1.1 Evoluzione storica del concetto di adozione: dalla
concezione “patrimoniale” a quella “socio-assistenziale”.
Quando si usa l'espressione adozione internazionale
1
, si allude ad una
fattispecie dove l'elemento di estraneità è costituito dalla nazionalità
straniera degli adottanti o dell'adottando. Questa espressione viene utilizzata
dal legislatore italiano nella legge no184 del 4 maggio 1983 sulla disciplina
dell'adozione e dell'affidamento dei minori e recentemente è stata usata a
livello internazionale dalla Convenzione dell' Aja del 29 maggio 1993
intitolata “Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia
di adozione intemazionale”
2
La disciplina dell'adozione internazionale
contenuta nella legge n° 184/83 viene implicitamente richiamata dall' art 38
della legge 218 del 1995 sulla riforma del sistema di diritto internazionale
privato: in questo modo si è ampliata, sotto il profilo soggettivo,
l'applicazione della legge 184/83 che con riferimento all’adozione
legittimante dei minori non è più .riferita solamente al criterio della
mancanza della cittadinanza italiana dell’adottando o degli adottanti, ma
anche ai casi di residenza in Italia degli stranieri e della
1
L' espressione adozione internazionale è oramai di uso comune in dottrina. Tra i primi
autori ad usare tale espressione si possono citare Q. FRANcm, '~dozione intemaziona/e e
Convenzione de//:4ja", in Riv. Dir. e Proc. Civ., 1972, p. 284; A.C. MORO, "L'adozione
intemaziona/e" in Foro Il., V, p. 31. Commenta l'uso di tale espressione nella dottrina
straniera. A DA VI', "L 'adozione ne/ diritto internaziona/eprivato ita/iano", Milano, 1981,
p. 29.
2 Il testo integrale della Convenzione travasi in Dir. Fam. Pers., 1995, p. 386.
residenza all’estero dei cittadini adottanti, distinguendo (Titolo 3°) tra
ingresso del minore in Italia (capo l°) ed espatrio del minore italiano (capo
2°) o straniero, in stato di abbandono in lta1ia a scopo di adozione (art 37).
La ragione dell’inserimento di quest’ultima ipotesi deve essere individuata
non solo in una pura e semplice “ragione di simmetria legata ad una sorta di
ingegneria giuridica”
3
bensì a vere e proprie ragioni di ordine sostanziale: se
è vero che molte delle proposte di riforma dell’adozione internazionale
riguardano solo le ipotesi di adozione di minori stranieri è anche vero che
soprattutto dopo la fine del secondo conflitto mondiale è soprattutto
l’ipotesi di adozione di minori cittadini a risultare prevalente (soprattutto
verso gli Usa ed altri paesi economicamente più avanzati).
La struttura ed i caratteri che 1’adozione in generale ha assunto nel corso
del tempo variano sensibilmente a seconda del ruolo e della funzione
attribuita ad essa dai vari legislatori nazionali. Può dirsi che oramai la
concezione moderna dell’adozione, vista in una dimensione assistenziale col
fine di offrire un nucleo familiare stabile ai minori che ne sono privi, abbia
raggiunto una diffiIsione pressoche universale. Tuttavia accanto ad
ordinamenti che avendo introdotto l’ istituto dell’ adozione in tempi
relativamente recenti si sono rifatti direttamente alla suddetta concezione
3
In tal senso B. POLETfI DI TEOOORO, "L 'adozione internazionale. Profilo storico e
sistematico ", Torino, di prossima pu1X>licazione; L. ROSSI CARLEO, "Considerazioni
sul disegno unificato riguardante la riforma dell 'adozione e dell'affidamento", in Rass. Dir.
Civ., 1983, p. 289. Si metta in evidenza come molte proposte Jx:r la riforma dell' adozione
ali>iano ad oggetto solo il caso ckll ' adozione di minori stranieri da parte di coniugi
cittadini italiani. Si veda in proposito il ddl. n° 2514 del 7 aprile 1981. Al contrario nel d.dl.
n° 859 del 5 novembre 1979 prende in considerazione anche l'ipotesi di adozione di un
minore cittadino italiano.
assistenziale, ve ne sono altri dove invece la stessa è il punto di approdo di
un percorso il cui punto di partenza è rappresentato da una concezione
patrimoniale dell'adozione: questa cioè viene concepita come un istituto di
carattere negoziale idoneo solamente ad assicurare la continuazione del
nome o del patrimonio; l’interesse dell'adottato ad avere una vera e propria
famiglia è solo marginale dal momento che lo si ritiene sufficientemente
tutelato dai vantaggi, soprattutto di tipo economico, derivanti dall’adozione
4
Con particolare attenzione al nostro ordinamento il Codice del 1865, sotto
l'influenza del Code Napoleon de1 1804, adotta il modello dell’adoptio
minus plena a sua volta risalente al diritto Giustinianeo e cioè come istituto
rivolto semplicemente all’ acquisto da parte dell’ adottato del diritto di
successione ab intestato mantenendosi il legame tra adottato e famiglia di
origine. Si ha quindi una visione contrattualistica dell’adozione esaltandone
soltanto l’aspetto patrimoniale e successorio: non a caso da parte di
qualcuno se ne è parlato come di un “patto successorio” dove “l’adozione si
costituisce con un negozio giuridico privato che esplica i propri
4
Tra i Paesi che si sono rifatti direttamente alla concezione sociale dell’adozione si
possono citare principalmente i Paesi di “Common Law”, nonche i Paesi dell' area
scandinava e quelli dell'area ex socialista. Vedi A, DAVI', voce “Adozione”, (diritto
comparato e straniero), V, Encicl. Giur. Treccani, Roma, 1988. Invece tra i Paesi nei cui
ordinamenti l’adozione è stata inizialmente accolta nell'accezione patrimoniale, si possono
citare la Francia (Code Napoleon, 1804) e tutti gli altri ordinamenti da questo influenzati,
primo fra tutti il nostro Codice de11865, dove il fondamento contrattuale e patrimoniale
dell’adozione si può evidenziare laddove venivano fatti risalire gli effetti del rapporto di
adozione al giorno della prestazione del consenso e non da quello di omologazione del
giudice. Una accentuazione maggiore del carattere contrattuale dell'adozione si registra
nell'ordinamento tedesco (Burgerliches Gesetzbuch, 1899) ed in quello austriaco
(Allgemeines Burgerliches, 1811). In tal senso A. DAVI’, op. ult. cit.
effetti al momento del consenso...tra adottante ed adottato entrambi
maggiorenni” e dove l’intervento del giudice (Corte d' Appello) svolge una
semplice funzione di omologazione.
5
Sebbene nel Regio decreto 31 luglio 1919 n°1357, con il quale l’adozione
viene estesa anche ai minori, l’adozione continua a collocarsi pienamente
nell’ambito della concezione tradizionale, è possibile individuare in nuce un
primissimo germe della futura moderna concezione assistenziale, laddove si
afferma testualmente “che il giudice deve accertare che l’adozione sia di
vantaggio all’orfano anche con riguardo alle condizioni economiche
dell'adottante”, anche se, per vedere definitivamente affermata nel nostro
ordinamento la concezione moderna occorrerà attendere la legge sulla
adozione speciale del 1967.
I casi di adozione internazionale dopo il 1942 risultano disciplinati mediante
le norme di diritto internazionale privato secondo il criterio che per
tradizione il nostro legislatore adotta e cioè quello del richiamo di uno degli
ordinamenti con cui la fattispecie risulta collegata
6
; più precisamente se
l’adozione viene realizzata in Italia i requisiti delle parti (adottanti ed
adottato) sono sottoposti all’ art. 17 1°comma delle disp. prel. c.c. che a sua
volta richiama le rispettive leggi nazionali,
7
mentre gli effetti sono
5
Cfr. L. CAMPAGNA, "Famiglia legittima e famiglia adottiva", Milano, 1966, p. 88 ss.
6
Vedi, per tutti: E. VITTA, "Diritto internazionale privato", I, Torino, 1972, p. 4.
7
La scelta fatta dal legislatore del 1942 risulta essere in linea con la tradizione
internazionale privatistica italiana, facente capo al pensiero di Pasquale Stanislao Mancini,
secondo il i rapporti familiari devono essere regolati dalla legge dello Stato di cui i soggetti
sono cittadini.
regolati dalla legge nazionale dell’adottante ex art. 20 2° comma disp. prel.
C.C.
8
; invece il procedimento risulta disciplinato dalla lex fori ex art. 27
disp. prel. c.c..
Come conseguenza della visione privatistica dell’adozione, l’attenzione
della dottrina e della giurisprudenza nell’applicazione delle suddette norme
risulta essere incentrata principalmente sulla validità o meno del rapporto di
adozione costituito all’estero, in quanto da essa dipende l’attribuzione o
meno dell'efficacia in Italia del relativo provvedimento: “il giudice deve
preoccuparsi di non pronunciare un’adozione invalida a causa del foro (per
difetto di giurisdizione) o della legge (per esclusione della legge nazionale o
mancato richiamo di quella straniera che si presenta come astrattamente
applicabile), oppure deve preoccuparsi di non riconoscere un’adozione
straniera per difetto delle condizioni legali del riconoscimento"
9
La questione che maggiormente veniva sollevata nei tribunali, era quella
relativa all’incidenza dell’adozione nella sfera dei rapporti di successione
quando questi ultimi sono regolati da una legge diversa da quella che ne
8
Nel caso in cui i due soggetti abbiano una cittadinanza diversa, le rispettive leggi
nazionali dovranno essere applicate cumulativamente; il rapporto adottivo sarà così
costituito validamente solo nel caso in cui siano rispettate le condizioni poste dalle leggi
richiamate. n metodo del cumulo delle leggi richiamate è stato condiviso dalla dottrina
prevalente sia prima che dopo il codice del 1942. Esprime invece perplessità sul metodo del
cumulo distributivo Q. FRANCm, '~nalisi dell'adozione ed elementi di estraneità", in Riv.
Dir. Inter. Priv. Proc., 1971, p. 513 ss.
9
Così Q. FRANcm, "Note aggiuntive al commento degli artI. 29-43 della legge n° 184 del
4 maggio 1983", in Nuove Leggi Civ. Comm., 1984, p. 130.
regola gli effetti
10
. Questa idea patrimoniale dell’adozione viene
gradualmente erosa da quel fenomeno che generalmente viene definito
come “depatrimonializzazione” del diritto privato, che si manifesta nel
sempre maggior spazio riservato a “valutazioni non riconducibili alla sfera
patrimoniale e correlativamente da un allontanamento da logiche elaborate
in funzione di interessi d’ordine esclusivamente economico”.
Tutto questo processo ha come retroterra culturale un profondo
ripensamento riguardo al valore della persona umana nella sua dimensione
culturale e sociale, cui si affianca sul piano normativo una più energica
tutela dei diritti fondamentali dell'uomo anche in risposta ai tragici eventi
che hanno segnato la seconda guerra mondiale
11
.
Sono espressione di questa nuova sensibilità: La dichiarazione universale
dei diritti dell’uomo (New York l0 dic. 1948)
12
;la Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 4
nov. 1950)
13
; La dichiarazione dei diritti del fanciullo ( New York 20 nov.
10
Vedi G. DE NOVA, “Considerazioni comparative sull’adozione in diritto intemazionale
privato”, in Jus, 1961, I, p. 255. Esemplari a tal proposito sono alcuni provvedimenti quali:
Appello Palermo, Decreto del 12 maggio 1945, in Giur. It. 1947, 1,2, p. 198; Appello
Napoli, Decreto dell° febbraio 1949, in Foro It., 1949, I, p. 603. In entrambi i casi non
viene ritenuta come rientrante nel concetto di ordine pubblico il rispetto della differenza
minima di età (18 anni) tra le t:rarti prevista dall'art. 291 c.c., dal momento che è 10 stesso
art. a prevedere una deroga fmo ad una differenza di anni 16 quando sono presenti
circostanze eccezionali.
11
Cfr. C. DIONISI, "Verso la depratrimonializzazione del diritto privato", in Rass. dir. civ.,
1980, pp.679 ss.; B. POLETTI DI TEODORO, "L'adozione internazionale, profilo storico e
sistematico ", cit. p.
12
Vedila in "Codice degli atti intemazionali dei diritti dell'uomo ", a cura di E. VITf A e V.
GRAMMENTIERI
13
Dichiarazione firmata da tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa ed entrata in
vigore il 3 settembre 1953. Vedila in op. ult. cit.
1959 )
14
; atti tutti quanti riconducibili alla stessa idea base ossia del valore e
della dignità della persona umana, nonche la fede nei diritti fondameritali
dell'uomo. Tutto ciò viene pienamente riconosciuto anche nel diritto
interno: la Costituzione del 1948 all' art. 2 riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo, “sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si
svolge la sua personalità...”. La norma si riferisce ovviamente anche ai
minori ai quali si riconosce il diritto ad una famiglia (prima formazione
sociale ove si svolge la sua personalità) intesa quale comunità fondata sugli
affetti, all' interno della quale devono essere posti in grado di crescere in
modo sano e normale non solo sotto I' aspetto fisico, ma anche intellettuale,
morale, spirituale e sociale, in una condizione di "libertà e dignità" (art. 2
Dichiarazione dei diritti del fanciullo). Tutto ciò costituisce l' idea forza
verso la completa metamorfosi dell’adozione nel nostro ordinamento,
ovvero da una concezione volta alla tutela di interessi prevalentemente,
economici, ad una più attenta a quelli collegati allo sviluppo della
personalità del minore. La metamorfosi cui abbiamo fatto cenno, è anche la
conseguenza di una profonda trasformazione dell’istituto della famiglia
realizzata dalla Carta Costituzionale (art. 3, 29), dove viene in pieno
recepita la trasformazione del nucleo familiare, ossia si assiste al passaggio
da una concezione istituzionale ad una comunitaria, fondata cioè sul
principio di uguaglianza dei coniugi (e tra i genitori) e sulla tutela dei figli
14
Dichiarazione adottata a dall’ Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre
1959 dove all'art. 2 si legge testualmente che “nell'adozione...la considerazione
determinante deve essere il superiore interesse del fanciullo”
nati fuori dal matrimonio; da “una famiglia che da autosufficiente organo
produttivo, passa ad essere una vera e propria comunità fondata sugli
affetti”
15
.
2.1. Affermazione nell'ordinamento giuridico italiano
della nuova concezione di adozione.
L' attuazione nell’Ordinamento giuridico Italiano degli indirizzi
programmatici ai quali si è fatto riferimento nel precedente paragrafo, ha
pienamente inizio solo nella seconda metà degli anni sessanta. A questo
proposito è possibile individuare due momenti che concretizzano tale
attuazione: la sentenza della Corte Costituzionale n° 46 del 23 maggio 1966,
che rappresenta la prima applicazione degli arti. 3 e 29 Cost. ai rapporti
personali tra i coniugi, dove viene qualificato come assoluto il divieto posto
dal .legislatore all’art. 3 Cost. di disporre qualsiasi diversità di trattamento
giuridico per ragioni di sesso;
16
la legge n° 431 del 5 giugno 1967
sull'adozione speciale con la quale si introduce il modello dell’adoptio
plena, ossia un’adozione con effetti legittimanti, cioè con interruzione dei
rapporti con la famiglia di origine e l’introduzione del minore all’ interno
della nuova famiglia in qualità di figlio legittimo.
15
Così L. BIGLIAZZI-GERI, U. BRECCIA. F.D. BUSNELLI, u. NATOLI, “Diritto
civile”, VI, Torino, di prossima pubblicazione.
16
Vedi F.D. BUSNELLI, "Libertà e responsabilità dei coniugi nella vita familiare", in Riv.
Dir. Civ., 1973, I, pp. 119 e 150.
Lo scopo fondamentale di tale intervento normativo era quello di garantire
al minore di anni otto il diritto ad una famiglia: da qui la previsione di
requisiti tassativi degli adottanti, la cui sussistenza doveva essere accertata
da un giudizio di idoneità rilasciato dal Tribunale dei minori. Tuttavia,
nonostante che anche I' adozione ordinaria stesse via via assumendo “una
finalità ben diversa da quella originaria, ponendosi oramai come obbiettivo
primario non più la continuazione del nucleo familiare o la trasmissione del
nome o del patrimonio ma I' inserimento dell’adottato in un nucleo
familiare adeguato alle sue esigenze psicofisiche”
17
i requisiti previsti dalla
legge erano sempre stabiliti nell’nteresse dell’dottante. Con la legge del
1967 la nonnativa di riferimento dell’adozione internazionale si
“arricchisce” solamente della previsione contenuta nell ' art. 5, con il quale
il legislatore accoglie l'invito della Convenzione di Strasburgo del 24 aprile
1967, ossia l’acquisto della cittadinanza degli adottanti da parte
dell'adottando. La legge del 1967 si colloca nel solco di un .generale
ripensamento dell’adozione per quanto riguarda le sue finalità e recepisce
quelle istanze di protezione della realtà minorile affennatesi già a livello
internazionale: basti pensare ad alcune Convenzioni, come quella dell’Aja
del 5 ottobre 1961
18
sulla tutela dei minori e quella di Strasburgo
17
Cfr. Cass., 13 gennaio 1978, n° 156, in Foro It., 1978, I, p. 304.
18
La Convenzione citata è stata resa esecutiva in Italia con la legge n° 742/80 e della quale
costituisco norme di attuazione la legge n° 64/94 e l'art. 42 della legge n° 218/95 di riforma
del sistema di diritto internazionale privato.
del 24 aprile 1967 sull’adozione dei minori resa esecutiva nel nostro
ordinamento con la legge 22 maggio 1974 n° 357;
19
sul piano interno la
nuova sensibilità trova eco nella riforma del diritto di famiglia con la legge
del 19 maggio 1975 n° 151, la quale segna una tappa importante verso una
maggiore considerazione dell'interesse del minore. Con questo scarno
quadro normativo si arriva fino alla legge di riforma dell'istituto
dell'adozione ossia la legge no184 del 4 maggio 1983, la quale introduce un
corpus normativo ad hoc per l’adozione internazionale (titolo III) non più
soggetta, quindi, al richiamo intemazionalprivatistico. Le ragioni di una
siffatta scelta possono essere così evidenziate:
A) Le proporzioni sempre più rilevanti del fenomeno, ricollegabile, da
un lato, alle difficoltà di attuazione dell’adozione interna ossia della
legge 431/67 e dall’altro al c.d. “miracolo economico” degli anni
sessanta, imponevano una disciplina più completa dell’adozione
internazionale;
B) Una spinta etica verso tale fenomeno dovuta anche al .messaggio
cristiano contenuto nel decreto Apostolicam Auctoritatem del
Concilio Vaticano II, dove l’adozione in genere è posta come primo
19
La tendenza internazionale a vedere l'interesse del minore come fulcro intorno al quale
ruota tutta la disciplina di ogni istituto che 10 riguarda, si evidenzia anche in atti recenti
come la Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New Yorlc il 20 novembre 1989; La
Dichiarazione sui ..Principi sociali e giuridici applicabili alla protezione ed al benessere dei
fanciulli con riferimento aJ/ 'affidamento ed adozione sul piano interno ed intemazionale",
adottata il 3 dicembre 1986 dall' Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Risoluzione n°
48/85), in M.R SAULLE, "Codice internazionale dei diritti del minore", Napoli, 1992, pp.
28 ss. e 272 ss.~ la Risoluzione del Parlamento Europeo sulla protezione ~lle famiglie con
riferimento all'art. 14; in ABBATE, GaBBATI, SPEZIA, "Codice deJ/a famiglia e deJ/e
persone", Padova, 1996, p. 555.
esempio tra le opere di apostolato familiare
20
C) Problemi di tipo tecnico giuridico derivanti dalla coesistenza
nell’ordinamento di due tipi di adozione diversi (ordinaria e
speciale), duplicità che evidenziava un diverso trattamento riservato
ai minori stranieri adottati a seconda che il giudice riconoscesse al
provvedimento straniero da delibare
21
effetti riconducibili
alI’adozione legittimante (adozione speciale) oppure a quella
ordinaria.
22
L' esigenza di stroncare il triste fenomeno denominato “mercato dei
bambini” il quale, oltre a contaminare le zone economicamente e
socialmente più arretrate del nostro Paese, riguarda anche i Paesi esteri
più poveri ed arretrati, dove viene favorito da circostanze come l’
assenza di controlli alle frontiere e di ostacoli giuridici all’espatrio dei
minori.
Per eliminare tale fenomeno, la legge 184/83 contiene norme destinate
agli uffici di polizia di frontiera, i quali non devono permettere
20
Vedila in “Tutti i documenti del Concilio”; Decreto sull'apostolato dei Laici, cap. m p.
371, lettera e, Milano.Roma, 1971. Sull'influenza del Concilio Vaticano n sulla nuova idea
di adozione B. POLE1TI DI TEODORO, “Diritto di famiglia”, di G. BONILINI e G.
CATTANEO (a cura di), m, p. 408, nota 17.
21
Il procedimento di delibazione consentiva ai genitori privi dei requisiti per ottenere
l'idoneità all'adozione da parte del Tribunale dei minori, di avere dallo Stato estero un
provvedimento di adozione da rendere efficace nel nostro ordinamento ricorrendo alla
Corte d' Appello del luogo di residenza degli adottanti.
22
Il quesito di costituzionalità dello strunlento della delibazione ex artt. 796-797- 801 c.p.c.
è stato alla Corte Costituzionale in riferimento agli art. 2, 30, 1° e 2° comma, 3 Cost. da due
ordinanze della Corte d' Appello di Torino di poco successive: ord. di rinvio del 26
novembre 1981, in Riv. dir. inter. priv. proc., 1982, p. 380; ord. di rinvio del 9 dicembre
1981, in Riv. Dir. Inter. Priv. Proc., 1982, p. 386.
l’ingresso di minori stranieri al di sotto dei quattordici anni a meno che
non siano in possesso di un prowedimento di adozione o di affidamento
preadottivo (art 31); inoltre si prevede una fattispecie di reato per chi
introduce a scopo di lucro un minore nel territorio dello stato anche se a
:fine di adozione (art. 72), fermo restando che visto che al legislatore
non sono consentiti controlli su ciò che avviene oltre i suoi confini, i
meccanismi più efficaci per combattere tale fenomeno devono essere
presi in sede convenzionale owero mediante la collaborazione tra Stati.
In tal senso si esprime l’art.1 della Convenzione dell’Aja del 29 maggio
1993.
Restano fuori dalla sfera applicativa della legge, l’adozione dei maggiori
di età; l’adozione tra stranieri che awenga all’estero e l’adozione nei casi
particolari previsti dall'art.44 della stessa legge: in riferimento a queste
ipotesi funziona il metodo del richiamo internazionalprivatistico
previsto dall’art. 38/prima parte della legge 215/95 di riforma del
sistema di diritto internazionale privato italiano
L’adozione legittimante dei minori viene così ad essere disciplinata solo
ed esclusivamente dalla legge italiana, scelta , confermata anche dall'art.
38/seconda parte legge ult. cit.. In altri termini la legge italiana per
I’adozione legittimante dei minori stranieri viene ad assumere il
carattere di diritto necessario, carattere che una certa dottrina ed una
certa giurisprudenza animata da “nobile fervore”, avevano già attribuito
alla legge del 1967 sull'adozione speciale
23
.
In realtà, per la fattispecie relativa alla richiesta di adozione di un
minore straniero da parte di coniugi italiani, la soluzione è la stessa
prevista dalla norma generale di conflitto che rinvia alla legge nazionale
degli adottanti; mentre in caso di coniugi di cittadinanza straniera
residenti in Italia e che chiedono al giudice italiano l’adozione
legittimante di un minore, la regola generale di conflitto cede il passo
alla Lex fori (art. 40 1°comma lett. a della legge 218/1995) ossia la
legge n° 184/83. La ragione di una simile scelta e riconducibile al fatto
che I' adozione a :finalità assistenziale diviene uno strumento mediante
il quale lo Stato attua la propria politica assistenziale, configurandosi
come strumento residuale e di massima tutela: da quest'ultimo punto di
vista essa consente al minore l’accesso in un nuovo nucleo familiare in
qualità di figlio legittimo, previa dichiarazione del suo stato di
abbandono da parte di un giudice; nel primo senso invece si ricorre alla
adozione internazionale quando sono saltate tutte le possibilità di tutela
23
Tra i sostenitori della tesi circa il carattere necessario della normativa italiana contenuta
nella legge de11967, da applicarsi cioè anche ai minori cittadini stranieri in stato di
abbandono in Italia R. QUADRI, “Dell’applicazione della legge in generale”, in
“Commentarlo del codice civile”, diretto da v. SCALOIA e Q. BRANCA, Bologna-Roma,
1978, sub. art. 20 prel., p. 221; R. CAFARl PANICO, voce Minori (adozione
internazionale), in Noviss. Dig. It., appendice, IV, Torino, 1984, p. 70. Sul tema la
giurisprudenza era andata oltre sostenendo che le norme sull ' adozione speciale si
sarebbero dovute applicare anche ai minori stranieri in stato di abbandono nei loro Paesi
quando cittadini italiani ne chiedevano l'adozione ad un giudice italiano. In tal senso Trib.
min. Milano, 5 gennaio 1972, in Giur. It. , 1972, I, 2, p. 549 ss. Da ultimo circa la tesi sulla
natura necessaria delle norme in tema di adozione si vedano: Cass., 3 febbraio 1992, n°
1128, in Riv. Dir. Inter. Priv. Proc., 1994, p. 147; nonche Corte Cost., Sent. n° 53 dell' I 1
dicembre 1989, in Riv. Dir.lnter., 1989, p. 940 88.. Contra App. Palermo, 12 novembre
1974, in Dir. Fam. Pers., 1974, p. 661 88.
e di reinserimento del minore nella famiglia d’origine e solo
successivamente si prende in considerazione la possibilità di una
adozione. Questa residualità dell’adozione, se pur in diversa ipotesi,
trova eco anche nella recente Convenzione dall’Aja sulla protezione dei
minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale del 29
maggio 1993, dove si afferma alla possibilità di trovare un nuovo nucleo
familiare fuori dallo Stato di origine, solo dopo l’accertamento della
impossibilità di procedere ad una adozione interna o ad un collocamento
in istituto. Spetterà poi allo stato di accoglienza stabilire l’idoneità e la
capacità educativa dei genitori futuri (art. 15). La scelta fatta dal nostro
legislatore, se da un lato presenta l'indubbio vantaggio di offrire una
disciplina uniforme all’istituto e di garantire il principio della parità di
trattamento tra minore cittadino e minore straniero, dall’altro pecca di
“nazionalismo adottivo” per via della prevalenza data al diritto interno
ossia non tiene sufficientemente conto dei contatti con l’estero cioè di
ciò che viene stabilito negli altri Stati, con notevole difficoltà per la
dichiarazione di efficacia dei provvedimenti di adozione realizzati
all'estero
24
: ad es. l'adozione estera non può essere dichiarata efficace se
non vi è stato il periodo di affidamento preadottivo (art. 33 della legge
184/83) al termine del quale, se non c’è l’esito positivo, il tribunale dei
minori può affidare il bambino ad una coppia diversa, ignorando
completamente I'abbinamento contenuto nel provvedimento estero.
24
Cfr E. POLE1TI DI TEODORO, op. ult. cit., p. 415.