2
trasparenza e nel rispetto dei criteri di efficienza, efficacia ed
economicità.
All’AIFA è assegnata una competenza sul farmaco e sull’intero
sistema farmaceutico. In particolare, mira a promuovere la conoscenza
e la cultura del farmaco; a favorire e premiare gli investimenti in
ricerca e sviluppo in Italia; a rafforzare i rapporti con l’EMEA, le
Agenzie degli altri Paesi e con gli altri organismi internazionali, a
garantire l’accesso al farmaco e il suo impiego sicuro e appropriato
come strumento di difesa della salute; a provvedere al governo della
spesa farmaceutica in un contesto di compatibilità economico-
finanziaria e competitività dell’industria farmaceutica; ad assicurare
innovazione, efficienza e semplificazione delle procedure di
autorizzazione all’immissione in commercio, in modo da determinare
un accesso rapido ai farmaci innovativi e ai farmaci orfani.
Il mio lavoro è stato strutturato cercando di offrire inizialmente
un quadro di insieme di quelle che sono state nel tempo le
problematiche legate alla protezione della salute e in particolare
all’esperienza giuridica del settore farmaceutico.
Nel primo capitolo è ripercorso l’iter legislativo
dell’ordinamento sanitario, per meglio comprendere attraverso quali
trasformazioni e riforme strutturali si è pervenuto all’attuale sistema
salutare e a una nuova idea di Salute.
Il secondo capitolo è dedicato all’evoluzione normativa del
farmaco e della farmacia. Il percorso della legislazione farmaceutica è
fondamentale per mettere in luce, da una parte, l’importanza che il
farmaco assume presso gli operatori del diritto, sia nazionali che
comunitari, considerata la sua notevole incidenza sulla salute del
cittadino e, dall’altra, la rilevanza che la farmacia acquisisce quale
3
struttura/servizio/professione preposta alla dispensazione dei mezzi
utilizzati per correggere e ripristinare con prodotti terapeutici, e per
conservare con prodotti salutari, la condizione di benessere ottimale di
ciascun individuo nell’ambito della comunità, garantendo la
realizzazione dell’interesse pubblico alla tutela della Salute.
Il terzo capitolo analizza l’informazione scientifica sul farmaco
che rappresenta il complesso di dati clinici-farmacologici che le
aziende farmaceutiche forniscono agli operatori sanitari in modo da
indirizzarli correttamente nella scelta e nell’utilizzazione del
medicinale. Dopo aver individuato gli elementi di novità apportati dal
Codice dei medicinali ad uso umano (d.lgs. n. 219/2006) alla
regolamentazione dell’informazione scientifica sul farmaco, si è
affrontato il problema relativo al coordinamento tra le norme statali e
l’operato regionale, considerato che oggi l’informazione scientifica sul
farmaco si trova a vivere in mezzo a una zona conflittuale tra il
legislatore centrale - lo Stato - e vari attori decentrati - le Regioni - che
hanno anch’essi il diritto di legiferare a tutti gli effetti.
Il quarto capitolo è dedicato all’Agenzia Italiana del Farmaco.
Partendo dalla legge istitutiva si è cercato di mettere in rilievo i singoli
aspetti in essa previsti, offrendo in particolare una descrizione
dettagliata dell’organizzazione, del funzionamento e delle competenze
di questo organismo. Si è proposta, inoltre, un’ipotesi sulle ragioni
sottese alla scelta del modello dell’agenzia e, quindi, di
un’amministrazione separata da quella statale. Infine, è stata valutata
l’istituzione dell’AIFA dal punto di vista dei suoi rapporti con gli altri
livelli di governo, diversi da quello statale. In particolare, da un lato,
viene analizzato se l’emanazione della norma istitutiva dell’Agenzia
sia avvenuta nel rispetto delle competenze legislative e amministrative
4
delle Regioni e, dall’altro, viene verificato se l’istituzione di questo
ente abbia contribuito a portare avanti il progetto della costruzione di
una rete europea di amministrazioni del settore.
Nel quinto capitolo, considerato che uno degli obiettivi
fondamentali dell’AIFA è quello di voler fare acquisire all’Italia
autorevolezza presso l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMEA) e gli
altri organismi europei e internazionali, attraverso una partecipazione
attiva al processo registrativo comunitario, si è approfondito il sistema
europeo di autorizzazione all’immissione dei medicinali, basato su
una procedura “centralizzata”, una procedura di “mutuo
riconoscimento” e una procedura “decentrata”. Inoltre, si sono
analizzati la struttura amministrativa, la regolamentazione finanziaria
e le competenze dell’EMEA, nonché il suo fondamentale ruolo nelle
suddette procedure.
5
Capitolo primo
LA STORIA DELLA LEGISLAZIONE SANITARIA
SOMMARIO: 1.1. Le prime strutture sanitarie in Italia. - 1.2. L’organizzazione sanitaria negli Stati
dell’Italia pre-unitaria. - 1.3. L’evoluzione legislativa della salute dall’Unità d’Italia sino
all’istituzione del Servizio sanitario nazionale. - 1.3.1. L’ordinamento della sanità pubblica nel
Regno d’Italia. - 1.3.2. Il periodo fascista e la creazione dell’Alto Commissariato per l’Igiene e
la Sanità. - 1.3.3. La Salute nella Costituzione Italiana. - 1.3.4. Il sistema mutualistico. - 1.3.5.
L’istituzione del Ministero della sanità. - 1.3.6. Il decennio dal 1968 al 1978: la riforma
ospedaliera e il trasferimento delle competenze alle Regioni. - 1.4. La riforma della Salute. -
1.4.1. L’istituzione del Servizio sanitario nazionale. - 1.4.2. Il riordino della sanità con il d.lgs.
n. 502/92. - 1.4.3. La riforma sanitaria ter (d.lgs. n. 229/99). - 1.4.4. I provvedimenti di
“aggiustamento” della riforma ter. - 1.4.5. La ristrutturazione del Ministero della sanità (oggi
della Salute). - 1.5. La tutela della Salute nel nuovo Titolo V della seconda parte della
Costituzione.
1.1. Le prime strutture sanitarie in Italia
La protezione della salute ha una storia di lungo periodo. Fin
dall’antichità, essa ha costituito un fine principale per i responsabili
della res publica. Infatti, i primi popoli civilizzati utilizzarono le
proprie conoscenze scientifiche accumulate, per costruire strutture
amministrative e servizi con l’obiettivo di salvaguardare la salute (da
intendersi soprattutto in termini di protezione sociale e di
sopravvivenza degli individui) della comunità. In epoca preindustriale
l’azione più significativa è sicuramente quella caritativa della Chiesa
nelle sue diverse espressioni. La Chiesa perseguiva due obiettivi:
influire sulle coscienze attraverso la predicazione affinché si rivolga
attenzione a chi era in difficoltà; realizzare strutture capaci di essere
una risposta concreta a quanti esprimevano una domanda di
accoglienza, ospitalità e cura
1
.
1
Cfr. GUIDUCCI P. L., Manuale di diritto sanitario, Milano, 1999, pag. 19; ciò è esplicato
anche in VICARELLI G., Alle radici della politica sanitaria in Italia: società e salute da Crispi al
6
Le radici dell’attuale sistema sanitario sono tuttavia da ricercare
in epoca più moderna. E’ nel corso dell’età comunale (tra la metà del
XIV secolo e i primi del XVI) che, in corrispondenza con la
formazione dei primi Stati moderni, vengono istituiti gli uffici di
sanità
2
, cioè degli istituti avanzati di organizzazione sanitaria che
producono una documentazione sulle condizioni igienico-sanitarie ed
economico-sociali del tempo. La loro finalità era quella di emanare
disposizioni di ordine pubblico per prevenire la diffusione di malattie
contagiose, limitare i danni economici conseguenti alle epidemie e
punire coloro i quali, approfittando dei periodi di peste, carestia,
eccetera, coglievano l’occasione per sconvolgere (ancora di più) la
quiete pubblica. Inoltre, i Comuni si dotano di uno strumento di
controllo e di assistenza sanitaria che è rappresentato dal medico
condotto, la cui istituzione risale all’epoca romana
3
. Con il tempo gli
uffici di sanità iniziano ad espletare anche compiti anagrafici, di
registrazione ed analisi dei decessi. Il tutto in un’opera di
fascismo, Bologna, 1997, pag. 16 dove si afferma che: “è la Chiesa, assieme alla famiglia, ad
assolvere la maggior parte delle funzioni di protezione sociale in epoca preindustriale”.
2
Cfr. BUIATTI E., GEDDES M., MACIOCCO G., Sanità Pubblica, Roma, 1981, pag. 15 che
attribuisce agli uffici di sanità le caratteristiche della magistratura ordinaria, con un proprio
organico di magistrati, tecnici (medici, chirurghi, barbieri) e sbirri.
3
Cfr. VICARELLI G., Alle radici della politica sanitaria in Italia, cit., pag. 53, dove nella nota
14 si afferma che “secondo Plinio i Romani vivono nei primi seicento anni della loro storia senza
medici e si affidano per la terapia ai semplici rimedi della medicina domestica del pater familias.
Ben prima dell’avvento dei medici, però, e certo con assai maggiore efficacia rispetto alle
condizioni sanitarie collettive, i Romani dedicano cure assidue all’igiene pubblica, che
accompagna le tappe della loro espansione imperiale costituendone un marchio e un vanto.
Quando, poi, nella Roma tardo-repubblicana e imperiale, di fronte ai problemi sanitari posti dal
rapido incremento della popolazione urbana e dalle esigenze dei ceti agiati ed acculturati, ci si
risolve all’uso dei medici e della loro arte si sceglie una strada di tipo liberistico, incoraggiando,
attraverso tutta una serie di facilitazioni e privilegi, l’immigrazione e la stabilizzazione nella città
di sempre più numerosi medici privati stranieri, soprattutto greci ma anche giudei e in qualche
caso egiziani. Mentre, dunque, nelle città ellenistiche il medico pubblico è un’istituzione ben
consolidata, a Roma i medici assumono una posizione libero-professionale seppure via via
garantita e protetta in termini giuridici e finanziari. Se in un primo tempo è la cittadinanza che
viene concessa ai medici che accettano di risiedere a Roma, in un secondo tempo, in concomitanza
con un’epoca di accentuata fiscalità, le immunitas garantiscono ai medici esenzioni da obblighi
costosi e gravosi in cambio della loro presenza. Tali immunitas vengono, nel tempo, riconosciute
ad un numero limitato di medici così che si formano collegi ristretti di sanitari autorevoli e
privilegiati scelti dai loro eminenti concittadini”.
7
coordinamento e collaborazione con le magistrature degli altri Stati
della Penisola. Successivamente nel corso dei secoli XVI e XVII si
sviluppano delle modificazioni nell’atteggiamento verso i fenomeni
morbosi e delle riforme, seppur limitate, nell’assistenza ai malati. Si
estende l’organizzazione dell’assistenza pubblica e di quella che oggi
è chiamata la rete ospedaliera, soprattutto grazie al maggiore
intervento della Chiesa e dei vari ordini religiosi. La rete ospedaliera
si amplia grazie alla costituzione di strutture destinate a scopi curativi-
assistenziali e alla creazione di reparti e interi ospedali per l’assistenza
agli infanti abbandonati e ai malati infetti
4
. Inoltre, inizia la
sistematica registrazione dei fenomeni demografici (natalità,
mortalità) e il medico si avvia a diventare il punto di riferimento
dell’organizzazione sanitaria nazionale e locale.
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, si diffonde la
tendenza ad avocare al settore laico (centrale e locale) molte delle
funzioni che in precedenza erano svolte dalla Chiesa. Infatti, da un
lato, si assiste ad un lento ed inesorabile affievolimento del fervore
religioso e, dall’altro, all’emersione di un’opinione diffusa secondo
cui la beneficenza è dovere dello Stato. Questa ultima funzione,
secondo Voltaire “basandosi sull’amore per gli uomini e sul desiderio
di rendersi utili, deve sostituirsi alla carità, che poggia essenzialmente
sulla pietà”. In questo modo, i poteri pubblici aumentano le proprie
funzioni assistenziali non arrivando, però, a coprire i nuovi bisogni
derivanti dai processi di industrializzazione. È proprio in questi anni
che si ha il primo vero esempio di legislazione sanitaria in vigore su
tutto il territorio nazionale. Esso è rappresentato dal Codice Sanitario
Napoleonico del 1806, che ebbe validità in tutti gli Stati italiani e
4
Cfr. BUIATTI E., GEDDES M., MACIOCCO G., Sanità Pubblica, cit., pagg. 15-16.
8
istituì i medici per gli indigenti e la polizia medica con una sua
direzione alle dipendenze del Ministero dell’Interno, riordinò le
misure di profilassi nella lotta alle malattie infettive, rafforzò le
misure igieniche ambientali e istituì delle Commissioni sanitarie nei
Comuni capoluoghi per consulenze e pareri alle Autorità
amministrative.
1.2. L’organizzazione sanitaria negli Stati dell’Italia pre-unitaria
All’inizio del XIX secolo nei diversi Stati italiani, grazie anche
alla diffusione del Codice Sanitario Napoleonico, compaiono le prime
vere e proprie organizzazioni sanitarie: si predispongono delle
strutture con lo scopo di prevenire, ma soprattutto curare, i fatti
pericolosi per la salute dei cittadini
5
.
Nel regno Lombardo-Veneto venne istituito il protomedico e
Venezia, in particolare, si dotò di un Magistrato di sanità marittima. Si
istituirono i protomedici subalterni denominati medici provinciali,
mentre nelle città e nei comuni minori le autorità che di solito sono
preposte all’attività amministrativa, provvedevano anche alla polizia
sanitaria
6
.
Nel Granducato di Toscana, le funzioni di provvedere alla tutela
della salute vennero affidate alle ordinarie autorità amministrative e
solo successivamente venne creata la carica di sopraintendente di
sanità medica interna. Il sopraintendente aveva le funzioni di direzione
5
Cfr. BUSNELLI F. D., BRECCIA V., Il diritto alla salute, Bologna, 1979, pagg. 44 e ss.
6
Le strutture amministrative (anche sanitarie), nel regno del Lombardo–Veneto, presentavano
una organizzazione di carattere razionale e moderno che poi venne mutuata in altri ordinamenti
italiani. Infatti, la dottrina afferma che quello del Lombardo–Veneto sia stato uno dei migliori
ordinamenti giuridici del tempo, anche in materia di organizzazione sanitaria.
9
degli ospedali e di iniziativa per mantenere e tutelare la salute
pubblica, ma erano essenzialmente delle funzioni consultive con
limitati poteri di amministrazione attiva.
Lo Stato pontificio, invece, presentava una legislazione
abbastanza compiuta. Infatti, nel 1818 venne emanato un codice
sanitario, poi integrato successivamente dal regolamento del 1831, che
prevedeva delle precise disposizioni riguardanti le precauzioni da
prendersi onde prevenire il diffondersi di malattie contagiose. Nel
1834 venne creata la congregazione speciale di sanità di cui facevano
parte tre consiglieri di sanità che venivano scelti fra esperti in
materia
7
.
Anche il regno delle Due Sicilie aveva una legislazione
abbastanza articolata. Venne creato un sopraintendente generale di
salute che doveva provvedere alla tutela della salute, svolgendo una
funzione di carattere generale. Esso si avvaleva di un organo
collegiale consultivo e di una facoltà medica, anch’essa con funzioni
consultive. A livello provinciale le funzioni sanitarie erano svolte
dagli intendenti e a livello comunale dalle deputazioni. Nel 1820
vennero poi emanati due regolamenti, uno per il servizio sanitario di
terra e l’altro per quello marittimo. Quest’ultimo regolamento costituì
indubbiamente uno dei primi costrutti normativi per la tutela della
salute contro i pericoli derivanti dai traffici per via mare.
Infine, di maggiore interesse sono le vicende del Regno di
Sardegna. Questo perché i precedenti storici di questo regno sono
direttamente collegati con le prime disposizioni normative del Regno
7
Cfr. ALESSI R., L’Amministrazione sanitaria, in Atti del Congresso celebrativo del centenario
delle leggi amministrative di unificazione, Vicenza, 1967, pag. 17 dove viene affermato che in tale
commissione per la prime volta è presente, seppur timidamente, l’elemento tecnico. Finora, negli
organismi preposti all’espletamento della funzione sanitaria erano presenti solo soggetti aventi
funzioni prettamente amministrative.
10
d’Italia. Nel 1818 venne istituito il protomedico a Torino, nello stesso
periodo in cui lo stesso istituto venne creato nel Lombardo-Veneto. A
livello provinciale venne creato un medico rappresentante con
funzioni di vigilanza sui sanitari, sui farmacisti, sui droghieri e su
coloro che preparavano prodotti medicamentosi. Nel 1831 furono
emanate delle disposizioni normative d’urgenza, per ovviare alla
grave situazione conseguente ad una epidemia colerica. Queste norme
vennero qualificate come disposizioni di polizia sanitaria, seguite nel
1833 da altre per ovviare al diffondersi di malattie contagiose degli
animali.
Dall’esame di tali norme emerge che le funzioni affidate ai
protomedici, ai medici rappresentanti, ai magistrati di sanità era
soprattutto di natura giuridico-amministrativa più che tecnico-
sanitaria
8
. Una riforma fondamentale fu attuata nel 1839, con la quale
venne ristrutturato il protomedicato e stabilita una sua organizzazione
interna abbastanza articolata. Al protomedico capo spettavano tutte le
funzioni relative alla tutela, in senso lato, della salute dei cittadini. Dal
protomedicato dipendevano poi i protomedici provinciali. Con l’editto
30 ottobre 1847 vennero creati il Consiglio superiore di sanità e i
Consigli provinciali di sanità e questo rappresenta una impostazione
determinante per il futuro delle strutture sanitarie.
Un’ulteriore riforma importante fu la legge 12 maggio 1851 con
la quale fu soppresso il protomedicato, con conseguente affidamento
delle sue funzioni ai Consigli provinciali di sanità.
8
In effetti nei diversi Stati pre-unitari si aveva, salvo alcune eccezioni, una prevalenza assoluta
dell’elemento amministrativo su quello tecnico-sanitario nell’ambito dello svolgimento delle
funzioni sanitarie. Infatti, all’apparato tecnico-sanitario erano affidate soprattutto funzioni di
carattere preparatorio e consultivo, giustificate anche dal fatto che le norme emanate dai vari
ordinamenti erano soprattutto di polizia sanitaria volte non tanto a prevenire quanto a punire fatti
pericolosi per la salute delle persone.
11
Questa rappresenta la struttura dell’organizzazione sanitaria che
sarà trasposta e poi completata successivamente nell’ambito del
Regno d’Italia.
1.3. L’evoluzione legislativa della salute dall’Unità d’Italia sino
all’istituzione del Servizio sanitario nazionale
L’unità d’Italia ha rappresentato l’evento che ha abolito la
legislazione sanitaria dei singoli Stati pre-unitari, fornendo le basi per
la previsione di un sistema assistenziale centralizzato e unificato,
almeno da un punto di vista della sua organizzazione burocratica.
Attraverso la prima legge sanitaria (legge n. 2248 del 1865, e in
particolare l’allegato C), prende corpo la beneficenza legale, che viene
ad essere erogata dallo Stato (e dai suoi organi sul territorio) o da altri
organismi extrastatali (per esempio la Chiesa) in favore di indigenti o
di particolari categorie di cittadini
9
. Questo tipo di beneficenza
all’inizio del XX secolo si trasforma in beneficenza pubblica, che
viene ad essere garantita dalle Istituzioni Pubbliche di Assistenza e
Beneficenza (IPAB). Durante il periodo fascista, l’innovazione più
significativa è rappresentata dal Testo Unico delle leggi sanitarie
(R.D. n. 1265 del 1934), mentre nel secondo dopoguerra si diffonde
un sistema basato sulla sicurezza sociale, anche se essa si trova ancora
in uno stato larvale
10
.
9
Cfr. PRIMICERIO B., Il Servizio Sanitario Nazionale: struttura, organizzazione e modelli
gestionali, Roma, 2004, pagg. 17 e ss.
10
Il concetto di sicurezza sociale si consoliderà e sarà posto alla base del Servizio sanitario
nazionale, attraverso la legge n. 833 del 1978 (la cosiddetta Riforma sanitaria).
12
Un salto qualitativo si è avuto attraverso il precetto contenuto
nell’art. 32 della Costituzione
11
, con la creazione dell’Alto
Commissariato per l’Igiene e Sanità Pubblica (decreto luogotenenziale
12 giugno 1945, n. 417), e successivamente con l’istituzione del
Ministero della sanità (legge 13 marzo 1958, n. 296). In tal modo i
problemi sanitari escono all’ambito delle competenze di polizia
sanitaria che, fino a quel momento, aveva caratterizzato l’ordinamento
sanitario italiano. Inoltre, l’assistenza ospedaliera è completamente
affidata agli istituenti Enti ospedalieri, attraverso la legge n. 132 del
1968.
Gli anni settanta sono caratterizzati dall’istituzione e
dall’attivazione delle Regioni ordinarie, alle quali vengono affidati
poteri in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera attraverso una
devoluzione dallo Stato alle Regioni delle funzioni inerenti la predetta
materia. Inoltre, vengono posti in liquidazione gli enti mutualistici,
che erano stati costituiti in epoca fascista e che avevano caratterizzato
e amministrato l’assistenza sanitaria per circa un cinquantennio.
Infine, nel 1978, con la Riforma sanitaria (legge n. 833/78) venne
istituito il Servizio sanitario nazionale e introdotta nel nostro Paese
una nuova idea di Salute.
Si cercherà di ripercorrere, nei prossimi paragrafi, tale percorso
legislativo che dall’Unità d’Italia ha portato ad un nuovo sistema
salutare.
11
Nell’art. 32 Cost. si afferma che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può
essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non disposizione di legge. La legge non
può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
13
1.3.1. L’ordinamento della Sanità Pubblica nel Regno d’Italia
A seguito dell’Unità d’Italia, si provvide all’emanazione di
alcune leggi di unificazione amministrativa del Regno. In campo
sanitario, la prima legge fu quella del 30 giugno 1861 riguardante la
sanità marittima. Il 30 novembre dello stesso anno venne poi emanato
il relativo regolamento di esecuzione
12
. Con questa legge, il nuovo
stato unitario dava esecuzione alla Convenzione di Parigi del 1852 con
la quale si era disciplinata, in modo esemplare, la materia della sanità
marittima.
Da un punto di vista dell’organizzazione burocratica delle
strutture sanitarie terrestri, si propose un sistema assistenziale
centralizzato. Attraverso la legge Rattizzi del 3 agosto 1862, n. 753, si
provvide a coordinare in un'unica disciplina le numerose istituzioni
solidaristiche presenti sul territorio, che finora avevano assicurato
l’assistenza sanitaria e sociale in favore della popolazione più
bisognosa
13
. A queste istituzioni viene concessa un’autonomia di
attività, ma vengono poste sotto il controllo del Governo attraverso gli
organi provinciali
14
.
Una completa opera di unificazione nazionale della legislazione
nei vari settori di attività dello Stato fu attuata dalla fondamentale
legge 20 marzo 1865, n. 2248, la quale prevedeva l’approvazione di
una serie di allegati contrassegnati dalle prime letture dell’alfabeto,
costituenti ciascuno un’autonoma legge. L’allegato C rappresentava il
12
Cfr. BUSNELLI F. D., BRECCIA M., Il diritto alla salute, cit., pag. 49 in cui si afferma che i
problemi sanitari vennero subito visti in relazione ai traffici per via di mare attraverso i quali erano
ipotizzabili i maggiori pericoli di diffusione di malattie epidemiche.
13
Cfr. JORIO E., Diritto Sanitario, Milano, 2006, pag. 14.
14
Cfr. FACINCANI M., SOFFIATI E., Principi di legislazione e organizzazione sanitaria
(nazionale e internazionale), Milano, 1994, pag. 41.
14
primo provvedimento legislativo “organico” in materia sanitaria, che
costituiva il punto di partenza di tutta l’evoluzione normativa
successiva, ma che risentiva ancora della legislazione piemontese
15
.
Tale articolato normativo è considerato da una parte della dottrina
16
una compiuta disciplina unitaria che regolamentava, seppur in modo
incompleto, l’organizzazione della sanità pubblica. Con tale legge
vennero abolite le precedenti legislazioni in materia dei singoli Stati
(in alcuni casi avanzate rispetto al periodo) e la tutela della salute
pubblica (che si ispirava sostanzialmente all’editto piemontese del
1847, secondo il quale la tutela della salute pubblica era affidata alle
autorità civili) viene affidata al Ministero dell’Interno. A livello
periferico, il Ministero era coadiuvato dai prefetti, sottoprefetti e
sindaci ai quali venivano affiancati, a vari livelli, organismi tecnici-
sanitari di nuova istituzione: il Consiglio superiore di sanità (presso il
Ministero dell’interno), i Consigli provinciali di sanità (presso la
Prefettura), ed i Consigli sanitari di circondario (presso ogni
Sottoprefettura), con funzione eminentemente preparatoria e
consultiva
17
. Di questi Consigli facevano parte elementi tecnici
sanitari ma il potere dispositivo verso l’esterno era demandato
principalmente agli organi amministrativi. Successivamente venne
emanata la legge 22 giugno 1874 con il relativo regolamento di
esecuzione del 6 settembre 1874 n. 2120. La normativa del 1865 e del
1874, sulla base dell’impostazione dei vecchi stati pre-unitari,
prevedevano soprattutto disposizioni di polizia sanitaria e di tutela
dell’igiene pubblica. Uniche norma in materia di assistenza sanitaria
15
Cfr. A. QUARANTA, Il sistema di assistenza sanitaria, Milano, 1985, pagg. 1-2.
16
Tra cui M. ANGELICI, Principi di diritto sanitario, Milano, 1974, pag. 5.
17
Il relativo regolamento di esecuzione del 18 giugno dello stesso anno colmò alcune lacune
della legge e aggiunse ai predetti organi le commissioni municipali d’igiene presiedute dal sindaco
con compiti analoghi a quelli che in seguito saranno attribuiti all’ufficiale sanitario.
15
erano quelle relative ai casi di malattie endemiche ed epidemiche.
Inoltre, si disciplinava l’organizzazione degli ospedali e l’esercizio
delle professioni sanitarie.
Dopo l’emanazione delle leggi e dei regolamenti del 1865 e del
1874, furono elaborati moltissimi progetti e disegni di legge che
ponevano l’accento sulla necessità di avvalorare l’elemento tecnico-
sanitario rispetto a quello prettamente amministrativo nell’ambito
delle strutture sanitarie. Tra i più importanti spiccano i progetti di
Nicotera del 1876 e quello Bertani del 1885, soprattutto per il loro
carattere innovativo
18
. Questi progetti però non vennero approvati dal
Parlamento. Nel 1887 Crispi divenne Presidente del Consiglio e volle
iniziare il suo operato con la Riforma sanitaria, perché consapevole
della necessità di colmare le carenze del settore.
18
Cfr. GIANNICO L., Amministrazione sanitaria: storia, in GIANNINI M. S., DE CESARE G. (a
cura di), Dizionario di diritto sanitario, Varese, 1984, pagg. 75 e ss., dove viene affermato che
soprattutto il progetto di Bertani del 1885 presentava aspetti anticipatori dell’organizzazione
sanitaria di un secolo dopo. Le gravi esigenze igienico-sanitarie convinsero l’allora Capo di
Governo, De Pretis, della necessità e urgenza di realizzare una efficiente rete di difesa della salute
pubblica, dando così l’incarico ad Agostino Bertani - nobilissima figura di medico e patriota- di
predisporre un progetto di “Codice per la pubblica igiene”. Nel 1885 il Bertani, dopo una
scrupolosa inchiesta personale sulle condizioni sanitarie del Regno, realizzata a mezzo dei medici
condotti, presentò il suo progetto di codice. Alla base dell’organizzazione sanitaria era posto il
“Medico condotto”, investito ad un tempo di funzione curativa e di quella preventiva, con la
qualifica e l’autorità di “Ufficiale Sanitario dello Stato”; da questi si ascendeva al medico
circondariale (all’epoca esisteva la Sottoprefettura) e quindi al Medico Provinciale, capo di ufficio
tecnico sanitario fiancheggiato, con funzioni di consulenza, da un Consiglio per la pubblica igiene.
Al centro si faceva capo al Magistrato Supremo per la pubblica igiene, assistito dal Consiglio
Superiore Centrale e da un Ufficio Tecnico. Tale consiglio doveva essere composto da
rappresentanti delle esistenti Facoltà Mediche e a sua volta presentava al Ministro dell’Interno una
terna per la nomina del Magistrato, il quale, insignito della qualifica di Sottosegretario di Stato, era
il delegato governativo davanti al Parlamento nella discussione di materie igieniche e sanitarie.
Trattatasi di una piramide tecnico-sanitaria del tutto svincolata dall’autorità amministrativa
(Sindaco, Prefetto), di estremo interesse per la sua apertura politico-progressista ma certamente
prematura di fronte alle condizioni dello Stato italiano dell’epoca. Il Codice Bertani, con poche
varianti, venne presentato al Senato, ma per la morte di De Pretis nel 1887 e per le vicende
politiche susseguite non venne approvato dal Parlamento.