2
uffici tecnici e scientifici che sono parte sostanziale dell’organizzazione di rete creata allo
scopo di poter disporre di informazioni ambientali oggettive e affidabili.
Il sistema amministrativo comunitario sta attraversando, in generale, un momento di crisi -
κρίσις nel senso greco di scelta, giudizio e discernimento - che implica un mutamento e una
crescita
1
, un’evoluzione profonda dovuta all’integrazione dei sistemi amministrativi nazionali
e comunitario che sembrano dar vita a un sistema di funzione pubblica policentrica.
Nel campo dell’amministrazione ambientale, l’evoluzione è addirittura caotica: un esempio
emblematico del cambiamento, anche enigmatico, è l’Agenzia europea dell’ambiente, soggetto
di partenza di questo studio.
L’integrazione del diritto amministrativo è motivo che consiglia un maggiore
approfondimento dell’indagine giuridica sul ruolo comunitario rivestito dall’Agenzia.
Sembrerebbe peraltro opportuno allargare il campo d’indagine e considerare alcuni problemi
al contorno come il quadro evolutivo del diritto ambientale comunitario e nazionale; le
condizioni politiche e sociali che fanno da cornice allo sviluppo dei programmi ambientali;
alcuni casi limite di problemi ambientali che possono orientare le buone pratiche; le principali
conferenze internazionali ambientali e le rispettive conclusioni; qualche spunto sulle basi etico
– filosofiche del diritto ambientale.
Naturalmente è presupposto per una corretta applicazione di qualunque disciplina che essa sia
ben conosciuta nei suoi tratti fondamentali. Il che, a sua volta, porta naturalmente al desiderio
di conoscere l'essenza degli istituti più importanti che sostengono la materia, cogliere il loro
fondamento filosofico e la valenza giuridica che da essi ne deriva, per essere coscienti della
obbligatorietà anche morale, di rispettare e tutelare l’equilibrio della natura.
Capire compiutamente quale sia la funzione amministrativa svolta dall’Agenzia europea
dell’ambiente non significa semplicemente considerare le norme comunitarie che la
disciplinano nell’ambito del diritto amministrativo dell’ambiente e sullo sfondo del diritto
internazionale ma significa comprendere la ragion d'essere del diritto ambientale ed i suoi
collegamenti con gli equilibri basilari, cui fa riferimento ad esempio la teoria dello sviluppo
sostenibile affermata nella Conferenza di Rio del ’92
2
che sembrò poter superare il dualismo
economia - ambiente.
1
Cassese, S., Crisi e trasformazioni del diritto amministrativo, Giornale di diritto amministrativo, 9/1996, p.869
2
Conferenza ONU su Ambiente e Sviluppo, Rio de Janeiro 3 - 14 giugno 1992. Rappresenta una tappa fondamentale
per l’adozione del modello di sviluppo sostenibile a livello mondiale. L'obiettivo prioritario era quello di "una nuova
ed equa partnership globale. Il summit ha rappresentato una svolta poiché risolveva il dualismo sviluppo-ambiente con
la formula dello sviluppo sostenibile.
3
Non si tratta evidentemente solo della cognizione della lettera delle leggi che disciplinano gli
organismi amministrativi, poiché, come ben si sa e ammoniva il giurista romano Celso:
conoscere la legge non è saperne le parole ma la forza e l’autorità
1
.
In questo senso, mi sembra necessario approfondire il diritto amministrativo ambientale, uno
studio stimolante per l’importanza crescente che assume la funzione di governare l’ambiente.
La materia si presenta tuttavia così ampia e articolata che è impossibile considerarla tutta in
modo esauriente e si impone una delimitazione di campo. Infatti, l’importanza primaria
dell’ambiente si riflette in una vastissima letteratura multidisciplinare collegata al diritto in
senso lato, all’etica in senso giuridico e filosofico, ai fondamenti economici delle politiche
ambientali, alle scienze esatte che da sempre si occupano dell’ambiente come natura.
Nell’ottica strettamente giuridica, numerosi studiosi
2
hanno rilevato che il diritto ambientale
si presenta dispersivo e frammentario, oltre che vasto ed anche confuso, ad iniziare dal sistema
nazionale delle fonti che “non dà certamente un’impressione favorevole a causa dei frequenti
conflitti di discipline particolari e di competenze”
3
. Nonostante gli autorevoli tentativi di
ordinamento della materia iniziati oltre trent’anni fa
4
, è opinione comune fra gli studiosi della
materia
5
che l’eccesso di complessità del sistema del diritto ambientale sia la principale causa
di inefficacia delle politiche pubbliche ambientali. Autorevole dottrina va oltre ed osserva
che
6
, in ognuno dei molteplici segmenti del diritto ambientale, si riflette una profonda lacuna
culturale nei riguardi della tutela dell’ambiente, una deficienza che marchia l’atteggiamento
dei politici – e del legislatore dunque –. Nelle tradizioni degli Stati membri sono comunque
sempre mancate norme di tutela ambientale di rango primario, oltre che nei ranghi inferiori
nella gerarchia normativa, atte a consentire la pianificazione amministrativa della tutela.
Giuridicamente quindi, il problema della scarsa effettività del diritto ambientale europeo nasce
più a monte del deficit costituzionale europeo e riguarda la mancanza di una cultura
ambientale nazionale.
L’ottica diacronica quindi, la ricostruzione dello scenario delle politiche comunitarie può
aiutare a comprendere le scelte degli strumenti amministrativi più recentemente adottati -
come l’Agenzia europea dell’ambiente - con i quali si è progettato di potere rendere effettive
le politiche ambientali comuni.
1
Cfr. Digesto 1.3.17 (Celsus): “scire leges non hoc est verba earum tenere, sed vim ac potestatem”.
2
Ferrara, R., Fracchia, F., Olivetti Rason, N., Diritto dell’ambiente, Laterza, 2000.
3
Antolisei, F., Manuale di diritto penale, vol II, i reati ambientali, Giuffrè, 2001
4
Giannini, M.S., Ambiente: saggio sui suoi diversi aspetti giuridici, Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1973
5
Cfr. Ferrara, R., Fracchia, F., Olivetti Rason, N., Diritto dell’ambiente, Laterza, 2000.
6
Ferrara, R., I principi comunitari della tutela dell’ambiente, Giappichelli, 2006
4
La Comunità europea, nata come mercato comune nell’ottica funzionalista
1
, non ebbe
inizialmente alcun interesse per l’ambiente, che non era neppure contemplato nel Trattato di
Roma del ’57.
A partire dagli anni ’70, sotto la spinta incessante degli allarmi scientifici e dei movimenti
ecologisti, si tennero i primi vertici internazionali
2
sui problemi dell’ambiente ed in tutti i
paesi industrializzati vi fu un crescente sviluppo del diritto ambientale. Nella Comunità
europea, lo sviluppo spontaneo di un diritto ambientale sussidiario accompagnò quello
nazionale fino al graduale affermarsi di un sistema generalizzato di organismi comunitari di
controllo ambientale sussidiario, sul presupposto che molti problemi della sfera ecologica
oltrepassano l’ambito d’azione dello Stato. Nello storico percorso verso l’Unione europea, si
sono poi imposte le politiche ambientali comuni, via, via tradotte nel primo pilastro per la
necessità evidente di affidare l’amministrazione pratica della materia ambientale al livello di
governo più adeguato a gestirla.
Le politiche comunitarie in materia sono quindi molto recenti, almeno rispetto alla scala dei
tempi ecologici, e infatti le relazioni periodiche dell’Agenzia europea dell’ambiente
3
mostrano un quadro ambientale
4
che non induce all’ottimismo, quanto a miglioramento della
situazione di degrado ambientale in Europa, e che non consente, per ora, di parlare di risultati
positivi ottenuti dal diritto ambientale. I dati ambientali messi a disposizione dei policy makers
comunitari e riguardanti l’ecosistema europeo e mondiale, sono ancora insufficienti
5
al fine
prefissato di aiutare l’attuazione di politiche volte a migliorare la tutela ambientale.
L’aumento del degrado è peraltro un problema mondiale
6
: Kofi Annan nel suo discorso del
2002 “Verso un futuro sostenibile”
1
, osserva che dopo il ’92 “si sperava che la protezione
1
Mitrany, D., A Working Peace System, Royal Institute of International Affairs, 1943;
Mascia, M., Il sistema dell’Unione Europea appunti su teorie attori processi, Cedam, 2001
2
Il primo vertice ONU sui problemi ambientali si tenne a Stoccolma nel 1972 (vedi cap.4). L’interesse verso i problemi
ambientali si manifestò con libri di allarme ambiente. Il biologo americano Commoner ne “Il cerchio da chiudere”,
denunciava la tecnologia orientata soltanto al profitto; Forrester e i coniugi Meadows ne “Limits to Growth”, usavano
dati del Massacchusetts Institute of Technology per dipingere scenari apocalittici.
Cfr. Nebbia, G., Rio + 10, Terza Conferenza ONU sull'ambiente. Un Bilancio a trent'anni da Stoccolma, Rivista di
Ecologia Politica, n. 1, fasc. 41, gennaio 2002, p. IX.
3
Commissione Europea, Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, Programma Ambiente 2010: Il
nostro futuro, la nostra scelta – Sesto Programma di azione per l’ambiente, Lussemburgo, 2001
http://www.europa.eu.int/comm/environment/newprg/index.htm
4
Il quadro ambientale delle relazioni dell’Agenzia è basato su dati pubblicati da Eurostat, su cui farò qualche
approfondimento nel seguito. I dati sono consultabili sul sito internet http://epp.eurostat.ec.europa.eu
5
Cfr. Kramer, L., Manuale di diritto comunitario per l’ambiente, Giuffrè, 2002, p.100. L’autore considerando i
compiti dell’Agenzia riferisce che “Complessivamente vi è una grave mancanza di dati economici, ecologici,
scientifici, legali e tecnici sull’ecosistema comunitario.”
6
Il programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente UNEP, conferma che lo "stato del pianeta sta peggiorando".
Cfr.Rapporto annuale del Worldwatch Institute, 2002, URL:
www.enel.it/it/enel/magazine/boiler/boiler82/html/articoli/FocusState-Bologna.asp;
Cfr. Bruno,K. e Karliner,J., Da Rio a Johannesburg: la decade della Globalizzazione, Food first & CorpWatch, 2002,
URL: www.corpwatch.org/campaigns/PCD.jsp?articleid=3190.
5
ambientale non sarebbe più stata considerata come un lusso o un ripensamento” (...) “che i
fattori ambientali sarebbero stati integrati nelle tematiche economiche e sociali e sarebbero
divenuti una componente essenziale nel processo politico" (…). Tuttavia aggiunge (…) “i
progressi sono stati più lenti di quanto auspicato e la situazione dell'ambiente mondiale è
ancora molto lontana dall'essere soddisfacente” e ancora (…) "nelle discussioni sulla finanza e
sull'economia globale, l'ambiente viene ancora trattato come un ospite a malapena tollerato”.
Queste parole ricordano quelle pronunciate in ambito nazionale nel ’72 da Massimo Severo
Giannini, in occasione dell’istituzione del Ministro dei beni culturali e ambientali
2
.
Se dovessimo poi basare la speranza di successo delle politiche ambientali sugli allarmi
persistenti dei non pochi scienziati che delineano scenari futuri apocalittici, allora non ci resta
che piangere: le catastrofiche previsioni dell’ultimo libro di James Lovelock
3
sembrano non
lasciare spazio alcuno alle scelte politiche ma neppure al libero arbitrio, suggerendo come
unica alternativa dell’umanità un improbabile “corso di sopravvivenza”, di fronte ad un
degrado ambientale ritenuto inarrestabile. Per fortuna, è una cattiva abitudine dell’uomo
politico, e forse anche del giurista, dubitare della veridicità assoluta dei presupposti
scientifici
4
, almeno quando non offrono vie d’uscita socialmente accettabili. In tal senso, non
c’è da stupirsi che i politici degli anni ’60, preoccupati forse più di oggi a rispondere a bisogni
primari dei cittadini, rimanessero spesso impassibili di fronte ai primi allarmi ambientali e
1
Il discorso "Verso un futuro sostenibile" pronunciato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Kofi Annan durante
la Conferenza Annuale sull'Ambiente tenutasi a New York il 14 maggio 2002, è leggibile presso il sito italiano
dell'ONU, URL: www.onuitalia.it/sviluppo/sostenibile/2002SGSM8239.html.
2
Giannini, M.S., Ambiente: saggio sui suoi diversi aspetti giuridici, Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1973
3
Lovelock,, J., The Revenge Of Gaia, London, 2006; Lovelok è uno degli ecologisti di maggiore spicco nel panorama
odierno. Nel suo nuovo libro, vi è una "guida per i superstiti dei cambiamenti climatici". Su The Indipendente, gennaio
2006, scrive: "Prima della fine di questo secolo, miliardi di noi moriranno e le ultime persone che sopravvivranno si
troveranno nell'Artico, dove il clima resterà tollerabile". Nel 70 Lovelock era stato fra gli autori dell’ipotesi di Gaia, la
Terra creatura viva, riprendendo una tesi del 1700 di James Hutton, il padre della geologia. URL:
http://www.ecolo.org/lovelock/lovebioen.htm
4
Il Regolamento istitutivo dell’Agenzia europea dell’Ambiente parla, non a caso, della necessità di assicurare dati
ambientali affidabili. Il tema sarà ripreso nei dettagli. I dati scientifici, ricordiamo, spesso si sono dimostrati fonti
erronee o esagerate.
Non è attribuibile valore oggettivo in senso politico al dato numerico, messo in discussione dagli stessi scienziati; Cfr.
Tassani, I., Teorie soggettivistiche della misurazione e psicologia scientifica, Physis – rivista internazionale di storia
della scienza, vol XLII, Olschki editore, Firenze, 2005, p. 189; per quanto riguarda il metodo di misura dei fenomeni,
cfr. le avvertenze contenute nei manuali stessi di statistica, cfr. anche, ad es. Raso, J.,Vide, M., Clavero, P.,
Estadistica basica para ciencias sociales, Ariel Geografica, Barcelona, 1987. Si impone una breve considerazione sul
ruolo rivestito delle scienze esatte nell’intero panorama della conoscenza umana, e sulle conseguenze che ne derivano
per la società; il ruolo delle scienze esatte cambia a seconda delle epoche e dei luoghi, non è assoluto né indiscutibile.
Il valore della scienza nel nostro ordinamento giuridico: per la Costituzione Italiana, art.33 c.1, “l’arte e scienza sono
libere e libero ne è l’insegnamento”. Questa libertà è relativa e trova dei limiti nel buon uso sociale che può derivare
dalle scoperte scientifiche; la libertà riguarda certamente un grado di autonomia nelle scelte di indirizzo fatte dai vertici
delle istituzioni di ricerca, ma tali scelte sono prese in un ambito sociale e devono essere finalizzate al bene comune: è
un compito politico dare questa garanzia. Da qui deriva che il ruolo della scienza è relativo al contesto sociale. Basti
citare il dibattito in corso sulle biotecnologie e sulla bioetica e la diversità dei punti di vista che emergono nei vari Stati,
a seconda delle culture e delle religioni dominanti. Infine l’attendibilità delle misure stesse dipende dal livello raggiunto
dalle conoscenze tecnologiche e scientifiche.
6
dedicassero la loro attenzione agli ecologisti solo in occasione delle catastrofi naturali
1
. Come
è stato autorevolmente affermato
2
, in una ricostruzione filologica del diritto ambientale non si
può negare che prima è venuto lo sviluppo sociale e solo molto tempo dopo, le più mature
preoccupazioni circa il prezzo da pagare per sostenerlo. Però tale prezzo non è ancora stato
determinato e neppure si può affermare che abbiano effettività entro gli Stati membri principi
riconosciuti in ambito internazionale come lo sviluppo sostenibile o “chi inquina paga”, già
statuiti expressis verbis dai Trattati comunitari
3
e considerati dal diritto internazionale delle
linea di tendenza verso un futuro diritto consuetudinario che considera un’obbligo generale
dello Stato gestire in modo ragionevole le risorse naturali
4
.
Nell’aprile 2004, dopo circa dieci anni dalla prima proposta della Commissione, è stata
finalmente adottata la direttiva n.35 del Parlamento europeo e del Consiglio che conclude l’iter
conciliativo avviato nel 2003 per giungere all’approvazione direttiva
5
volta a realizzare il
principio della responsabilità in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale.
Ora l’obbiettivo comunitario specifico è l’attuazione negli stati membri della direttiva entro il
2007.
La messa in funzione negli anni ’90, dell’Agenzia europea dell’Ambiente, con un complesso
apparato scientifico e compiti essenzialmente tecnico – informativi, conferma l’alto valore che
1
Cfr. Giannini, M.S., Diritto Amministrativo, Giuffre, 1993.
Per contro, Cfr. Dalla Costa, M. e altri, Donne, sviluppo e lavoro di riproduzione, Franco Angeli, 1998. L’A. sostiene
che le stesse politiche occidentali intese a creare le condizioni di benessere nei paesi in via di sviluppo, sono una
minaccia per gli equilibri ecologici sui quali si basa la sopravvivenza di popolazioni locali mentre le politiche di
labelling ecologico sembrano delle assurde pretese dell’occidente opulento, laddove la sopravvivenza delle
popolazioni è la preoccupazione quotidiana.
Cfr. più avanti le considerazioni riguardanti l’ambito WTO e le politiche europee verso i paesi in via di sviluppo in
Rossi, L.S., (a cura di) Commercio internazionale sostenibile? WTO e Unione Europea, Bologna, Il Mulino.
2
Ferrara, R., La tutela dell’ambiente, Giappichelli, 2006
3
Trattato CE Artt.2, 6 e 174 c.2; v. oltre i paragrafi dedicati.
4
Conforti, B., Diritto internazionale, Editoriale scientifica, 2002, § 25.3. Secondo l’autore, non sussiste attualmente un
obbligo generale per lo Stato a gestire in modo ragionevole le risorse naturali, cioè secondo il principio dello “sviluppo
sostenibile” (nel significato che esaminerò oltre e che riguarda, in ultima istanza, i diritti delle generazioni future) e
secondo il principio di precauzione (che impedisce di invocare la non sufficiente conoscenza scientifica a
giustificazione di un danno ambientale che era ragionevolmente prevedibile e prevenibile). Non vi sono prassi
consolidate tali da sostenere l’esistenza di un diritto internazionale consuetudinario in tema di sviluppo sostenibile,
anche se si può parlare con certezza di una linea di tendenza, intercettata dalla giurisprudenza della Corte internazionale
di giustizia, dall’organo d’appello del WTO, dalla Corte suprema delle Filippine. Quest’ultima in una sentenza del
1993, riconosce a un’associazione ecologista il diritto di rivendicare l’uso razionale della gestione e della conservazione
delle foreste nei confronti dello Stato, ai sensi di una norma della Costituzione filippina che, a parere della Corte,
discende direttamente dal diritto naturale. La norma statuisce che lo Stato deve “proteggere …il diritto del popolo ad un
equilibrato e salutare sistema ecologico, in conformità ai ritmi e all’armonia della natura”.
5
Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 gennaio 2002, sulla responsabilità ambientale in
previsione della prevenzione e del risarcimento dei danni ambientali COM(2002) 17 def. - Gazzetta ufficiale C 151 E
del 25.06. 2002. L’argomento verrà ripreso in seguito.
Cfr. l’articolo 174, del Trattato CE , paragrafo 2: <<La politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato
livello di tutela, tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni della Comunità. Essa è fondata sui
principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni
causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga">>.
7
viene attribuito dalla Comunità ai dati ambientali forniti dalle scienze esatte, e alla loro
corretta interpretazione al fine di consentire il raggiungimento di scelte politiche giustificate.
D’altra parte il riferimento al dato statistico o a misure di standard di vario tipo, derivanti dalla
sperimentazione tecnica e scientifica, è un’esigenza continuamente confermata dagli stessi atti
normativi comunitari
1
e la normativa di tipo tecnico sempre più spesso fa utilizzo del dato
scientifico come inappellabile punto di riferimento.
E’ stato osservato
2
che il mito dell’efficienza, l’idea dell’indiscutibilità della misura
scientifica, il pensiero economico dominante, sono elementi che influenzano sempre più il
potere politico spesso a scapito del diritto e che scelte politiche fatte sulla sola base
efficientista sono rischiose sotto il profilo giuridico, poiché nel diritto il profilo economico non
è certo l’unico elemento da considerare. Basare le scelte politiche sulla sola informazione
scientifica comporterebbe il rischio di scivolare verso una managerialità politico scientifica, in
una concezione dei pubblici poteri ispirata più all’efficienza di tipo “shumpeteriano” che al
diritto. Nel diritto ambientale europeo, il compito informativo è affidato ad un’Agenzia
indipendente ad impostazione scientifica. Il dato scientifico, anche in materia ambientale, è
base di partenza per la discussione politica ed è oggi fornito dalla rete delle istituzioni
scientifiche, EIONET, che fa capo all’Agenzia europea dell’ambiente. Se qui l’azione
amministrativa di raccolta, controllo e ordinamento dei dati è volta al compito di verificare le
misure fornite, onde evitare che scelte politiche importanti per la comunità, e molto costose, si
fondino su un puro “atto di fede”
3
, si prende atto che lo spazio ideale compreso tra
l’interpretazione scientifica del puro dato numerico e la sua eventuale traduzione normativa, è
lo spazio occupato dalle considerazioni politiche e dal bilanciamento degli interessi in gioco,
fra cui rientrano le ragioni ambientali e quelle dello sviluppo economico. A sottolineare
l’importanza del tema e la sua attualità, basti considerare che gli artt.2 e 6 del Trattato
istitutivo della Comunità europea
4
, norme contenute nella Parte prima - Principi, fanno
1
Un esempio significativo: Regolamento (CE) n. 2150/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre
2002, relativo alle statistiche sui rifiuti (Testo rilevante ai fini del SEE).
2
Cfr. Barcellona, P. e altri, Morire per Maastricht?, Ediesse - Roma, 1996
3
Il Regolamento 90/1210 del Consiglio, nei considerando stabilisce la necessità di assicurare dati ambientali affidabili.
Il tema sarà ripreso in dettaglio. Ciò conferma che i dati scientifici, spesso fonte di allarmi che hanno un forte influsso
sui policy maker europei, non sono verità assolute, come l’esperienza ha spesso dimostrato. E’ un compito politico dare
alle informazioni scientifiche un’interpretazione sociale opportuna. Spesso si impone un atto di fede nelle scienze
esatte. In questa ottica, è ancora oggi difficile capire quale sia la scelta migliore tra l’antica fede religiosa e il “mito”
della scienza sperimentale moderna. Andrebbe preso atto, con atto di umiltà, che nel corso dei secoli l’uomo è transitato
dalla dimensione magica della natura a quella scientifica secondo un percorso di sviluppo economico, ma non di
equilibrio ecologico; nei confronti della natura, la logica dello sviluppo umano, almeno quello occidentale industriale, è
stata contraddittoria perché la regolazione mitologica dei comportamenti (sul presupposto della sacralità della natura) è
stata rimpiazzata dalla prescrizione razionale e normativa di regole di condotta (sul presupposto della certezza delle
misurazioni) volto al conseguimento di un benessere artificiale, a discapito della natura.
4
L’art. 2 è stato modificato dal Trattato di Amsterdam del 1997 mentre l’art.6 è stato inserito ex novo dallo stesso
Trattato, entrato in vigore il 1° maggio del 1999.
8
riferimento al c.d. sviluppo sostenibile commisurando l’imperativo dello sviluppo economico,
ragione fondante dell’originario Mercato Comune, con le attuali esigenze europee della tutela
ambientale. Non a caso quindi, tra le politiche ambientali europee, si inserisce dal ’90
l’ufficio che dovrà fornire informazioni attendibili al decisore politico: l’Agenzia europea
dell’ambiente e la sua forma organizzativa, la rete europea EIONET; si tratta di una decisione
molto importante nel diritto ambientale poiché è una scelta di base scientifica ma polimorfica
e dai non ben definiti contorni amministrativi, i quali appaiono lasciati all’interpretazione
giuridica e organizzativa.
Il rapporto tra uomo e ambiente o se vogliamo, tra sviluppo economico e tutela dell’ ambiente,
è un problema relativo al tempo e allo spazio, come dimostra il progressivo aggravarsi dei
problemi ambientali nel corso dello sviluppo della civiltà. Si tratta oggi di trovare la
convergenza di elementi ideologici finora inconciliabili, lo sviluppo e l’equilibrio ecologico, in
vista di esigenze pratiche, secondo il principio dello sviluppo sostenibile. Trovare un
equilibrio è solo in parte un problema scientifico mentre è specialmente un problema politico e
di buona amministrazione. Alcuni studiosi vanno oltre e parlano di un sistema di nuovi
rapporti tra uomo e ambiente, di problemi etici e gnoseologici
1
. Come affermano alcuni
giuristi
2
, oggi vi è casomai l’affermazione di un antropocentrismo dei doveri verso l’ambiente,
al posto di quello dei diritti sull’ambiente, una sorta di inversione dei termini della antica lotta
per il “dominio” sulla natura. Il problema della condotta umana verso la natura, e dell’etica
che la ispira, è un tema di grande interesse ma il problema ambientale appare oggi
essenzialmente un problema politico, giuridico ed in particolare di diritto amministrativo. Si
tratta di trovare i mezzi di governo più adatti a garantire la tutela ambientale, cosa certamente
difficile dal momento che l’evoluzione della civiltà si è basata sull’aggressione illimitata delle
risorse naturali. C’è da domandarsi, guardando alle politiche comunitarie, quali metodi sia
meglio usare: continuare a privilegiare l’approccio euristico, scientifico e tecnologico, usato
1
Jonas,H., Dalla fede antica all’uomo tecnologico. Saggi filosofici, Il Mulino, 1991. Jonas afferma che nessuna etica
conosciuta in precedenza dall’uomo è adatta a fondare una compiuta dottrina dell’ambiente e che il concetto di bene
non è più così immediatamente collegabile all’individuale e al sociale, a causa dell’agire tecnologico che amplia la
magnitudine delle conseguenze del lavoro umano e riduce invece la scala dei tempi politici necessari a far fronte ad
eventuali rimedi. Si renderebbe così necessaria un’etica nuova che tenesse conto delle generazioni future e della natura
stessa come nuovo soggetto di diritto. Si possono muovere alcune critiche a queste tesi: in primis, l’etica occidentale e
cristiana ha affermato l’esistenza di un rapporto stretto tra uomo e ambiente naturale fin dal 1200, con San Francesco
d’Assisi e San Antonio da Padova, che si rivolgevano alla natura come ad un soggetto vivente. In secondo luogo non
possiamo negare che tutto il percorso della civiltà occidentale fu, in fondo, una lotta crescente dell’uomo contro
l’ostilità degli elementi naturali che egli cercò di dominare o quantomeno di adattare alle sue esigenze. Questa lotta
semplicemente continua, prova ne sia che gli strumenti di lotta continuano ad essere scienza e tecnologia, in forme
sempre più sofisticate ed aggressive. Infine vale la pena rammentare che il concetto del diritto delle generazioni future
compare già nell’Eneide di Virgilio e Marziale negli Epigrammi Libro sesto - ringraziava Cesare “…Caesar, populisque
futuris succurris, nasci quo sine fraude lubes…” per aver introdotto la lex iulia che proibiva l’adulterio e la castrazione,
ed essere venuto così in soccorso alle generazioni future.
2
Ferrara, R., Fracchia, F., Olivetti Rason, N., Diritto dell’ambiente, Laterza, 2000
9
finora nell’avventura dello sviluppo incontrollato? O invece, fare spazio ad un sincretismo
giuridico – razionale, guidato dalla dialettica del procedimento amministrativo e dalla logica
della certezza del diritto verso tutti i soggetti coinvolti?
Il problema della compatibilità del metodo scientifico con le responsabilità relative alla tutela
dell’ambiente è emerso nel corso della preparazione de le Charte de l’envionment adossèe à la
Constitucion, entrata in vigore in Francia il 1 Marzo 2005. La componente scientifica della
Commissione Coppens
1
ebbe ad osservare che la scienza non tollera attribuzioni di
responsabilità. Ciò si ricollega ad un acceso dibattito multidisciplinare oggi in corso, sul ruolo
della scienza nella società e sul grado di libertà di cui “è conveniente” che la scienza debba
godere. Una riflessione approfondita sulla inconciliabilità tra esplorazione dell’ignoto e
pretese di prudenza scientifica, suggerirebbe molti interrogativi.
Per esempio, nella buona amministrazione dell’ambiente c’è spazio per le sfide all’ignoto?
Su quali responsabilità è meglio basare le scelte ambientali, dal momento che la scienza è
ontologicamente irresponsabile delle conseguenze delle scoperte?
La responsabilità e l’obbligo di risarcimento del danno ambientale possono forse imporsi,
senza un idoneo procedimento amministrativo, il cui fine sintetico sia la tutela dell’ambiente
nella sua globalità e la cui scansione procedimentale costituisca la garanzia per i soggetti
coinvolti dalle decisioni e in generale per i principi di democrazia?
Piano di lavoro e metodo espositivo
I criteri dottrinali di ordinamento delle conoscenze esigono anzitutto che si proceda
all’elencazione delle fonti della materia in esame e alla loro esegesi, secondo una sistematica
giuridica che riposa sul presupposto che il diritto deriva dalla norma, nei sistemi di diritto
positivo.
Un’avvertenza riguarda intanto il fatto che le tassonomie giuridiche tradizionali non sempre si
adattano alle esigenze del diritto dell’Unione e delle comunità europee, un ordinamento
giuridico peculiare il cui diritto deriva da fonti eterogenee.
Nel rispettare i classici criteri giuridici che consigliano di anteporre le fonti del diritto alla loro
esegesi e ad ogni altra considerazione dottrinale, giuridica, sociale ed economica, corre
1
I lavori della Commissione diretta da Yves Coppens per la preparazione della Carta costituzionale francese
dell’ambiente, approvata nel febbraio 2005, hanno fatto emergere molti dubbi specialmente da parte scientifica sui
principi di responsabilità e precauzione, che sarebbero principi antiscientifici, capaci di minare alle basi l’attività di
ricerca, perché caricherebbero sul mondo scientifico il fardello delle responsabilità conseguenti alle scoperte pericolose.
Questo porterebbe la scienza all’inazione, secondo le affermazioni della Commissione.
10
l’obbligo di ricordare che il diritto ambientale europeo è una materia oggi in fase di piena
evoluzione amministrativa.
Le politiche comunitarie dell’ambiente sono divenute materia del “primo pilastro” con l’Atto
Unico dell’87 e anche se l’istituzione dell’Agenzia europea per l’ambiente e della rete
europea di informazione ed osservazione ambientale (EIONET) risalgono al 1990, sono state
rese operative solo dal 94. Inoltre il principio dell’integrazione delle politiche ambientali nelle
altre politiche comunitarie è divenuto diritto comunitario solamente nell’Ottobre ’97, ad opera
dal Trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1 maggio 1999.
Sono atti, specialmente l’ultimo, che modificano sostanzialmente le ragioni storiche -
puramente economiche - dell’originario Mercato comune.
Sembra dunque importante capire la ratio e gli obbiettivi degli importanti mutamenti degli
ultimi anni e la collocazione della materia nel quadro evolutivo complessivo delle politiche
comunitarie, dunque si rende necessaria una considerazione diacronica del diritto e delle
politiche di settore, ad iniziare dall’istituzione di un’Agenzia indipendente che indubbiamente
pone un assioma basilare a capo delle decisioni politiche da prendere dalla Comunità nel
settore ambientale.
Vi sono poi aspetti che portano a privilegiare lo studio della disciplina ambientale come
scienza giuridica più che come autonomo ramo del diritto, quali il forte carattere
interdisciplinare, la sua origine moderna a connotazione soprannazionale, la tendenza ad
assegnare un primato agli interessi collettivi, lo scopo di regolare le condotte attraverso la
conoscenza degli equilibri sostenibili economia-ambiente.
Un’avvertenza particolare riguarda il fatto che la materia in esame è in una fase di grande
evoluzione, per cui assumono una certa importanza anche quelle politiche comunitarie che
consistono negli orientamenti e nelle proposte della Commissione e negli atti del Consiglio
europeo che precedono il diritto derivato vero e proprio, l’enunciazione di nuovi principi o
l’avvio di strategie in materia ambientale. Tali politiche, costituiscono una mole
impressionante di decisioni, posizioni comuni ed informazioni nella materia trattata, che mi
sembra necessario in qualche modo riportare, seppure sinteticamente. Con quello che potrebbe
a volte sembrare uno sterile susseguirsi di notizie, in realtà si è cercato di ricostruire le fasi di
sviluppo delle politiche o dei principi ambientali.
In ambito comunitario ha una particolare importanza la giurisprudenza della Corte di Giustizia
delle comunità europee oltre agli accordi internazionali cui la Comunità ha partecipato fin dal
1972, anno in cui si tenne lo storico vertice ONU di Stoccolma sui problemi ambientali, fino
alla Conferenza delle Parti che, nella terza sessione plenaria del dicembre 1997, ha approvato
11
il “protocollo di Kyoto”, aperto alla firma nel marzo 1998. Molti obbiettivi ambientali delle
politiche europee seguono infatti le indicazioni conclusive dei summit internazionali sui
problemi ambientali.
L’approccio cronologico alle politiche comunitarie dell’ambiente è un’esigenza confermata
dall’ordine espositivo di molti autori esaminati e giustificato anche dalla generale natura
“stratificata” dell’ordinamento giuridico comunitario, come si evince anche dagli art.5 e 6 del
Trattato sull’Unione europea
1
che fondano l’Unione sui preesistenti principi comuni agli Stati
membri e sui diritti fondamentali riconosciuti dal diritto internazionale.
Per esigenze di chiarezza espositiva, verranno affrontate e menzionate solo le principali fonti
giuridiche comunitarie della materia trattata, fra il numero sterminato di cui si riporta
comunque in nota un’indicazione ove possibile. A motivo della notevole estensione del diritto
ambientale, è inevitabile rinviarne l’esegesi ad altri testi laddove non se ne presenti la stretta
necessità e nel rispetto dell’antico principio in claris non fit interpretatio.
Presenterò subito l’Agenzia europea per l’Ambiente e, nell’ordine, esaminerò funzioni e
compiti della rete ambientale europea e dell’Agenzia; descriverò il quadro istituzionale attuale
dell’Unione in campo ambientale; cercherò di fare una panoramica diacronica sull’evoluzione
del diritto amministrativo europeo, sulle sue implicazioni negli attuali programmi ambientali
della Commissione e sui vincoli derivanti dagli accordi internazionali che vincolano la
Comunità europea. Non si può omettere dunque, una parte per quanto ristretta riguardante il
diritto ambientale comparato e alcuni accenni alle convenzioni internazionali in materia
ambientale.
Il lavoro prende atto delle tensioni “universalistiche” affermate da quegli studiosi di diritto
ambientale che manifestano esigenze di superamento delle oramai obsolete distinzioni
settoriali della materia ambientale, sia rispetto alle altre politiche, sia come rigida divisione
interna in settori ambientali. Peraltro, esigenze unificatrici della materia sono state affermate
1
Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992,
Articolo 5: Il Parlamento europeo, il Consiglio, la Commissione, la Corte di Giustizia e la Corte dei Conti esercitano le
loro attribuzioni alle condizioni e ai fini previsti, da un lato, dalle disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità
europee, nonché dalle disposizioni dei successivi trattati e atti recanti modifiche o integrazioni delle stesse e, dall’altro,
dalle altre disposizioni del presente trattato.
Articolo 6
1. L'Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e
dello stato di diritto, principi che sono comuni agli Stati membri.
2. L'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario.
3. L'Unione rispetta l'identità nazionale dei suoi Stati membri.
4. L'Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche.
12
da tempo
1
di fronte all’evidenza che i problemi di equilibrio ecologico riguardano l’intera
biosfera.
Del resto è opinione comune degli studiosi della materia, che la disarticolazione del diritto
ambientale, nazionale e comunitario, causa profondo disagio. Ipertrofia normativa e scarsa
effettività delle norme, superano i normali livelli imputati alla normazione in altri campi
2
, e
sono d’ostacolo al raggiungimento di risultati soddisfacenti nella tutela ambientale.
Non mancano ad esempio, da parte degli studiosi tedeschi, vigorosi tentativi di preparare un
codice di diritto dell’ambiente (vedi parte compartiva).
A livello comunitario la tendenza ad universalizzare le politiche ambientali si rivela, tra l’altro,
con il significativo inserimento nel Trattato comunitario, nel 1997, del principio d’integrazione
delle politiche ambientali. Si tratta di una risposta politica chiara ai fallimenti dello sviluppo
sostenibile, che intercetta nella separazione delle politiche ambientali la causa prima delle
difficoltà di attuazione del principio.
Questi temi sono collegati in via di principio alla funzione informativa svolta dall’Agenzia,
funzione che non può certamente ignorare il senso delle scelte politiche da cui deriva.
Le politiche europee attuali e le concrete scelte organizzative che ne derivano, fra le quali
ricadono appunto l’Agenzia europea dell’ambiente e la rete EIONET, si inseriscono in una
serie di accordi internazionali vincolanti per la Comunità riguardanti il diritto ambientale, e ne
sono fortemente influenzate nel loro sviluppo. Lo stesso può dirsi anche dei problemi che
emergono nella sede della Organizzazione mondiale del Commercio.
Nell’ottica di una tesi di diritto amministrativo avanzato è sembrato quindi necessario capire il
mandato originario della funzione informativa svolta dall’Agenzia anche facendo qualche
riferimento agli impegni internazionali che guidano a monte la sua opera concreta di raccolta
di dati ambientali, pur attraverso il filtro delle sovrane scelte operate dalle politiche europee.
1
Per citare solo alcuni nomi: Cfr. Giannini,M.S., Ambiente: saggio sui suoi diversi aspetti giuridici, Rivista trimestrale
di diritto pubblico, 1973; Ferrara,R., Fracchia, F., Olivetti Rason, N., Diritto dell’ambiente, Laterza, 2000;
Cordini,G., Diritto ambientale comparato, Cedam, 2002; Domenichelli,V., e Altri, Diritto pubblico dell’ambiente,
Cedam, 1996; De Carolis,D., Ferrari,E.,Police,A., (a cura di), Ambiente, Attività Amministrativa e Codificazione,
Giuffrè, 2006.
Per fare un esempio, le disposizioni adottate per proteggere la fascia d’ozono potrebbero ricadere sia sotto
“inquinamento chimico dell’atmosfera” che “protezione dell’ambiente naturale” che anche “mutamenti climatici” o se
si vuole “controllo sulla gestione dei rifiuti”. Molte misure che sono strettamente connesse con l’ambiente, come
l’agricoltura, i trasporti e le politiche regionali, sono normalmente omesse, per ragioni di semplificazione, benché
possano avere effetti sostanziali sulle politiche ambientali.
2
Per i difetti tradizionali, cfr. Pagano,R., Introduzione alla logistica, l’arte di preparare le leggi, Giuffrè, 2001;
Modugno,F., Trasformazioni della funzione legislativa II, crisi della legge e sistema delle fonti, Giuffrè, 2000. Tra gli
autori classici ricordiamo gli studi sui difetti intrinseci del diritto di Muratori,L.A., Dei difetti della giurisprudenza,
Modena, 1742; Montesquieu, De l’eprit des lois, 1748; Bentham, J., Introduzione ai principi della morale e della
legislazione, 1789; Bacon, F., Aforismi, 1636.
13
Cercando di andare oltre la mera presa d’atto descrittiva di organi comunitari e di compiti
tecnici, ai temi sopra accennati sono state dedicate alcune parti del lavoro, seppure limitate al
minimo, ed i numerosi, inevitabili riferimenti, dove possibile sono stati confinati nelle note.