PREMESSA
V
acquistare simulatamente droga senza incorrere in sanzioni penali”
3
.
Tale disposto ha generato non poche difficoltà interpretative,
soprattutto in ordine alla responsabilità dell’agente provocatore e alla
natura giuridica della scriminante, posto il richiamo all’art. 51 del
codice penale («Esercizio di un diritto e adempimento di un dovere»)
come verrà evidenziato durante la trattazione di tutta la problematica
esaminata. Tuttavia si è reso necessario tale provvedimento che
individua una particolare finalità, precisamente quella di offrire un
efficace strumento di contrasto al traffico illecito di sostanze
stupefacenti e psicotrope, consentendo il passaggio di droga sul
territorio, sotto il controllo delle competenti autorità, al fine – ultimo –
di identificare le persone implicate nel traffico
4
.
L’originalità dello strumento risiede nella deroga alle regole
generali che disciplinano l’attività di polizia giudiziaria, in
considerazione dei particolari obiettivi da raggiungere. Senza dubbio
la norma ‘corona’ uno sforzo legislativo teso a legittimare l’esigenza
investigativa di infiltrarsi nelle organizzazioni criminali, al fine di
consentire la ricostruzione della struttura dell’organizzazione illecita e
di individuare i soggetti che al suo interno ricoprono cariche
significative
5
. Per ottenere tale risultato, l’ufficiale di p.g. non è
costretto solo a compiere ripetute operazioni sottocopertura, ma anche
3
D’AMBROSIO L. – VIGNA P. L., La pratica di polizia giudiziaria, VI ed., 1998, p. 276.
4
PETRELLA M., L’acquisto simulato di droga, Art. 97, in Giurisprudenza sistematica di diritto
penale, a cura di AA. VV., coordinati da G. Insolera, 1993, p. 327 ss.
5
Si deve tener presente infatti che i normali strumenti di indagine utilizzati dalla polizia
giudiziaria sono spesso inefficaci ad acquisire elementi di prova del traffico di stupefacenti, il
quale si presenta sotto il profilo investigativo più difficile da combattere, proprio perché gestito da
potenti organizzazioni criminali. Cfr. in tal senso, BARTONE N. – IAZZETTI A. – IZZO F.,
Stupefacenti e sostanze psicotrope, Napoli, 1991, p. 81 ss.
PREMESSA
VI
a ritardare ripetutamente l’esecuzione di numerosi atti dovuti
6
. Per
sottolineare la stretta connessione nell’attività operativa fra le
operazioni sottocopertura e le «operazioni o consegne controllate» è
stata affrontata, trattando di acquisto simulato, la correlata ipotesi del
ritardo o omissione degli atti ex art. 98 T.U.. Naturalmente occorrono
una serie di presupposti di natura oggettiva e soggettiva necessari
all’operatività delle fattispecie, che saranno analizzati puntualmente
nel corso della trattazione.
Il lavoro si pone, inoltre, l’obiettivo di distinguere, la figura
dell’infiltrato - e il ruolo da questi svolto - da quella dell’agente
provocatore, ampiamente sviscerata nelle sue varie sfaccettature dalla
dottrina passata e recente. La ricostruzione di tali soggetti passerà
attraverso l’analisi storica della figura di agente provocatore, dalla sua
nascita nella Francia di Luigi XVI, alle definizioni più recenti della
dottrina contemporanea, aprendo al contempo una finestra di diritto
comparato verso le evoluzioni più o meno remote negli altri Stati
europei e latino-americani.
Saranno considerate inoltre le figure del “provocato” e
l’eventuale ruolo del privato nell’acquisto simulato, nonché gli aspetti
processuali e le intervenute pronunce giurisprudenziali.
In considerazione della peculiarità dello strumento previsto
dall’art. 97 T.U., l’attenzione si è soffermata anche sulle nuove ipotesi
di provocazione al reato prospettate dalle recenti disposizioni in
materia di contrasto al riciclaggio di denaro sporco, alla pedofilia e al
6
Si pensi ad esempio al sequestro della droga, all’arresto o al fermo di indiziato di delitto della
persona che ha materialmente ceduto la sostanza stupefacente ed a tutta una serie di atti che sono
ritardati, naturalmente con l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria, grazie all’introduzione
dell’art. 98 D.P.R. n. 309/90.
PREMESSA
VII
terrorismo, quali fattispecie tristemente attuali, ormai collegate ad una
quotidianità che rivela una trasformazione – involuzione in un certo
senso – del sociale, richiamando così l’attenzione alla necessità in
materia di nuovi approfondimenti a livello politico-criminologico
prima che giuridico.
In ultima analisi, è stata inserita nella parte finale del lavoro,
dedicata alle prospettive de lege ferenda, la relazione al disegno di
legge approvato recentemente dal Consiglio dei Ministri
7
e contenente
il progetto di riforma del D.P.R. n. 309/90. In tale sede sono state
proposte delle modifiche di carattere sostanziale alla condotta del
fictus emptor, allargando la portata oggettiva della scriminante,
nonché prevedendo la possibilità di avvalersi di interposte persone.
Per concludere, si sottolinea che il presente lavoro non ha
naturalmente la presunzione di esaurire la complessa tematica
riguardante l’acquisto simulato di droga e i ruoli rivestiti
dall’infiltrato, ma ci si propone di ricostituire una trattazione di sintesi
di quei temi, i cosiddetti “temi senza pathos”
8
, che, nonostante la
notevole portata, nonché l’attualità anche a livello pratico-
investigativo, talvolta rimangono a margine del dibattito politico-
criminale e spesso restano fuori pure dal diritto ‘vivente’, consegnati
unicamente alle pagine di una letteratura specialistica.
7
Il Consiglio dei Ministri ha approvato il citato disegno di legge recante “Revisione del D.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309”, nella seduta del 13 novembre 2003.
8
DE MAGLIE C., L’agente provocatore. Analisi dommatica e politico-criminale, Milano, 1991,
nella premessa al testo.
CAPITOLO I
IL FENOMENO “DROGA”
SOMMARIO: 1.1. Introduzione. - 1.2. La nozione di stupefacenti e sostanze psicotrope. - 1.3.
Evoluzione della normativa antidroga. - 1.4. La cooperazione internazionale nella lotta al traffico
di sostanze stupefacenti e il coordinamento investigativo. - 1.5. I poteri di investigazione e di
accertamento degli organi di polizia e le strutture di contrasto. - 1.5.1. La Direzione Centrale per i
Servizi Antidroga.
1.1. Introduzione.
La “questione droga” sta diventando ormai una delle più rilevanti
del nostro tempo. In particolare nel mondo industrializzato, le
sostanze stupefacenti sono una merce voluttuaria, e non c’è da stupirsi
se in una società materialista ed improntata alla piena libertà delle
scelte individuali questo particolare tipo di consumo coinvolge una
fascia cospicua di persone
9
.
Il fenomeno della droga, dapprima confinato in settori marginali
della società, è divenuto nel tempo una vera e propria patologia di
primaria importanza per un numero indeterminato di individui
10
.
9
Cfr. CASELLI G. – GARAVELLI M., Droga: in nome della legge, 1990. p. 11. Gli autori
sostengono che, come accade per tutti i fenomeni di devianza, una piccola percentuale di
comportamenti abnormi viene tollerata senza eccessivi contraccolpi. I guai cominciano quando la
quantità complessiva delle manifestazioni antisociali supera la soglia di sopportabilità, e quando
sempre più numerosi divengono i soggetti in qualche modo toccati dagli effetti negativi di esse.
10
Ibidem, p. 12; sulla diffusione del fenomeno droga, le cifre, pur imprecise e riduttive, riportano
per l’Italia, da 300.000 a 500.000 fra veri schiavi della droga e consumatori saltuari. Ufficialmente,
a fine 1988, nelle 340 comunità terapeutiche censite dal Ministero dell’Interno erano ospitate
8.017 persone, e quelle assistite dalle varie strutture pubbliche e private erano circa 36.000. Dati
più precisi, e se vogliamo, più penosi, riguardano i morti per abuso di stupefacenti, 129 nel 1979,
804 nel 1988, 930 nel 1989, senza contare i decessi indirettamente legati a tale abuso; la
percentuale di detenuti tossicodipendenti nelle carceri italiane, salita dal 10,6 del 1985 al 17,09 del
1987 al 25,45 del 1989 (di cui il 28% sieropositivi).
CAPITOLO I
2
Il problema coinvolge inevitabilmente la società intera, pensiamo
soltanto agli illeciti compiuti da tossicomani per procurarsi le sostanze
stupefacenti
11
, per non dimenticare poi gli effetti “distorsivi” che
ricadono sul sistema economico, invaso da investitori di capitali di
provenienza illecita. Infatti il commercio della droga dà luogo ad un
indebito accumulo di ricchezze, generato dal fatto che ad ogni
passaggio dal produttore verso il consumatore i guadagni salgono in
maniera esponenziale.
E’ indubbio peraltro che oggi i traffici di droga su vasta scala
siano manipolati da potenti e spietate organizzazioni criminali, le quali
si servono di proprie “filiazioni”
12
all’estero per sfruttare e gestire nel
modo più redditizio possibile la produzione e la compravendita di
sostanze stupefacenti
13
.
11
La gamma dei reati ricomprende oltre a quelli contro il patrimonio, la prostituzione e lo stesso
spaccio per procurarsi le dosi quotidiane.
12
CIANI P., Nuovi settori operativi della criminalità transnazionale, in Rivista della Guardia di
Finanza n. 3, 1996, p. 690. In particolare l’Autore mette in luce come la criminalità organizzata
divenga transnazionale allorché sia in grado di utilizzare, nei singoli Stati, nuclei consistenti di
propri affiliati, cioè connazionali già presenti sul territorio. All’interno di tali aggregati accade
spesso che si riproducano le forme delinquenziali tipiche del territorio di provenienza. Nascono
quindi e prosperano, sodalizi criminali che mantengono stretti collegamenti con le organizzazioni
della madrepatria, costituendone vere e proprie “filiazioni estere”. Le principali attività illecite di
tali “filiazioni” sono il traffico illecito di sostanze stupefacenti ed il riciclaggio dei capitali sporchi.
13
Per una dettagliata trattazione del traffico illecito di sostanze stupefacenti v. POLLARI N.
Tecnica delle inchieste patrimoniali per la lotta alla criminalità organizzata, IV ed., Roma, 2000,
p. 82 ss.
CAPITOLO I
3
1.2. La nozione di stupefacenti e sostanze psicotrope.
Numerosi Autori hanno fornito diverse definizioni di stupefacenti
e sostanze psicotrope. La legislazione vigente, contenuta nel D.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, non contiene una espressa definizione di
«sostanza stupefacente», limitandosi ad indicare, negli artt. 13 e 14, i
criteri in base ai quali il Ministro della Sanità, deve provvedere a
formare le sei tabelle contenenti la relativa elencazione, in conformità
a quanto previsto nelle Convenzioni e negli Accordi internazionali
14
.
La scelta del legislatore di non fornire delle sostanze stupefacenti
una nozione adatta in via generale a ricomprenderle tutte trova la sua
giustificazione nella difficoltà di trovarne una effettivamente adeguata
allo scopo e valida sia dal punto di vista giuridico che medico
15
.
La definizione legislativa, che al termine droga preferisce quello
di «stupefacenti e sostanze psicotrope» e che qualifica come tali quelle
tassativamente vietate, appare troppo ristretta, perché esclude quelle
sostanze che hanno effetti droganti, ma non sono comprese
nell’elenco, quali l’alcool, il tabacco, la caffeina
16
.
14
Tra i quali, la Convenzione unica sugli stupefacenti, stipulata a New York il 30 marzo 1961,
ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 5 giugno 1974, n. 412; la Convenzione sulle sostanze
psicotrope, stipulata a Vienna il 21 febbraio 1971, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 25
maggio 1981, n. 385; la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti
e sostanze psicotrope adottata a Vienna il 20 dicembre 1988, ratificata e resa esecutiva in Italia con
l. 5 novembre 1990, n. 328.
15
AMATO G., I traffici illeciti di sostanze stupefacenti, Milano, 1999, p. 92. Analoga difficoltà
viene riscontrata da FARGNOLI B., in Droga e tossicodipendenza, Milano, 1990, p. 3 s., il quale
sottolinea come il difficile problema della droga cominci dalla stessa definizione, in quanto tutte
quelle fornite appaiono non completamente soddisfacenti.
16
AMATO G. – FIDELBO G., La disciplina penale degli stupefacenti, Milano, 1994, p. 116.
CAPITOLO I
4
La definizione più completa sembra quella di Giannelli
17
, che
considera droghe le “sostanze naturali o sintetiche, le preparazioni che
le contengono e i loro derivati che, agendo sul sistema nervoso
centrale, producono effetti psicoalteranti oppure effetti psicodepressivi
o psicostimolanti insieme a probabilità di dipendenza psichica e/o
fisica”.
Dall’uso di droghe possono derivare al soggetto conseguenze
patologiche classificabili secondo quattro elementi fondamentali:
tossicità, tolleranza, dipendenza fisica, dipendenza psichica. Poiché,
peraltro, conclude l’Autrice, questi fenomeni patologici difficilmente
conseguono contemporaneamente all’uso di ciascuna sostanza, la
suesposta definizione appare l’unica idonea a qualificare in modo
sufficientemente preciso la nozione di droga.
In dottrina
18
, si fa riferimento alla definizione fornita
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui: «sono da
considerare sostanze stupefacenti tutte quelle sostanze di origine
vegetale o sintetica che agendo sul sistema nervoso centrale
provocano stati di dipendenza fisica e/o psichica, dando luogo in
17
GIANNELLI G., In Note sull’«uso terapeutico» di sostanze stupefacenti, in Riv. It. dir. e proc.
pen., 1979, p. 571, l’autore fa propria l’opinione già espressa dal CARABBA, poi ripresa
nell’opera I reati nella legge sugli stupefacenti, Firenze, 1982, p. 7, secondo il quale debbono
considerarsi «droghe», ai fini dell’applicazione della legge sugli stupefacenti, le sostanze naturali o
sintetiche, le preparazioni che le contengono e i loro derivati, che, agendo sul sistema nervoso
centrale, producono effetti psicoalteranti oppure effetti psicodepressivi e psicostimolanti, insieme a
probabilità di dipendenza fisica e/o psichica. GIANNELLI precisa che vi sono tre tipi
fondamentali di droghe: 1) psicolettici (psicodepressivi) ovvero sostanze che deprimono l’attività
cerebrale (barbiturici, oppiacei); 2) psicoanalettici (psicostimolanti) , ovvero sostanze che eccitano
l’attività cerebrale (caffeina, cocaina, anfetamine); 3) psicodislettici (psicoalteranti) , ovvero
sostanze che determinano un’alterazione nella percezione (cannabis, allucinogeni).
V anche,
BARTONE N. – IAZZETTI A. – IZZO F., in Stupefacenti e sostanze psicotrope, Napoli, 1991, p.
47, definiscono droga o psicodroga ogni sostanza che, assunta in quantità relativamente piccola, è
capace di modificare funzioni psichiche, nel senso di produrre stimolazione o depressione del
sistema nervoso centrale o mutamenti nelle percezioni, nell’ideazione, nell’affettività, e, di
conseguenza è capace di modificare la tensione psichica, l’umore, il pensiero, il ciclo veglia-
sonno.
18
AMATO G., Droga e attività di polizia, Roma, 1982, p. 82.
CAPITOLO I
5
alcuni casi ad effetti di tolleranza (bisogno di incrementare le dosi con
l’avanzare dell’abuso) ed in altri casi a dipendenza a doppio filo e cioè
dipendenza dello stesso soggetto da più droghe»
19
.
Ed ancora, nella pubblicazione Stop Droga, a cura dell’ UNICRI,
Verona 1990, si afferma che con il termine droga si indicano tutte le
sostanze psicoattive, quelle, cioè, che hanno un effetto sul sistema
nervoso, e alterano l’equilibrio psicofisico dell’organismo; tra queste,
alcune sono usate liberamente, senza alcun controllo da parte delle
autorità sanitarie o giudiziarie, come la nicotina (contenuta nel
tabacco), l’alcool e la caffeina (contenuta nel caffè e nel tè); altre,
invece, sono incluse in speciali tabelle di controllo e possono essere
utilizzate solo a scopo curativo sotto stretto controllo medico, come
gli psicofarmaci; altre ancora non hanno alcuna utilità dal punto di
vista medico ed il loro uso è totalmente vietato, come l’eroina e la
cocaina. A tal proposito si parla di consumo di droga con riferimento
all’abuso, cioè ad un cattivo uso, delle sostanze psicoattive, che
vengono assunte senza una prescrizione medica per scopi diversi da
quelli curativi o riabilitativi
20
.
19
V. anche AMBROSINI G., Le sostanze stupefacenti, in AMBROSINI G. – MILETTO P., Le
sostanze stupefacenti – Le misure di prevenzione, Torino, 1989, p. 3 s.; LILLIU L., La Droga.
Analisi socio-giuridica, Milano, 1988, p. 2 s.; TUREL E.– BUONOCORE G., Droga. Manette e
riabilitazione, Feletto, 1990, p. 13 s.
20
AMATO G. – FIDELBO G., op. cit., p. 117. Successivamente l’autore pone l’accento sui
concetti di tolleranza e dipendenza. Tali ultime sostanze infatti, come molti altri farmaci che non
sono psicoattivi, se vengono assunte per un certo periodo di tempo producono la cd. tolleranza,
anche detta assuefazione. Il consumatore cioè, per ottenere lo stesso effetto provato la prima volta,
deve assumerne dosi sempre più abbondanti. Per questo i consumatori di droghe ne consumano
sempre di più e sempre più spesso fino a superare una soglia oltre la quale non sono più in grado di
vivere senza ricorrere alla sostanza: è la dipendenza, fisica e/o psichica. Per dipendenza fisica deve
intendersi l’incapacità dell’organismo a funzionare senza una sostanza esterna alla quale si è
adattato modificandosi, di tale che se questa viene a mancare si scatena una malattia acuta (la
sindrome di astinenza) che si manifesta con sintomi opposti alla droga (per esempio, l’astinenza da
droghe eccitanti produce una depressione); la dipendenza psichica è, invece, il desiderio
spasmodico della droga, la convinzione di non poter andare avanti senza di essa.
CAPITOLO I
6
Pertanto, come detto in precedenza, si ritiene che non esista una
definizione unica e condivisa di che cosa sia la droga.
Al riguardo e più diffusamente, nella pubblicazione della Scuola
di perfezionamento per le Forze di Polizia
21
, si distinguono quattro
ambiti di definizione: la definizione medica, che considera droga tutte
quelle sostanze che introdotte nell’organismo ne modificano una o più
funzioni; la definizione farmacologica, che riserva il termine droga ad
una categoria di sostanze, non importa se naturali o artificiali, che
vengono definite psicotrope
22
, le quali agiscono sull’attività mentale,
modificandola; la definizione legale, che è incentrata sulla presunta
dannosità e pericolosità sociale delle sostanze; la definizione comune,
che non ha invece alcun riferimento specifico e si basa su una serie di
diverse ed incontrollabili informazioni e disinformazioni, i cui tratti
specifici sono rappresentati dall’assuefazione e dalla pericolosità.
21
Cfr. La droga quale comune denominatore di numerose problematiche per le Forze di Polizia,
gli operatori e gli utenti della giustizia, Suppl. al n. 2/3 aprile – settembre 1988 della Riv. trim.
della Scuola di Perfezionamento per le Forze di Polizia, Roma, 1988, p. 9 s.
22
Per quanto riguarda le sostanze «psicotrope», AMATO G., I traffici illeciti cit., p. 92, esclude
che vi sia alcuna differenza sostanziale tra queste e le sostanze «stupefacenti», trattandosi di
termini di analogo significato, anche se correntemente si è soliti parlare di sostanze «psicotrope»
soprattutto con riferimento alle sostanze più moderne di derivazione sintetica (v. anche
FORTUNA E., voce Stupefacenti (dir. interno), in Enc. Dir., vol. XLIII, Milano, 1990). Secondo
GAGLIANO-CANDELA R., I giovani e la droga. Conoscere, comprendere, prevenire, Firenze,
1986, p. 10, per la legge una sostanza stupefacente o psicotropa è un prodotto naturale o sintetico,
farmacologicamente attivo, potenzialmente oggetto di abuso e quindi sottomesso ad una
legislazione, variabile secondo i paesi che hanno sottoscritto una convenzione internazionale, che
ne limita regolamentazione, produzione e prescrivibilità.
CAPITOLO I
7
1.3. Evoluzione della normativa antidroga.
La nuova disciplina sugli stupefacenti, approvata con D.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, rappresenta l'ultimo atto di una parabola
normativa che indica con chiarezza il percorso ideologico che ha
caratterizzato la considerazione di un fenomeno sociale così
complesso come quello della droga.
23
La normativa in oggetto costituisce il riflesso immediato del
dibattito, particolarmente acceso nel nostro come in altri paesi, che
caratterizza in ogni legge un momento storico ben determinato, una
particolare visione del fenomeno pronta per essere ribaltata quanto più
si faccia strada la difficoltà, per non dire l'impossibilità, di trovare
rimedi effettivamente validi sul piano delle regole imposte dalla
legge
24
.
Troppo spesso in questi casi si dimentica la radice sociale del
problema, poiché troppo spesso risulta più facile, o più comodo,
dettare dei principi invece che intervenire sui processi che generano il
disagio.
Pertanto sembra opportuno iniziare una breve indagine storica,
affrontando la successione di prospettive attraverso le quali la
tossicomania è stata vista dapprima come follia, poi come pura e
23
CASELLI G. – GARAVELLI G., op. cit., p. 13. Nel testo si evidenzia che, effettivamente, più
di tanti altri aspetti della vita associata, questo argomento è stato e continua ad essere oggetto di
dispute che hanno sfaccettature diverse: mediche, sociologiche, psicologiche, religiose, radicate in
differenti aree culturali così da rientrare, in definitiva, in quella dimensione più generale cui
compete la qualificazione di politica.
24
Nel tentativo di correggere i difetti della legge n. 685/1975, le forze politiche si sono date
battaglia su numerose proposte di legge ( ben 22 proposte di legge dal 1979 al 1988) provenienti
da quasi tutti i partiti. Le esigenze di riforma mostrate dai parlamentari e dai movimenti di
opinione, non si traducevano però in un accordo tra le parti, che desse vita ad un provvedimento
concreto, anche a causa dell’incertezza nell’affrontare l’argomento e della divergenza delle
posizioni ideologiche di fondo.
CAPITOLO I
8
semplice delinquenza, poi ancora come malattia da disadattamento, ed
infine come comportamento antisociale in parte da reprimere, in parte
da curare e da prevenire.
Le prime leggi che, a partire dal 1923, in adesione a quanto
stabiliva la prima Convenzione internazionale (L'Aja, 23 gennaio
1912), si occupavano delle «sostanze velenose aventi effetto
stupefacente», ponevano l'accento sulle «alterazioni psichiche» dovute
ad «abuso» di dette sostanze, ed una legge del 1934 rese esplicita
l'equiparazione drogato-malato di mente con la previsione di una
procedura per il ricovero in ospedale psichiatrico modellata sulla
legge manicomiale del 1904
25
.
La considerazione più rozza risale alla legge 22 ottobre 1954 n.
1401, che si limitava a punire con pesanti pene (da 3 a otto anni di
reclusione) non solo il commercio ma anche la semplice detenzione di
qualsiasi sostanza indicata nell'apposito elenco.
26
L'applicazione rigida di questa legge, che qualcuno chiamò «due
anni per un grammo» perché da una condanna che non poteva essere
inferiore a due anni di reclusione venivano colpiti anche i semplici
detentori di piccole quantità per uso personale, dava luogo a risultati
incongruenti ed ingiusti.
25
VIGLIETTA, Nascita della legislazione repressiva: dalla Convenzione dell’Aja alla legge 22
ottobre 1954 n. 1041. L’involuzione giurisprudenziale, in «Questione giustizia», 1989.
26
CASELLI G. – GARAVELLI G., op. cit., p. 44. Gli autori fanno notare come precedentemente
alla l. 22 ottobre 1954, n. 1041 erano state emanate solo alcune limitate e parziali disposizioni che
di seguito sono riportate: l. 18 febbraio 1923 n. 396; l. 7 giugno 1934 n. 1145; R.D. 27 luglio 1934
n. 1265 (T.U. leggi sanitarie, artt. 148-160). Si rammenta inoltre che il codice penale del 1930,
tuttora in vigore, equipara il reato commesso sotto l’azione di stupefacenti a quello commesso in
stato di ubriachezza (art. 93) e considera il cronico intossicato come affetto da malattia psichica
(artt. 95, 221); sono stati abrogati invece, l’art. 446, che puniva solo il commercio di droga
clandestino o fraudolento, e 729, che puniva chi fosse colto in luogo pubblico in stato di
alterazione per abuso della stessa.
CAPITOLO I
9
Fu, questo, uno degli incentivi a modificare una disciplina che
appariva ormai insufficiente ed anacronistica e il cui risultato più
stridente era l’applicabilità della stessa pena al consumatore ed al
grosso spacciatore
27
.
Anche se gli osservatori più avveduti parlavano di «complesse
motivazioni, composte in primo luogo di conflitti sociali (crisi di
autorità, crisi della famiglia, eccessivo bisogno di aggregamento e
identificazione) e in secondo luogo di motivi individuali, nevrotici o
infantili», e segnalavano quindi che «il tentativo di isolare questo
fenomeno sempre più di gruppo e di massa dalle numerose
determinanti e educative, familiari, economiche, sociali e anche
politiche è una grave deformazione ed un'ennesima mistificazione»
28
,
era inevitabile il passaggio dalla considerazione semplicemente
repressiva ad una fondata precipuamente sulla medicalizzazione, pur
se l’aspetto preventivo cominciava ad assumervi una valenza di tutto
rispetto.
Viene emanata così la legge 22 dicembre 1975 n. 685, che già
nell'intitolazione («Disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope.
Prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossico-
dipendenza») rivela le sue ambizioni di intervento a largo raggio,
comprensivo di ogni aspetto della sindrome collettiva da aggredire.
27
Quest’ultima accusa risultava poi particolarmente fondata di fronte agli studi e alle esperienze
che, su scala mondiale, venivano fatti sul fronte della droga. La maggioranza degli esperti in
materia concordava nel definire la figura del drogato non come quella di un criminale ma, semmai,
come quella di un individuo che, pur «privo di anomalie, tratti specifici o genericamente patologici
della personalità», dava forma alle «espressioni collettive dello scontento generale, della tendenza
alla rinuncia precoce ed all’abdicazione, alla difficoltà di autodefinirsi con ruolo accettabile ed
accettato in una comunità, alla protesta qualificata o degradata non fisiologica ma autolesiva, con
regressione infantile alla ricerca di un mondo perduto attraverso un mondo artificialmente
ricreato». Così MADEDDU F., Tossicofilie e tossicomanie contemporanee, in AA.VV., Droga e
società italiana, Milano, 1974, p. 212.
28
ANDRIOLI V. , Rilievo epidemiologico del consumo di sostanze stupefacenti, in AA.VV., Droga
e Società Italiana cit., p. 181.
CAPITOLO I
10
Essa ha avuto il merito di disciplinare in maniera organica
l’intera materia, indicando in primo luogo i vari organi della pubblica
amministrazione che se ne dovevano occupare e determinando i limiti
della nozione legale di sostanza stupefacente o psicotropa, nonché le
modalità di produzione, commercio, vendita, impiego e
somministrazione lecita delle sostanze, per fini terapeutici o di
pubblica utilità. A questo era dedicata tutta la prima parte della legge,
fino all’art. 70 incluso.
Le parti ideologicamente e praticamente più significative erano
quelle relative, da un lato, alle disposizioni penali
29
e quindi alla
repressione dei comportamenti legati alla droga e, dall’altro, al
trattamento del drogato e alla definizione della figura di quest’ultimo
in rapporto alla considerazione che su di esso esprime la collettività, il
29
Cfr. CASELLI G. – GARAVELLI G., op. cit., p. 47. Si deve sottolineare, che, specialmente in
riferimento a tale primo ambito, cioè quello penalistico, le linee conduttrici della legge 685 erano
informati ai seguenti criteri:
a) Differenziare la punizione a seconda del tipo di droghe, suddivise nelle due specie
comunemente indicate come pesanti e leggere. Le prime riportate nelle tabelle I e III dell’art.
12, in particolare oppio e i suoi derivati come morfina ed eroina, cocaina e relativi alcaloidi,
allucinogeni, anfetamine, barbiturici; le seconde, elencate alle tabelle II e IV, in cui si
ritrovano i derivati dalla canapa indiana e sostanze di impiego terapeutico che danno minore
induzione psicofisica.
b) Considerare attività illecite gravi (art. 71) la detenzione o il commercio di sostanze
stupefacenti in quantità non modica, con l’intento principale di punire il grande traffico,
qualificato dalla previsione di aggravanti (art. 74) dovute al numero delle persone implicate,
alla minore età dei clienti ecc., e con sanzioni particolarmente pesanti (art. 75: non meno di 15
anni di reclusione e forti multe per i capi) quando si configuri una vera e propria associazione
per delinquere;
c) considerare illeciti meno gravi (definibili come piccolo spaccio) di scambi aventi ad oggetto la
famosa «modica quantità» (art. 72);
d) rendere non punibile alla cura semplice detenzione, per uso personale, della predetta «modica
quantità» (art. 80);
e) costringere tuttavia colui che fa uso continuativo di sostanze stupefacenti a curarsi, attraverso
un meccanismo complicato (artt. 99,100 e 101) che prevedeva una segnalazione al pretore da
parte dei centri medici con della polizia e poi un intervento del tribunale, con prescrizioni di
opportune cure ambulatoriali o domiciliari o, in casi più gravi, di un ricovero coatto in
ospedale;
f) dare al tossicomane la possibilità di disintossicarsi, anche in forma anonima (art. 95), con la
creazione di una rete di assistenza non solo sanitaria ma anche psicologica e riabilitativa in
senso lato, specie mediante centri medici e di assistenza sociale da istituirsi da parte delle
regioni (art. 92);
g) fornire agli organi dello Stato indicazioni vincolanti in materia di trattamento dei detenuti (art.
84) e di prevenzione e informazione nelle scuole (artt. 85-88) e nelle caserme (art. 89).
CAPITOLO I
11
cui punto di vista si assume interpretato dal legislatore.
Sostanzialmente le norme cardine della legge erano tre
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:
In primo luogo, l'art. 80, che prevedeva, non solo la causa di non
punibilità per uso terapeutico di sostanze stupefacenti purché la
quantità delle stesse non avesse superato in modo apprezzabile le
necessità della cura in relazione alle particolari condizioni del
soggetto (comma 1), ma anche la causa di non punibilità per l'uso
strettamente personale di modiche quantità di sostanze stupefacenti
(comma 2). L'art. 72 che puniva tutte le condotte, diverse da quelle
scriminate dall’art. 80, aventi per oggetto modiche quantità di
sostanze stupefacenti, non destinate all'uso personale (detenzione,
acquisto, vendita, cessione, ecc.). L’art. 71, infine, che puniva le
condotte non ricomprese negli artt. 72 e 80, aventi per oggetto
quantità non modiche di sostanze stupefacenti.
Riassumendo, quindi, i principi cardine della legge del 1975
erano:
a) la non punibilità dell'uso personale di modiche quantità di
sostanze stupefacenti; b) l'introduzione della nozione di «quantità
modica» quale parametro quantitativo essenziale per discriminare tra
le diverse condotte ai fini della non punibilità e del trattamento
sanzionatorio, con conseguente attribuzione all’autorità giudiziaria di
una notevole discrezionalità in ordine alla concreta determinazione
della relativa nozione; c) la punibilità delle condotte comunque
destinate all'uso di terzi. La scelta del legislatore di non punire la
detenzione per uso personale di modiche quantità di sostanze
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AMATO G., Teoria e pratica degli stupefacenti, IV Ed., 2000, p. 35.