II
un dibattito storico e politico che da diversi anni sembrava sopito,
avanzando alcune ipotesi interpretative piuttosto spregiudicate (Sternhell)
che ancora oggi dividono gli studiosi dei movimenti europei del ‘900.
Lo storico Sternhell si è occupato approfonditamente dell’argomento con
il suo trittico di opere intitolate “Né destra né sinistra” (1983), “ La droite
révolutionnaire 1885–1914” (1997), e “ Naissance de l’idéologie fasciste”
(1989). Nel lavoro “La droite révolutionnaire 1885-1914” Sternhell si
sforza di individuare, nel quadro della società di massa che si afferma alla
fine del XIX secolo le origini e la continuità di una tradizione di destra
radicale, opposta alle correnti democratiche e liberali, eredi della
Rivoluzione francese. Tale destra, che l’autore definì “rivoluzionaria”,
sarebbe il prodotto di una società caratterizzata dall’irruzione delle masse
nel mondo della produzione e della partecipazione politica.
Di questo articolato universo egli analizza ideologie, movimenti e uomini
a suo giudizio dimenticati dalla storia “che si compiace di dar ragione ai
vincitori”.
In Né destra né sinistra Sternhell ricostruisce le origini culturali
dell’ideologia fascista, che egli considera un’ideologia della modernità,
per i cinquant’anni che separano la crisi boulangista dal regime di Vichy,
e si sforza di dimostrare quanto profondamente gli ambienti intellettuali
francesi siano stati contagiati dalla “tentazione fascista”. Nell’opera
III
l’autore demolisce diversi luoghi comuni tra cui quello che individua nel
fascismo un fenomeno eminentemente italiano e sostiene che le origini
dell’ideologia fascista affondano nella tradizione culturale francese e più
esattamente nel terreno razionalista e democratico che, dalla rivoluzione
giacobina borghese, si sarebbe innervato sui valori dell’universalismo e
dell’individualismo.
Per quanto riguarda l’opera curata da Sirinelli, dal titolo “Storia delle
destre in Francia”, essa è divisa in 3 tomi dedicati rispettivamente a:
Politique, Cultures e Sensebilités. Nel suo saggio introduttivo il curatore
dell’opera mette in evidenza l’opposizione tra movimenti di destra e di
sinistra che costituiscono il principale elemento di demarcazione della
storia politica ed ideologica francese dalla fine del XIX secolo in poi.
L’opera analizza le destre francesi (quella controrivoluzionaria,
legittimista, orleanista, bonapartista, rivoluzionaria, fascista, la destra
estrema e gaullista) in una triplice dimensione sotto l’aspetto politico,
mettendo in evidenza i movimenti ed i partiti, ma anche gli orizzonti
ideologici dei teorici e dei militanti, poi sotto quello culturale dal punto di
vista delle forme di aggregazione e di diffusione dell’ideologia e le
visioni della storia condivise dagli esponenti di destra ed infine sotto
l’aspetto delle “sensibilités” ovvero dei valori condivisi dalle varie anime
della destra.
IV
Pierre Milza che si è occupato delle destre in Francia e in varie opere, tra
cui “Les fascismes”, in cui ha analizzato l’evoluzione delle correnti
politiche e culturali della Francia del Novecento. L’autore analizza i vari
movimenti e regimi fascisti di destra presenti in Europa tra le due guerre
mondiali evidenziando anche i rapporti più o meno organici tra fascismo e
nazionalsocialismo da una parte e “altre” destre europee, tra cui quelle
francesi.
Nel vario universo delle destre francesi l’Action Française è senz’altro il
movimento di maggiore spicco dal punto di vista culturale-ideologico e
politico. Esso è stato, infatti, quello di più lunga durata e per certi aspetti
di maggiore ambiguità, inevitabile termine di confronto per le altre
formazioni politiche di destra e espressione di valori, tradizioni e opzioni
che nella cultura francese sono sopravvissute ben oltre la fine del
movimento politico vero e proprio.
Per tali ragioni una ricostruzione delle sue alterne vicende ci è parso un
modo per rileggere da un’angolatura particolare alcuni dei momenti più
significativi della storia francese, tra la fine del XIX secolo e l’esperienza
del II conflitto mondiale.
2
Par. 1.1 La destra “rivoluzionaria”.
In Francia il secondo Impero, nato con il colpo di stato del 2 dicembre
1851, attuato da Luigi Napoleone, venne rovesciato dalla sconfitta militare
nella guerra franco-prussiana del settembre 1870. Il passaggio alla nuova
forma costituzionale e la proclamazione della Repubblica non si ebbe,
quindi, ad opera di una sollevazione rivoluzionaria interna, l’ultimo
plebiscito aveva dato, infatti, all’imperatore una maggioranza ampia quasi
come nel primo. Dopo la capitolazione di Parigi, l’armistizio e la nascita
del Reich tedesco a Versailles, venne eletta a suffragio universale
un’Assemblea nazionale che si riunì a Bordeaux e con il compito di
condurre la Francia verso uno stato di normalità e di elaborare una nuova
costituzione, gettando così le basi per la nascita della nuova forma
istituzionale, repubblicana
1
.
Sebbene l’Assemblea potesse contare su una maggioranza formata
soprattutto da monarchici, essa sostenne, inizialmente, un governo
presieduto da Adolphe Thiers, un ex-orleanista passato tra le file
repubblicane.
1
Cobban A., Storia della Francia, Garzanti, Firenze 1972, pp. 473 - 474
3
Egli dimostrò “che si poteva essere repubblicani e conservatori al tempo
stesso e che per tenere a bada le classi lavoratrici non vi era bisogno di
alcuna restaurazione monarchica”
2
.
La prima fase della Terza Repubblica fu caratterizzata da un lungo periodo
d’instabilità, dovuto ai dissidi interni alle forze borghesi che sostenevano il
governo (conservatori filomonarchici, repubblicani moderati e radicali) ma
ebbe il merito di varare, nel 1875, una costituzione che sarebbe rimasta in
vigore fino al 1940.
Vero ispiratore e promotore della costituzione repubblicana fu Léon
Gambetta che dominò la vita politica francese di quegli anni; convincendo
i repubblicani a seguire una politica più moderata in accordo con i radicali,
opponendosi al tentativo del generale Mac Mahon di imporre un governo
autoritario e denunciando all’opinione pubblica le trame dei conservatori
egli evitò alla Francia il rischio di una restaurazione monarchica
3
. Una
volta approvata la costituzione, l’Assemblea nazionale venne sciolta.
Le successive elezioni del 1877 possono considerarsi come lo stabilizzarsi
definitivo della Terza Repubblica, venuta creandosi a poco a poco, nel
corso del 1870-71 rappresentando una svolta decisiva nella storia politica
francese, Repubblica retta dalla Costituzione del 1875. Fu in
quell’occasione, infatti, che la Francia rurale ripudiò l’autorità dei notabi-
2
Ivi, p. 640
4
li, ossia di quei proprietari terrieri che rappresentavano un anello di
congiunzione tra la noblesse, passata indenne attraverso tutta una serie di
regimi, e la haute bourgeoisie, conservatrice e clericale, la cui influenza
aveva tenuto costantemente le masse rurali di Francia dalla parte del
conservatorismo politico, a prescindere dai cambiamenti della scena
politica interna
4
.
Nel quinquennio successivo, tra il 1877 e il 1881 si affermarono e si
consolidarono, a livello elettorale, i partiti d’ispirazione repubblicana. Alla
sconfitta delle destre, nelle elezioni legislative del 1877, fece seguito la
vittoria repubblicana nelle elezioni locali del 1878; le successive elezioni
legislative del 1881 mostrarono un progressivo spostamento verso sinistra
che consentì la formazione di una larga maggioranza repubblicana alla
Camera dei deputati.
Nello stesso periodo, sul piano legislativo, vennero promulgate alcune
norme di carattere istituzionale, per rafforzare la Repubblica, e sociale.
Furono approvate leggi che vietavano qualsiasi revisione della forma
repubblicana di governo e l’elezione a presidente dei membri di famiglie
che avessero precedentemente regnato in Francia, che abolivano la figura
3
Cobban A., op. cit., p. 641
5
del senatore a vita, che riconoscevano i sindacati dei lavoratori ed intro-
ducevano il divorzio.
Il conflitto ideologico fra le sinistre e le destre si allargò al settore
dell’istruzione, dove le divisioni di natura politica e sociale erano ancora
più inasprite dall’ulteriore contrasto di natura religiosa. Nel 1879 venne
nominato ministro dell’Istruzione Pubblica Jules Ferry, repubblicano e
laico convinto.
Accanito avversario del controllo clericale sull’istruzione, egli ridusse allo
stato laico il Conseil Supérieur de l’Instruction Publique, espellendone
vescovi e ogni altro alto esponente delle gerarchie ecclesiastiche, riservò
la concessione di diplomi e altri titoli di studio allo Stato ed escluse
l’insegnamento della religione dalle scuole statali, determinando l’avvento
di quella che è stata definita come école sans Dieu
5
.
Il periodo in esame venne caratterizzato anche da una grave crisi
economica mondiale, iniziata nel 1875 ma che colpì la Francia in ritardo
rispetto alla maggior parte degli altri stati europei. Alla crisi generale
dell’industria francese, caratterizzata dalla caduta dei prezzi e dei salari e
dall’aumento della disoccupazione, si accompagnò anche una crisi fi-
4
Cobban A., op. cit., pp. 482 - 484
6
nanziaria causata dal forte deficit del bilancio statale. Fu proprio in quei
momenti di alta tensione sociale che la Camera dei deputati riconobbe
l’esistenza di una nuova forza nella società francese approvando la legge
che autorizzava la costituzione di syndacats
6
, nonostante l’opposizione
manifestata dai datori di lavoro.
Una crisi di natura politica si determinò, invece, dopo la nomina del
generale Boulanger a ministro della Guerra. Il primo atto dell’alto ufficiale
fu quello di privare tutti i principi orleanisti dei loro gradi militari
7
. Tale
provvedimento gli permise di assicurarsi l’appoggio delle sinistre e
dell’opinione pubblica: tra i suoi sostenitori vi erano monarchici,
nazionalisti, ma anche radicali sedotti dalla politica imperialistica. La sua
popolarità continuò a crescere anche perché egli si occupò delle condizioni
di vita delle truppe, e non diminuì nemmeno sotto i pesanti attacchi
condotti contro di lui dai tedeschi, in risposta al fuoco verbale dei suoi
discorsi contro la Germania. Nel maggio 1887, tuttavia, gli opportunisti si
allarmarono per alcuni tentativi di colpo di stato e Boulanger venne
5
Cobban A., op. cit., pp. 486 - 487
6
Ivi, pp. 500 - 506
7
Cobban A., op. cit., p. 494 – 495
7
destituito da ministro
8
. Il generale aveva perso l’appoggio politico di quasi
tutti i capi radicali ma non il favore della popolazione. Perfino, tra le file
dell’estrema sinistra, blanquisti e numerosi esponenti del movimento
socialista, in crescita a causa della recessione economica che creava nuova
disoccupazione, in odio alla Repubblica di stampo conservatore,
dimostrarono di sentirsi attratti dalla forte personalità di Boulanger.
Contemporaneamente la destra francese iniziò ad operare per accaparrarsi
il generale, vedendo nella sua popolarità una leva con la quale poter
rovesciare il potere
9
.
Nel decennio successivo la Terza Repubblica visse tra forti tensioni sociali,
sull’orlo di un coup d’état, o della presa di potere da parte di uomini forti
come Boulanger, tra scandali e crisi politiche come quella creata dal
fallimento della società del Canale di Panama. Ma le elezioni generali del
1898, da cui uscirono vittoriosi i partiti repubblicani, provano, ancora una
volta, che il paese rimaneva repubblicano.
Dopo il fallimento del boulangismo la destra tentò di ristrutturarsi e rior-
ganizzarsi tramite un tipo di politica definita Ralliement, che tentava di
conciliare la Chiesa cattolica con la Repubblica. L’enciclica Rerum
8
Finzi R.-Bartolotti M., L’età contemporanea, Zanichelli, Bologna 1990, p. 45
9
Cobban A., op. cit. , pp. 496
8
Novarum, infatti, invitava i cattolici ad assumere un atteggiamento positivo
verso il problema dei salari e delle ore di lavoro. La gerarchia cattolica
francese, composta esclusivamente da elementi di haute bourgeoisie e
della noblesse, però, dimostrò un interesse assai scarso per le nuove idee
enunciate da Roma, ma nel basso clero spuntarono quelli che vennero poi
definiti come “preti democratici”, i quali si spinsero molto più in là di
quanto potesse essere accettato dalla società rispettabile e più in là di
quanto Roma fosse disposta a seguirli. Poco dopo i cattolici e la Chiesa
francese, che si erano schierati nel fronte colpevolista dell’Affare Dreyfus,
patirono una bruciante sconfitta dopo la revisione del processo, nonostante
gli inviti del papa Leone XIII “ai cattolici di abbandonare le riserve
istituzionali e le suggestioni monarchiche, per aderire sinceramente alla
repubblica”
10
. Posti di fronte al dilemma di scegliere tra i consigli del Papa
e il loro odio così profondamente radicato per le idee repubblicane, la
maggior parte dei monarchici e dei cattolici rimasero irriconciliabili. Il
fallimento del Ralliement stette a significare che la destra conservatrice e
monarchica cessò di essere una vera forza politica. Anche se la monarchia
continuò ad essere l’obiettivo principale, un diverso movimento, di stampo
10
Finzi R. - Bartolotti M., op. cit., p. 641
9
rivoluzionario, iniziò ad agire nella vita politica e sociale francese,
trovando i suoi alleati naturali negli ambienti che non si
erano saputi riconciliare con la Repubblica, quali quelli dell’Esercito e
della Chiesa, e facendo appello alle nuove generazioni. La nuova tendenza
politica che penetrò nella società francese di quel tempo può essere definita
come nazionalismo ed ebbe come caratteristiche fondamentali il
militarismo e il clericalismo, oltre che una forma particolare di
antisemitismo
11
.
Le successive elezioni del 1902, con l’affermazione dei radicali,
determinarono una violenta reazione anticlericale, che inizialmente si attuò
con le decisioni governative di sciogliere le congregazioni religiose, ma
che successivamente portò alla rottura delle relazioni tra la Francia e la
Santa Sede.
Gli ultimi venticinque anni dell’Ottocento, quindi, si manifestano in
Francia come un periodo di incubazione e presentano, nel campo
dell’evoluzione intellettuale, tutte le caratteristiche di un’epoca
11
Cobban A., op. cit., pp. 509-510
10
rivoluzionaria, e sono, per questo, tra i più fecondi della storia intellettuale
europea
12
.
La fioritura ideologica di questo periodo fu dovuta non solo alla qualità
della produzione scientifica, letteraria ed artistica, ma anche alla sua
varietà, ai suoi contrasti, alle sue contraddizioni. Fu proprio tale dialetticità
a
determinare quella rivoluzione che comportò l’esaltazione della nazione
come fondamentale unità solidale. Si venne così a determinare una nuova
visione del mondo con la formazione di un movimento ideale che andava a
smembrare i valori ereditati dal Settecento e dalla rivoluzione francese. Si
creò così un clima intellettuale che minava alla radice i fondamenti della
democrazia e che accrebbe l’ascendente esercitato dal fascismo. Questi
anni di fermento intellettuale in Europa furono anche il momento della
supremazia culturale della Francia. Parigi in quel periodo fu il centro
indiscusso della vita intellettuale. Tutta l’Europa nazionalista, antimarxista
e germanofoba si appassionò per uomini che, attraverso il boulangismo e
l’Affaire Dreyfus, condussero in Francia una battaglia ideologica che,
uscita dalle aule Parlamentari o dei tribunali finì per attraversare tutti gli
12
Sternhell Z., La droite Revolutionnaire:1885–1914: les origines françaises du fasci
sme, Gallimard, Paris 1997, pp. 7-24
11
strati della società civile, travalicando gli stessi confini nazionali
13
. Parigi,
così, divenne la capitale spirituale della destra europea.
Al contrario in Francia il marxismo, fra tutte le nuove correnti di pensiero,
fu quello che riuscì a penetrare con minore rapidità. Se la Germania fu la
patria dell’ortodossia marxista, la Francia fu il laboratorio in cui si for-
giarono le idee originali del’ 900. Lì si verificano le prime battaglie in cui
il sistema liberale si confronta con i suoi avversari. Fu in Francia che
attraverso il movimento politico del boulangismo si realizzò quella prima
sutura tra nazionalismo e radicalismo sociale che ispirò sia i movimenti di
massa di destra, sia il gauchismo espresso da Hervé, e che condusse alle
soglie del fascismo.
Il disagio intellettuale, le tensioni politiche, i conflitti sociali che
caratterizzarono la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento sono
aspetti diversi un unico fenomeno: la difficoltà del liberalismo di adattarsi
alla società di massa.
In effetti, l’ingresso nello spazio politico delle nuove masse urbane
provocò la crisi del liberalismo che, fondandosi sui valori
dell’individualismo e del razionalismo ed essendo il prodotto di una società
ormai strutturata, ma in cui la partecipazione politica era molto limitata,
13
Gentile G., The Philosophic basis of Fascism, The Shallow Press, London, s.d. pp.53-54
12
non riuscì a diventare l’ideologia di riferimento anche dei nuovi ceti e dei
milioni di lavoratori che si ammassavano nei centri industriali.
La crisi del liberalismo affondava le sue radici nelle profonde contrad-
dizioni che esistevano fra i principi dell’individualismo ed il livello di vita
delle masse urbane, fra la concezione tradizionale dei diritti naturali e le
nuove leggi sull’evoluzione della specie dettate dalla rivoluzione
intellettuale costituita dal darwinismo
14
.
Negli ultimi anni dell’800 il liberalismo entrò in conflitto con il
nazionalismo e con la democrazia proprio perché la democratizzazione
della vita politica implicava l’integrazione delle masse attraverso il
suffragio universale, l’istruzione obbligatoria e il servizio militare che
erano fattori essenziali sia della democrazia giacobina, sia della
nazionalizzazione della società francese.
Anche il marxismo si trovò di fronte ad un fenomeno imprevisto: tutte le
innovazioni introdotte per formare una coscienza di classe nelle masse
urbane dettero luogo ad una integrazione sociale molto rapida e profonda,
14
Gentile G. , The Philosophic basis…, op. cit. , p. 55