2
Attualmente, invece, l’ipotesi che identifica quasi esclusivamente il modello
di adozione internazionale nel nostro Paese è l’adozione di minori stranieri,
appartenenti in prevalenza a Paesi del Terzo mondo, da parte di cittadini
italiani.
4
L’adozione di minori stranieri in Italia ha iniziato ad affermarsi negli anni
sessanta, rappresentando il prodotto di una società in piena evoluzione sociale
ed economica e di una coscienza collettiva sempre più matura ed aperta ad
istanze solidaristiche, aliena da pregiudizi razziali.
5
Successivamente, il
fenomeno dell’adozione internazionale è andato notevolmente ampliandosi, in
relazione anche e soprattutto alla drastica riduzione dei bambini italiani
abbandonati, e quindi adottabili, per il concorso di varie cause, fra cui: il più
frequente uso di pratiche che impediscono la nascita di bambini indesiderati;
una più diffusa coscienza della responsabilità genitoriale non delegabile a
terzi; l’aumento della sterilità di coppia causato da motivi sociali e
psicologici;
6
la severità dei controlli e la lunghezza delle attese imposti
dalla procedura di adozione nazionale; l’apertura delle frontiere e la
rimozione di antichi pregiudizi razziali.
7
In questo contesto, l’adozione internazionale che costituiva, all’inizio, fatto
eccezionale, è poi divenuto lo strumento principale attraverso cui la coppia
italiana, priva di figli, e a volte, anche con figli biologici, cerca di appagare il
4
POLETTI DI TEODORO, L’adozione internazionale, in Il diritto di famiglia di Bonilini – Cattaneo, Vol.,
III, Utet, 1997, p. 405 e ss.
5
DANOVI, Adozione internazionale: interessi diffusi e pubblici poteri, in Corriere giuridico, 1989, p. 461.
6
MORO, Manuale di diritto minorile, Zanichelli, 1996, p. 188.
7
BEGHE’ LORETI, voce Adozione internazionale, in Enciclopedia del diritto, Aggiornamento 1, Giuffrè,
1997, p.43.
3
suo legittimo desiderio di fecondità familiare, aprendosi ai bambini stranieri,
prima a quelli dei Paesi del Terzo Mondo e ora anche a quelli dell’Europa
dell’Est.
8
Non vi è dubbio che l’adozione internazionale sia di per sé fenomeno
positivo: l’apertura delle frontiere, il confronto, la comprensione e addirittura
l’osmosi tra diverse culture e tradizioni, non può che trovare consenso.
Tuttavia, lo sviluppo vertiginoso del fenomeno (le adozioni di minori stranieri
superano ormai il numero di quelle di minori italiani) risponde spesso a
ragioni assai meno nobili: la sproporzione già evidenziata tra minori italiani in
abbandono e aspiranti all’adozione, spinge talora le coppie richiedenti a
superare quelli che esse considerano “ostacoli burocratici” dell’adozione
nazionale, rivolgendosi all’adozione internazionale, senza particolari
motivazioni verso un minore straniero, ma spinti soltanto dalla volontà di
ottenere comunque un bambino, e magari sollecitati dall’idea di poterlo
scegliere in loco.
L’accusa che si fa talora all’adozione tout court, quale istituto per i minori
poveri, una sorta di espropriazione dei fanciulli da famiglie bisognose e
impossibilitate ad assolvere i compiti educativi, a famiglie facoltose pronte ad
accoglierli, trova spesso un maggiore fondamento proprio nell’adozione
internazionale, che talora diventa appunto una forma di espropriazione dei
minori, oltre che da famiglie povere a famiglie ricche, anche da Paesi poveri a
Paesi ricchi.
8
MORO, op. cit., p. 188.
4
Non si deve però ritenere che l’adozione internazionale sia fenomeno sempre
negativo: può accadere che i richiedenti siano sinceramente motivati ad
accogliere un minore straniero e, certo, non va sottovalutata la grave
situazione economico-sociale di alcuni Paesi dell’Asia, dell’Africa,
dell’America latina, da cui proviene la maggior parte dei bambini adottati in
Italia, con masse di fanciulli abbandonati a se stessi per le strade delle
metropoli del Terzo Mondo.
9
Allo stesso tempo, però, bisogna verificare che
la coppia disponibile all’adozione di un minore straniero sia perfettamente
cosciente e preparata, sul piano psicologico, pedagogico ed emozionale, ad
affrontare le difficoltà connesse al trapianto, in un contesto non solo familiare,
ma anche sociale diverso, di un bambino che deve comporre in sé due culture
assai differenti e affrontare in una società di bianchi il suo essere diverso.
10
Solo così al minore sarà garantito l’interesse e la tutela che sono necessari nei
suoi confronti, per il benessere della sua crescita.
9
DOGLIOTTI, op. ult. cit., p. 74.
10
MORO, op. cit., p. 188.
5
2. EXCURSUS STORICO-LEGISLATIVO
Negli anni in cui il fenomeno dell’adozione internazionale si è andato
affermando in Italia, l’adozione di minori stranieri poteva realizzarsi o
mediante delibazione di un provvedimento adozionale estero, o mediante la
procedura di adozione in Italia, riferita allo stato d’abbandono del minore nel
nostro Paese.
11
La disciplina di legge era però molto scarna.
Il riconoscimento delle adozioni effettuate all’estero, era demandato al
giudizio di delibazione, di cui agli artt. 796 e ss. cod. proc. civ., di
competenza delle Corti d’Appello, creandosi però sovente, l’inconveniente
per cui il giudice si trovava in una situazione ormai “precostituita” perché il
minore era già da tempo in Italia presso la coppia che richiedeva l’adozione, e
quindi quasi obbligato a delibare. Accanto a queste norme di carattere
processuale, erano altresì applicabili delle norme di diritto internazionale
privato per il caso in cui l’adozione fosse pronunciata in Italia, vale a dire
l’art. 17 disp. prel. cod. civ., che disciplinava il sorgere del rapporto, ossia i
requisiti necessari delle parti (adottanti e adottato), richiamando le rispettive
leggi nazionali e l’art. 20 disp. prel. cod. civ., che stabiliva che gli effetti
dell’adozione dovevano essere regolati dalla legge nazionale dell’adottante.
In questo periodo l’adozione internazionale era ricompresa nell’ambito
dell’adozione ordinaria, l’unico istituto esistente, che tutelava interessi di
11
SACCHETTI, Profili di disuguaglianza e di regresso giuridico nell’adozione internazionale, in Giust.
Civ., 1988, II, p. 115.
6
natura patrimoniale per cui lo scopo era di ottenere gli effetti che
normalmente conseguono alla filiazione biologica: il nome, il titolo, il
patrimonio.
12
Successivamente, venne emanata la legge 5 giugno 1967 n° 431,
sull’adozione speciale, che aveva come intento precipuo lo scopo di tutelare
gli interessi del minore ad essere educato nell’ambito di una famiglia idonea,
stabile ed armoniosa; l’art. 5, l’unico che si riferiva all’adozione
internazionale, si limitava solo a precisare che il minore di cittadinanza
straniera, legittimato per adozione da coniugi italiani, acquistava ipso iure la
cittadinanza degli adottanti, regolando così soltanto un effetto, e lasciando
irrisolte tutte le questioni relative alla procedura.
13
E’ così che si creò il
problema di ricomprendere l’adozione internazionale nell’istituto
dell’adozione ordinaria o in quello dell’adozione speciale, tenendo comunque
sempre ben presente il superiore interesse del minore.
In questa situazione di grave carenza legislativa, si era andata affermando una
prassi di vera e propria anarchia, nella quale il legislatore italiano è
intervenuto con la legge 4 maggio 1983 n° 184 sulla disciplina dell’adozione
e dell’affidamento dei minori, che si è ispirata alla Convenzione europea in
materia di adozione di minori, firmata a Strasburgo il 24 aprile 1967, e
ratificata dall’Italia.
12
POLETTI DI TEODORO, op. cit., p. 405.
13
DOGLIOTTI, op. ult. cit., p. 73.
7
Detta legge è nata proprio dall’urgenza di dettare una disciplina uniforme per
la materia e di reagire all’aumento del preoccupante fenomeno del mercato di
minori, provenienti da Paesi del Terzo Mondo e trasferiti in Italia per essere
adottati.
Il titolo III della legge dedicato all’adozione internazionale, il cui scopo
principale è l’uguaglianza di trattamento e di tutela fra minori italiani e
stranieri, nel perseguimento esclusivo dell’interesse del minore,
14
è suddiviso
in due capi: il primo dedicato all’adozione di minori stranieri da parte di
coniugi italiani residenti in Italia o all’estero e da parte di coniugi stranieri
residenti in Italia; il secondo dedicato all’adozione di minori italiani da parte
di coniugi, italiani o stranieri, residenti all’estero.
15
Per quanto riguarda l’adozione di minori stranieri, il provvedimento di
adozione internazionale non presuppone una valutazione comparativa fra
domande presentate dai coniugi aspiranti all’adozione, bensì una “scelta” del
minore da parte dei medesimi, compiuta all’estero mediante intervento
dell’autorità straniera.
La procedura è volta a disciplinare due profili fondamentali: l’ingresso del
minore di 14 anni in Italia e l’emanazione del provvedimento di adozione,
profili tra di loro indipendenti, in quanto si può aspirare all’adozione senza
entrare in Italia col minore, come il caso di coniugi italiani residenti all’estero.
L’ingresso in Italia dello straniero, minore di 14 anni, è consentito solo se:
14
VIVIANI, Adozione di minori stranieri e principi fondamentali dell’ordinamento italiano, in Giust. Civ.,
1994, II, p. 433.
15
BEGHE’ LORETI, op. cit., p. 43.
8
- i futuri genitori adottivi siano stati giudicati idonei all’adozione
internazionale dal Tribunale per i minorenni territorialmente competente.
Al riguardo, gli adottanti devono possedere i medesimi requisiti richiesti
per l’adozione legittimante di un minore italiano;
- l’autorità straniera abbia emanato un provvedimento di adozione,
affidamento preadottivo o altro provvedimento in materia di tutela o degli
altri istituti di protezione del minore ed esso risulti conforme alla
legislazione del Paese straniero, in base a dichiarazione della nostra
autorità consolare, ovvero sia stato rilasciato nulla-osta italiano
ministeriale, qualora l’ordinamento straniero non contempli alcuno dei
provvedimenti innanzi indicati o la loro emanazione risulti di fatto
impossibile, a causa di eventi bellici o calamità naturali. Detto nulla-osta
può essere concesso solo se rispondente agli interessi del minore e se
l’espatrio sia stato autorizzato dall’autorità straniera competente secondo
attestazione dell’autorità consolare italiana.
Non vi sono particolari condizioni all’ingresso in Italia di uno straniero
maggiore degli anni 14, verosimilmente perché l’età avanzata rende più
difficile manovre illecite a fini adottivi, anche in virtù della regola, prevista
dal nostro ordinamento, per cui al fine di procedere all’adozione occorre il
consenso del minore.
Il provvedimento di adozione è emanato dallo stesso Tribunale per i
minorenni se:
- i coniugi adottanti siano stati dichiarati idonei all’adozione internazionale;
9
- il provvedimento straniero sia conforme alla legislazione del Paese che
l’ha emesso;
- il provvedimento straniero non risulti contrario ai principi fondamentali
del diritto di famiglia e dei minori del nostro Paese.
Se il provvedimento straniero non può essere dichiarato efficace nel nostro
ordinamento, o se non prevede un periodo di affidamento preadottivo
protrattosi per almeno un anno (tuttavia, in quest’ultimo caso, è ad esso
riconosciuto il medesimo valore di un provvedimento che dispone
l’affidamento preadottivo), il Tribunale per i minorenni dichiara lo stato di
adottabilità del minore e procede al suo affidamento preadottivo, sempre che,
nel frattempo, non vi sia stata richiesta di rimpatrio da parte dello Stato
straniero.
Se al termine del periodo, l’affidamento ha sortito effetti positivi, il Tribunale
pronuncia l’adozione; in caso contrario procede ad un nuovo affidamento.
In ogni caso, l’adozione scaturisce da un autonomo provvedimento del
giudice italiano e non per mera delibazione dell’atto proveniente dall’autorità
straniera, il quale costituisce mero presupposto del primo.
La disciplina italiana trova inoltre applicazione in tutti i casi in cui il minore
straniero si trova, per qualsiasi motivo, in stato d’abbandono in Italia.
16
La legge prevede poi una serie di disposizioni che impongono limiti, controlli
e sanzioni atti a scoraggiare iniziative arbitrarie, con la previsione che le
pratiche adozionali possono essere svolte da enti pubblici o altre
16
AULETTA, Il diritto di famiglia, 4° ed., Giappichelli, 1997, p. 372 e ss.
10
organizzazioni autorizzati, e tesi ad impedire comunque l’ingresso del minore
straniero nello Stato al di fuori dei casi previsti dalla legge, nel tentativo di
scoraggiare ed arginare il triste e turpe fenomeno del mercato dei bambini.
17
In merito agli effetti, il minore straniero con l’adozione acquisita lo stato di
legittimità e diventa cittadino italiano.
Per quanto riguarda l’adozione all’estero di minori italiani, il procedimento
rimane interamente assoggettato alla legge italiana. In particolare, coloro
che aspirano all’adozione del minore devono presentare la relativa domanda
al console italiano del Paese in cui risiedono, al quale spetta anche vigilare
sull’andamento dell’affidamento preadottivo e sull’osservanza delle misure
predisposte al riguardo dal Tribunale per i minorenni competente
territorialmente a pronunciare l’adozione.
18
E’ stabilito inoltre che il riconoscimento di un provvedimento straniero di
adozione di un minore italiano è subordinato alla condizione che non sia già
stato emesso, in Italia, un provvedimento di affidamento preadottivo per lo
stesso minore.
19
La successiva legge 31 maggio 1995 n° 218, di riforma del sistema di diritto
internazionale privato, non ha abrogato la disciplina appena delineata
dell’adozione internazionale sul riconoscimento dei provvedimenti stranieri,
in quanto fa salve le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione.
20
17
DANOVI, op. cit., p. 462.
18
AULETTA, op. cit., p. 377.
19
BEGHE’ LORETI, op. cit., p. 51.
20
AULETTA, op. cit., p. 377.
11
Con l’andare del tempo, si è però sentita sempre più forte l’esigenza di una
regolamentazione uniforme in tema di adozione per risolvere i possibili
conflitti tra le legislazioni dei Paesi d’origine dei bambini adottandi e quelle
dei Paesi riceventi ed al fine di assumere gli opportuni provvedimenti che
possano prevenire la sottrazione, la vendita o il traffico di bambini.
21
Si è
fatta strada la consapevolezza che solo con un sistema concordato è possibile
assicurare l’interesse dell’adottando, che sempre più, nelle legislazioni dei
vari Paesi, assume il carattere di fulcro della moderna concezione
dell’adozione.
Tutte queste esigenze hanno dato luogo alla Convenzione dell’Aja del 29
maggio 1993, sulla tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione
internazionale.
22
I principi fondamentali su cui essa si basa sono tre: il superiore interesse del
minore; il principio di sussidiarietà e la costituzione di un’apposita Autorità
centrale quale via di comunicazione fra le autorità dei Paesi d’origine e quelle
dei Paesi di destinazione dei minori adottati.
L’interesse del minore trova espressione nel diritto che questi ha di vivere in
un ambiente familiare idoneo, nella propria famiglia e nel proprio Paese.
Il diritto di avere una famiglia adottiva fuori del proprio Paese, cioè la
sussidiarietà, deve essere preso in esame solo dopo che lo Stato d’origine
constatata l’impossibilità di una sistemazione alternativa idonea all’interno di
21
CAFERRA, Famiglia e assistenza, 2° ed., Zanichelli, 1996, p. 133.
22
GERMANO’, L’adozione internazionale dalla legge 4 maggio 1983 n° 184 alla Convenzione de l’Aja del
29 maggio 1993, in Dir. Famiglia, 1995, p. 1584.
12
esso (adottiva o in istituto), ne dichiari lo stato di adottabilità e ne autorizzi
l’espatrio; solo allora sarà possibile effettuare un’adozione internazionale.
Infine, la collaborazione e lo scambio di informazioni fra Autorità centrali sui
bambini dichiarati adottabili e sulle coppie che aspirano all'adozione, il
divieto di qualsiasi contatto fra gli adottanti ed i genitori d’origine od altre
persone alle quali il minore è stato affidato, evita che vi possano essere
indebiti arricchimenti finanziari e traffico di bambini.
23
Perché si faccia luogo all’adozione è necessario:
- che le competenti autorità del Paese d’origine abbiano dichiarato lo stato
di adottabilità del minore ed abbiano comunque preso in esame, come si è
visto, la possibilità di sistemazione alternativa nello Stato, giungendo alla
conclusione che l’adozione internazionale realizza il miglior interesse del
bambino;
- che le stesse autorità abbiano accertato che persone, istituzioni, autorità,
tenute a prestare il consenso ai fini dell’adozione, abbiano usufruito di
adeguata consulenza e siano state pienamente informate sugli effetti del
consenso e dell’adozione, nonché abbiano prestato liberamente il proprio
consenso, che dovrà manifestarsi, o attestarsi, per iscritto;
- che le stesse autorità abbiano accertato che il consenso della madre sia
prestato dopo la nascita del figlio, e che, se il consenso del minore sia
richiesto, questi abbia usufruito di adeguata consulenza, sia stato
informato sugli effetti dell’adozione, siano stati presi in considerazione
23
BEGHE’ LORETI, op. cit., p. 54.
13
desideri ed opinioni di lui, nonché il consenso sia stato prestato
liberamente e manifestato, o attestato, per iscritto.
A loro volta, le autorità del Paese ricevente devono stabilire previamente
l’idoneità e la capacità educativa dei futuri genitori adottivi, accertare che
questi abbiano usufruito di una consulenza adeguata, autorizzare il bambino
ad entrare e risiedere nello Stato. E’ inoltre vietato, come si è visto, qualsiasi
contatto tra gli adottanti ed i genitori d’origine od altre persone alle quali il
bambino sia stato affidato ed è stabilito che nessuno può trarre arricchimenti
indebiti, finanziari o d’altra natura, dall’attività svolta per la realizzazione
dell’adozione internazionale.
Le stesse Autorità centrali degli Stati coinvolti, infine, collaborano fra loro
attraverso una serie di competenze loro attribuite dalla Convenzione:
promuovono la cooperazione per la tutela dei minori ed il conseguimento
degli altri scopi della Convenzione; forniscono informazioni sul proprio
ordinamento, nonché sull’attuazione della Convenzione; promuovono lo
sviluppo di servizi di consulenza e di assistenza per l’adozione; preparano
relazioni generali sull’esperienza maturata nel campo dell’adozione
internazionale; scoraggiano le prassi contrarie agli obiettivi della
Convenzione ed, in particolare, prevengono arricchimenti indebiti, finanziari
o d’altro tipo, derivanti dall’adozione. Inoltre, le Autorità centrali possono
intervenire sui singoli procedimenti di adozione; raccolgono, conservano e
scambiano informazioni relative alla situazione del bambino e dei futuri
genitori; redigono relazioni concernenti gli aspiranti genitori adottivi, nonché
lo stato di adottabilità del minore, la sua storia e anamnesi personale e
14
familiare. Le relazioni sono poi rispettivamente scambiate dagli Stati fra di
loro.
Infine, l’autorità dello Stato ricevente può revocare l’affidamento del bambino
ai futuri genitori adottivi e provvedere per una collocazione temporanea, così
come può disporre l’immediato inserimento del minore in un’altra famiglia,
ovvero individuare un’altra soluzione e, come extrema ratio, rimpatriare il
bambino.
E’ inoltre stabilito che gli aspiranti genitori adottivi possano usufruire per
l’espletamento della procedura, di enti ed organizzazioni autorizzati che non
devono perseguire scopi di lucro, sono diretti e composti da persone
qualificate per le proprie qualità etiche e la propria esperienza nel campo
dell’adozione internazionale, sono soggetti a supervisione delle competenti
autorità dello Stato in ordine alla propria composizione, all’attività svolta, alla
situazione finanziaria. Si precisa altresì che l’ente autorizzato dallo Stato
contraente può operare in un altro Stato solo nel caso in cui entrambe le
autorità statali competenti lo autorizzino in tal senso.
Per quanto riguarda il riconoscimento e gli effetti, l’adozione, certificata
conforme alle disposizioni della Convenzione dall’autorità competente dello
Stato ricevente, deve essere riconosciuta ad ogni effetto di legge negli altri
Stati contraenti. Il suo riconoscimento determina quello del rapporto di
parentela del bambino con i genitori adottivi e della conseguente
responsabilità genitoriale di questi, nonché dello scioglimento del preesistente
vincolo di parentela con i genitori d’origine (qualora nello Stato contraente
l’adozione produca tale effetto). Si precisa inoltre che, se l’adozione concessa
15
nello Stato d’origine del minore non prevede lo scioglimento del preesistente
rapporto di parentela, essa all’atto del suo riconoscimento nello Stato
d’accoglienza, può essere convertita in un’adozione che produca tale effetto
legittimante, ma solo se la legge interna di tale ultimo Stato lo preveda, e i
consensi previsti nello Stato d’origine siano stati prestati per tale adozione.
Infine, si stabilisce che non possono essere fatte riserve da parte degli Stati
contraenti, e che ogni Stato contraente ha facoltà di stipulare accordi per una
migliore applicazione delle disposizioni della Convenzione.
24
La strada degli accordi bilaterali ha iniziato ad essere percorsa dall’Italia che
ha posto in essere due Convenzioni: quella con il Perù nel 1993 e quella con
la Romania nel 1995.
25
Entrambe prevedono:
- l’istituzione di un’Autorità centrale;
- l’invio delle domande di adozione internazionale da parte della coppia di
coniugi italiani all’Autorità centrale italiana;
- la trasmissione da parte di quest’ultima, all’Autorità centrale,
rispettivamente, del Perù e della Romania, delle domande di adozione di
minori peruviani o rumeni, accompagnate dalle informazioni sulla coppia
acquisite dall’Autorità centrale nazionale;
- la trasmissione da parte dell’Autorità straniera, alla nostra Autorità, delle
notizie sul minore adottabile;
24
DOGLIOTTI, L’adozione internazionale e la Convenzione de l’Aja, in Dir. Famiglia, 1995, p. 268 e ss.
25
BEGHE’ LORETI, op. cit., p. 55.