Trattasi di un modello organizzatorio “peculiare” in forza del
quale la pubblica amministrazione eroga prestazioni a contenuto
negoziale dal proprio interno
1
.
Questo modello si contrappone a quello della esternalizzazione
del servizio in cui la pubblica amministrazione si rivolge al
mercato, conferendo ad un soggetto esterno il compito di
produrre o fornire i beni e servizi necessari allo svolgimento della
funzione amministrativa. In particolare, l’esternalizzazione di un
servizio pubblico costituisce una scelta strategica, operata
dall'Ente locale, per l'organizzazione e la gestione di un'area di
attività o di servizi, in vista del raggiungimento di standard
qualitativi elevati, cui corrispondano costi vantaggiosi. L'Ente
locale, in tal modo, assume la configurazione di holding gestore
e coordinatore dell'attività di una serie di soggetti formalmente
autonomi ma legati all'Ente stesso in vario modo.
Va precisato che esternalizzare non vuol dire conseguire
automaticamente una serie di vantaggi bensì vuol dire
innanzitutto pianificare, progettare e procedere ad una
valutazione costi/benefici, per cui il servizio affidato a terzi deve
risultare preferibile rispetto alla formula organizzativa
precedente
2
.
Così definito il sistema dell’house providing rappresenta una
deroga ai principi generali di tutela della concorrenza e del
mercato, tesi a garantire la massima trasparenza anche in
materia di appalti e di contratti pubblici.
1
C. Alberti, Appalti in house, concessioni in house ed esternalizzazioni, in Riv.
It. Dir. Pubbl. Com., 2001.
2
E. Traversa, Le società in house, in overlex.com, 2006
A tal proposito, la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza
del 18 novembre 1999
3
ha delineato i confini all’interno dei quali
l’affidamento diretto può ritenersi ammissibile e non in contrasto
con il libero mercato.
Secondo la giurisprudenza comunitaria l’affidamento in house,
perché sia legittimo, deve essere fatto a favore di una entità
giuridica legata, all’ente aggiudicatore, da particolari vincoli di
carattere funzionale, organizzativi ed economici
In realtà, più che una eccezione al diritto comunitario degli
appalti e delle concessioni, tale istituto è l’espressione di un
principio generale, ben conosciuto sia nel diritto comunitario che
nell’ordinamento nazionale. Si tratta del principio di auto-
organizzazione o di autonomia istituzionale, in virtù del quale gli
enti pubblici possono organizzarsi nel modo ritenuto può
opportuno per reperire le prestazioni necessarie alle loro finalità
istituzionali
4
.
Il principio di autonomia istituzionale è stato più volte affermato a
livello comunitario.
Nella risoluzione 14 gennaio 2004 del Parlamento europeo
concernente il “Libro verde sui servizi di interesse generale
[COM (2003) 270-2003/2152(INI)]”, al punto 35, si formula
l’auspicio che, "in ossequio al principio di sussidiarietà, venga
riconosciuto il diritto degli enti locali e regionali di “autoprodurre”
in modo autonomo servizi di interesse generale a condizione che
3
Corte giust. CE, 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal s.r.l. c.
Comune di Viano (RE), in Urb. e Appalti, 2000
4
R. GIOVAGNOLI. Relazione al Convegno sul codice dei contratti pubblici del
19 ottobre 2007, Palazzo Spada, per il decennale della rivista Urb. e Appalti
3
l’operatore addetto alla gestione diretta non eserciti una
concorrenza al di fuori del territorio interessato". Il richiamo alle
forme in house providing appare evidente e confermato dalle
stesse precisazioni che fanno seguito al brano ora riportato: il
Parlamento europeo "chiede ... che le autorità locali vengano
autorizzate ad affidare i servizi a entità esterne senza procedure
d’appalto qualora la loro supervisione sia analoga a quella
esercitata da esse sui propri servizi".
Nella più recente risoluzione 26 ottobre 2006 del Parlamento
europeo sui “Partenariati pubblico-privati e il diritto comunitario
degli appalti pubblici e delle concessioni [2006/2043 (INI)]”, dopo
aver sottolineato che deve essere attentamente considerato e
dunque distinto il caso in cui le "società di economia mista
eseguono prestazioni, per conto e nel contesto di compiti della
autorità pubblica organizzatrice, che sono principalmente
finanziate o garantite da quest’ultima", si enunciano due
importanti asserti. Si "respinge l’applicazione della legislazione in
materia di appalti nei casi in cui gli enti locali intendono svolgere
compiti nel loro territorio assieme ad altri enti locali nell’ambito di
una riorganizzazione amministrativa, senza offrire a terzi
operanti sul mercato la fornitura dei servizi in questione" e si
"ritiene tuttavia necessaria l’applicazione della normativa sugli
appalti quando gli enti locali offrono prestazioni sul mercato alla
stregua di un’impresa privata nel contesto della cooperazione tra
enti locali o fanno eseguire compiti pubblici da imprese private o
da altri enti locali".
Con specifico riferimento alle autonomie locali, il principio di
autonomia istituzionale viene espressamente sancito dalla Carta
europea dell’autonomia locale del 15 ottobre 1985, ratificata
4
dalla maggior parte degli Stati membri del Consiglio d’Europa
che all’art. 6, n. 1, stabilisce che le collettività locali debbono
«poter definire esse stesse le strutture amministrative interne di
cui intendono dotarsi, per adeguarle alle loro esigenze specifiche
in modo tale da consentire un’amministrazione efficace». Inoltre,
l’importanza dell’autonomia locale viene sottolineata attraverso
la sua espressa menzione nell’art. I-5, n. 1, del Trattato che
adotta una Costituzione per l’Europa, firmato a Roma il 29
ottobre 2004 e mai entrato in vigore per taluni ritardi di ratifica.
Quanto segnalato a livello comunitario trova riscontro in una
decisione del Consiglio di Stato
5
. In tale decisione si afferma
che: "L'organizzazione autonoma delle pubbliche
amministrazioni rappresenta un modello distinto ed alternativo
rispetto all'accesso al mercato. La tutela comunitaria del mercato
non interferisce sino a disconoscere ai singoli apparati
istituzionali ogni margine di autonomia organizzativa
nell’approntare la produzione e l’offerta dei servizi e delle
prestazioni di rispettiva competenza. Pertanto non si spinge sino
a giustificare un sindacato sulle scelte legislative o
amministrative che consentano ai pubblici poteri, nel produrre ed
offrire servizi o beni, di optare per schemi di coordinamento e
formule organizzatorie, teoricamente alternative rispetto
all’acquisizione delle prestazioni destinate alla collettività per il
tramite del mercato. Se la costituzione di un soggetto dedicato è
idonea a garantire economie di scala, riduzione dei costi o
razionalizzazione del bacino di utenza, l’opzione dell’ente locale
non potrebbe esporsi ad alcuna censura solo perché escludente
5
Cons. St., sez. V, 23 aprile 1998, n. 477, in www.lexitalia.it, 2003
5
il ricorso al confronto competitivo. Il ricorso alla produzione
privata, disciplinato da regole di salvaguardia della concorrenza
e l’esercizio del potere di organizzazione, sottratto ai vincoli
concorsuali o concorrenziali validi per il ricorso al mercato,
costituiscono due schemi distinti che vanno preservati da ogni
equivoca commistione".
Particolarmente significative, in quest’ottica di valorizzazione
dell’autonomia organizzativa delle p.a. sono le conclusioni
dell’Avvocato Generale Kokott nella causa Parking Brixen
6
: “Se
si applicasse la disciplina in materia di aggiudicazione di pubblici
appalti anche a negozi giuridici tra amministrazioni aggiudicatrici
e loro società controllate al 100%, le forme giuridiche di diritto
privato della società per azioni o della società a responsabilità
limitata non potrebbero essere più utilizzate ai fini di una mera
riorganizzazione interna. Al relativo ente resterebbe soltanto
l’alternativa tra la privatizzazione dei suoi servizi e l’esecuzione
diretta di essi per mezzo dei propri servizi amministrativi oppure
di aziende autonome, integrate nella gerarchia amministrativa e
prive di significativa autonomia. In taluni casi le società
controllate esistenti potrebbero addirittura essere ritrasformate in
aziende autonome.
Tuttavia, un intervento così incisivo sulla supremazia
organizzativa degli Stati membri e segnatamente
sull’autogoverno di tanti Comuni non sarebbe affatto necessario
neppure alla luce della funzione di apertura dei mercati svolta
dalla disciplina sugli appalti. Difatti, lo scopo della normativa
6
Corte giust. CE, 13 ottobre 2005, causa C-458/03, Comune di Bressanone e
la Asm Bressanone S.p.a. c. società Parking Brixen, in Foro Amm. – CdS,
2005.
6
sugli appalti è di garantire una scelta trasparente ed imparziale
dei contraenti ogniqualvolta la pubblica amministrazione decida
di svolgere i propri compiti con la collaborazione di terzi. Non
rientra invece nella ratio della disciplina sugli appalti la
realizzazione di una privatizzazione «di straforo» anche di quei
servizi pubblici che la pubblica amministrazione voglia
continuare a fornire con mezzi propri; a questo scopo sarebbe
necessario che il legislatore compisse passi più concreti verso la
liberalizzazione.”
In conclusione, proprio valorizzando la capacità di auto-
organizzazione di ciascun ente pubblico, potrebbe allora
sostenersi che l’in house, in quanto espressione del generale
principio di auto-organizzazione o di autonomia istituzionale,
possa operare anche nel settore degli appalti, pur in assenza di
una copertura legislativa.
7
1.2 L’house providing quale forma di gestione dei servizi
pubblici locali
Gli Enti locali rappresentano, nel nuovo sistema improntato alla
sussidiarietà e al decentramento, gli interpreti dei bisogni della
comunità locale di riferimento, i quali dispongono di una pluralità
di moduli organizzatori, per mezzo dei quali realizzano i servizi
necessari alla comunità stessa, secondo criteri di economicità ed
efficienza.
L’art. 112 del D.lgs 267/2000 dà una ampia definizione dei
“servizi pubblici locali”, specificando che sono quelli che hanno
ad oggetto la “produzione di beni ed attività rivolte a realizzare
fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle
comunità locali”. Nella norma sono precisate le possibili forme di
gestione di questi servizi, tra cui quella dell’affidamento diretto
ad una “azienda speciale” (ente strumentale del Comune).
In particolare, la giurisprudenza amministrativa ha ritenuto
configurarsi “un pubblico servizio locale”, ogni qual volta
l’Amministrazione comunale si propone di svolgere “compiti di
miglioramento e di perfezionamento della società”
7
.
Dal punto di vista comunitario la principale norma di riferimento
sui servizi pubblici locali è rappresentata dall’art. 86 par. 2 del
Trattato CE. Essa afferma che: “le imprese incaricate della
gestione di servizi di interesse economico generale o aventi
7
Cons. St., sez. V, del 16.9.1994, n. 996, in www.astrid-online.it, 2004
8
carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme del
presente trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei
limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento,
in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata.
Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in
misura contraria agli interessi della Comunità”. Trattasi, di una
norma finalizzata a consentire il contemperamento fra l’interesse
degli Stati membri ad utilizzare determinate imprese come
strumento di politica economica e sociale e l’interesse della
Comunità a che siano osservate le regole di concorrenza e sia
mantenuta l’unità del mercato comune. Successivamente con il
Trattato di Amsterdam è stata inserito un articolo (16 CE) ai
sensi del quale: “Fatti salvi gli articoli 73, 86 e 87, in
considerazione dell'importanza dei servizi di interesse
economico generale nell'ambito dei valori comuni dell'Unione,
nonché del loro ruolo nella promozione della coesione sociale e
territoriale, la Comunità e gli Stati membri, secondo le rispettive
competenze e nell'ambito del campo di applicazione del
presente trattato, provvedono affinché tali servizi funzionino in
base a principi e condizioni che consentano loro di assolvere i
loro compiti”. La norma in questione ha come scopo precipuo
quello di compensare la progressiva liberalizzazione, da parte
delle Comunità, di settori dell’economia tradizionalmente riservati
dagli Stati membri alla gestione pubblica. Essa si preoccupa di
mantenere un equilibrio fra l’apertura dei servizi di interesse
economico generale alla concorrenza e la salvaguardia di
9
esigenze di natura sociale, senza tuttavia comportare deroghe
alle regole di concorrenza.
8
Oltre all'art. 16 appena citato vengono in particolare rilievo il
principio di non discriminazione in base alla nazionalità (art. 12)
che concerne le persone fisiche come anche le imprese; la
libertà di stabilimento di tutti i cittadini europei e delle imprese
nello spazio unico europeo (art. 43) con esclusione
dell'applicazione del principio solo per «le attività che in uno
Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all'esercizio dei
pubblici poteri » (art. 45); la libertà di prestazione dei servizi
all'interno della Comunità con il connesso divieto di ogni
restrizione nell'erogazione degli stessi (art. 49, comma 1); il
principio di neutralità o equivalenza delle imprese pubbliche e
private (art. 86, comma 1) da cui derivano il divieto di emanare o
mantenere «nei confronti delle imprese cui riconoscono diritti
speciali o esclusivi, misure contrarie alle norme del presente
trattato» e specialmente quelle a tutela della concorrenza (artt.
da 81 a 89) ivi compreso il divieto di aiuti di Stato (art. 87); infine
l'applicazione delle regole di concorrenza anche per «le imprese
incaricate della gestione di servizi di interesse economico
generale o aventi carattere di monopolio fiscale », salvo che tali
regole ostacolino «la specifica missione loro affidata » (art. 86,
comma 2).
Emerge subito da questa rassegna di norme la centralità degli
artt. 45 e 86 rispetto al tema che si occupa della gestione di un
servizio pubblico locale mediante affidamento diretto (in house
8
DIANA.URANIA GALETTA, Forme di gestione dei servizi pubblici locali ed in
house providing nella recente giurisprudenza comunitaria e nazionale, in Riv.
Ital. Dir. Pubbl. Com., 2007
10