INTRODUZIONE
L'evoluzione del concetto di pena, trattamento, osservazione e partecipazione.
Questo studio tenta di ricostruire la disciplina generale dell'affidamento in prova, quale misura
alternativa alla detenzione carceraria, predisposta nei confronti di un condannato che partecipando
all'opera di rieducazione si dimostri idoneo secondo dei profili formali e sostanziali e meritevole dal
punto di vista soggettivo, quindi secondo un analisi prognostica favorevole e constante nella sua
condotta. I punti cruciali della trattazione in esame verteranno sui concetti che stanno alla base della
concessione dell'istituto analizzando nello specifico gli elementi essenziali che si correlano alla
cosiddetta probation
1
. Completando con un piccolo excursus storico dell'istituto, che ci permette di
intuire le intenzioni ampliative del legislatore in merito all'applicazione della misura sia grazie al
contributo iniziale dato dalla giurisprudenza nazionale sia successivamente grazie agli interventi
comunitari che hanno vincolato l'Italia ad aderirvi, si passerà ad analizzare nello specifico i vari profili
giuridici della misura alternativa in esame.
L'attuale concezione rieducativa del trattamento penitenziario è il risultato del processo teorico-
evolutivo della pena. Il problema penitenziario sorge dal momento in cui la società giuridicamente
organizzata, evocando a sé la funzione punitiva, stabilisce sanzioni penali per i violatori della legge
2
;
in tempi in cui la pena era avvertita come faida sociale e le leggi erano dirette ad annientare l'uomo nel
delinquente tale problema era sentito unicamente dal punto di vista della custodia.
È soltanto nella seconda metà del 18° secolo che sorse, ad opera di Cesare Beccaria in Italia con il suo
<<Dei delitti e delle pene>> del 1764 e di Giovanni Howard in Inghilterra con la sua non meno
celebre opera <<Lo stato delle prigioni>> del 1776, un movimento diretto alla trasformazione delle
prigioni da luoghi di abiezione e di crudeltà in luoghi di rigenerazione.
I sistemi progressivi miravano ad incitare il condannato a collaborare al miglioramento della sua vita
detentiva ed a partecipare all'opera di risocializzazione attraverso l'impegno di osservare determinate
regole di comportamento utili tanto alla sua crescita personale quanto al giudice per valutare
positivamente la sua condotta. Era un sistema rivoluzionario che spostò la questione carceraria
all'attenzione delle strutture circondariali, in relazione a quelli che sono i diritti dell'uomo detenuto
1 “È la prova predisposta dal giudice e, svolta dal condannato durante l'espiazione della misura, tenuta sotto stretto controllo
dall'ufficio di esecuzione penale esterna.” L’espressione, ormai di uso comune, è bene spiegata da M. MONTAGNA, Sospensione
del procedimento con messa alla prova e attivazione del rito, in C. CONTI-A. MARANDOLA-G. V ARRASO, Le nuove norme
sulla giustizia penale, Padova, 2014, p. 370, che distingue tra probation processuale e probation penitenziaria, riconducendo al
primo l’affidamento ai servizi sociali e al secondo la messa alla prova.
2 C. SERRA, Psicologia Penitenziaria, sviluppo storico e contesti psicologico-sociali e clinici, III edizione, Giuffrè Milano 2003, p.
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della sua immagine e della sua importanza al suo inserimento all'opera di rieducazione, basata
essenzialmente su quel presupposto oggettivo inteso come partecipazione all'opera di recupero che si
fonda sull'applicazione di un trattamento individualizzante
3
unico e irripetibile
4
.
La scienza penale e penitenziaria si è in questo modo arricchita di nuovi concetti tra i quali:
l'individuazione delle pene per categorie di delinquenti, la pericolosità sociale del delinquente che ha
introdotto le misure di sicurezza nella legislazione penale
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, la rieducazione sociale dei delinquenti, etc.
Il Codice Rocco e il Regolamento per gli istituti di prevenzione e pena del 1931
6
contengono i primi
riferimenti espliciti ai concetti di recupero e di rieducazione dei detenuti da attuarsi attraverso un
trattamento penitenziario che doveva basarsi sul lavoro, l'istruzione civile e l'educazione religiosa
7
.
Nel 1934 con la legge n. 1404 venne istituito il Tribunale per i minori, si assiste quindi alla
separazione del settore della Giustizia minorile da quello degli adulti; pertanto, veniva attribuita la
massima importanza alla conoscenza della personalità del minore e ciò allo scopo di individuare i
fattori alla base della deviazione e di ricavarne il recupero alla vita sociale.
Il settore penale degli adulti invece, rispondeva più ad esigenze custodialistiche che riabilitative,
l'innovazione rieducativa rimase fino all'entrata in vigore della Costituzione italiana del 1948 a livello
di principi e non fu sostanziata da una prassi reale, creando un disvalore tra principi esposti e la prassi
concreta; il principio della rieducazione della pena è stato infatti proclamato dall'art 27, 3° comma
della Costituzione del 1948 il quale disponeva che: <le pene non possono consistere in un trattamento
contrario al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato>
8
.
Dopo l'entrata in vigore dell'art 27 della Costituzione la funzione educatrice della pena è diventata il
leit-motiv di quasi tutte le discussioni in materia penitenziaria e penale: <Carcere non significa più
ormai solo luogo di espiazione di pena comminata al fine di un normale e definitivo iter-
processuale>
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.
3 “Tale trattamento secondo l'articolo 13 Ord.pen. deve essere individualizzato, ovvero rispondere ai particolari bisogni della
personalità di ciascun soggetto”. Così in http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/misure/calderon/cap1.htm.
4 “Il trattamento deve essere individualizzato e conformarsi alle specifiche condizioni di ciascun soggetto recluso, deve rispondere ai
particolari bisogni di ciascun soggetto, che devono essere individuati attraverso l'osservazione della personalità del detenuto,
condotta da un équipe di esperti e volta a evidenziare le carenze sociali, familiari e fisiopsichiche che sono state alla base della
devianza del soggetto e del suo disadattamento sociale (art.13,L. 26.7.1975, n.354).” Cosi in
http://www.diritto.it/osservatori/esecuzione_penale/fiorentin40.html.
5 “È noto che il sistema sanzionatorio introdotto dal codice penale del 1930, nel tentativo di sanare il contrasto tra scuola classica e
scuola positiva, si fondava sul sistema del c.d., doppio binario (pena e misura di sicurezza). Alla pena era assegnata la funzione della
prevenzione generale; la funzione retributiva svolgeva un ruolo strumentale rispetto all'obbiettivo della prevenzione generale. Tutto
ciò è desumibile dalla Relazione del Re sul codice penale, laddove si legge testualmente: Delle varie funzioni che la pena adempie le
principali sono certamente la funzione di prevenzione generale, che si esercita mediante l'intimidazione derivante dalla minaccia e
dall'esempio, e la funzione c.d., satisfattoria, che è anch'essa, in un certo senso di prevenzione generale, perché la soddisfazione, che
il sentimento pubblico riceve dall'applicazione della pena evita le vendette e le rappresaglie. È evidente, poi, come lo scopo di
prevenzione speciale fosse principalmente assegnato alle misure di sicurezza.”
6 R. D. 18 giugno 1931 n. 787.
7 DE LEO G., Lo psicologo criminologo, Giuffrè, Milano, 1989.
8 C. SERRA, Psicologia Penitenziaria, Sviluppo storico e contesti psicologico-sociali e clinici, III edizione, Giuffrè Milano 2003, p.
58.
9 A cura di C. SERRA, Istituzione e comunicazione, Seam, Roma, 1998.
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Ma cosa si deve intendere per rieducazione? Con questo termine bisogna intendere un processo
pedagogico e curativo suscettibile di modificare in senso socialmente adeguato il comportamento del
soggetto tale da rendere favorevole la prognosi di un suo reinserimento sociale.
Ci si è accorti che la difesa sociale poteva essere realizzata in maniera più soddisfacente attraverso il
riadattamento del reo; ecco quindi che la pena ha assunto, e assume tuttora, il peculiare valore di
trattamento concepito come strumento per conseguire la finalità rieducativa e di riabilitazione
sociale
10
.
Secondo lo spirito della legge 354/1975 per poter concretizzare un efficace programma rieducativo è
importante conoscere il soggetto che si vuole trattare; ecco quindi che l'individualizzazione del
trattamento diventa una condizione necessaria affinché il trattamento risponda ai particolari bisogni
della personalità di ciascun soggetto; ciò può essere realizzato solo attraverso una collaborazione dei
detenuti alle attività di osservazione e al trattamento: l'osservazione scientifica della personalità
costituisce pertanto, la condicio sine qua non affinché possa essere attuato un trattamento
individualizzato
11
, essa è finalizzata sia alla formulazione di indicazioni in merito al più generale
trattamento rieducativo e nello specifico della trattazione in esame è considerata un fattore
fondamentale posto alla concessione delle misure alternative alla detenzione.
10 C. SERRA, Obbiettivo socializzazione, Kappa, Roma, 1987.
11 C. SERRA, cit., III edizione, Giuffrè Milano 2003, p. 59.
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1. 1. Le misure alternative: strumenti di rieducazione e risocializzazione dei condannati.
Le misure alternative alla detenzione sono provvedimenti restrittivi della libertà personale che
incidono sulla fase esecutiva della pena principale detentiva e che hanno lo scopo di realizzare la
funzione rieducativa della pena, introdotte nel Ordinamento italiano dalla legge 354/1975 e
disciplinate nel capo VI del titolo primo della predetta legge, intitolato <Misure alternative alla
detenzione e remissione del debito>
12
.
Secondo lo schema adottato dalla legge penitenziaria
13
soltanto l'affidamento in prova al servizio
sociale può qualificarsi come misura alternativa in senso stretto in quanto le altre misure sono intese in
senso lato perché non determinano la remissione in libertà ma incidono solo sulle modalità esecutive
della detenzione e comunque privano il condannato della sua libertà personale. Alcuni esempi: con la
detenzione domiciliare la pena detentiva viene espiata fuori dal carcere e precisamente nell'abitazione
del condannato o in altro luogo di privata dimora, con la semilibertà la pena detentiva viene eseguita
all'interno del carcere permettendo al condannato di trascorrere parte del tempo fuori dalle mura. In
presenza di comportamenti positivi il condannato ha diritto di accedere a misure alternative più ampie,
in presenza di comportamenti negativi il condannato non solo non può accedere a misure alternative
più ampie ma subisce anche la revoca delle misure alternative in corso di esecuzione delle quali si è
manifestato indegno e con la cui prosecuzione risulta incompatibile
14
.
Esse, nonostante si risolvano in un vantaggio per il soggetto condannato, hanno sempre natura di
pena; ossia di sanzioni che seguono alla commissione di un reato imponendo un complesso di
limitazioni, pertanto sono soggette alla duplice riserva <di legge e di giurisdizione> sancita dall'art 13
comma 2° Cost: si adottano con atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti
dalla legge
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<nulla poena sine lege; nulla poena sine iudicio>.
In ossequio alla riserva le misure alternative alla detenzione sono tipiche
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, esse sono state previste in
modo tassativo dal legislatore che per ognuna di esse ha indicato il contenuto ed i presupposti di
applicabilità e pertanto non è ammessa l'applicazione analogica delle norme che le prevedono; quindi
il principio di tipicità legale da un lato vieta al giudice di creare misure alternative nuove rispetto a
quelle previste, dall'altro lato impone al giudice di stabilire il contenuto concreto delle misure con
12 A. SCALFATI, Giurisdizione di sorveglianza e tutela dei diritti, in aspetti problematici delle misure alternative alla detenzione a
cura di C. A. ESPOSITO, Padova, 2004, p. 21.
13 L. 354 del 1975.
14 A. SCALFATI, cit., Padova, 2004, p. 24 ss..
15 Il principio di riserva di legge riguarda la gerarchia delle fonti normative e tende a difendere i cittadini da eventuali abusi del potere
esecutivo; il principio di determinatezza riguarda la tecnica di legislazione e tende a tutelare i cittadini contro eventuali abusi del
potere giudiziario.
16 “La riserva di legge in materia di sanzioni penali è, naturalmente, assoluta e costituisce una garanzia infungibile ed irrinunciabile di
ogni Stato democratico.” Per tutti, si leggano i rilievi di G.BETTIOL – L. PETTOELLO MANTOV ANI, Diritto penale, Padova,
1986, p. 57.
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