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partire dai bordelli di Phnom Penh e delle altre città e si insinua capillarmente in tutte le
province del paese; intere generazioni non hanno potuto vivere un’infanzia degna di
essere vissuta, tra la guerra civile e la dittatura, e attualmente non possono viverla a
causa dell’AIDS, della prostituzione e della pedofilia. Molte famiglie vivono nel
degrado delle periferie della città, o, peggio ancora, nella discarica tra i cumuli di rifiuti.
La nostra ricerca sul campo vuole affrontare un parallelismo tra due tipi di dispositivi
pedagogici: un dispositivo creatosi durante il regime di Pol Pot, del quale verranno
analizzati i tempi della Kampuchea Democratica e gli spazi, tra i quali sarà preso in
esame anche la prigione Tuol Sleng S-21; saranno approfonditi i linguaggi usati dai
quadri del partito per l’indottrinamento e la gestione di oggetti e corpi attuata
dall’Angkar.
In secondo luogo analizzeremo le conseguenze che questo dispositivo ha creato nella
Cambogia di questi ultimi anni: in particolare prenderemo in analisi il dispositivo
pedagogico che si crea intorno alla malattia dell’AIDS; esporremo i luoghi e gli spazi in
cui questa patologia prende piede nelle vite dei cambogiani, ma anche dove essa viene
curata; descriveremo i tempi dettati dal virus dell’HIV e dalle medicine somministrate
per la sua cura; descriveremo gli oggetti, cercheremo di capire i saperi legati a questo
male e i linguaggi con i quali vengono espressi, in particolare tra i bambini e i ragazzi.
Per comprendere al meglio la situazione in cui vivono i bambini e i ragazzi affetti dal
virus dell’HIV ci avvarremo dell’esperienza maturata in una Organizzazione Non
Governativa – ONG – chiamata New Hope for Cambodian Children, denominata con
l’acronimo NHCC: siamo stati ospiti nei loro progetti al fine di analizzare e studiare la
gestione della malattia in alcune categorie di persone; l’ONG infatti si occupa
dell’assistenza domiciliare dei bambini, con il lavoro accurato dei cosiddetti
fieldworkers, nei villaggi intorno alla capitale Phnom Penh; gestisce inoltre un villaggio
costruito nella provincia di Kompong Speu, a circa 50 chilometri a ovest di Phnom
Penh, per mantenere i bambini orfani affetti da HIV. Useremo quindi l’osservazione
partecipante, fondamentale nei contesti educativi, come approccio ad una realtà altra,
così diversa, così lontana dalla nostra; osserveremo le strutture dei servizi da diversi
punti di vista: osservazione dell’architettonica, della temporalità, della corporeità.
7
Osserveremo questi dispositivi sempre con un’ ottica interculturale, dove due culture,
quella italiana di origine e quella cambogiana ospitante, si incontrano, si studiano,
cercano di capire i bisogni di una e dell’altra.
Nel nostro caso il dialogo interculturale sarà uno degli aspetti centranti della questione:
se di dialogo si può parlare, poiché la comunicazione verbale, in particolare con i
bambini e i ragazzi è risultata difficoltosa, visto lo scarso impiego dell’inglese da parte
loro e il nostro khmer quasi inesistenti data la complessità della lingua scritta e parlata:
di conseguenza con i bambini e i ragazzi è sempre stato d’obbligo qualche cambogiano
che traducesse le domande e le risposte. È stato comunque interessante comunicare
usando “il corpo che parla”, i gesti e la mimica facciale: ancora una volta, ci siamo
accorti quanto il nostro corpo comunica anche senza proferire parola.
In questo nostro viaggio in Cambogia andremo a conoscere nel dettaglio i due tipi di
dispositivi anche con l’aiuto di illustri pedagogisti e pensatori: grazie soprattutto a
Michel Foucault e la sua idea di panottismo, vedremo come il modello del panopticon
sia stato un paradigma concreto per la vita di milioni di cambogiani durante il regime
dei Khmer rossi; il modello del panottico ha introdotto in Cambogia il “principio del
ciclista” e la delazione, comportamenti che tuttora sono diffusi in questo paese e che
forse sono alla base dei comportamenti attuali per quanto riguarda la prostituzione e la
corruzione.
Lasciamo ora al lettore alcuni consigli per la lettura di questo testo, in quanto non esiste
un sistema standard di latinizzazione della lingua khmer. Di conseguenza alcuni luoghi
geografici descritti nei capitoli possono essere scritti in diversi modi: in questo testo,
dovunque è possibile, vengono usate sia le varianti di uso più comune sia quelle che si
avvicinano di più alla pronuncia italiana. Tuttavia possono essere utili le seguenti regole
di base: a si pronuncia come in “caro”; au si legge come la o di “poco”; eo come in
Takeo si legge ou; eu come in Deuch, suona come u; ey si legge come il suono finale di
“quei”; la desinenza -ch si legge -ck.
.
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1. La Cambogia: tra storia e cultura
Guai alla nazione che in sogno lotta contro i torti
ma nella veglia cede all’ingiustizia
(K. Gibran)
La Cambogia è un paese situato nell’area del cosiddetto sud-est asiatico, insieme a
Vietnam, Laos e Tailandia; nel suo interno scorre uno dei più lunghi fiumi al mondo, il
Mekong, che attraversa ben sette paesi dell’Asia: la sua sorgente si trova in Tibet e dopo
un percorso lungo 4.500 chilometri sfocia nel mar cinese.
Nel regno di Cambogia la lingua ufficiale è il cambogiano; deriva dal ceppo
austroasiatico, con influenze delle lingue vietnamita, laotiano e tailandese, a causa della
vicinanza geografica: l’alfabeto khmer è molto complesso, costituito da 33 consonanti
e 23 vocali.
Khmer è il nome locale per indicare tutto ciò che concerne la sfera della cultura
cambogiana come per esempio la lingua, i vestiti, il cibo, l’architettura, la scrittura e
tutti gli elementi che caratterizzano un paese, un popolo, una cultura.
La Cambogia si estende su una superficie di 181.040 chilometri quadrati, con una
popolazione di circa 13 milioni di persone: vi è però un notevole scompenso nella
distribuzione della popolazione, in quanto nella sola capitale vi abitano circa 2 milioni
di persone e i restanti 11 milioni vivono nelle varie province. La capitale della
Cambogia è Phnom Penh; la tradizione vuole che il nome della città sia dovuto ad una
donna di nome Penh: questa donna un giorno vide un tronco di legno immobile, fermo,
proprio al centro del Mekong dove incrocia il Tonlè Sap; una donna, di nome Penh, lo
fece recuperare, e al suo interno vi erano una statua di buddha d’oro e quattro statuine
più piccole di buddha, anch’esse dorate: dopo il ritrovamento, Penh fece erigere una
pagoda sul punto più alto della città, su un monte, che in khmer si dice appunto Phnom:
da questa curiosa leggenda deriva il nome della città.
Al nome Phnom Penh possiamo attribuire anche un altro significato: phnom in
cambogiano vuol dire “monte, collina”, e penh significa “pieno”, quindi si potrebbe
intendere il nome della città come “collina piena”, per indicare l’altissima densità della
città, ma è notevolmente più curiosa la fondazione mitologica della capitale.
9
La Cambogia conta 24 province, le quali prendono il nome dalla città principale,
quindi abbiamo tra le più famose la provincia del Takeo, Kandal, Prey Veng, Kampong
Cham, Kampong Chhnang, Kompot, Kampong Som, meglio conosciuta come
Sihanoukville, la località balneare più frequentata dai turisti che si affaccia sul golfo
della Tailandia, ed infine Kampong Speu, la provincia nella quale abbiamo svolto la
nostra ricerca.
Altre province importanti sono Battambang, dove Emergency ha fondato uno dei suoi
ospedali per le vittime di guerra e Siem Riep, provincia nella quale vi sono gli antichi
resti dei templi di Angkor Wat.
Emergency ha fondato uno dei suoi ospedali proprio in Cambogia perché è ancora
molto alto il numero di feriti dovuti all’esplosione di mine anti-uomo e anti-carro
disseminate in particolare al nord, vicino al confine con il Vietnam e la Tailandia,
durante tutto il periodo dei khmer rossi fino agli anni ’90, anni in cui i vietnamiti
abbandonarono il paese.1
Un’altra provincia tristemente famosa è la provincia di Pailin, nella quale vive tuttora
uno dei gerarchi fedelissimi di Pol Pot, il cosiddetto “brother number 3”, Ieng Sary.
Le province invece più remote sono quelle a nord-est della Cambogia, Mondolkiri e
Rattanakiri, caratterizzate da foreste vergini, fauna e flora incontaminata, abitate da
popolazioni primitive, che parlano lingue diverse dallo khmer e professano tuttora culti
animisti: molte ONG lavorano in queste province per mantenere e conservare le
tradizioni culturali specifiche di queste etnie.
La provincia di Siem Riep è famosa in quanto in questo sito archeologico sono custodite
le antiche rovine dei templi di Angkor Wat, capitale dell’antico regno khmer. Questo
regno che risale a circa 1000 anni fa era un regno che comprendeva tutto il sud-est
asiatico, a partire dalla Tailandia, il Vietnam, il Laos e la stessa Cambogia.2
In Angkor Wat è situato il più vasto luogo di culto del mondo composto da più di
cinquanta templi sia induisti che buddisti, disseminati su una superficie di circa cento
chilometri quadrati; intere città costruite con le tecniche più avanzate dell’idraulica per
1
A questo proposito si guardi il libro di fotografie di Pino Ninfa, Emergency. Una speranza in
Cambogia, 2001.
2
Per quanto riguarda i testi riguardanti i templi di Siem Riep, si rimanda a testi in lingua inglese o
francese come G. Coedès, Pour mieux comprendre Angkor, Paris, A. Maisonneuve, 1947, John Audric,
Angkor and the Khmer Empire, London, R. Hale, 1972, M. Giteau, Histoire d'Angkor, Paris, PUF,
1974, Michael Freeman, Jacques Claude, Ancient Angkor, Trumbull, Conn., Weatherhill, 1999,
Higham, Charles, Early Cultures of Mainland Southeast Asia. Art Media Resources, 2003.
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ovviare al problema delle piene del Mekong. Ma molti di questi templi sono ancora
avvolti nel mistero, in quanto non sono rimaste fonti storiche scritte su questo periodo
glorioso per il popolo khmer: questo popolo è sempre stato un popolo guerriero, anche
se di piccola statura; i cambogiani ancora oggi hanno una corporatura massiccia e
muscolosa, caratteristica ereditata dal passato.
Il re che fece erigere il primo tempio, fu Yasovarman I, intorno al 900 d.C.; ma il
principale fra questi templi è Angkor Wat, che significa la città del tempio, e fu eretto
da Suryavarman II intorno al 1100; inizialmente si chiamava Preah Pisnulok, poi
tramutato appunto in Angkor Wat. La parola preah ricordiamo che in khmer riguarda
tutto ciò che concerne la divinità: preahchimcha vuol dire Dio, preahvihear vuol dire
chiesa, luogo di culto.
Si pensa che inizialmente fu un mausoleo, infatti la porta principale è rivolta verso
ovest, come nei templi funerari; comprende le due caratteristiche dell’architettura
cambogiana: il tempio a collina, che riprende il culto del monte Meru, la montagna degli
dei nella religione indù, e i templi a galleria, stile che poi rimarrà anche negli edifici
successivi.
Questo immenso tempio è costituito da un edificio a base quadrata, circondato da un
fossato che un tempo era abitato da coccodrilli; lungo le pareti di Angkor Wat vi sono
stupendi bassorilievi: uno in particolare rappresenta Visnu, nel suo avatar di tartaruga,
chiamato Kurma, che vuol dire appunto tartaruga in sanscrito. L’avatar per la religione
indù è l’incarnazione del dio in un corpo fisico e significa “disceso”. Alla destra e
sinistra di Visnu vi sono gli asura, parola sanscrita per indicare i demoni, e i deva, gli
angeli, sempre nell’antichissima lingua sanscrita. Sopra di esso, sono raffigurate le
apsara, le caratteristiche danzatrici celesti. Queste figure mitologiche sono presenti in
molti templi di questo sito archeologico: ancora oggi la danza khmer, le movenze delle
donne mentre ballano, i movimenti delle mani, dei piedi e del bacino, e anche i vestiti
usati per danzare riprendono le stesse movenze delle apsara scolpite nei templi di
Angkor.
Da qui tutti i re di questo immenso e glorioso regno iniziarono a costruire templi e a
seconda della religione professata dal sovrano erano templi dedicati al culto induista o
buddista theravada, un ramo del buddismo che significa “scuola degli anziani”, diffuso
oggi in Cambogia, Laos, Sri Lanka, Tailandia e Birmania.
11
Oltre ad Angkor Wat, la cui sagoma campeggia anche sulla bandiera nazionale
cambogiana, in questa provincia ricordiamo altri importanti templi.3
Il Bayon, per esempio, all’interno della città fortificata di Angkor Thom, nonché ultima
capitale di questo immenso regno, è caratterizzato dagli innumerevoli volti che
osservano e guardano in ogni direzione: vi erano inizialmente 49 torri, e sulla sommità
di ogni torre vi erano 4 volti, ognuno rivolto verso un punto cardinale, nord, sud, ovest
ed est. Si pensa che il numero 49 sia dovuto al numero di province nella quale era diviso
l’impero khmer negli anni in cui fu costruito questo tempio: così simbolicamente il re
poteva osservare e controllare contemporaneamente tutte le province del suo regno.
I volti del Bayon sono caratterizzati da un sorriso apatico, che non traspare emozioni, né
gioia né tristezza: così come il sorriso del Buddha nella maggior parte delle sue
raffigurazioni.
All’interno delle mura della città di Angkor Thom vi è anche la cosiddetta Terrazza
degli Elefanti, una terrazza rialzata costruita probabilmente per i discorsi pubblici del re,
rivolto al suo grandioso esercito e alla folla.
Tra questi templi ricordiamo inoltre il Ta Prhom, che ancora oggi è avvolto dalle radici
di immensi alberi secolari: infatti tutti i templi furono ritrovati alla fine del 1800, da
alcuni viaggiatori-esploratori francesi; i templi furono rinvenuti immersi nella giungla.
Solo dopo un lungo lavoro di restauro furono liberati dalle radici delle piante e dalla
giungla e resi visibili in tutto il loro splendore.
Alcuni sono crollati, altri come il Ta Prhom, sono rimasti avvolti nelle liane delle
piante, a dimostrazione che la forza della natura nei secoli sovrasta l’opera dell’uomo.
Tra i templi spicca anche il Thommanon, reso famoso perché in questo tempio furono
girate alcune scene del film “Tomb Raider” interpretato da Angelina Jolie, con la sua
caratteristica porta, sovrastata anch’esso dalla torre con i quattro volti, uno per ogni
punto cardinale.
Tutti i templi presentano degli elementi in comune, come per esempio il naga, il
serpente mitologico con sette teste, che aveva la funzione di corrimano intorno alle
scalinate; ancora oggi il naga, viene usato per delimitare le mura delle odierne pagode.
Vi sono molti altri templi come per esempio il Ta Keo, il Preah Ko, il Banteay Kdei, il
Baphuon, dove si trova la statua del Buddha rappresentato sdraiato più lungo del
3
Cfr. M. Glaize, The Monuments of the Angkor Group, 1993.
12
mondo, circa 30 metri, il Neak Pean; sono innumerevoli, e tutti avvolti ancora in un
alone di mistero. Infatti sappiamo che l’impero Khmer è durato dal 900 al 1200 circa, e
il crollo avvenne per mano dei Tailandesi, ma non si hanno più fonti storiche scritte fino
al ritrovamento del sito archeologico.
Agli inizi del 1900 un esploratore e naturalista francese, Henri Mouhot, fece la
sensazionale scoperta, ritraendo Angkor con le prime fotografie e i primi dipinti; così
parlò di Angkor Wat: “Uno di questi templi (un rivale per quello di Salomone, ed eretto
da qualche antico Michelangelo) potrebbe avere un posto d'onore accanto ai nostri
edifici più belli. È più grandioso di qualsiasi cosa ci abbiano lasciato i greci o i romani,
e contrasta tristemente con la situazione selvaggia in cui versa ora la nazione.”
Non abbiamo fonti scritte, non abbiamo reperti storici che testimoniano la vita
all’interno dei templi: le strutture architettoniche presentano forme anomale; per
raggiungere i punti più alti delle torri vi sono gradoni molto alti, ripidi, che diventano
addirittura pericolosi durante la stagione delle piogge perché resi scivolosi dalla pioggia
battente: è praticamente impossibile che servissero da abitazioni reali anche perché non
vi sono stanze; quindi erano solo templi, ma il motivo per il quale furono abbandonati
rimane ancora un mistero. Non sappiamo nemmeno se le popolazioni che abitavano
intorno a questi edifici abbiano continuato a frequentare questi luoghi di culto anche
dopo il crollo dell’impero: non sappiamo niente fino agli inizi del 1900.
Ora questi templi sono il simbolo della Cambogia, sono l’orgoglio della nazione;
rappresentano la meta preferita dei turisti da ogni parte del mondo: basti pensare che il
biglietto giornaliero per entrare a visitare questo sito archeologico costa venti dollari
americani; fortunatamente per i cambogiani l’ entrata è gratuita. Per i cambogiani tutti i
siti culturali, come i musei, il palazzo reale sono gratuiti, mentre i turisti pagano una
quota per entrare e visitare questi luoghi.
13
1.1 La Cambogia dal 1863 ad oggi
Nel 1863 la Cambogia diviene colonia francese e rimane sotto l’egemonia della Francia
fino al 1953, esattamente il 9 novembre; nonostante la Cambogia fosse sotto il dominio
francese, il regno di Cambogia continuò ad esistere durante tutta l’epoca coloniale e sul
trono si susseguirono re di etnia cambogiana, seppur nominati dal governo francese:
deve essere sembrata una manovra abile – un monarca minorenne e amante
delle arti che sarebbe stato creta nelle mani dei francesi. 4
Re Norodom Sihanouk fu scelto dalla Francia per succedere al re Monivong;
rapidamente crebbe il suo potere politico, cercando di neutralizzare le correnti
repubblicane e si adoperò per negoziare termini ragionevoli per l’indipendenza dalla
Francia. La "crociata monarchica per l'indipendenza" di Sihanouk, a soli 31 anni, portò,
anche se con un po’ di malumore, ad un tacito consenso per il passaggio della sovranità;
un accordo parziale fu raggiunto nell'ottobre del 1953; dopo di che Sihanouk tornò alla
capitale, Phnom Penh, affermando di aver ottenuto l'indipendenza. Riportiamo di
seguito un brano di Philip Short nel quale spiega dettagliatamente l’abbandono della
Cambogia da parte delle truppe francesi:
Il 17 ottobre Parigi annunciò il trasferimento di tutti i poteri militari al
governo cambogiano. Tre settimane dopo, lunedì 9 novembre, Sihanouk
assistette alla sfilata di truppe francesi e khmer a Phnom Penh, e di
trentacinquemila volontari civili. La cerimonia si concluse con l’accettazione
da parte sua degli strumenti del comando, il che significò la fine di quasi un
secolo di tutela francese.5
L'anno seguente, come risultato della conferenza di Ginevra sull'Indocina, la Cambogia
ottenne il ritiro delle truppe Viet Minh dai suoi territori e la completa sovranità.
La giornata del 9 novembre è stata istituita come giorno di festa nazionale e per
l’occasione, nel 1958, i cambogiani fecero erigere il monumento di indipendenza,
situato all’incrocio tra la Norodom Sihanouk boulevard e la Mao Tse Tung boulevard,
4
Cfr. P. Short, Pol Pot, anatomia di uno sterminio, RCS Milano 2005, p. 50
5
Ivi, p. 133.
14
due tra le principali vie di Phnom Penh. Il periodo del colonialismo offre un primo
scontro sociale tra cambogiani e vietnamiti: i francesi, infatti, avevano già il Vietnam
sotto la loro egemonia, di conseguenza sapevano come i vietnamiti si fossero comportati
da dominati; Short in un breve passaggio illustra come i francesi sollecitarono la
conquista delle cariche politiche da parte dei vietnamiti:
La persistente migrazione secolare verso sud aveva fagocitato la Kampuchea
Krom, o Bassa Cambogia, la zona che sarebbe diventata il Vietnam del sud e
minacciava ora di di fagocitare a poco a poco la Cambogia stessa, aiutato in
questo dalla complicità delle autorità francesi, le quali incoraggiavano
l’immigrazione su vasta scala dei vietnamiti per occupare le cariche inferiori
dell’amministrazione civile coloniale e fornire la manodopera specializzata
che i cambogiani non erano considerati capaci di offrire.6
Dopo novant’anni, nel 1953, la Cambogia conquista l’indipendenza senza spargimento
di sangue; ma pur avendo ottenuto l'indipendenza alla fine del 1953, la sua situazione
interna rimase del tutto confusa. Gli accordi di Ginevra del 1954 stabilirono le libere
elezioni in Cambogia entro il 1955 sotto il diretto controllo dell'ICC (International
Control Commission, una commissione di controllo internazionale). Per sfidare
apertamente il partito Democratico, il principe Sihanouk organizzò il proprio partito
politico, lo Sangkum, un partito costituito da elementi di destra pieni di sentimenti
anticomunisti
Il partito del principe Sihanouk vinse le prime elezioni libere in Cambogia, e ottenne
così tutti i seggi dell’Assemblea Nazionale. Ma l’esito delle elezioni fu il frutto di brogli
elettorali, intimidazioni; coloro che si sarebbero recati a votare erano costretti a dare la
propria preferenza al partito di Sihanouk, anche grazie all’intervento di forze dell’ordine
e rappresentanti politici. Agli inizi degli anni sessanta il regime di Sihanouk aveva
indebolito a tal punto l'opposizione politica da indurre il partito Democratico a chiedere
il privilegio di unirsi al Sangkum. A dispetto della sua posizione conservatrice, in difesa
delle élite rurali, il Sangkum iniziò ad incorporare diversi elementi provenienti dalla
sinistra. Fra questi ultimi si possono annoverare alcuni futuri leader dei Khmer Rossi.
Agli inizi degli anni sessanta ci fu una svolta radicale nel regime dittatoriale del
6
Cfr. P. Short, Pol Pot, anatomia di uno sterminio, op. cit., p. 45
15
principe Sihanouk: i motivi di questo cambiamento possiamo ritrovarli nella forte
convinzione da parte del regime di Sihanouk, che sarebbe stato il Partito Comunista
Cinese a detenere il controllo totale dell'Indocina e non gli Stati Uniti. L'11 settembre
1966 la Cambogia tenne le sue prime libere elezioni, nelle quali il partito conservatore
ottenne il 75% dei seggi, facendo eleggere Lon Nol, che in quel momento era ministro
della Difesa di natura politica filo-statunitense, come Primo Ministro.
Negli anni immediatamente dopo la sua elezione a Primo Ministro, vi furono in tutta la
Cambogia delle rivolte nelle province, tra le classi rurali e le classi economiche più
elevate; la prima avvenne nel 1967, a Samlaut, nella Cambogia occidentale, e per la
prima volta il principe Sihanouk parla di Khmer rouge, conosciuti come i Khmer rossi.
Nel marzo del 1970 mentre il principe Sihanouk si trovava in visita ufficiale in Francia
“alcune autoblindo circondarono la stazione radio, tre carri armati presero posizione
davanti alla sede del Parlamento, le linee telefoniche e telegrafiche internazionali
vennero interrotte e gli aeroporti della nazione vennero chiusi”7. Short illustra nel
seguente brano l’evento dal quale scaturì il colpo di stato:
Alle 9 del mattino, l’Assemblea Nazionale e il Consiglio del Regno, una
camera alta consultiva, si riunirono in seduta congiunta. Per due ore i deputati
si liberarono, con rara unanimità, di tutta la bile accumulata a causa di tutte le
umiliazioni che Sihanouk aveva fatto sopportare loro nel corso dei tre anni
precedenti. Nessuna voce si alzò a difenderlo. Per la prima volta nella sua
vita il principe venne sottoposto in absentia, agli stessi istinti da linciaggio
che aveva personalmente usato tanto spesso contro i suoi oppositori ai
congressi del Sangkum. […]approvarono una mozione «per togliere la
fiducia al principe Norodom Sihanouk, il quale, a partire dall’una del mattino
del 18 marzo 1970 doveva abbandonare la carica di capo dello Stato».8
Esiste ancora oggi un lungo dibattito sulla complicità degli Stati Uniti
nell'organizzazione del colpo di Stato di Lon Nol, di cui però non si hanno prove
tangibili.
Il principe Sihanouk costituì un Fronte Nazionale per mettere in atto una resistenza
contro il regime di Lon Nol; così spiega Short:
7
Ivi, p. 264
8
Ivi, pp. 264-265
16
Il principe Sihanouk si recò a Pechino per poter controllare al meglio la
situazione, e il 23 marzo, Sihanouk annunciò la costituzione di un movimento
politico, denominato Fronte Unito Nazionale della Kampuchea, noto con la
sigla francese FUNK, e chiese ai suoi compatrioti di sferrare una campagna
di attacchi di guerriglia e di disobbedienza civile contro il governo di Lon
Nol.9
Tra i cambogiani che per primi iniziarono una rivolta organizzata, vi furono un gruppo
ultranazionalista con tendenze comuniste, denominati dallo stesso principe Sihanouk:
lo stesso principe decise di intraprendere rapporti con i khmer rossi, alleandosi con
loro, come ci fa capire Short nel seguente passaggio:
la resistenza era cambogiana, patriottica e diretta da un re khmer. […]
Sihanouk voleva vendetta. I Khmer rossi avevano bisogno del suo nome. Non
era nemmeno un matrimonio di convenienza. Condividevano letti diversi
facendo sogni diversi.10
Tra le fila dell’esercito regolare cambogiano vi erano diversi problemi come lo scarso
addestramento dei suoi militari ma anche la corruzione per la compravendita delle
munizioni e delle armi: era diffusa l'usanza di dichiarare più unità di quelle che erano
effettive per speculare sul vettovagliamento, e gran parte delle armi e delle munizioni
venivano rivendute al mercato nero; la loro incapacità al comando è testimoniata dal
fatto che lo stesso Lon Nol era costretto a dirigere personalmente le operazioni sul
campo. Dal canto loro i soldati semplici vennero presto demotivati dai bassi salari (con i
quali dovevano acquistare da soli cibo e medicinali), dalla carenza di munizioni e
dall'assenza degli alloggiamenti per le loro famiglie, costrette spesso a seguirli al fronte.
Contro un esercito così male equipaggiato e motivato era schierata inizialmente la
migliore fanteria leggera di quel periodo – ovvero i soldati dell'Esercito Popolare del
Vietnam – che venne presto soppiantata dalla fanteria pesante dei Khmer Rossi,
rigidamente indottrinata e guidata da un gruppo di capi militari di grande esperienza.
9
Ivi, p. 267
10
Ivi, p. 271