assemblea costituente.
(…) Ella vedrà tuttavia, signor Presidente, che, ad onta del tempo ristretto e delle
enormi difficoltà di lavoro, la massa degli studi compiuti è veramente di grande
entità: complessivamente sono infatti in stampa quattordici volumi, tra relazioni e
allegati, per circa 5000 pagine. Per la qualità, gli studi compiuti sono certamente
notevoli. Talché ritengo possa tributarsi la più ampia lode agli studiosi che hanno
dato la loro opera, lavorando in mezzo a difficoltà di ogni genere, e che debba
essersi ad essi grati, per aver preposto gli interessi del Paese ad ogni altro interesse
personale.
Cordialmente
Pietro Nenni
L’emanazione del DLCPS 2 agosto, n.54 sancì la soppressione del Ministero per la
Costituente, venne istituito al suo posto un ufficio stralcio presso la presidenza del
Consiglio dei Ministri.
6.2 Assemblea costituente
Preparata dalla Consulta Nazionale attraverso le norme sancite dal decreto legislativo
del 10 marzo 1946 n. 74. Fu composta da 556 deputati di sesso maschile e femminile.
L’Assemblea costituente insediatasi a Montecitorio il 25 giugno 1946 elesse, in data 28
giugno, all’incarico di capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola in sostituzione,
dopo appena 18 giorni, ad Alcide De Gasperi. Nella seduta del 19 luglio 1946
l’Assemblea delegò ad una commissione ristretta di 75 membri la composizione della
Carta costituzionale.