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Introduzione
“Landscape means an area, as perceived by people, whose character is the result of the action and
interaction of natural and/or human factors”
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.
La Convenzione Europea del Paesaggio, tenutasi all’inizio del XXI secolo, pone al centro l’idea di
un “carattere” del paesaggio che deriva dall’azione integrata di forze naturali e antropiche, la cui
percezione è indissolubilmente connessa alle popolazioni che vivono quotidianamente i territori.
Natura e storia sono gli elementi di base considerati come beni comuni da difendere ai fini identitari:
“…la tutela e la valorizzazione del paesaggio salvaguardano i valori che esso esprime quali
manifestazioni identitarie percepibili…”
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. Occorre perciò, “…saper pensare il paesaggio, e il
bisogno di paesaggio come bene comune, in un senso che non sia meramente estetico bensì:
- Filosofico, perché ha a che fare con la natura;
- Storico, perché ha a che fare con la memoria collettiva;
- Etico, perché ha a che fare coi nostri comportamenti;
- Sociale, perché ha a che fare con l’idea di comunità;
- Politico, perché ha a che fare con l’idea di cittadinanza.”
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La stessa Carta costituzionale affida alla Repubblica italiana la tutela del paesaggio e del patrimonio
storico artistico della nazione e la riforma del Titolo V del 2001 ha introdotto la distinzione tra tutela
dei beni culturali, materia che compete in modo esclusivo allo stato, e la loro valorizzazione, materia
concorrente tra Stato e Regioni. Secondo il Codice entrambe le attività sono ugualmente fondamentali
perla salvaguardia dei valori espressi dal paesaggio, intesi come manifestazioni percepibili
dell’identità collettiva.
La presente Tesi intende affrontare la complessità della nozione di paesaggio in Italia e la relativa
evoluzione concettuale e normativa, sino ai tempi più recenti in cui è stato riconosciuto che tale
componente non sia da considerarsi esclusivamente come contesto di pregevole bellezza o di
particolare sensibilità visiva, ma racchiuda una sfera più ampia di caratteristiche che presentano
territori. è ormai ampiamente riconosciuto che la salvaguardia del paesaggio non può relegarsi alla
mera tutela dei Beni, ma abbracciare nuove strategie che riguardano in maniera più generale le
prospettive di innovazione della pianificazione urbanistica e territoriale, quali lo sviluppo sostenibile,
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Convenzione Europea del Paesaggio, Firenze, 2000
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Art. 131, comma 2 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio 2004, n.42 pubblicato su gazzetta ufficiale n.45 del 24
febbraio 2004
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Salvatore Settis, “Il paesaggio come bene comune”, pp.13-14, La scuola di Pitagora editrice, 2013
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il contenimento del consumo di suolo, la rigenerazione resilienza. A tal fine, è necessario citare
l’”Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”, un programma diretto alle persone, al pianeta e alla
prosperità, sottoscritto nel 2015 dai governi di 193 Paesi membri dell’ONU. L’Agenda consta di 17
Sustainable Development Goals suddivisi in 169 traguardi interconnessi e indivisibili e bilanciano le
tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: la dimensione economica, sociale ed ambientale. Il
paesaggio in questo contesto risulta una componente essenziale per favorire le azioni rivolte al
pianeta, attraverso un consumo ed una produzione consapevoli, gestendo le risorse naturali in maniera
sostenibile e adottando misure urgenti relative al cambiamento climatico per poter soddisfare sia i
bisogni delle generazioni presenti che quelle future.
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Perciò, integrando la pianificazione paesaggistica con quella urbanistico-territoriale è possibile
raggiungere orientamenti e indirizzi volti ad un equilibrato sviluppo socio-economico dei territori
sfruttandone potenzialità e valori evitando impatti negativi sull’ambiente e il paesaggio.
Sulla base di queste premesse l’obiettivo del lavoro è stato, a partire dallo studio del processo di
pianificazione paesaggistica nelle sue differenti applicazioni e interpretazioni in Italia, di individuare
possibili criticità e prospettive con particolare riguardo al contesto piemontese, grazie anche agli
approfondimenti metodologici ricavati dall’esame di un caso studio.
La prima parte del lavoro di Tesi si è occupata dell’analisi preliminare attraverso le differenti
specificazioni nella storia del termine “Paesaggio”, sino a giungere alla definizione consolidata con
la Convenzione Europea del Paesaggio, al fine di comprendere come gli enti istituzionali abbiano
reagito per tutelare ciò che nel tempo è stato progressivamente incluso nella nozione paesaggio.
Attraverso l’estensione del concetto a tutto il territorio, permeato in Italia con il Codice Urbani del
2004 e la ratifica della CEP nel 2006, si è aperta una fase di tutela e valorizzazione promosso anche
attraverso la redazione dei Piani Paesaggistici.
La parte seconda del lavoro di Tesi ha evidenziato come la tutela e la salvaguardia del paesaggio non
avvenga “semplicemente” con l’elaborazione del Piano Paesaggistico Regionale ma soprattutto
attraverso la sua implementazione; nel caso piemontese questo avviene tramite progetti strategici di
rilevanza sovra-locale e con l’adeguamento degli strumenti urbanistici e territoriali ai contenuti del
PPR approvato nel 2017, secondo i disposti del regolamento 4/R introdotto nel 2019.
Per evidenziare alcune peculiarità del processo di adeguamento a scala locale è stato analizzato il
Comune di Pinerolo, che ha avviato nel 2019 le procedure di revisione del proprio strumento
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Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Agenda 2030 del 25 settembre 2015
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urbanistico generale e si trova attualmente in fase di approvazione del Progetto Preliminare. Il PRGC
individuava e riconosceva elementi di tutela già prima dell’entrata in vigore del PPR Piemonte e
pertanto la riflessione del presente lavoro si è focalizzata sulla funzione stessa dell’adeguamento e se
abbia costituito per il Comune un lavoro aggiuntivo e per alcuni aspetti di semplice adempimento se
abbia contribuito ad integrare nel processo concrete progettualità qualitative per il paesaggio.
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PARTE PRIMA
1. L’evoluzione del concetto e del quadro normativo
Che cos’è il paesaggio?
Per rispondere a tale domanda occorre fare un balzo indietro nel tempo per capire in che modo oggi
si è giunti ad una nozione chiara e complessa allo stesso tempo in una visione olistica tra le
componenti che la caratterizzano.
La base del concetto di paesaggio si evince durante la civiltà romana anche se nel lessico latino non
è presente alcun termine identificabile con il toponimo, il termine latino che più si avvicina a quello
di paesaggio è “facies locorum”, letteralmente “facce dei luoghi” richiamando una percezione
soggettiva del territorio, con le sue caratteristiche ambientali e i valori estetici correlati. Dalle lettere
di Plinio il Giovane, in età imperiale, emerge questa espressione per trasmettere il piacere che ne
traeva osservando il paesaggio. Le fonti pervenute sino ad oggi, dalla pittura alla poesia sino
all’architettura, mostrano un’idea del paesaggio, quasi come una “cultura” del guardare, ed anche se
non viene percepito direttamente con gli occhi, la veduta che viene trasmessa, attraverso le parole e i
quadri pittorici, riflette le emozioni e le sensazioni dell’autore. Queste “sensazioni comunicate dagli
autori classici formavano un’eredità culturale che verrà ripresa nel tardo medioevo e nel primo
rinascimento”
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È nel medioevo, infatti, che si genera il termine paesaggio. La derivazione è latina, da pagus che in
italiano è stato tradotto come paese, in francese, pays, in occitano païs, e in castigliano, paìs, tutte le
terminologie nel tardo medioevo non indicavano il semplice villaggio, ma avevano un significato più
ampio riferendosi ad un’area territoriale o ad una regione e risultava così in Francia ad esempio nella
“Chanson del Roland” del XII secolo in cui il significato di paese era esteso al territorio francese
oppure in Italia quando Dante ha qualificato l’Italia, nel canto XXXIII dell’inferno nella Divina
Commedia, come il “bel paese”.
In questo contesto riecheggia un’idea sentimentale ed estetica legata al paesaggio che col trascorrere
dei secoli si stava costituendo e la prima attestazione in Italia del termine avviene in una lettera di
Tiziano Vecellio del 1552, indicando due dipinti uno come “il ritratto di Santa Margherita” e l’altro
come” il paesaggio”, ma il termine si afferma pienamente solo alla fine del XVIII secolo, dopo aver
a lungo affiancato la parola paese nel designare un dipinto o bassorilievo che rappresenti aspetti
campestri o vedutistici della realtà naturale:
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Carlo Tosco, “Il paesaggio come storia”, pp.18, il Mulino, 2007
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“I paesi si debbon ritrarre in modo che gli alberi sieno mezzi illuminati, e mezzi ombrati; ma meglio
è farli quando il sole è occupato da nuvoli, chè allora gli alberi s’illuminano dal lume universale del
cielo e dall’ombra universale della terra; e questi sono tanto più oscuri nelle lor parti, quanto esse
parti sono più vicine al mezzo dell’albero e della terra”
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Però è probabilmente in Francia, sotto la penna di Jean Molinet nel 1493 “…che si colloca la nascita
del neologismo paysage come vocabolo tecnico riferito alla pittura, …attestato con sicurezza nel
1549 dal dizionario di Robert Estienne”
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Nell’epoca romantica, l’accezione assume un significato più ampio allargando la sua complessità non
solo all’estetica ma anche ad altri temi come la storia e l’idea del paesaggio come custode delle
memorie delle epoche e delle società passate. Un’altra trasformazione da fenomeno artistico a oggetto
di ricerca scientifica la si deve ad Alexander Von Humbolt, un ricercatore e studioso dell’ambiente
che organizza un viaggio in America latina tra il 1799 e 1804 per esplorare il territorio, cercando di
comprendere quale rapporto sussiste tra la vita e lo spazio in cui si vive analizzando il connubio tra
storia e natura. Il suo libro, “Quadri della natura” pubblicato nel 1808 in Germania, descrive
l’ambiente come una rete globale in cui in cui tutto è interconnesso. La concezione che dava
Humboldt della natura ha stravolto l’idea di paesaggio ormai non più solamente un mero fatto
emozionale e sensazionale offerto da una visione soggettiva derivata dall’arte ma veniva plasmata da
una componente oggettiva propria delle scienze naturali attraverso la catalogazione e l’illustrazione.
Il paesaggio diventa così il frutto dell’attività umana che riflette le interazioni delle azioni e reazioni
dei rapporti tra ambiente e società.
Infine, la scuola degli Annales francese frutto della corrente di pensiero detta “Nouvelle Histoire”,
negli anni Trenta si appropria del paesaggio letto come sedimentazione e conservazione dei valori
storici arrivando ad una integrazione tra storia e geografia e ad una riflessione consapevole sul
concetto di tutela che da anni era fulcro del dibattito intellettuale.
Proprio su questo concetto, qualche decennio precedente, nel 1864, si imperniava il libro di George
Perkins Marsh, “Man and nature”, “…che aveva con grande eloquenza rappresentato gli enormi
danni alla natura prodotti dall’intensificarsi della presenza umana sulla terra”.
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Lo scritto esprime la
necessità della conservazione della natura e l’importanza del ristabilimento delle armonie perturbate,
sino a preconizzare, nel lontano 1864, le crisi degli ecosistemi.
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Leonardo da Vinci, “Trattato della Pittura”, parte seconda, 88 “dove si debbon ritrarre i paesi”, 1497
https://www.liberliber.it/mediateca/libri/l/leonardo/trattato_della_pittura/html/index.htm
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Carlo Tosco, “il paesaggio come storia”, pp.23, il Mulino, 2007
8
Salvatore Settis, “Paesaggio, costituzione, cemento”, pp. 140, Einaudi, 2010
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All’inizio del 900’, in America, il libro pioneristico dava i suoi frutti, quando Roosevelt avviò la più
vasta campagna della storia per la protezione ambientale, demanializzando 93 milioni di ettari di
parchi e luoghi naturali, i “National Monuments”.
In Europa e in Italia, dal punto di vista giuridico è stato difficile tracciare una precisa definizione di
paesaggio, sia perché la nozione di paesaggio ha subito col tempo profonde trasformazioni e sia
perché la confusione terminologica ha creato numerose difficoltà nel riconoscimento dei suoi aspetti
essenziali. La considerazione che la legislazione italiana ha riservato al paesaggio ha assunto
inizialmente, con la L.411 del 1905, un carattere culturale-identitario identificando taluni luoghi
secondo una componente mitologico-letteraria.
Oggi grazie alla convenzione europea del paesaggio, a seguito di varie traslitterazioni del termine
giunte dal passato e attraverso un’attribuzione dei valori che è mutata nel corso dei secoli, si può
definire il paesaggio come un sistema complesso di elementi eterogenei relativi ad un territorio, inteso
come porzione di superficie terrestre, il cui carattere deriva dall’interazione di fenomeni chimici,
fisici, biologici prodotti dall’azione di fattori naturali e/o antropici.
1.1. Verso la prima legge sul paesaggio e la tutela della pineta di Ravenna: L.
411/1905
A fine 900’ in Italia, il tema della tutela del paesaggio era all’ordine del giorno anche per influenza
di altre esperienze internazionali. In Francia un ampio dibattito aveva accompagnato la legge
Beauquier, “ayant pour object la protection des sites pittoresques” del 1906 sulla protezione del
paesaggio e dei siti storici, pittoreschi e leggendari, che prevedeva una classificazione dei paesaggi a
seconda del livello di interesse, e forme di protezione negoziata fra le amministrazioni pubbliche e i
proprietari privati.
In Italia, Corrado Ricci, soprintendente ai monumenti di Ravenna e direttore delle Gallerie Fiorentine,
denunciava, in un articolo del 1905 su Emporium
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, la distruzione imminente di tre meraviglie italiane:
il tentativo di aprire una nuova porta nelle mura di Lucca (dove il municipio voleva aprire una breccia
per la circolazione), le cascate delle Marmore (che le Acciaierie di Terni progettavano di prosciugare,
deviando le acque del fiume Velino) e la bonifica della pineta di Ravenna (minacciata dal vasto
programma di bonifiche della bassa Romagnola).
9
Corrado Ricci, Per la bellezza artistica d’Italia, in “Emporium”, Vol. XXII, n.130 (1905), pp. 294-309