posizione strategica in un’area che ha assunto un’importanza diversa in
base ai vari periodi storici..
Nell’analizzare la situazione afghana vanno quindi presi in
considerazione diversi aspetti e condizionamenti scaturiti dalla lotta tra le
istituzioni statuali e la società , da sempre fedele alle sue strutture
tradizionali, per la conformazione del territorio, per la forte realtà della
religione islamica e per la frammentarietà etnica.
Un’antica storia afghana racconta, infatti, che quando Dio creò la terra
decise anche dove piazzare i diversi paesi: qui l’Italia più, su la Germania
per infilarci poi l’Austria e la Svizzera; alla fine Dio si trovò ad adattare
un po’ i confini, limitando e tagliando, in modo da incastrare tutti i paesi.
Alla fine si trovò con tanti ritagli e li gettò nel buco che sul mappamondo
era rimasto vuoto tra l’Asia centrale e il subcontinente indiato, e disse
“Questo è l’Afghanistan”.
9
1. QUADRO DI RIFERIMENTO
1. Afghanistan crocevia dell’Asia
L’Afghanistan, intersezione geografica tra l’altopiano iranico, il
subcontinente indiano e l’Asia centrale, emerge nella geografia politica
solo nel 1747 e prima di tale data la sua storia si intreccia con quella
dell’Asia
1
.
La regione occupata dall’attuale Afghanistan ha fatto parte di diversi
imperi che avevano il centro nella Persia, in India o nell’Asia centrale:
l’impero seleucida, greco-bactriano, indo-greco, mauryano, saka,
kuschano, sassanide, eftalita, hindushano, e poi dei primi arabi
musulmani abassidi, samanidi e saffaridi , e ancora l’impero turco,
ghaznavide, mongolo, timuride, safavide e moghul
2
. Pertanto il territorio
afghano è stato teatro di invasioni e conquiste, baricentro e svincolo della
via della seta, cerniera e vettore fra culture diverse: mai zona periferica
ma spesso zona di passaggio.
Nell’antica Bactriana maturò il pensiero di Zarathustra fondatore della
prima religione monoteistica che la tradizione vuole sia morto nella città
di Balkh (522 a.C.), secondo l’Unesco una della più antiche città del
mondo le cui rovine sono ancora oggi visibili a pochi chilometri da
10
Mazar-i-Sharif
3
. Dallo zoroastrismo derivò molto dell’ecumenismo
achemenide, a sua volta matrice di buona parte dell’evoluzione culturale
dell’Altopiano iranico. Alessandro Magno (conosciuto col nome di
Iskander) ne fu l’erede e il continuatore, introdusse nella regione forme
politiche e modelli culturali greci, che furono premessa dell’incredibile
fioritura dell’arte del Gandahara, espressione culturale dell’impero dei
Kuschana. La regione diventò centro irradiatore di tecniche e invenzioni
artistiche che raggiunsero la Cina dove, ad esempio, lo stupa afghano
rimaneggiato divenne la pagoda a più piani. Si rifondò alla base il
Buddismo per diffonderlo fino al Giappone: gli artisti del Gandahara,
pregni di cultura classica, assimilarono all’Apollo-Helios il significato
del Buddha e scolpirono i colossi di Bayman, le oggi tristementi famose
statue dei Buddha
4
.
Dopo la distruttiva parentesi dell’invasione eftalita, irruppero gli
Arabi (VII sec. d.C.) che diffusero la religione islamica nella regione
impregnandola di nuovi elementi di cultura che sbocciarono in una
civiltà arabo-persiana e persiano-islamica di cui sono testimoni il medico
Avicenna, il matematico Algoritmus e l’astronomo Albumasar
5
.
Nel 1221 si abbatterono sull’attuale Afghanistan le orde di Gengis
Khan: fu il massacro totale con la distruzione dei qanath, la rete dei
canali sotterranei che portavano vita alle terre desertiche, e dei principali
11
centri come Balkh ed Herat. Nel secolo successivo Tamerlano creò un
vasto impero che andava dalla Russia alla Persia con capitale
Samarcanda nell’attuale Uzbekistan e diede inizio, dopo la parentesi
mongola, a un processo di rinascita culturale tanto che durante il khanato
dei suoi eredi la capitale dell’impero timuride fu trasferita ad Herat
6
.
Dopo il declino dell’impero timuride all’inizio del XVI secolo,
l’impero indiano dei moghul e l’impero persiano dei safavidi si
scontrarono per il controllo dell’Afghanistan, la disputa terminò solo con
la decadenza dei due imperi all’inizio dell’VIII secolo dalla quale nacque
la confederazione che poi diede vita all’Afghanistan moderno
7
. Gli
Abdali (Durrani) e i Ghalzay, due tribù di etnia pushtun, riuscirono,
infatti, ad imporre la supremazia sul territorio e nel 1747 Ahmad Shah fu
nominato dalla loya jirga, l’assemblea tradizionale che riuniva le diverse
tribù, capo della confederazione dei Durrani
8
.
12
2. L’Afghanistan “è” la sua geografia
Il complesso aspetto orografico della regione ha condizionato, nel
corso dei secoli, la storia della regione e non è possibile prescindere da
questo elemento naturale per la comprensione e la razionalizzazione
degli eventi. L’Afghanistan geograficamente rappresenta un passaggio
obbligato per raggiungere dall’altopiano iranico le basse terre a
settentrione del sub-continente indiano e per collegare quest’area con le
terre piane di quello che è oggi il bassopiano turanico con al centro il
lago d’Aral
9
. Una sorta di crocevia a cavallo di poderose catene
montuose, con pochi passi e gole strettissime, lungo le quali corrono le
vie di comunicazione
10
.
Tutti i confini afgani sono stati tracciati a tavolino con l’idea di
costruire uno stato cuscinetto: ciò spiega il curioso becco d’anatra nel
Nord-Est a confine con la Cina (il Wakhan); l’unico confine che
possiamo considerare naturale è quello settentrionale segnato dell’ Amu
Darya, l’antico fiume Oxus di Alessandro Magno e Nilo dell’Asia
centrale
11
.
L’Afghanistan è esteso due volte e mezzo l’Italia, ma solo il 13 % del
territorio è coltivabile perchè il 75% è ricoperto da deserti e montagne e
il resto è terra adibita al pascolo (si stimano 20 milioni tra pecore e
13
capre)
12
. Una grande barriera montuosa, l’Hindokush, separa la zona
settentrionale da quella meridionale, che è più vasta ma più arida; mentre
la zona orientale gravita più direttamente sulle pianure dell’Indo
raggiungibili attraverso lo storico passo Khybar ed altri varchi minori
13
.
La modernizzazione in senso urbano è stata sino ad oggi esigua:
l’unica grande città è Kabul, che ha avuto uno sviluppo rapidissimo nel
corso degli ultimi decenni del secolo scorso. Nel 1960 aveva non più di
300 mila abitanti, oggi divenuti forse due milioni, rappresentati in buona
parte da profughi in fuga dalle regioni devastate dalla guerra. Il centro
della città è occupato dal bazar, luogo di traffici d’ogni sorta, leciti o
meno leciti, che riguardano sia prodotti industriali d’importazione sia
prodotti dell’artigianato e dell’industria locale. Le altre città che contano
sono Herat ad ovest, Mazar-i-Sharif a nord, città santa, sede di un
frequentato santuario e di un importante bazar, e Kandahar a sud, prima
capitale dello stato afghano agli inizi dell’Ottocento e direttamente legata
al Pakistan attraverso il Passo di Quetta
14
.
14
3. Il puzzle afghano
L’Afghanistan non è mai stato uno stato nazionale nel senso proprio
del termine, piuttosto una confederazione tribale e multietnica in precario
equilibrio ove le solidarietà etno-tribali e claniche hanno giocato un ruolo
decisivo nelle sorti del paese. L’identità nazionale afghana si è
manifestata, più che in senso aggregativo, nel fatto di essere tutti
d’accordo che nessuno possa interferire nelle dispute interne al paese. La
geografia del paese dal punto di vista umano è, inoltre, fortemente
condizionata dalla prepotenza del disegno fisico che certo non ha aiutato
la fusione delle diverse etnie
15
.
Il principale gruppo etnico è quello dei pushtun detti anche pakthun, a
cui stime contrastanti assegnano tra il 44% e il 55% della popolazione:
sono, quindi, l’etnia dominante che da sempre esprime emiri, re,
presidenti e primi ministri. I pushtun sono musulmani sunniti di lingua
pashtu che è un idioma indoeuropeo del gruppo indoiranico ed è anche la
lingua ufficiale del paese. Stanziati nelle regioni orientali e centro-
meridionali del paese, i pushtun dell’Afghanistan condividono lingua,
costumi e consuetudini tribali con i pusthun abitanti nel Pakistan che,
però, rappresentano solo il 13% dei pakistani. Questa artificiosa
15
separazione è dovuta alla cosiddetta linea Durand, dal nome dell’inglese
che tracciò il confine tra l’Afghansitan e l’allora India britannica.
Storici rivali nel contendere, perlopiù con scarso successo, l’egemonia
ai pushtun sono i tagiki, tra il 20 e il 25 % della popolazione, agricoltori
sedentari stanziati nel Nord-Est del paese e nella provincia occidentale di
Herat. Sono musulmani sunniti che parlano il dari, la lingua franca
dell’Afghanistan, variante del farsi del vicino Iran e considerato lo
strumento principale di comunicazione tra le diverse etnie.
Situati a sud dell’Hindukush, nel massiccio centrale dell’Afghanistan,
vivono gli Hazara che rappresentato circa il 12-14% della popolazione;
parlano il dari, hanno caratteri somatici mongoli che li fa ritenere
discendenti dei guerrieri dell’esercito di Gengis Khan, inoltre, sono
l’unica etnia a maggioranza sciita, pertanto risentono dell’influenza
politico-religiosa iraniana.
Turcofoni sono invece gli uzbeki e i turkmeni: i primi rappresentano
circa l’8-10% della popolazione, sono agricoltori sedentari e vivono a
Nord, nella regione di Mazar-i-Sharif mentre più a Nord-Ovest vivono i
turkmeni che rappresentano circa il 2.5%. Vi sono poi minoranze di
aimaq, di farsiwan, ossia gente di lingua persiana che vive al confine con
l’Iran e, ancora, piccole minoranze di baluci, abitanti nell’estremo Sud
del paese, e di nuristani stanziati a Nord-Est di Kabul nel Nuristan
16
. Di
16
particolare interesse la storia di questi ultimi: fino alla fine dell’800,
infatti, erano chiamati kafiri (infedeli) perché di religione pagana finché
l’intransigente emiro di Kabul, Abdul Rahman, lanciò contro di essi una
serie di sanguinosi attacchi militari con l’obiettivo di convertirli all’Islam
e una volta convertiti furono ribattezzati nuristani e la loro terra Nuristan
(terra della luce)
17
.
4. L’impronta dell’Islam
L’Afghanistan è un paese musulmano in cui lo stato è percepito come
esterno alla società e in cui la fedeltà va al gruppo comunitario; l’Islam,
quindi, resta il solo riferimento comune per tutta la popolazione. E’
troppo poco dire che la religione impregna la vita del contadino: essa
fornisce, infatti, l’orizzonte intellettuale, il sistema dei valori e il codice
di comportamento quale che sia il sistema tribale
18
.
La diffusione verticale dell’Islam risiede nella sua capacità di
mobilitazione popolare e di creazione di un centro carismatico, di
simbologie, di pratiche contestatarie dell’ordine sociale e politico
19
.
Tuttavia, il radicamento sociologico della religione differisce a seconda
degli ambienti (tribali, non tribali, contadini, cittadini), come allo stesso
17
modo variano i riferimenti ideologici alla religione (laici,
fondamentalisti, tradizionalisti , riformatori). Si avranno, quindi, forme di
religiosità, figure e dinamiche diverse
20
. Quello che è da notare,
comunque, è la mobilitazione dei credenti in risposta a situazioni di crisi
o di mutamento dell’equilibrio sociale considerato: il leader religioso si
inserisce nel complesso gioco dei rapporti politici, facilitato anche
dall’agire in una società dove la delimitazione fra potere secolare e
spirituale non è ben chiara
21
.
La religione viene ad assumere un ruolo importante anche come
elemento ideologico nei giochi di potere: così l’apparire buoni
musulmani aumenta il credito dei governanti presso il popolo mentre
l’avversario politico, sia esso un individuo o una tribù ostile, viene
presentato come empio o cattivo musulmano
22
.
La ricerca di un’unità di azione nel nome del Corano non va neanche
sopravvalutata, infatti, mostra i suoi limiti una volta finito l’effetto
polarizzante di una crisi: il cemento islamico in pratica non riesce a
superare la naturale frammentazione delle tribù come ben dimostrato
dalle rivalità tra le varie bande di mujahideen sia durante che dopo la
guerra con l’Unione Sovietica
23
.
18
Note
1
S. Stocchi, Afghanistan nel cuore della storia, Jaca book, Milano 1980, p. 3.
2
L. P. Goodson, Afghanistan’s endless war, University of Washington Press,
Seattle 2001, p. 26.
3
A. Hyman, Afghanistan under soviet domination 1963-1983, Macmillan, London
1984, p. 3.
4
G. Bruckmann, A. Amirian, Afghanistan: per saperne di più, Comitato italiano
Helsinky, Roma 1991, pp. 5-6.
5
Ibid.
6
Ivi, p.7.
7
A. Hyman, op. cit., p. 4.
8
Ibid.
9
R. Redaelli, Teoria e prassi, la dottrina classica del jihad e una fra le sue
molteplici esperienze geografico-culturali: l’Asia centrale, Cemiss, Roma 1991,
n.33, Vol. II, p. 116
10
Fra le principali: l’Hindokush, partente dall’estremità occidentale dell’Himalaya
(Pamir) e corrente lungo il 68° di longitudine; il Koh-e-Baba, tendente ad Ovest
fino alla città di Herat; i monti Sulaiman, formanti l’ossatura delle alte terre del
Baluchistan afghano.
11
E. Turri, L’Afghanistan è la sua geografia, “Limes”, suppl. al n. 4, 2001, p. 56.
12
A. Hyman, op. cit., p. 9.
13
E. Turri, op. cit., p. 56.
14
Ivi, p. 58.
15
M. Armellini, La posta in gioco è il controllo dello Heartland, “Limes”, suppl. al
n. 4, 2001, p. 44.
16
Ivi, pp. 44-45.
17
R. Redaelli, op. cit., p. 121.
18
O. Roy, Afghanistan: l’Islam e la sua modernità politica, Ecig, Genova 1986, p.
56.
19
Z. Dhaouadi, L’integralismo islamico tra tradizione e rinnovamento, “Politica
internazionale”, n. 6, 1985, p. 74.
19
20
O. Roy, Op. cit., p. 56
21
R. Redaelli, op. cit., p. 131
22
Tattica utilizzata dai leader comunisti dopo l’invasione sovietica, cfr. N. Ahmad,
I fanatici bellicosi contro i musulmani afghani, “L’Afghanistan oggi”, suppl. al n.
23 di “URSS oggi”, 1986, pp.18-19.
23
Ivi, p.132.