12
Tra i pittori barocchi, quelli che piø profondamente aderiscono a
questo ideale, anche se incomparabili tra loro, sono il Tintoretto
e il Greco.
La sepoltura del conte di Orgaz, ad esempio, Ł suddivisa in due
parti da una linea orizzontale, al di sotto della quale i corpi si
accalcano gli uni addosso agli altri, ma al piano di sopra l anima
si eleva, grazie ad un sottile ripiegamento.
Cos , con modalit diverse ma in un accordo concettuale che Ł il
medesimo, nel Giudizio Universale del Tintoretto il piano basso
mostra i corpi in balia della propria pesantezza, e le anime vi
vengono invischiate come vortici ripiegati nella materia, mentre
nella met superiore esse vengono calamitate verso un cielo che
le richiama a sØ attraverso le pieghe di una luce gialla, accesa e
fervente come un fuoco il cui fumo sale alto, piø leggero
dell aria.
La fisica matematica barocca, cos come l arte, sono per
l appunto incentrate sull idea di curvatura, per cui il trattamento
della materia avviene per masse o aggregati; gli angoli vengono
smussati e si utilizzano materiali come il travertino per produrre
forme spugnose, vorticose, travalicanti i limiti spaziali in un
comportamento simile a quello dei fluidi, mentre questi, a loro
volta, si ripartiscono in masse: Bisogna concepire lo spazio
come pieno di una materia originariamente fluida, suscettibile di
tutte le divisioni e soggetta anche attualmente a divisioni e
suddivisioni all infinito. Con questa differenza: che Ł divisibile e
divisa inegualmente in diversi punti a causa dei movimenti che vi
son gi piø o meno cospiranti. Per la qual cosa essa ha
dappertutto un grado di rigidezza e di fluidit , e non vi Ł alcun
corpo che sia duro o fluido al massimo grado, cioŁ non si trova
alcun atomo di una durezza invincibile, nØ alcuna massa
interamente indifferente alla divisione. 18 Cos Leibniz giustifica
la concezione secondo cui la materia sia un continuum
infinitamente piegato e germinante, anzichØ derivabile tramite
una linea retta, come vuole la piø esatta ed assodata tradizione
scientifica cartesiana. Fermo restando, infatti, il principio
secondo cui la materia d abitudine segua la tangente e perci sia
derivabile in ogni suo punto, egli aggira l ostacolo facendo
risalire l attitudine alla curvatura ad un forza attiva, un
movimento continuo, un brulichio costante (o energia,
diremmo ora), che le imprime un moto curvilineo vorticoso, il
quale a sua volta disegna una curva talmente frastagliata da non
poter avere alcuna tangente19. Le pieghe garantiscono, cos ,
18
G.W. Leibniz, op.cit., p. 24-25.
19
L immagine di una materia infinitamente frastagliata e divisibile in tante
piccole materie identiche a se stessa sembra aderire perfettamente al concetto
di frattale odierno, per cui da lontano il suo contorno (ad esempio quello di
un fiocco di sale) pu apparire netto, ma, non appena ci si avvicina un poco,
questa nettezza svanisce. L occhio non riesce piø a fissare la tangente in un
punto [ ] Se si prende una lente, o un microscopio, l incertezza permane
altrettanto grande, poichØ ogni volta che si aumenta l ingrandimento si vedono
El Greco, Sepoltura del conte Orgaz, 1586, olio
su tela. Toledo, Chiesa di Santo TomØ.
Tintoretto, Giudizio Universale, 1563, olio su
tela. Venezia, Madonna dell Orto.
13
senza salti e discontinuit , il passaggio dall inorganico
all organico, dall organico all animato. Ai ripiegamenti della
materia, che si prolungano all infinito, secondo l insegnamento
del preformismo biologico e del nascente calcolo infinitesimale,
corrispondono le pieghe dell anima. Leibniz paragona la materia
ad una tessitura infinitamente porosa, senza vuoti, simile ad un
giardino pieno di piante, o come uno stagno pieno di pesci. Ma
ciascun ramo delle piante, ciascun membro dell animale,
ciascuna goccia dei loro umori, Ł a sua volta un tale giardino o
un tale stagno. E sebbene la terra e l aria interposte tra le piante
del giardino, o l acqua interposta tra i pesci dello stagno, non
siano nØ piante nØ pesci, esse tuttavia contengono ancora altre
piante e altri pesci, ma per lo piø in una forma sottile a noi
impercettibile 20. La materia non Ł dunque un immenso essere
vivente, tutto non Ł pesce, ma vi sono pesci dappertutto:
l ubiquit del vivente. Come pensare a una tale immagine senza
subito ricordare l opera dell Arcimboldo, L acqua , nella cui testa
composta brulicano esseri marini che sembrano pronti, da un
momento all altro, a dileguare e disporsi in configurazioni
eternamente guizzanti, quasi che l autore abbia repentinamente
fissato la forma umana nel momento fortuito in cui i pesci cos si
sono disposti, per poi sparpagliarsi di nuovo. Infatti, secondo la
leibniziana distribuzione delle anime a tutti i livelli del vivente,
dall anima del corpo alle anime delle membra, e cos via, i
microscopici animaletti inseparabili dalle parti fluenti del mio
corpo, sono sempre pronti a ridiventarmi estranei come lo erano
prima 21.
L estrema mobilit del pensiero, la scivolosit dello sguardo e
del gesto barocchi sono ascrivibili ad una mutata visione della
realt , ad un cambio di prospettiva: mentre prima si osservava
l esterno riducendo le sue complessit ad un oggetto
organizzato secondo schemi antropocentrici, ora l esterno stesso
concorre all atto visivo e speculativo, cosicchØ l uomo non lo
debba definire tramite aggettivazioni, ma entrambi si definiscano
grazie ad un azione di mutua delimitazione e incessante
riconfigurazione.
La questione del punto di vista ci riporta alla nostra casa barocca,
dove risiede anche l anima, o monade, che nella sua stanza
chiusa e senza luce racchiude dentro di sØ, riflettendolo e
introiettandolo come un piccolo specchietto, l intero universo.
L atto del riflettere Ł pertanto un attributo peculiare della
monade, chiusa nel proprio stato di Uno che per avviluppa
una molteplicit , quella del mondo.
comparire delle nuove anfrattuosit , di modo che il nostro fiocco suggerisce la
nozione piø generale di funzione continua ma non derivabile. (B.B.
Mandelbrot, op. cit. p. 10).
20
G.W. Leibniz, Monadologia. Principi razionali della natura e della grazia,
Bompiani, Milano, 2001, p. 89.
21
G. Deleuze, op. cit., p. 178.
Arcimboldo, L Acqua , 1566, olio su tavola.
Vienna, Kunsthistorisches Museen.
14
Si pu dire che l anima implichi un tutto seriale, infinitamente
rapportato secondo relazioni differenziali, quindi piegato su due
facce, e dal suo particolare punto di vista dispieghi, senza mai
spianarlo, un certo dipartimento del molteplice, una sequenza
finita delle innumerevoli sequenze universali: questa condizione
di chiusura vale per l apertura infinita del finito: essa rappresenta
finitamente l infinitezza 22.
Essa quindi contiene l intero universo, ma lo include come fosse
un movimento a spirale completamente avvolto nella sua voluta
centrale, concentrato nel suo stato di clausura.
La monade esprime chiaramente il dipartimento della serie orizzontale del mondo che le compete,
includendolo, e canta la propria armonia verticale parallelamente a quella delle altre monadi.
Esiste, tra mondo e monade, un rapporto differenziale monade(dx)/mondo(dy)=1/oo (mentre per
Dio sarebbe oo/1). Come afferma Deleuze (pp.214-215): In linea con la tradizione pitagorica e
platonica, la monade Ł numero, unit numerica. Ed essa Ł per Leibniz, il numero piø semplice ,
ossia il numero inverso, reciproco, armonico: la monade Ł cioŁ lo specchio del mondo poichØ essa
Ł l immagine rovesciata di Dio, il numero inverso dell infinito, 1/oo invece di oo/1 [ ] Ogni
monade esprime il mondo (serie n1, n2, n3, n), ma lo esprime chiaramente solo in una zona sua
particolare (1/n) .
Se si pensa alla materia come infinitamente piegata e debordante
all esterno (che esterno significhi passaggio da una prossimit
all altra oppure da uno stato di cose all altro), la monade Ł,
all opposto, l essere in cui le pieghe sono infinitamente
avviluppate verso l interno, il che risulta vero, gi , per le idee
innate , che sono pure virtualit , pure potenze, il cui atto consiste
in un certo habitus o in disposizioni (pieghe) nell anima, ed il cui
atto compiuto consiste in un azione interiore dell anima
(dispiegamento interno). Ma risulta altrettanto vero per il mondo:
il mondo intero, infatti, non Ł che una virtualit esistente
22
Ibidem, p. 43.
Disegno di G. Deleuze, op. cit., p.7.
Disegno di G. Deleuze, op. cit., p.43.
15
attualmente solo e soltanto nelle pieghe dell anima che esprime
quel mondo. L anima opera dispiegamenti interiori mediante i
quali si conferisce una rappresentazione inclusa del mondo. E
passiamo cos , dall inflessione all inclusione in un soggetto,
come si passa dal virtuale all attuale. L inflessione definisce la
piega, ma l inclusione definisce a sua volta l anima o il soggetto,
vale a dire ci che avviluppa la piega, la sua causa finale e il suo
atto compiuto 23.
Pertanto il punto di vista di ogni anima Ł la condizione per cui un
dato soggetto coglie, non un oggetto, ma una variazione della
materia, la condizione per cui esso appare al soggetto, il
momento in cui non Ł piø oggetto ma evento. E questa l idea di
fondo della prospettiva barocca. E questa la visione anamorfica
del soggetto verso l oggetto-evento e viceversa.
Emmanuel Maignan, Studio per anamorfosi e Paesaggio con San Francesco di Paola in
preghiera, 1642. Roma, Chiostro di Trinit dei Monti.
23
Ibidem, p. 37.
16
SCENOGRAFIE BAROCCHE, VISIONI SCIENTIFICHE
Il punto di vista si rende necessario in un mondo come quello
barocco, che ha perso ogni centro: un certo tipo di
prospettivismo, infatti, pu riordinare il caso veicolandolo nelle
diverse serie infinite che descrivono la realt : bisogna sempre
trovare il giusto punto di vista, o il migliore, in mancanza del
quale non resterebbe che il disordine, o addirittura il caos 24.
L eventualit che si concretizza nell incontro tra uno sguardo e
un accadimento, nella singolarit del contatto visivo, trova nella
metafisica leibniziana un aggancio con alcune attuali correnti del
pensiero scientifico attraverso un atteggiamento che nel corso del
tempo si Ł fatto sempre piø d osservazione e sempre meno di
mera speculazione. Non a caso nel nostro tempo Ł nata quella
disciplina che prende il nome di geometria descrittiva , in
sostituzione di una piø normativa e unificante disciplina
matematica che prevarrebbe sui dati che la realt offre di volta in
volta all osservatore.
Il punto di vista su una variazione viene qui a sostituire il centro
di una figura o di una configurazione. L esempio piø noto, in
Leibniz, Ł quello delle coniche, in cui il vertice del cono Ł il
punto di vista a cui si riconducono il cerchio, l ellissi, la
parabola, l iperbole, nonchØ la linea retta e il punto. Si tratta
sempre di varianti dell inclinazione del piano di sezione
(scenografie) 25.
Iperbole Ellisse Parabola
24
Ibidem, p. 35.
25
Ibidem, p. 34. Si noti l uso del termine scenografia , per cui tutto il
discorso viene ricondotto alla forma mentis barocca che predilige metafore
teatrali anche in ambiti extra-artistici. Tutto Ł infatti teatro, nel Barocco, e la
forma non Ł in sØ, ma assume aspetti scenografici a seconda delle circostanze.
Disegno di G. Deleuze, op. cit., p.35
17
Tale piano di sezione da cui si ricavano tutte le declinazioni
dei profili della materia corrisponde ai diversi modi in cui essa si
piega e si d all osservatore. Alla circolarit unificante del
cerchio si aggiungono altri paradigmi piø aperti nella visione
sul mondo. Il sistema geocentrico, ad esempio, si basava non
solo sulla centralit della terra, ma anche sulla circolarit delle
orbite dei pianeti ad essa asserviti. Dopo Copernico e Galileo,
invece, le orbite si scoprono essere ellittiche, insieme anche con
quella terrestre.
Successivamente, nel corso del XIX secolo, si cominciano ad
immaginare (poichØ proprio dalle immagini si Ł potuto pensarli)
edifici geometrici che confutino i postulati di Euclide attraverso
la dimostrazioni che i suoi assiomi non sempre sono validi. Ad
esempio, un postulato stabilisce che Ł possibile condurre una
linea retta tra un qualsiasi punto e un qualsiasi altro punto; un
altro che la somma degli angoli di un triangolo Ł pari a 180 ; il
quinto che, dati una retta r e un punto P esterno ad essa, esiste
un unica retta s passante per P e parallela ad r. Tutto questo,
per , Ł riferibile a superfici piane. Su una superficie dalla forma
simile ad una sella, invece, la somma degli angoli di un triangolo
Ł inferiore a 180 (geometria iperbolica), mentre su una sfera la
somma Ł superiore a tale valore (geometria ellittica) e, dati una
retta r ed una punto P esterno ad essa, esistono piø rette s
passanti per P e parallele a r o nessuna.
18
A questo punto la proliferazione delle geometrie appare in un
certo senso fuori controllo, nascono la geometria proiettiva (che
si occupa delle propriet delle figure proiettate, come ad esempio
l immagine su una pellicola di celluloide proiettata su uno
schermo cinematografico), la geometria conforme (l analisi degli
effetti della compattazione degli spazi mantenendo inalterati gli
angoli), quella differenziale (basata sul calcolo che Leibniz, tra
l altro per primo, utilizz ).
A tal proposito Ł utile ricordare l opera di Jules-Henri PoincarØ,
importante scienziato e matematico della scuola intuizionista
francese, tra i primi a pensare secondo concezioni non-euclidee.
Egli sosteneva, per l appunto, che il ragionamento matematico
possedesse di per sØ una sorta di virtø creatrice, e che per questo
addirittura le norme ritenute assodate sino a quel momento
fossero il frutto di convenzioni e deduzioni sillogistiche, al pari
di una lingua. I matematici non studiano oggetti, ma relazioni
tra oggetti, per loro Ł dunque indifferente sostituire questi oggetti
con altri, purchØ le relazioni non cambino. La materia non
importa loro, li interessa unicamente la forma 26. Invece la nuova
geometria detta d analysis situs, di volta in volta, in base
all esperienza diretta, formula teoremi puramente qualitativi e
descrive, al pari della teoria leibniziana del piano di sezione
scenografico, i diversi aspetti che assume un oggetto geometrico
a seconda di quello che egli chiama piano fondamentale , che lo
seziona in momenti e modalit differenti. Sempre in analogia
con Leibniz, PoincarØ immagina la materia come una superficie
soggetta ad una curvatura costante, per cui il piano fondamentale
la interseca dando vita a differenti figure geometriche: l dove,
per esempio, noi non vedessimo altro che una linea retta, da un
altro punto di vista essa potrebbe invece corrispondere alla
sezione di un cerchio, ad esempio, che interseca il piano. Cerchio
e retta sarebbero quindi due configurazioni, entrambe esatte e
reali, di uno stesso oggetto in base a un determinato punto
d osservazione.
Ora, io non so se PoincarŁ conoscesse il reverendo Edwin
Abbott, ma sicuramente nel periodo in cui i due scrivevano di
geometrie insolite , erano gi nell aria le premesse per una
nuova visione scientifica del mondo. Negli ultimi due decenni
dell Ottocento il teologo e letterato Edwin Abbott scrisse piø di
quaranta libri e trattati di vario genere, dai manuali scolastici agli
studi eruditi di testi sacri; scrisse anche, in versione anonima, un
libretto dal sapore di fiaba, Flatlandia27, in cui si racconta
dell esistenza di strani mondi in cui, rispetto al nostro, mancano
o abbondano alcune dimensioni spaziali. Il racconto raffigura
degli esseri intelligenti dalle sembianze di figure piane la cui
esperienza Ł confinata ad un piano e che non hanno la facolt di
26
J.H. PoincarØ, La scienza e l ipotesi , Bompiani, Milano, 2003, p. 41.
27
E.A. Abbott, Flatlandia. Racconto fantastico a piø dimensioni, Adelphi,
Milano, 2006.
Geometria proiettiva
E. Abbott, op. cit., p. 22.
19
rendersi conto di quanto possa esistere al di fuori di quello
spazio. Il narratore domanda quindi al lettore, che ha il concetto
della terza dimensione, di immaginare una sfera che scenda sulla
pianura di Flatlandia, attraversandola. Egli afferma che gli
abitanti non la vedranno avvicinarsi, nØ avranno alcun concetto
della sua solidit , perchØ ai loro occhi, o meglio alle loro
percezioni, essa apparir dapprima come un punto, poi si
allargher in un circolo, per poi aumentare gradualmente di
diametro sino a quando la met della sfera non avr attraversato
il piano; allora il circolo diminuir per gradi fino a divenire di
nuovo un punto e poi svanire. In questo modo l esperienza che
avranno fatto gli abitanti sar di crescita di un ostacolo circolare
nel tempo, cosa che un abitante di Spacelandia (il mondo a tre
dimensioni, il nostro) attribuirebbe al moto della terza
dimensione nello spazio.
Disegno di E. Abbott, op. cit., p. 116.
In anticipo di qualche anno, tale teoria si Ł rivelata profetica,
perchØ foriera di quella di Einstein sulla relativit , che ha
aggiunto alle tre della geometria tradizionale una quarta
dimensione, il tempo. Tornando alle immagini dell Abbott, nel
regno monodimensionale della Linelandia (regno a una
dimensione), ad esempio, per determinare la distanza tra un
punto A e un punto B si traccia, ovviamente, una linea e se ne
misura la lunghezza.
Disegni di E. Abbott, op. cit., p. 104.
Disegno di E. Abbott, op. cit., p. 94.
20
Ma quando si inizia ad essere in Flatlandia, possiamo vedere AB
come l ipotenusa di un triangolo rettangolo dai cateti x e y, e
quindi adoperare la formula del teorema di Pitagora: AB = √x† +
y† .
Nella Spacelandia entra in gioco anche la terza dimensione,
l altezza (z), perci la formula diventa AB = √ x† + y† + z†.
Disegno di E. Abbott, op. cit., p.151.
SenonchŁ nella nostra era le approfondite osservazioni
astronomiche hanno dimostrato che quando si ha a che fare con
distanze smisurate e velocit sovrumane le leggi della fisica e
della matematica, ancorate all osservazione dei fenomeni
terrestri, non bastano piø. Gi nel 1905 Einstein riconobbe che in
questi casi non si pu prescindere dal concetto di tempo. La
formula definitiva per determinare una distanza AB nello spazio
extraterrestre Ł AB = √x† + y† + z† ( ct)†: dove a x, y e z
corrispondono, come nelle formule precedenti, lunghezza,
larghezza e altezza, a c la massima velocit concepibile (quella
della luce, oltre la quale non si ha piø materia) e a t il tempo, che
quindi viene a comportarsi come un autentica quarta dimensione.
Il termine Ł entrato nell uso, e nella moderna fisica spaziale si
parla di spazio-tempo e di continuum spazio-tempo .
Si ricordi, per inciso, che, seppure riferito alla Terra, anche
Leibniz immagin un labirinto del continuo che si configura
come una linea che potrebbe dissolversi in punti indipendenti,
non come la sabbia fluida che si disperde nei singoli granelli, ma
come una stoffa o un foglio di carta che si divide all infinito in
pieghe o si scompone in movimenti curvilinei, ognuno dei quali
viene determinato dall ambiente consistente o cospirante. [ ]
Pieghe dei venti, delle acque, del fuoco e della terra, e pieghe
sotterranee dei filoni nella miniera. Le piegature solide della
geografia naturale rinviano dapprima all azione del fuoco, poi a
quella delle acque e dei venti sulla terra, in un sistema di
Disegni di E. Abbott, op.
cit., p.130: il Quadrato,
raccontando del suo
viaggio nei mondi a
diverse dimensioni
insieme alla sfera, ad un
certo punto dice:
Salimmo ancora una
volta nello Spazio. Fino
ad ora, disse la Sfera
non ti ho mostrato che
delle Figure Piane e il
loro interno. Ora devo
farti fare la conoscenza
dei Solidi, e rivelarti lo
schema secondo cui sono
costruiti. Guarda questa moltitudine di cartoncini
quadrati. Vedi, ne metto uno su di un altro; non,
come potresti credere, l uno a Nord dell altro, ma
sull altro. Ne aggiungo un secondo, un terzo.
Guarda, sto costruendo un Solido mediante una
quantit di Quadrati paralleli fra loro. Ora il solido
Ł completo, essendo altrettanto alto che lungo e
largo, e noi lo chiamiamo Cubo . Perdonatemi,
Signore, risposi io ma al mio occhio ha l aspetto
di una Figura Irregolare di cui l interno sia
visibile; in altre parole, non mi sembra di vedere
un Solido, ma un Piano come noi lo concepiamo in
Flatlandia; solo di un Irregolarit che Ł l indice di
un mostruoso criminale, tanto che la sua sola vista
Ł penosa al mio occhio .
Rafael Martinez, Volume immateriale, 1969.
21
interazioni complesse; e i filoni minerari sono simili alle
curvature delle sezioni coniche, ora finendo in cerchio o in
ellisse, ora prolungandosi in iperbole o parabola. La scienza della
materia prende a modello l origami, direbbe il filosofo
giapponese, ossia l arte di piegare la carta. 28.
28
G. Deleuze, op. cit., p. 10.