3
Infatti, il principio di solidarietà coniugale non esclude che non vi possa essere anche spazio per
la dimensione personale di ciascun soggetto
5
i cui diritti devono essere sempre garantiti anche
nelle “formazioni sociali in cui svolge la propria personalità” (art. 2 Cost.).
Inoltre si può aggiungere che la preoccupazione del legislatore di riservare, in modo esplicito,
determinati spazi alla sfera patrimoniale del singolo coniuge, risponde anche all’esigenza di
attuare un altro principio costituzionale. Ci si riferisce all’iniziativa economica privata che ai
sensi dell’art. 41 Cost. deve essere libera
6
.
L’art 179 cod. civ. delimita in negativo l’oggetto della comunione individuando determinate
categorie di beni che sulla base di tre distinti criteri rimangono personali:
a) Una prima ragione di esclusione è, infatti, data dal momento dell’acquisto: in tale
categoria rientrano i beni di cui il coniuge era già proprietario prima del matrimonio (art.
179 primo comma lett. a) ) .
b) Una seconda causa di esclusione è poi data dal titolo dell’acquisto: in tale categoria
rientrano i beni acquisiti per effetto di donazione o successione (art. 179 primo comma
lett. b) ), quelli ottenuti a titolo di risarcimento del danno o di pensione per la perdita
della capacità lavorativa (art. 179 primo comma lett. e) ), o infine i beni acquisiti
mediante impiego di risorse personali (art. 179 primo comma lett. f) ).
c) Una terza ragione di esclusione si rinviene infine nella destinazione: in tale categoria
rientrano i beni di uso strettamente personale (art. 179 primo comma lett. c) ) e quelli che
servono all’esercizio della professione di uno dei coniugi (art. 179 primo comma lett.
d)).
Tale ricostruzione del sistema deve poi essere completata ricordando che accanto ai beni oggetto
di comunione immediata e a quelli ex art 179 (che possiamo definire “definitivamente
personali”) si rinviene una terza massa che può essere indicata con l’espressione beni
“temporaneamente personali”
7
. Si tratta, cioè, di quei cespiti destinati alla c.d. communio de
residuo ai sensi degli artt. 177 lett. b) e c); art. 177 u.c.; art 178.
Tornando all’esame delle norme per noi di più stretto interesse, alcune considerazioni si rendono
necessarie sull’art. 179.
Oggetto di tale norma, infatti, sono i beni rispetto ai quali il singolo conserva un’ampia
autonomia di gestione, nonostante la vigenza della comunione legale.
A ciascun consorte ne è garantita la titolarità esclusiva e la possibilità di poterli acquisire o
trasferire senza subire ostacoli da parte dell’altro.
Ma bisogna comunque mettere in evidenza che, nonostante si sia voluto giustamente realizzare
un sistema rispettoso dell’autonomia negoziale dei singoli coniugi, il legislatore ha predisposto
alcune misure atte ad evitare occultamenti e illegittime esclusioni a danno della comunione.
Possono, infatti, essere intese nel senso che sono volte a salvaguardare gli equilibri tra beni
comuni e beni collegati alla persona del singolo coniuge:
a) la previsione della dichiarazione nell’atto di acquisto per il caso della surrogazione di
beni personali (art. 179 primo comma lett. f))
b) e la previsione per cui “l’acquisto di beni immobili e mobili registrati, effettuato dopo il
matrimonio, è escluso dalla comunione ai sensi delle lettere c), d) ed f) del primo comma
dell’art. 179, quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stata parte
anche l’altro coniuge” (art. 179 secondo comma )
8
.
5
v. LO SARDO G., Ma la comunione legale non è una prigione, in Riv. Not., I, 1993, 130, il quale sostiene che “la
comunione legale è funzionale all’interesse concreto dei singoli coniugi e non a quello astratto del gruppo familiare
come comprovato dall’art. 186 lett. d) cod.civ. [...]”
6
ROCCHIETTI MARCH A., L’intervento dell’altro coniuge negli acquisti di beni personali immobili e mobili
registrati, in La comunione legale ,I, a cura di BIANCA , Milano, 1989, 576.
7
L’espressione è di SCHLESINGER , Del regime patrimoniale della famiglia in Commentario al diritto italiano
della famiglia , diretto da Cian-Oppo-Trabucchi , III 1992, 149
8
Per una approfondita analisi di tale norma v. infra cap. II.
4
Anche in vista dell’imminente trattazione del problema dell’ammissibilità del c.d. “rifiuto del
coacquisto” è opportuno premettere che la predisposizione di questa sorta di <<valvole di
sicurezza>> consente, a ragione, di sostenere che il principio dell’autonomia privata non può
essere inteso come capace di ridimensionare in modo eccessivo una disciplina ispirata a principi
di solidarietà
9
.
L’incisività dell’autonomia negoziale sulla comunione legale è stata oggetto di ampie
discussioni ma solo in dottrina, a fronte di un orientamento per lungo tempo univoco della
Suprema Corte che le ha riconosciuto un ampia capacità operativa nei rapporti patrimoniali tra
coniugi
10
.
La Corte di Cassazione ha però poi mutato tale orientamento affermando di recente che “La
"ratio" essenziale della disciplina della comunione legale consiste nella considerazione degli
obblighi di natura pubblicistica gravanti sui beni della comunione, come il mantenimento della
famiglia, l'istruzione e l'educazione dei figli ed il soddisfacimento di ogni altra obbligazione
contratta nell'interesse della famiglia ( art. 186 lett. c) )
11
”.
A tal proposito si deve ricordare anche quanto affermato dalla Corte Costituzionale che con la
sentenza 311/1988 ha evidenziato che il coniuge non è titolare di un diritto di quota sul bene in
comunione legale, come invece avviene nella comunione ordinaria
12
(ai sensi dell’art. 2825), ma
è titolare in solido con il consorte di un diritto avente per oggetto i beni della comunione; la
quota rileva quindi, solo ai fini di delimitare l’aggressione del bene comune da parte dei
creditori particolari di ciascuno dei coniugi (art. 189 secondo comma), di determinare la misura
della responsabilità sussidiaria di ciascuno dei coniugi con i propri beni personali verso i
creditori della comunione (art. 190), di determinare la ripartizione dei beni fra gli aventi diritto,
all’atto dello scioglimento della comunione.
L’autonomia negoziale dei coniugi appare, infatti, sufficientemente tutelata attraverso la libertà
loro riconosciuta di scegliere di regolare i propri rapporti patrimoniali anche in maniera
differente:
ξ possono scegliere il regime patrimoniale (comunione o separazione )
ξ oppure possono utilizzare lo strumento legale tipico predisposto dall’art. 210 cod.civ. per
creare un regime convenzionale
13
14
.
Insomma l’autonomia privata è generalmente affermata e riconosciuta nel nostro ordinamento,
ma non se ne può fare un utilizzo indiscriminato. È il consenso e la volontà dei coniugi che
governa i rapporti patrimoniali tra essi, nel senso però che tale volontà si concretizza nella scelta
iniziale (operata sulla base di una ponderata valutazione) del regime patrimoniale più adeguato a
soddisfare sia le esigenze del nucleo familiare che a realizzare gli interessi dei coniugi intesi
come soggetti singoli.
È pertanto indubbio che l’autonomia negoziale dei coniugi, che abbiano scelto per la comunione
legale, subisca limiti ben precisi derivanti dalla stessa ratio della riforma legislativa del 1975
15
.
9
In tal senso v. TRIB. PIACENZA sentenza 9 aprile 1991, in Riv. Not. I 1993, 122.
10
Ci si riferisce alla nota sentenza CASS. SEZ. I CIV., sentenza 2 giugno 1989 n. 2688, in Diritto fam. e pers.,
1989, 56; e in Riv. Not., 1989, 866.
11
In tal senso CASS. SEZ. I CIV., sentenza 27 febbraio 2003 n. 2954, in Fam. e dir., 2003, 381. Contra v.
CEROLINI P., Comunione legale e autonomia privata, in Giur. it., 2004, 284 ss.
12
In tal senso TAMBURRINO, Lineamenti del nuovo diritto di famiglia italiano, 1978, Torino, Utet 221 secondo
cui oggi la comunione legale ha una disciplina completamente autonoma, non più, cioè, ancorata alla disciplina della
c.d. comunione ordinaria come invece accadeva sotto la vigenza delle norme originarie del codice del 1942.
13
In tal senso v. TRIB. PIACENZA, sentenza 9 aprile 1991, in Riv. Not., I, 1993, 123; PATTI F., Il cosiddetto
rifiuto del coacquisto, in Fam. e dir., 2003, 563 e in Riv. Not., 2003, 1548.
14
Il regime patrimoniale legale può subire deroghe e/o modificazioni dopo la celebrazione del matrimonio mediante
la stipula di convenzioni matrimoniali <<in ogni tempo>> (art. 162 terzo comma cod.civ. ).
15
In tal senso PATTI F., Il cosiddetto rifiuto del coacquisto, in Fam. e dir., 2003, 571; TRIB. NAPOLI, sentenza 17
novembre 1993, in Dir. e Giur., 1995, 232; MARASCO F., Sull’ambito applicativo delle norme di cui alla lett. f) ed
all’ultimo comma dell’art. 179 cod. civ.: un’altra spallata della Cassazione al sistema della comunione legale dei
beni, in Riv. Not., I, 1995, 230, secondo cui “la materia dei rapporti patrimoniali tra coniugi rientra fra quelle per le
5
Alcuni
16
, però, rifiutano l’idea che le norme della comunione siano state poste a tutela di un
inderogabile interesse pubblicistico, in quanto, in realtà, esse sarebbero poste nell’esclusivo
interesse dei coniugi.
A sostegno si richiama l’art. 184 cod. civ. ai sensi del quale, nell’ipotesi in cui un coniuge
trasferisca un bene immobile senza il consenso dell’altro, può essere esperita (unicamente
dall’altro coniuge ed entro il termine di un anno) una semplice azione di annullamento.
Si può però obiettare che con gli artt. 160 e 186 lett. c) cod.civ. si prevedono dei doveri
inderogabili al cui soddisfacimento i beni della comunione devono essere destinati. A ciò si
aggiunga pure che l’art. 190 prevede <<che i creditori possono agire in via sussidiaria sui beni
personali di ciascuno dei coniugi […] quando i beni della comunione non sono sufficienti a
soddisfare i debiti su di essi gravanti>>.
Appare quindi evidente che il dato positivo mal si concilia con la tesi menzionata. Infatti, dal
combinato disposto degli art. 160, 177 lett. a), 186 lett. c) e 190 cod. civ., l’interesse del singolo
coniuge appare messo in secondo piano rispetto a quello del nucleo familiare che trova la
propria proiezione nel mondo dei rapporti giuridici, attraverso il patrimonio comune.
Infine occorre fare alcune precisazioni in ordine all’interpretazione dell’art. 179 cod. civ..
Non bisogna infatti dimenticare che il regime di comunione legale è stato assunto come tipico
dalla legge (art. 159 cod. civ.) e pertanto se da un lato “l’art. 177 lett. a) assurge a regola
generale, dall’altro l’art. 179 cod. civ. assume il ruolo di norma dal carattere eccezionale
17
e se
ne deve dare una stretta interpretazione, dovendosi ritenere tassativa l’elencazione di beni in
essa contenuta
18
.
quali sono stati elaborati principi generali (di ordine pubblico), improntati all’idea di numero chiuso e tipicità, che
costituiscono notevoli limiti all’autonomia privata”.
16
PATTI F., Il cosiddetto rifiuto del coacquisto, in Fam. e dir., 2003, 572.
17
In tal senso GABRIELLI, I rapporti patrimoniali tra coniugi, Trieste, 1981, 59;
18
In tal senso v. DOGLIOTTI M., Oggetto della comunione legale tra coniugi: beni in comunione de residuo e beni
personali, in Fam. e dir. , IV, 1996, 387; BESSONE M., Rapporti personali e patrimoniali tra coniugi II, in
Giurisprudenza del diritto di famiglia, casi materiali, II, 2002, Milano, Giuffrè, 332; TRIB. PARMA, sentenza 21
gennaio 1994, in Fam. Dir. 1994, III, 311; CASS. SEZ. I CIV., sentenza 23 settembre 1997 n. 9355, in NGCC,
1999, 624 ; e in Studium jur., 1997, II, 1345 secondo cui “i beni personali si identificano necessariamente con quelli
specificamente elencati nell’art. 179” e questa è “l’unica interpretazione che si ponga nel quadro dei principi
fondamentali della comunione legale”; CEROLINI P., Comunione legale e autonomia privata, in Giur. it., 2004,
283. Contra v. SANTOSUOSSO F., Beni ed attività economica della famiglia, in Giurisprudenza sistematica del
diritto civile e commerciale (fondata da BIGIAVI W.), 2002, Torino, Utet, 157 secondo cui “il fondamento
normativo per l’individuazione di beni personali può rinvenirsi in altre disposizioni e in altri principi”. In
particolare si richiamano le disposizioni ex artt. 177 lett a), 178, 324 cod.civ.; RADICE C., I beni personali in Il
diritto di famiglia. Il regime patrimoniale della famiglia diretto da BONILINI – CATTANEO, II, Utet, Torino,1997,
124 in cui si afferma che l’art. 179 cod. civ. “possa e debba essere interpretata estensivamente. […] la categoria dei
beni personali comprende anche beni e diritti non idonei ad essere inclusi nell’elenco di cui all’art 179”. ; DEL
PRATO E., L’esclusione dell’acquisto dalla comunione ex art. 179 co. 2 cod. civ., in Riv. Dir. Civ. , I, 2002, 948
secondo cui “siccome la comunione non si atteggia a regime inderogabile […] perché può essere sostituita
dall’opposto regime della separazione dei beni e può inoltre subire delle estromissioni di cespiti (artt. 191 secondo
comma e art. 2647), le disposizioni che ampliano l’autonomia individuale dei coniugi non sono di stretta
interpretazione; RUBINO G., Il sistema dei beni personali e la convenzione che esclude un acquisto dalla
comunione legale (art. 179 comma 2 cod. civ.), in Rass. dir. civ., II, 1992, 593 ss. secondo cui “la comunione legale
è un regime eccezionale considerato che nel nostro ordinamento le situazioni reali tendono ad essere di appartenenza
esclusiva di un solo soggetto[…]” per cui l’art. 179 “è sicuramente norma di più ampia interpretazione, perché nel
nostro ordinamento la proprietà personale è la regola non l’eccezione.”
6
2. Il problema dell'ammissibilità del c.d. “rifiuto del coacquisto”
La questione dei rapporti tra autonomia privata e principi che fondano la disciplina del regime
patrimoniale della famiglia pone un ulteriore problema d’interpretazione dell’articolo 179 e
segnatamente dell’ultimo comma dello stesso.
In particolare ci si chiede se la dichiarazione, in esso prevista, possa integrare un valido
strumento per realizzare acquisti personali atipici (cioè, anche al di fuori dall’elencazione di cui
al primo comma dell’art. 179).
Si tratta del cosiddetto “rifiuto del coacquisto”, una figura creata dalla dottrina e poi recepita
dalla Cassazione.
Nel tempo, infatti, la Suprema Corte si è più volte pronunciata in materia, avendo assunto
inizialmente un atteggiamento restrittivo nei confronti della comunione legale
19
per poi mutare
gradualmente il suo orientamento, fino ad assumere, di recente, una posizione diametralmente
opposta
20
.
Con la sentenza 2688/1989 la Cassazione ha affrontato per la prima volta il quesito se i coniugi
possano volontariamente derogare alla regola dell’acquisto automatico, anche in casi diversi da
quelli espressamente previsti dalla legge.
In tale occasione la Corte si è trovata a dover decidere della qualificazione (se esclusivo o
comune) dell’acquisto, di un fondo rustico, effettuato da uno dei coniugi (agricoltore), alla
presenza e con il pieno consenso dell’altro a che l’acquisto fosse personale ai sensi dell’art. 179
secondo comma.
Facendo leva sul principio della autonomia negoziale si è detto che “nessuno – sebbene abbia
prescelto il regime della comunione - può essere costretto, contro la sua volontà, ad acquisire un
bene o la sua comproprietà
21
”, potendo così il coniuge non acquirente opporsi (preventivamente
e, sembra, mediante una mera manifestazione unilaterale di volontà
22
) a che la fattispecie
acquisitiva, posta in essere dall’altro, si ripercuota nella sua sfera patrimoniale (nemo invitus
locupletari potest). A sostegno di tale posizione si è richiamata la possibilità che i coniugi hanno,
ex art. 2647 cod. civ., di derogare parzialmente al regime della comunione legale, attraverso
un’apposita convenzione redatta in forma pubblica
23
, per cui, non vi sarebbe alcuna ragione
“perché uno dei coniugi non debba poter consentire che l'altro proceda ad un determinato
acquisto a titolo personale, se quest'ultimo ricorre allo strumento dell'atto pubblico e nello stesso
atto pubblico viene espresso il consenso del coniuge non acquirente (art. 162, 179, ult. comma,
c.c.)”.
In definitiva insomma, esaminata la rilevanza giuridica del consenso prestato dal coniuge non
acquirente nell’atto di acquisto, se ne riconosce l’idoneità ad impedire la caduta del bene in
19
Si tratta di CASS. SEZ. I CIV., sentenza 2 giugno 1989 n. 2688, in Diritto fam. e pers., 1989, 56; e in Riv. Not.,
1989, 866; e in Riv. Not., 1990, 172 con nota di LAURINI G.; e in Vita Not., 1989, 389 con nota di LABRIOLA M.;
e in NGCC, I, 1990, 219; e in Rass. Dir. Civ., II, 1992, 591 con nota di RUBINO G.; e in Foro it., 1990, I, 608 con
nota di PARENTE F.; e in Foro it., 1990, I, 617 con nota di JANNARELLI A.; e in Giur. it., I, 1990, 1307, con
nota di GALLETTA F.; e in Giust. Civ., 1990, 1359 con nota di DE STEFANO D.
20
Si tratta di CASS. SEZ. I CIV., sentenza 27 febbraio 2003 n. 2954, in Fam. e dir., 2003, 379; e in Fam. e dir.,
2003, 559 con nota di PATTI F.; e in Giust. Civ., 2003, 910; e in Vita not., 2003, 885; Vita Not., 2003, 676 con nota
di GIULIANI A.; e in Guida al Dir., 2003, 16, 32 con nota di GRISI G. e in Studium jur., 2003, 1379 con nota di
COSTOLA J.; e in Riv. Not., 2003, 411 con nota di LUPETTI M.C.; e in Riv. Not., 2003, 1547 con nota di PATTI
F.; e in NGCC, I, 2003, con nota di REGINE F.; e in Foro it., 2003, 1039 con nota di DE MARZO G.; e in Dir.
Fam. Pers., 2003, 348, con nota di BERNARDO C.; e con nota di CEROLINI P.
21
Secondo KELSEN H., Teoria generale del diritto e dello stato, Milano, 1994, 145 nel diritto civile prevale il
principio di autonomia, secondo il quale nessuno può essere obbligato contro o anche senza, il proprio consenso.
22
Questo è ciò che traspare dalla sentenza in esame, v. GALLETTA F., Estromissione di beni dalla comunione
legale e consenso del coniuge, in Giur. it., I, 1990, 1312
23
Lo aveva già affermato GABRIELLI G., Acquisto in proprietà esclusiva di beni immobili e mobili registrati, in
Vita not., 1984, 659 ss.
7
comunione pure al di fuori delle ipotesi (art. 179 lett. c), d), f), ) in ordine alle quali la legge
espressamente vi ricollega siffatta conseguenza (art. 179 comma secondo).
E il fatto che l’art. 179 secondo comma si riferisca solo ad una serie circoscritta di ipotesi, viene
inteso nel senso che, nel caso in cui l’acquisto di beni immobili o mobili registrati rientri nelle
previsioni ex lett. c), d) ed f), vi sarebbe un vero e proprio diritto del coniuge agente al
riconoscimento della natura personale dell’acquisto, mentre fuori da quei casi (nel caso cioè di
acquisto di immobili o mobili registrati ex lett. a) dell’ art. 177), l’esclusione dalla comunione
sarebbe non un diritto ma una facoltà
24
(non essendovi un espresso divieto a che i coniugi
possano volontariamente derogare al principio dell’acquisto comune automatico).
A ben vedere comunque, secondo alcuni, l’accostamento tra la figura del rifiuto del coacquisto e
l’acquisto personale ai sensi dell’art. 179 secondo comma, non sarebbe corretto
25
in quanto le
due figure sono tra loro ben distinte: il rifiuto del coacquisto opera sulla base della sola volontà
del coniuge non acquirente e indipendentemente dalla sussistenza dei requisiti oggettivi richiesti
dalla predetta norma; la dichiarazione prevista dal secondo comma dell’art. 179 invece ha natura
di atto giuridico in senso stretto e non integra da sola la relativa fattispecie essendo
indispensabile la ricorrenza dei presupposti di carattere oggettivo di cui al primo comma.
Insomma la pretesa estraneità della dichiarazione di rifiuto del coacquisto rispetto alla previsione
ex art. 179 secondo comma, è utilizzata al fine di sostenerne l’ammissibilità poichè in tal modo
si supera l’ostacolo della tassatività dell’elencazione dei beni personali.
Tale impostazione, però, non tiene conto della chiara scelta del legislatore di indicare in maniera
precisa i cespiti che rimangono personali di ciascuno dei coniugi, senza considerare che
l’esclusione di singoli beni dalla comunione può avvenire solo in presenza dei presupposti
oggettivi previsti dalla legge, verificati ed accettati dall’altro coniuge con la dichiarazione di cui
al comma secondo dell’art. 179.
La sentenza 2688/1989 è stata oggetto di molte attenzioni in dottrina e ha dato vita a posizioni
sia a favore
26
sia contro
27
l’ammissibilità del rifiuto del coacquisto.
Ma, soprattutto, la citata sentenza, è stata ampiamente contrastata sia dalla magistratura di
merito
28
29
sia da quella di legittimità ad essa successiva.
24
DE STEFANO D., E’ possibile impedire la caduta in comunione legale tra coniugi al momento dell’acquisto di
un bene immobile? , in Giust.Civ., 1990, 1362.
25
In senso parzialmente conforme REGINE F., Nuove prospettive in tema di rifiuto del coacquisto, in NGCC, 2003,
919 secondo cui la problematica del rifiuto del coacquisto va collocata al di fuori dell’ambito dell’art. 179.
L’argomento è peraltro utilizzato al fine di sostenere l’ammissibilità del rifiuto del coacquisto dato che in tal modo
si supera l’ostacolo della tassatività della elencazione dei beni personali.
26
Fra i tanti GABRIELLI G., Acquisto in proprietà esclusiva di beni immobili e mobili registrati, in Vita not., 1984,
659; VALIGNANI B., Comunione legale e rifiuto del coacquisto, in Foro it., I, 2000, 2247 e in Vita not., II, 2000,
895 e in Fam. e Dir. 2000, 345; AULETTA T., La comunione legale, in Il diritto di famiglia II, in Trattato di diritto
privato diretto da BESSONE M., Torino,1999, 48; RADICE C., I beni personali in Il diritto di famiglia. Il regime
patrimoniale della famiglia diretto da BONILINI – CATTANEO, II, Utet, Torino,1997, 160; A BECCARA G., I
beni personali in Trattato di diritto di famiglia, III diretto da ZATTI P., Milano, 2002, 212; REGINE F., Nuove
prospettive in tema di rifiuto del coacquisto, in NGCC, 2003, 917; DE STEFANO D., E’ possibile impedire la
caduta in comunione legale tra coniugi al momento dell’acquisto di un bene immobile? , in Giust.Civ., 1990, 1361
ss.; PATTI F., Il cosiddetto rifiuto del coacquisto, in Fam. e dir., 2003, 559 e in Riv. Not., 2003, 1548.
27
Fra i tanti DE PAOLA V., Il diritto patrimoniale della famiglia nel sistema di diritto privato, II, 2002, 590 ss.;
LAURINI G., A proposito di una originale interpretazione dell’ultimo comma dell’art. 179 cod. civ., in Riv. Not.,
1990, 173 ss.; PARENTE F., Il preteso rifiuto del coacquisto “ex lege” da parte coniuge in comunione legale , in
Foro it.,I , 1990, 608 ss.; JANNARELLI A., Comunione, acquisto “ex lege”, autonomia privata , in Foro it.,I ,
1990, 617 ss.; MORELLI M.R., Autonomia negoziale e limiti legali nel regime patrimoniale della famiglia, in Fam.
Dir., I, 1994, 109 ss.; CEROLINI P., Comunione legale e autonomia privata, in Giur. it., 2004, 284.
28
Si tratta di TRIB. PIACENZA, sentenza 9 aprile 1991, in Riv. Not., I, 1993, 119; TRIB. NAPOLI, sentenza 17
novembre 1993, in Dir. e Giur., 1995; TRIB. PARMA, sentenza 21 gennaio 1994, in Rep. Foro it., 1994, voce
Famiglia (regime patrimoniale della) e in Fam. Dir. 1994; III, 310
29
Si è invece uniformata all’insegnamento della Corte di Cassazione COMM. TRIB. PROV. GROSSETO SEZ. III,
pronuncia 4 febbraio 1999, in Fam. e dir., III, 1999, 289.
8
Basti ricordare che, in Cass. 1556/1993, si configura la dichiarazione, resa dal coniuge non
acquirente ai sensi dell’art. 179 secondo comma, come non avente natura dispositiva, ma
ricognitiva. Da ciò, consegue che l’esclusione dell’acquisto dalla comunione, dipende non
dall’assenso prestato dal consorte non agente (quella volontà unilaterale di cui parlava Cass.
2688/1989), ma dall’oggettivo realizzarsi della fattispecie legale che, nel caso in quella sede
esaminato, consisteva nell’utilizzazione di beni personali ai sensi della lett. f) dell’art. 179.
Parimenti, Cass. 1917/2000 nega che alla partecipazione (ex art. 179 secondo comma) dell’altro
coniuge all’atto, possa essere attribuita natura negoziale, avendo natura di atto giuridico in senso
stretto che si concreta in una dichiarazione volta semplicemente ad attestare che quanto
dichiarato dall’acquirente corrisponde a verità.
E sulla scia di queste sentenze si arriva a Cass. 2954/2003 che si esprime ancora una volta per
l’inammissibilità del rifiuto del coacquisto, e con cui la Corte si conforma a quell’indirizzo che
vede nella comunione legale uno strumento di solidarietà familiare che non può essere intaccato
da schemi negoziali atipici.
In tale occasione la Corte si è trovata a dover decidere della natura personale o meno di un
immobile acquistato dal ricorrente in costanza di matrimonio.
La pretesa personalità veniva da questi fondata su due profili:
¾ un profilo oggettivo: in quanto il ricorrente assumeva di aver acquistato l’immobile con
denaro proprio
¾ un profilo soggettivo: in quanto vi era l’espresso consenso da parte dell’altro coniuge
all’intestazione esclusiva del bene a favore del ricorrente.
Considerato privo di rilievo il primo (in quanto la circostanza dell'appartenenza esclusiva al
marito del denaro necessario per l'acquisto non costituisce elemento sufficiente, ai sensi del
combinato disposto degli artt. 177 lett. a) e 179 lett. f), per escludere l'immobile acquistato dalla
comunione legale), la corte, nell’esaminare il secondo profilo, conferma l’orientamento secondo
cui la partecipazione all’atto, da parte del coniuge non acquirente, non ha efficacia dispositiva
ma meramente ricognitiva dell’esistenza dei presupposti previsti alle lett. c), d), ed f) dell’art 179
per l’intestazione personale del bene.
Insomma, se la rinuncia alla comproprietà (laddove manchino i presupposti oggettivi di legge)
non è possibile nelle ipotesi espressamente previste di beni personali, a maggior ragione deve
ritenersi inammissibile per quei beni che, non essendo ricompresi nella previsione ex art. 179,
ricadono automaticamente in comunione.
Ma innumerevoli altri argomenti possono essere richiamati a sostegno della tesi
dell'inammissibilità del rifiuto del coacquisto.
Per cominciare, il regime legale di comunione è fondato su regole precise (relative all’acquisto
automatico) e su altrettanto precise eccezioni (beni personali e communes de residuo).
Ammettere che i coniugi possano di volta in volta decidere se far cadere o meno il singolo bene
in comunione, significherebbe svuotare tali regole del loro significato.
L’autonomia dei coniugi, intesi come singoli, già si concreta in un ampio potere sul regolamento
del loro regime patrimoniale e si manifesta nella libertà di scelta di uno dei diversi regimi
previsti dalla legge, o di uno dei regimi patrimoniali atipici, o ancora nella libertà di determinare
il contenuto delle loro pattuizioni seppur entro inderogabili limiti previsti dall’ordinamento (art.
160 cod. civ.); per cui, una volta esercitata tale autonomia nel senso della scelta della comunione
legale, essi ne devono accettare le conseguenze sottostando alle relative regole e quindi anche a
quella per cui gli acquisti personali possono aversi solo nei casi in cui ciò è espressamente
consentito
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(electa una via non datur recursus ad alteram).
Insomma la scelta di un regime patrimoniale può avere e mantenere un suo significato solo in
presenza di una disciplina stabile. E tale stabilità verrebbe meno se si consentissero continue
deroghe rimesse all’arbitrio dei coniugi.
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PARENTE F., Il preteso rifiuto del coacquisto “ex lege” da parte coniuge in comunione legale , in Foro it.,I ,
1990, 615.