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Capitolo 1. Introduzione: la linguistica cognitiva e i suoi
strumenti
1.1 La linguistica cognitiva: uno sguardo d’insieme
Lungi dall’essere una specifica disciplina dai confini ben delineati, la
linguistica cognitiva è ascrivibile a un più generale approccio multidisciplinare i cui
principi guida conducono a una vasta gamma di teorie complementari, sovrapposte e
talvolta persino concorrenti tra loro (Evans e Green 2006: 3). Nata in contrasto alla
modularità fodoriana
1
e sviluppatasi in opposizione alla tesi chomskyana sull’autonomia
del linguaggio
2
, quella cognitiva è una moderna branca della linguistica interdisciplinare
che ha come fine quello di analizzare, descrivere e strutturare i modi tramite cui il
linguaggio si interfaccia ai meccanismi cognitivi. Poggiando su assunti formulati da
precedenti speculazioni filosofiche e appellandosi alle nuove scoperte provenienti dalle
ricerche condotte nell’allora neonato settore delle scienze neuro-cognitive, l’eterogeneo
movimento cognitivista costituitosi a ridosso degli anni ’80 vede tutt’oggi impegnati
ricercatori appartenenti a diverse aree e discipline del panorama scientifico. Come lo
stesso Jäkel (1999: 23) sottolinea, “Scholars of completely different backgrounds have
reached the same or very similar results independently of each other”; ne consegue che
un primo e sufficiente fattore posto a garanzia della validità dei principi postulati da
questo approccio è certamente ravvisabile nella assai frequente coincidenza di risultati a
cui ciascuno studioso è autonomamente pervenuto nel corso di questi anni.
Applicando una prima e più generica divisione all’interno dell’eteroclito
panorama cognitivista, è possibile ottenere due vaste macroaree: la Grammatica
Cognitiva e la Semantica Cognitiva (Evans e Green 2006: 50). Avendo come primo
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Quella avanzata da Jerry Fodor è una teoria computazionale-rappresentazionale della mente secondo la
quale il funzionamento della mente corrisponderebbe a una serie di moduli indipendenti tendenti
all’espletazione di determinati problem solving. I moduli fodoriani sono quindi meccanismi
computazionali (input systems) che elaborano le informazioni provenienti dai sistemi percettivi (visivo,
uditivo, olfattivo, ecc.). Tali sistemi forniscono le informazioni ai processi cognitivi centrali, i quali sono
invece preposti al ragionamento e ad altri tipi di analisi più o meno raffinata; (cfr. Fodor 1988).
2
“Syntax as a computational system that interfaces with both semantics and phonology but whose
functioning (that is the computations that are allowed by the system) is not affected by factors external to
it” (Adger 2018: 154).
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oggetto di studio la lingua ed essendo questa un sistema simbolico speculare alla
categorizzazione e all’organizzazione concettuale dell’esperienza linguistica e non, il
trattare di linguistica cognitiva implica giocoforza l’interfacciarsi con la semantica (cfr.
Arduini e Fabbri 2008: 52). Negli approcci vero-condizionali e di stampo formalista,
l’attenzione pressoché esclusiva alla core grammar e il conseguente disinteresse per le
“anomalie semantiche”
3
, ovvero tutti i fenomeni linguistici considerati rispetto ad essa
periferici, ponevano il significato in una posizione subordinata rispetto alle regole e alle
strutture della grammatica
4
. Nella prospettiva cognitivista, al contrario, si assiste ad un
totale capovolgimento dei termini per ordine di importanza: non solo il significato
assume piena centralità nella riflessione linguistica, ma la creazione di un modello
semantico, che ponga al centro della riflessione proprio quei fenomeni linguistici in
precedenza considerati periferici, diventa il presupposto necessario alla costruzione di
un modello grammaticale coerente (Evans e Green 2006: 48).
Sviluppatasi dalla precedente Space Grammar di Langacker, l’area di studi che
prende il nome di Grammatica Cognitiva è finalizzata all’analisi delle relazioni tra
sistema concettuale, esperienza e struttura semantica codificata dalla lingua,
rappresentando conseguentemente un modello applicabile tanto allo studio della mente
quanto a quello del significato linguistico. Concependo la grammatica come forma di
concettualizzazione (Croft e Cruse 2004: 2), i ricercatori operanti nel settore si sono
prevalentemente concentrati nel delineare i principi necessari alla strutturazione di una
grammatica connettendo ad essi gli aspetti generali della cognizione. Poiché il termine
“Grammatica Cognitiva” risulta indicare una specifica teoria,
in riferimento ai modelli
cognitivi orientati al sistema della lingua è piuttosto preferibile parlare di “Approcci
Cognitivi alla Grammatica” (Evans e Green 2006: 70).
Molti dei ricercatori operanti nella macroarea della Semantica Cognitiva
5
si
vedono invece impegnati nello sviluppo di teorie ascrivibili alla Grammatica delle
3
Con anomalie semantiche si fa riferimento alla cosiddetta Appendix to the Grammar, ovvero tutti quei
fenomeni sintagmatici della lingua che mostrano caratteristiche peculiari a livello di forma o di funzione e
che pertanto vengono considerati come idiomatici (cfr. Fillmore e O’Connor 1988: 504). L’approccio
costruzionista di matrice fillmoriana sottolinea come il considerare periferico tale bagaglio linguistico,
oltre che il rinunciare a un’ampia porzione della lingua, significhi anche l’escludere dalla riflessione
linguistica tutte quelle espressioni che interagiscono attivamente con la core grammar.
4
Langacker R. (2006), La grammatica cognitiva, Intervista a Ronald Langacker, da una dichiarazione
rilasciata a “Il Giornale di Filosofia”, (http://www.giornaledifilosofia.net/public/scheda.php?id=66.)
5
Come evidenzia Marconi (1992: 431), parlando di Semantica Cognitiva ci si riferisce non tanto a una
singola teoria o a uno specifico programma di ricerche quanto piuttosto a una “famiglia di teorie”, o
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Costruzioni, modello teorico secondo cui a fondamento dell’analisi linguistica vi è la
Costruzione, ovvero l’associazione convenzionalizzata di forma e funzione. Anche in
questo caso, come sottolinea Masini (2016: 12), essendo “piuttosto un movimento che si
manifesta (..) in una serie di approcci costruzionisti, (..) si è cominciato a parlare più in
generale di Costruzionismo e di Grammatiche delle Costruzioni”. Seppur sviluppatesi in
modo autonomo e nonostante la presenza di alcune divergenze
6
, si possono individuare
una serie di principi comuni ai due filoni di ricerca, tra cui: a) la centralità della nozione
di Costruzione in quanto segno come unità primaria dell’analisi linguistica; b)
l’esistenza di un continuum tra lessico e grammatica e la conseguente uniformità di
rappresentazione delle strutture linguistiche; c) l’organizzazione delle Costruzioni in
gerarchie di eredità, che implica la presenza di Costruzioni con diversi gradi di
schematicità o astrattezza (Masini 2016: 34). Date le evidenti somiglianze, la
Grammatica Cognitiva è stata pertanto annoverata tra gli approcci costruzionisti
nell’Oxford Handbook of Construction Grammar (Hoffman e Trousdale 2013) e gli
stessi Croft e Cruse (2004: 225) sono giunti ad affermare che “the cognitive approach to
syntax goes under the name of Construction Grammar”. Essendo gli studi cognitivi
fortemente interconnessi, è tuttavia doveroso sottolineare come classificazioni interne di
questo genere risultino spesso fugaci ed imprecise, impedendo di avere una chiara
visione sulla struttura interna del movimento. Basti pensare alla Casadei (2003: 42)
quando afferma:
“Non sarebbe esagerato sostenere che gran parte di ciò che chiamiamo Linguistica
o Grammatica cognitiva è in ultima analisi Semantica Cognitiva; e ciò (..) rende
ancora più complesso tentare un bilancio dell’approccio semantico cognitivo senza
che questo finisca per essere un bilancio della Linguistica Cognitiva nel suo
insieme”.
meglio ancora, “a un insieme di atteggiamenti critici” verso altre teorie del significato di ambito filosofico
e linguistico; la stessa Casadei (2003: 37) parla di un “approccio cognitivista alla semantica anziché di
Semantica Cognitiva”.
6
Una delle differenze più sostanziali tra Grammatica Cognitiva ed alcune Grammatiche delle Costruzioni
(come la Radical Construction Grammar e la Cognitive Construction Grammar) è il fatto che la
Grammatica Cognitiva è un modello riduzionista, ovvero prevede la postulazione di categorie lessicali
come “verbo” e “nome” e funzioni grammaticali come “soggetto” e “oggetto” (ritenute quindi universali),
che sono il prodotto di un processo di concettualizzazione/categorizzazione della realtà (Masini 2016:
34).
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Ungerer e Schmid propongono una classificazione alternativa a quella appena
illustrata individuando tre principali modelli teorici alla base del variegato movimento
cognitivista (Ungerer e Schimd 2006: 2-5): un primo, basato sulla “Experiential view”;
un secondo, fondato sul concetto della “Prominence view”; e un terzo, vertente sulla
“Attentional View”. L’approccio esperienziale perseguirebbe una più pratica ed
empirica descrizione del significato: declinando la postulazione di regole logiche e
definizioni oggettive basate su considerazioni di natura teorica, esso si concentra su
quanto è in atto nella mente del parlante quando produce o comprende frasi e parole
(Ibarretxe-Antuñano 2004: 4). L’esperienza che gli esseri umani fanno di eventi a loro
conosciuti viene così trasferita ad altri oggetti ed eventi a loro non familiari, concetti
astratti compresi. Lakoff e Johnson, concentrando i loro studi sulle metafore, ed Eleanor
Rosch, introducendo il concetto di “prototipo” nelle sue ricerche sulla categorizzazione,
sono stati tra i primi all’interno del panorama cognitivo ad individuare questo potenziale
concettuale (cfr. Ungerer e Schmid 2006: 4). Per quanto concerne la Prominence view,
essa sarebbe invece volta all’indagine dei meccanismi di figura/sfondo introdotti dallo
psicologo danese Rubin con la psicologia della Gestalt. I principi asimmetrici della
prominenza spiegano infatti perché, osservando un oggetto in un ambiente, questo
venga distintamente separato in qualità di figura e stagliato su uno sfondo (cfr. Ungerer
e Schmid 2006: 5). Specialmente nel caso delle relazioni spaziali, tali principi possono
poi facilmente applicati alla lingua: Langacker, con la sua Space Grammar, offrirà in tal
senso una spiegazione di come determinati meccanismi vengano applicati a costrutti
(tramite l’operazione di profiling) e a relazioni grammaticali (trajector/landmark).
L’Attentional view spiega invece come nella descrizione di un evento vengano espresse
solamente le parti che di esso attraggono la nostra attenzione, mentre le altre vengono
poste in secondo piano o addirittura non menzionate
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. Preso a prestito da Minsky in
ambito informatico e sviluppato da Fillmore in ambito semantico con la Frame
Semantics, il concetto centrale all’interno di questo approccio è quello di frame, ovvero
l’insieme delle conoscenze possedute riguardo a una determinata situazione
8
.
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Il processo sottostante all’abilità cognitiva di dirigere l’attenzione verso i diversi aspetti di un frame
verrà da Talmy definito come windowing of attention.
8
I modelli teorici sopracitati sono tra loro interconnessi e, rappresentando le principali aree di studio della
linguistica cognitiva, saranno in seguito presi in riferimento, offrendo di volta in volta tutti gli strumenti
necessari e sufficienti ai fini della presente ricerca.
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Indipendentemente dalle diverse aree di studio appena illustrate, è comunque
possibile riscontrare la presenza di alcune linee di riferimento generali applicabili
all’intera area di studi. In un importante documento del 1990, George Lakoff sottolinea
infatti come vi siano due principali premesse all’approccio cognitivo: il primo, di natura
più generica, definito appunto Generalization Commitment, fa riferimento a tutti quei
principi basilari del linguaggio umano in quanto specie-specifico; il secondo, il
“Cognitive Commitment”, è invece un impegno volto a fornire una specifica descrizione
dei principi del linguaggio sulla base di quanto già si conosce sulla mente e i
meccanismi che la governano per merito di altre discipline. Stando a quanto Lakoff
afferma, poiché la metodologia e le teorie linguistiche non possono non essere coerenti
con quanto è stato già empiricamente appurato riguardo cognizione, mente e lingua, un
linguista cognitivo si vede necessariamente costretto a tenere in considerazione tutte le
connessioni presenti tra il linguaggio e le altre facoltà cognitive. Quest’approccio,
funzionale alla lingua e al contempo coerente con le altre discipline, è ben sintetizzato
da Saeed (1997: 300) quando afferma:
“externally, principles of language use embody more general cognitive principles;
and internally, that explanation must cross boundaries between levels of analysis”.
Ciò implica che i principi linguistici non solo debbano essere indagati in riferimento ad
altre facoltà mentali, ma anche che tutti i livelli di analisi linguistica (sintassi, fonologia,
morfologia ecc.) siano considerati simultaneamente e non separatamente l’uno
dall’altro.
1.2 Il livello bio-cognitivo: la mente “incarnata”
Rigettando l’assunto generativista secondo cui i processi di acquisizione,
elaborazione, produzione e comprensione del linguaggio lavorerebbero modularmente,
le diverse aree di ricerca sopracitate sostengono che tali meccanismi non solo siano
interconnessi con altri aspetti della cognizione umana, ma che essi siano anche
indissolubilmente legati all’esperienza corporea e motorio-sensoriale. Tale attenzione
alla dimensione fisica è senz’altro figlia del dibattito che, nel secolo scorso, vide
12
schierati gli arbitraristi - convinti sostenitori di un linguaggio indipendente e autonomo
dalla realtà - contro gli anti-arbitraristi - fautori dei “Principi del Determinismo Fisico,
della Sostanza e dell’Iconicità” (cfr. Casadei 1999a: 93). Riportando al centro della
riflessione linguistica i limiti saussuriani dell’arbitrarietà (motivazione, naturalezza e
iconicità), i principi anti-arbitraristi sono ancora oggi alla base di tutti quei concetti di
fondamentale importanza per la costruzione di approcci e modelli prevalentemente non-
autonomisti come quello di stampo cognitivo. Secondo i cognitivisti, è appunto
partendo dalla dimensione fisica che si costituisce buona parte del nucleo essenziale
dell’apparato concettuale umano, sistema da cui dipende tanto il significato delle nostre
espressioni quanto la loro comprensione. Un esempio vertente sul principio della
naturalezza è il sopracitato fenomeno figure/ground: se infatti, a parità di contenuto
informativo, la frase “La penna che sta sul tavolo” risulta più naturale de “Il tavolo che
sta sotto la penna”, ciò è ragion del fatto che la percezione visiva umana è regolata in
base al principio secondo cui le entità grandi e ferme fanno da sfondo a quelle più
piccole e mobili, e non viceversa
9
.
Alla base del dibattito precedentemente menzionato si collocano due distinte
correnti di pensiero: l’oggettivismo, da un lato; l’esperienzialismo (o realismo
esperienziale), dall’altro. Posta a fondamento delle sopracitate semantiche formali e
vero-condizionali, la corrente oggettivista verte sulla postulazione di un mondo esterno
oggettivamente e aprioristicamente determinato. Considerando la lingua quale “fedele
messaggero” attraverso cui descrivere una realtà razionalmente precostituita alla
percezione dell’uomo, il significare e il concettualizzare nell’oggettivismo altro non
sarebbero che l’associazione di simboli astratti ed arbitrari con idee o cose
predeterminate (cfr. Johnson 1990: xxi-xxii). Come sottolineato dai cognitivisti, poiché
ciò che viene percepito dall’uomo come reale è in larga misura costruito partendo dalle
sue intrinseche proprietà fisiche, sostenere una simile posizione risulta ai fatti alquanto
discutibile. Senza necessariamente declinare l’esistenza di un mondo fisico oggettivo,
l’esperienzialismo ritiene errato pensare che la lingua e il pensiero umano possano
fedelmente rappresentare la realtà tale per come è, proprio in virtù della costante
9
Ciò nonostante è opportuno sottolineare fin da subito come, pur essendo primariamente ancorato
all’esperienza corporea, il sistema concettuale non è tuttavia necessariamente vincolato all’esterno e può
pertanto svilupparsi anche indipendentemente dalle percezioni fisiche: i concetti, quindi, si originano sì da
informazioni sensoriali, ma seguono poi altre strade, dando vita ad operazioni ben più complesse quali
l’immaginazione e le operazioni simboliche (cfr. Bazzanella 2014: 37).
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mediazione esercitata dalla nostra natura corporea (cfr. Evans e Green 2006: 47). Il
rifiuto del dualismo cartesiano mente/corpo e la conseguente adozione di una
prospettiva empiristica intrinseca al realismo esperienziale pongono così al centro
dell’approccio cognitivista il concetto di embodiment. Nella sua più ampia accezione
l’ipotesi dell’embodiment richiama tutto ciò che fisicamente, cognitivamente e
socialmente condiziona l’apparato linguistico-concettuale umano in quanto specie-
specifico (cfr. Rohrer 2007: 27). Adattatosi ad un particolare habitat ecologico ed
avendo una specifica forma e configurazione, il sistema psicomotorio umano non
fornirebbe infatti che una delle molteplici prospettive di una realtà oggettiva. Pertanto,
poiché sviluppano una visione del mondo solamente per come esso appare attraverso le
lenti della nostra fisicità, i significati nell’esperienzialismo non sono considerati come
entità esistenti indipendentemente dal processo cognitivo umano, ma risultano anzi
fortemente connessi alla sfera cognitiva dei singoli individui attraverso strutture
concettuali incarnate, a loro volta dipendenti quindi da esperienze percettive (cfr.
Masolo e Porello 2016: 225).
1.2.1 Gli schemi di immagine
Per quasi un decennio la teoria della metafora concettuale e l’ipotesi
dell’embodiment sono state pressoché inestricabili: nel 1980, infatti, Lakoff e Johnson
non solo notarono che buona parte della produzione linguistica si basava su una gamma
di esperienze sistematicamente modellate su un ridotto corpus di metafore, ma
scoprirono anche che la maggior parte di esse si originava da domini derivanti
soprattutto da esperienze corporee e senso-percettive. A distanza di qualche anno, gli
stessi studiosi giungeranno infatti a sviluppare la cosiddetta teoria degli “schemi di
immagine”. Tale espressione designa tutti quegli elementi presenti in azioni, percezioni
e concetti che possono definirsi come schemi o regolarità ricorrenti. Come afferma lo
stesso Johnson (1987: 29): “These patterns emerge primarily as meaningful structures
for us chiefly at the level of our bodily movements through space, our manipulation of
objects, and our perceptual interactions”
10
.
10
Grazie agli studi delle scienze cognitive è stato dimostrato come il cervello non processi informazioni
visive in modo disincarnato, ma mantenga la topologia percepita delle immagini riproducendo poi
14
Le versioni schematiche di immagini, quindi, possono definirsi
fondamentalmente quali concetti rudimentali dotati di significato, direttamente derivanti
dall’esperienza umana preconcettuale, ovvero l’esperienza mediata e strutturata dal
corpo umano e dal modo con cui esso si relaziona all’ambiente (Evans e Green 2006:
46). Lo schema sviluppato attorno al CONTENITORE, ad esempio, struttura tattilmente
la regolare e ricorrente esperienza del mettere e riprendere oggetti da una determinata
area circoscritta. Tracciando il movimento di un oggetto dentro o fuori da un
contenitore, lo stesso schema viene invece riprodotto visivamente, dando così
dimostrazione di come esso possa sperimentarsi simultaneamente anche in diverse
modalità. Gli elementi strutturali alla base di questo schema di immagine, nonché suoi
requisiti minimi affinché possa considerarsi tale, sono l’interno, l’esterno e il confine
che delimita le due aree (Lakoff 1987). Il landmark (LM) rappresentato da un cerchio
consiste di due elementi strutturali: l’interno – ovvero l’area interna al confine – e il
confine stesso; l’esterno, invece, è l’area contenuta nel quadrato circostante al
landmark
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. Nella frase “Luca esce dalla stanza”, ad esempio, il trajector (TR), ovvero
l’entità soggetta a movimento, si sposterà pertanto da una posizione interna al “LM” per
andare ad occupare uno spazio esterno ad essa
12
. Sebbene la figura rappresenti lo
schema base del CONTENITORE, ci sono molti altri schemi di immagine connessi al
contenimento ben più complessi e strutturati di questo.
Gli schemi di immagine, in quanto forme di generalizzazione tratte
dall’esperienza percettiva e corporea, risultano quindi essere antecedenti al pensiero
spazialmente dettagli sempre più astratti della topologia percepita. In Linguistica Cognitiva scoperte di
questo genere hanno avallato la teoria degli schemi di immagine le cui topologie, oltre a motivare le
connessioni tra le diverse reti di prototipi nelle categorie radiali, offrono al contempo una valida
spiegazione per la mappatura tra i domini delle metafore concettuali sistematiche (Roher 2007: 26).
11
Il contenitore è rappresentato come landmark in quanto il confine e l’area esterna presentano
congiuntamente proprietà gestaltiche sufficienti affinché esso possa considerarsi come figure e l’area
esterna come ground (Evans e Green 2006: 181).
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I termini trajector (TR) e landmark (LM), introdotti da Langacker (1987) e strettamente connessi alla
nozione di figure e ground, sono largamente impiegati da diversi ricercatori della semantica cognitiva.
Image-schema base di CONTENITORE 1