Partendo dalla definizione di organismo geneticamente modificato e
ripercorrendo, brevemente, la storia della manipolazione genetica, si
è tentato di dimostrare il pericolo che, con l’introduzione massiccia e
globale degli Ogm nell’ambiente, possa scomparire la Biodiversità,
già messa in pericolo dalla deforestazione, dall’inquinamento e
dall’introduzione delle colture ad alta resa produttiva della
Rivoluzione Verde, sostituita da un sistema di monocoltura, che
viene oggi di fatto imposto al sud del mondo a spese delle
tradizionali esperienze indigene, più fondate ecologicamente e in
grado di garantire un’agricoltura realmente sostenibile per quelle aree
geografiche.
Sembra profilarsi, a questo punto, un’ultimo scenario: la
contrapposizione tra “locale” e “globale”, che rimanda a quello che
era per Foucault “il nocciolo della razionalità politica moderna” e
cioè la correlazione permanente tra individualizzazione e
totalizzazione.
Tutto questo apre la strada a una riflessione più ampia, riguardante i
pericoli di una “biopolitica” globale, nella quale rischia di essere
assorbita l’individualità di ogni essere vivente.
Capitolo primo
PER ENTRARE NEL DIBATTITO
1. Cosa sono le biotecnologie?
Il termine “biotecnologia” è un neologismo e costituisce la crasi di
due sostantivi – biologia e tecnologia – che hanno mantenuto, nel
tempo, un significato vasto, delineante le scienze della vita e delle
costruzioni.
Le biotecnologie, intese nel significato più ampio del termine,
possono definirsi come ogni tipo di tecnologia che, utilizzando
organismi viventi (batteri, lieviti, cellule vegetali, cellule animali di
organismi semplici o complessi) o loro componenti sub-cellulari
(enzimi),produce prodotti utili in quantità commerciali, oppure
manipola ,al fine di migliorarne le caratteristiche, piante e animali o,
ancora, sviluppa microrganismi utili per usi specifici
1
.
In una definizione così ampia sono incluse quelle tecniche produttive
utilizzate in ambito zootecnico e agricolo da millenni. Anche la
trasformazione di frutti e cereali per produrre bevande alcoliche,
sfruttando l’attività fermentativa dei microrganismi, si pratica nel
1
BUSSOLATI M. - MORANDI S., Il gene nel piatto, Tecniche nuove, Milano 2000, Glossario,
pg.114
mondo da millenni
2
. La fabbrica dei microrganismi fornisce una serie
di vantaggi:opera in condizioni di temperatura e pressione
ambientali, richiede un basso consumo di energia e i suoi
sottoprodotti sono più facilmente trattabili o riciclabili. Tutto questo
è possibile poiché le cellule viventi utilizzano molecole attive
chiamate enzimi, che rendono più veloci le reazioni chimiche
3
.
Gli enzimi sono le molecole chiave delle biotecnologie. Cosa sono?
Proteine: polimeri complessi e sofisticati, presenti a migliaia nelle
cellule e di enorme importanza per la vita di ciascuna cellula, dove,
in un brulichio di attività chimica, migliaia di molecole diverse
vengono demolite nei loro componenti più semplici, o, viceversa,
usate come mattoni per costruire strutture più complesse
4
.
Una tipica cellula batterica può contenere 3.000 proteine diverse e
una cellula umana ne possiede da 50.000 a 100.000.All’incirca la
metà di esse sono catalizzatori biologici, enzimi, che hanno due
caratteristiche: servono ad accelerare le reazioni chimiche, e, in
genere, ciascun enzima agisce solo su una specifica funzione. Alcuni
intervengono nelle funzioni di base della cellula, come l’estrazione di
energia dal cibo e la sintesi di DNA. Altri svolgono compiti più
specifici, ad esempio la produzione di molecole impiegate nella
“guerra chimica” per sbarazzarsi dei competitori o sfuggire ai
2
Più di tremila anni fa, infatti, alcune popolazioni cinesi e i Sumeri della Mesopotamia sapevano già
sfruttare i microrganismi per produrre pane e una rudimentale birra. Gli antichi Egizi applicavano il
pane ammuffito sulle ferite per sfruttarne le proprietà antibiotiche, noi oggi trasformiamo la muffa
in penicillina.
3
ALDRIGE S., Il filo della vita, Dedalo libri, Bari 1999, pg.211-212
4
Ibidem
predatori
5
. Da qui nascono gli antibiotici, anzi non è fantascienza
immaginare che, all’origine della vita sulla terra, le comunità in
competizione si battessero per il territorio, utilizzando ognuna i
propri specifici antibiotici nel tentativo di sterminarsi a vicenda.
Questi prodotti, i metaboliti secondari (metabolismo è l’attività
biochimica cellulare controllata dagli enzimi), sono esclusivi dei
microbi, dei semplici organismi marini e delle piante, negli animali
superiori non è stato trovato alcun metabolita fino ad oggi
6
.
Gli enzimi responsabili delle funzioni base della cellula sono
impiegati per la produzione di sostanze utili, sfruttando il processo di
“fermentazione” col quale essi distruggono, ad esempio, una
molecola di cibo per estrarne l’energia biochimica. Louis Pasteur
definì la fermentazione come il processo biochimico secondo il quale
i microrganismi producono sostanze dalla degradazione di composti
organici, e la chiamò “vita senza ossigeno”
7
, per distinguerla dalla
respirazione, che avviene in presenza di ossigeno. Oggi, invece, per
fermentazione si intende qualsiasi processo (che avviene in presenza
o meno di ossigeno) basato sulla coltura di microrganismi. Tale
attività è stata sfruttata dall’uomo e si è evoluta nei secoli
nell’industria della fermentazione.
8
Fino agli anni venti, prima della nascita dell’industria petrolifera, la
fermentazione era la maggior fonte di materie prime per l’industria
5
Ibidem
6
ALDRIGE S. , op.cit. pg.212
7
FERRI M. C., Biotecnologie, Edizioni agricole, Bologna 1999, pg.15
8
Durante il processo di demolizione, infatti, si producono sostanze di scarto utili all’industria, come
l’etanolo, utilizzato sia in ambito alimentare sia come solvente industriale. Si veda ALDRIGE S.,
op. cit. pg. 212
chimica. Fino alla metà del ventesimo secolo non ci sono stati
significativi mutamenti nell’evoluzione delle biotecnologie, se non il
miglioramento delle tecniche di fermentazione e, naturalmente, la
comprensione dei fenomeni.
Questo modo di utilizzare il materiale biologico da parte dell’uomo è
stato rivoluzionato dalle biotecnologie avanzate, termine che
propriamente indica la produzione di nuove combinazioni di
materiale ereditabile, ottenute mediante inserzione di molecole di
acido nucleico (DNA), di qualunque provenienza, in un organismo
ospite
9
. Determinante per questa rivoluzione biotecnologica è stata la
definizione del modello della doppia elica del DNA, nel 1953, ad
opera di due ricercatori statunitensi: James Watson e Francis Crick,
come illustreremo più dettagliatamente nel secondo capitolo
10
.
A partire dagli anni ‘70 la conoscenza e l’utilizzo dei meccanismi
della trasmissione ereditaria, della funzione del DNA e degli enzimi
hanno permesso lo sviluppo delle biotecnologie avanzate, così
chiamate per distinguerle dalle fermentazioni, ovverosia le
biotecnologie tradizionali, che utilizzano semplicemente l’attività
metabolica di microrganismi utili. Le biotecnologie avanzate
rappresentano un insieme di tecniche ad alto contenuto innovativo e
applicabili universalmente: in ambito medico, all’ambiente e nel
settore agroalimentare e zoootecnico. Tecniche che permettono di
identificare, isolare e trasferire artificialmente un gene dal patrimonio
9
MELE V. , Organismi geneticamente modificati e Bioetica, Edizioni Cantagalli, Siena 2002, pg.11
10
ALDRIGE S., op. cit. pg. 31. Si veda anche BUSSOLATI M.- MORANDI S., op. cit. pg.51
genetico di un organismo a quello di un altro essere, e che formano
l’ambito di una scienza nata vent’anni fa: l’ingegneria genetica,
interdisciplinare perché fonde competenze di genetica e di biologia
molecolare. Come nel caso delle biotecnologie tradizionali, anche di
questa rivoluzione gli enzimi sono la componente chiave. E’ solo,
infatti, quando, nel 1968, Werner Arber, Hamilton Smith e Daniel
Nathans, della John Hopkins Medical School, scoprono i cosiddetti
enzimi di restrizione che si può davvero iniziare a parlare di
organismi geneticamente modificati
11
.
Abbiamo già visto l’importanza degli enzimi per la vita cellulare e
nella biotecnologia, ora: cosa sono gli enzimi di restrizione?
Sono proteine presenti nei batteri, che le usano come armi difensive
per fare a pezzi il DNA dei virus invasori. Ogni enzima di restrizione
taglia il DNA in corrispondenza di una sequenza specifica
12
.
Il DNA è la molecola di cui sono fatti i geni che codificano le
proteine prodotte da un organismo
13
. Si può dire che le lettere di tale
codice sono le quattro basi azotate: adenina, guanina, timina, e
11
ALDRIGE S., op. cit. pg.124-125. Si veda anche BUSSOLATI M.- MORANDI S., op.cit. pg. 51-
52
12
ALDRIGE S., op. cit. pg.125
13
“ L’ ipotesi che a ogni gene corrisponda una proteina è stata liquidata da tempo. Solo una parte di
Dna codifica per proteine specifiche. Le informazioni contenute nei geni non vengono
completamente trascritte. Alcuni geni saltano da una parte all’altra del genoma, altri rimangono
silenti e poi si risvegliano secondo meccanismi ancora ignoti, altri ancora codificano per una grande
varietà di proteine, e poi ci sono quelli che fungono da regolatori dell’attività di altri geni. Inoltre, è
sempre più evidente che le interazioni tra parti del genoma e stimoli ambientali ( sia che per
ambiente si intenda la cellula o l’organismo in cui vive, sia il mondo esterno) sono variabili sottili,
al di là delle investigazioni attuali, e forse future. Con la mappatura del genoma umano si è scoperto
non solo l’esiguo numero dei nostri geni, ma qnche che il genoma corrisponde poco a quel
“manuale per le istruzioni di ognuno di noi” che è stato propagandato. Semmai è qualcosa di fluido,
“un universo non lineare” dal comportamento difficile da prevedere.” MORANDI S., direttore
scientifico del Consiglio dei diritti genetici, in CANGEMI S., Genetica:la grande illusione?,
intervista per marieclaire, num.11 di novembre 2002, pg.271-278
citosina, indicate rispettivamente con le lettere A; G; T; C. Esse si
uniscono in sequenze, dette codoni, formate da tre nucleotidi (unità
funzionali del DNA, composte da un gruppo fosforico, uno zucchero
e una base azotata), che codificano la formazione degli amminoacidi.
Ad ogni tripletta di basi corrisponde uno dei venti amminoacidi. Si
può dire che le triplette sono le parole del codice genetico. Sequenze
di codoni formano i geni e sequenze di geni formano i cromosomi
14
.
Ora, come fanno gli enzimi di restrizione a tagliare in punti precisi
questa lunghissima catena di informazioni? Si identifica, per prima
cosa un gruppo, cioè un gene. Dopodiché è sufficiente conoscere la
base iniziale della sequenza e quella che forma la coda per poter
staccare il gene.
I nomi degli enzimi di restrizione sono tratti dai batteri d’origine; per
esempio EcoRI viene dal batterio Escherichia coli.
Il primo esperimento che segna la nascita degli organismi
geneticamente modificati risale al 1973. Stanley Cohen
dell’università di Stanford (Usa) e Herbert Boyer dell’università della
California a San Francisco (Usa) riescono a inserire il gene di un
organismo nel patrimonio genetico di un altro
15
. La tecnica viene
chiamata Dna ricombinante
16
. Per capire meglio il processo si
rimanda tuttavia al prossimo paragrafo, nel quale si cercherà anche di
spiegare cosa è un organismo geneticamente modificato per poi
14
ALDRIGE S., op.cit. pg.9-22
15
BUSSOLATI M. - MORANDI S.,op. cit. pg. 52. Si veda anche ALDRIGE S., op.cit. pg 124
16
BUSSOLATI M. – MORANDI S., op. cit., pg. 52
analizzare le varie fasi applicative nelle scienze mediche e in quelle
biologiche del settore agroalimentare.
2. Cosa è un OGM
La conoscenza della struttura e del funzionamento del DNA ha
aperto la strada a una moltitudine di possibilità nuove e affascinanti
nel mondo delle biotecnologie (cioè l’utilizzo dei processi biologici
per la fabbricazione di prodotti d’interesse pratico). Probabilmente la
più importante tecnologia scaturita dall’individuazione della doppia
elica del DNA ad opera di Watson e Crick è l’ingegneria genetica.
Occorre premettere che la selezione di materiale genetico, in
agricoltura e in allevamento, è praticata da millenni dall’uomo
mediante incrocio e selezione di organismi viventi, vegetali o
animali, per far loro assumere caratteristiche più utili a specifici fini
produttivi. Le prime sperimentazioni si basano solo su nozioni
empiriche, prive di basi sperimentali: pur non conoscendo con
precisione le cause di questi cambiamenti si era trovato il modo di
praticarli.
Benché inconsciamente, quindi, l’uomo ha sfruttato la genetica per la
propria convenienza fin dai primi passi nell’uso razionale della
natura. Poi, in seguito alla scoperta dei fondamenti scientifici in
materia, si è delineato con maggiore precisione il progetto di
indirizzare l’evoluzione degli organismi utili verso finalità prefissate.
La mutazione è un fenomeno caratteristico di tutti gli organismi
viventi, dalle categorie tassonomiche più basse, come i virus, fino
all’uomo; un cambiamento della struttura che non fa però perdere la
capacità di riproduzione e quindi può passare da una generazione ad
un’altra come un normale fattore ereditario. Lo scambio di geni fra
microrganismi è il fenomeno naturale che, concettualmente, si
avvicina di più all’ingegneria genetica. Da quando esiste la vita sulla
Terra infatti, i microrganismi si scambiano geni, trasmettendosi
informazioni per la loro stessa sopravvivenza, come succede nel
caso della resistenza agli antibiotici o comunque nella capacità di
adattarsi a variazioni dell’ambiente
17
. Il DNA dei batteri si trasmette
da un individuo all’altro o sotto forma di molecole circolari (i
plasmidi)
18
, oppure attraverso temporanei ed efficientissimi ponti di
passaggio fra una cellula e l’altra. Persino alcune specie di virus che
attaccano specificamente le cellule batteriche durante il loro ciclo
replicativo possono incorporare casualmente frammenti di DNA
dell’ospite e in seguito trasferirli ad altri individui: per questa ragione
virus e plasmidi sono diventati per i biotecnologi i trasportatori
preferiti per il trasferimento di geni fra individui diversi
19
.
In cosa consiste allora l’enorme portata rivoluzionaria delle
biotecnologie innovative? Grazie alla scoperta dei meccanismi che
sovrintendono al controllo genetico si è potuto intervenire
direttamente su tale patrimonio, è possibile effettuare processi di
17
FERRI M. C., op. cit. pg.16-17
18
BUSSOLATI M.- MORANDI S., op. cit., Glossario pg 116
19
ALDRIGE S., op. cit. pg.127-128
manipolazione attraverso lo spostamento da un organismo vivente ad
un altro dei geni contenuti nelle cellule
20
.
Trasferire un gene dal patrimonio informativo di un organismo in un
altro consente di spostare caratteristiche utili, che si vogliono
riprodurre, da un essere vivente ad un altro, ottenendo organismi più
forti, resistenti a certe malattie, ad alcuni virus, o sviluppanti nuove
capacità. L’ingegneria genetica estende potenzialmente i poteri
dell’umanità al di sopra delle forze naturali come nessun altra
tecnologia ha mai fatto nella storia:è stata infranta la barriera che
divide le specie di esseri viventi; l’uomo può produrre nuovo
materiale vivente oltrepassando i limiti alla riproduzione imposti
dalla natura. Gli strumenti dell’ingegneria genetica permettono,
infatti, di trasferire i geni da una specie all’altra. Dato che di norma
due specie diverse non possono accoppiarsi e scambiarsi materiale
genetico, l’ingegneria genetica apre la strada alla prospettiva di
crearne nuove
21
.
Per spiegare meglio il senso di queste affermazioni è necessario ora
tornare alla domanda che apre il paragrafo: cosa è un OGM?
E’un organismo (cioè un ente vivente in grado di riprodursi) del
quale viene modificato il materiale genetico in modo diverso da
quanto si verifica in natura mediante incrocio o con la
ricombinazione genetica naturale. E’ un organismo, che ha un
patrimonio genetico artificiale ottenuto in laboratorio. Il suo DNA
20
ALDRIGE S. , op. cit. pg 123
21
Ibidem
non è quello che è stato definito attraverso un lungo cammino
evolutivo. Contiene un frammento, un gene estraneo della stessa
specie o, come spesso accade, di un specie completamente diversa al
fine di fargli assumere nuove caratteristiche non presenti nella natura
dell’organismo, utilizzando le tecniche proprie dell’ingegneria
genetica. Questo frammento o gene non è nuovo, non è stato creato
su misura né è frutto di una sintesi. Ciò che è artificiale è infatti la
ricombinazione, che mescola due patrimoni genetici anche molto
distanti fra loro
22
.Viene quindi alterata l’identità genetica di un
organismo per poter creare “chimere”, ovvero esseri che fondono i
caratteri di due o più specie diverse , con caratteristiche stabilite
arbitrariamente
23
. L’organismo che risulta da questa operazione non è
necessariamente diverso dagli altri. Spesso è anzi apparentemente
identico al suo parente non manipolato.
Per fare un esempio, il primo caso di applicazione dell’ingegneria
genetica si è avuto con l’introduzione del gene per l’insulina umana
nel batterio Ecsherichia coli
24
. Anche se gli esseri umani e i batteri
condividono un remoto antenato comune, il loro incrocio è possibile
solo nei più visionari scenari fantascientifici. Grazie all’ingegneria
genetica, però, un batterio può acquisire un gene umano e trattarlo
come se fosse uno dei propri. In un certo senso in questo processo
non c’è alcunché di nuovo: ogni volta che ci si ammala, anche un
semplice raffreddore può esser sufficiente, si acquisiscono geni
22
BUSSOLATI M.- MORANDI S. , op. cit. pg. 9
23
AA.VV. , Cos’è un organismo geneticamente modificato(OGM), consultabile su
http://www.greensite.it
24
BUSSOLATI M. – MORANDI S., op. cit., pg.52
virali. La caratteristica dell’ingegneria genetica è che il trasferimento
dei geni avviene in modo, almeno in parte, controllabile. Il prodotto
della manipolazione è sempre un organismo con un genoma nuovo,
anche se di solito la differenza rispetto alla controparte non
modificata è di un solo gene.
Descritta ai minimi termini, l’ingegneria genetica è un’operazione di
: taglio, cucito e copiatura. Il gene da trasferire viene dapprima
escisso dal DNA dell’organismo dal quale proviene, quindi è cucito
dentro una nuova molecola di DNA, il vettore, che lo trasporta
nell’organismo ospite. Qui viene copiato numerose volte man mano
che l’organismo si riproduce. Idealmente ogni cellula dell’organismo
ospite adotta il nuovo gene e lo esprime, producendo il prodotto
desiderato
25
.
E’ opportuno distinguere, a questo punto, la manipolazione genetica
dalla clonazione: attraverso quest’ultima si possono ottenere esseri
che hanno lo stesso patrimonio genetico, esseri, quindi, identici il
DNA dei quali non è alterato ma riprodotto fedelmente come in una
fotocopia
26
.
25
ALDRIGE S., op. cit. pg. 124
26
BUSSOLATI M.- MORANDI S., op. cit. Glossario pg. 114
3. Tecniche per l’inserimento di geni estranei
L’esistenza di diverse tecniche, mediante le quali un frammento di
DNA può essere inserito nelle cellule di un altro organismo, espande
continuamente il panorama delle specie assoggettabili alla
trasformazione genetica.
L’immediata integrazione di un gene desiderato in un genoma
(completo set di geni di un organismo) che ne è privo rappresenta
un’ipotesi affascinante; diviene così attuabile in un solo passo un
processo, che richiederebbe numerose generazioni e ripetuti
interventi dell’uomo. Ulteriore interesse deriva dalla possibilità che il
gene trasferito provenga da una specie filogeneticamente lontana, con
la quale sarebbe impossibile lo scambio di DNA attraverso le
tecniche proprie delle biotecnologie tradizionali.
Appare evidente l’intento di allontanarsi – nelle operazioni e nei
risultati – da quanto immediatamente disponibile in natura,
raggiungendo risultati assolutamente impensabili, che infrangono la
barriera animale - vegetale, allo scopo di soddisfare, in tempi brevi e
nel miglior modo possibile, i diversi bisogni della società e
soprattutto del mercato.
La tecnica principale è quella del DNA ricombinante, che consiste
nella manipolazione del patrimonio genetico di una cellula mediante
l’unione di tratti di DNA provenienti da cellule differenti dello stesso
organismo o di organismi diversi: con un enzima di restrizione si
taglia una molecola di DNA e la si preleva dall’organismo donatore -
ad esempio un pesce artico - ; dal Dna prelevato si separa il gene o la
sequenza di geni che interessa utilizzando la stessa forbice – ad
esempio il gene che permette al pesce di resistere al freddo - ; si usa
la stessa forbice per tagliare il frammento di DNA di un batterio, e si
uniscono le due estremità, che sono perfettamente complementari in
quanto tagliate con lo stesso enzima; si ottiene così un ibrido
(batterio – pesce) che viene inserito, con diverse procedure,
nell’organismo vivente (ad esempio fragola) che inizia a duplicare il
plasmide producendo copie identiche; si otterrà, così, una fragola
resistente al freddo grazie all’inserimento del gene del pesce artico.
I metodi per inserire il DNA nell’organismo ricevente sono diversi
27
.
27
Le tecniche di ricombinazione genetica comprendono tra l’altro:
™ Tecniche di ricombinazione dell’acido nucleico che comportano la formazione di
nuove combinazioni di materiale genetico mediante inserimento in un virus, un
plasmide (“molecola di DNA circolare extracromosomico, presente in diverse specie
batteriche, che spesso si trasmette da un batterio all’altro”
27
). batterico o qualsiasi
altro vettore, di molecole di acido nucleico prodotte con qualsiasi mezzo all’esterno
di un organismo, nonché la loro incorporazione in un organismo ospite nel quale non
compaiono per natura, ma nel quale possono replicarsi in maniera continua;
™ Tecniche che comportano l’introduzione diretta in un organismo di materiale
ereditabile preparato al suo esterno, tra cui la microiniezione, la macroiniezione e il
microincapsulamento;
™ Fusione cellulare (inclusa la fusione di protoplasmi) o tecniche di ibridazione per la
costruzione di cellule vive, che presentano nuove combinazioni di materiale genetico
ereditabile, mediante al fusione di due o più cellule, utilizzando metodi non naturali.
Si vedano: ALDRIGE, op. cit. pg. 229-251 e FERRI M.C., Biotecnologie; Edizioni
Agricole, Bologna 1999, pg.82