2
convinzioni di ognuno, credo debba essere sempre analizzato ed affrontato nel modo più
obiettivo possibile, senza pregiudizi di sorta, adottando le soluzioni normative che
appaiono in grado di governare al meglio il fenomeno, nella consapevolezza che ogni
tentativo di impedire l'ingresso di persone extracomunitarie per lavoro appare, almeno
fino a che non saranno risolti in via definitiva i problemi della parte povera del nostro
pianeta e continueranno a persistere numerose richieste di manodopera straniera da
parte delle imprese italiane (soprattutto del Nord - Est), un obiettivo di difficile, se non
impossibile, realizzazione
2
.
Ho ritenuto particolarmente interessante affrontare lo studio della disciplina attualmente
vigente in Italia in materia di accesso al lavoro subordinato degli stranieri provenienti da
Paesi non comunitari anche in considerazione del fatto che il quadro normativo di
riferimento ha recentemente subìto importanti modifiche, prima a livello legislativo
(con la legge 30 luglio 2002, n. 189) e poi a livello regolamentare (con il D.P.R. 18
ottobre 2004, n. 334), le quali sembrano essere il frutto di una visione dell'immigrazione
intesa soprattutto come un fenomeno attinente all'ordine pubblico e che, come tale, deve
essere il più possibile controllato e limitato, anche per quanto riguarda gli ingressi
regolari
3
.
2
Per convincersene, basti solo ricordare che negli ultimi anni in Italia, a fronte dell'autorizzazione
all'ingresso di un numero sempre più esiguo di extracomunitari per lavoro subordinato, si è poi
provveduto in più occasioni (da ultimo, si veda la "sanatoria" del 2002 ex l. n. 189/2002 e D.L. n.
195/2002) alla regolarizzazione di chi era comunque entrato in Italia alla ricerca di lavoro. Una politica
restrittiva in materia di programmazione dei flussi d'ingresso non sembra quindi in grado di porre fine alla
c. d. immigrazione clandestina.
3
E' possibile scorgere l'approccio particolarmente restrittivo e di chiusura nei confronti del fenomeno
migratorio da parte della l. n. 189/2002 già a partire dalla lettura della relazione governativa al relativo
disegno di legge n. 795/s, laddove si paventa il "pericolo di una vera invasione dell'Europa da parte di
popoli che sono alla fame, in preda ad un'inarrestabile disoccupazione o a condizioni di sottoccupazione".
Sulle finalità particolarmente "repressive" della l. n. 189/2002 rispetto al quadro normativo preesistente si
è espressa anche la Corte di Cassazione (Cass. Pen., III, 28 novembre 2002 - 23 gennaio 2003, n. 3162),
secondo cui, anche rispetto alla legislazione precedente al Testo Unico del 1998, le finalità di ordine e
sicurezza pubblica oggi prevalgono, "in parte capovolgendo la visione solidaristica in una esclusivamente
repressiva".
3
Lo scopo di questo mio lavoro è dunque, in primo luogo, quello di esaminare
compiutamente, alla luce delle recenti modifiche di cui ho detto, la normativa legislativa
e regolamentare riguardante l'autorizzazione all'ingresso, all'assunzione e al soggiorno
in Italia dei lavoratori extracomunitari, dedicando particolare attenzione sia al nuovo
istituto del contratto di soggiorno per lavoro (presentato, almeno sul piano mediatico,
come uno tra gli strumenti più idonei a combattere l'immigrazione irregolare), sia a due
significative novità - l'abolizione dell'istituto dello sponsor, sostituito da un meccanismo
di formazione e reclutamento in loco, e l'introduzione della necessaria verifica
dell'indisponibilità di manodopera nazionale e comunitaria - che hanno suscitato un
vivace dibattito in ambito accademico ma non solo.
L'analisi, condotta tenendo conto delle opinioni dottrinali e degli interventi
giurisprudenziali più significativi, sarà diretta a verificare l'effettiva capacità di
contrasto al lavoro irregolare degli immigrati ad opera delle modifiche (in particolare
l'istituto del contratto di soggiorno) introdotte nel 2002, nonché ad esaminare le
questioni interpretative ed applicative più dibattute, con particolare attenzione
all'accertamento della conformità delle norme legislative e regolamentari sia con le
norme costituzionali sia con il principio della parità di trattamento tra lavoratori
stranieri regolarmente soggiornanti e lavoratori italiani sancito dalla Convenzione OIL
n. 143/1975 e ora espressamente indicato anche dal terzo comma dell'art. 2 del Decreto
legislativo 25 luglio 1998 n. 286 (c. d. Testo Unico sull'Immigrazione).
Non mancheranno inoltre i necessari riferimenti al diritto internazionale e alla
normativa comunitaria; in particolare sarà mia cura verificare la compatibilità di alcuni
aspetti particolarmente discussi della normativa italiana in materia di accesso al lavoro
con la proposta di direttiva comunitaria n. 386/2001 relativa alle "condizioni d'ingresso
4
e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi che intendono svolgere attività di lavoro
subordinato o autonomo".
5
CAPITOLO PRIMO
Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato
1. Aspetti generali
Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato
4
, introdotto a seguito delle modifiche
apportate al Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello
straniero, d'ora in poi denominato T.U.) ad opera della legge n. 189/2002 (c.d. Bossi-
Fini), costituisce una delle "novità" più significative della recente riforma, almeno
secondo le intenzioni dell'Esecutivo in materia, ben espresse nel Libro Bianco sul
mercato del lavoro in Italia (pubblicato dal Ministero del lavoro nell'ottobre 2001) e
nella Relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge n. 795/s
5
,
Si tratta di un istituto giuridico che si inserisce pienamente tra gli strumenti che il
legislatore ha adottato per attuare "l'ambizioso obiettivo di correlare con più incisività
l'ingresso dello straniero nel territorio nazionale all'effettivo svolgimento di una
prestazione lavorativa"
6
così com'era stato già chiaramente indicato nella citata
4
L'art. 5 bis (Contratto di soggiorno per lavoro subordinato) del T.U. introdotto dall'art. 6, primo comma
della l. n. 189/2002, offre una prima, seppur incerta, definizione del nuovo istituto:
"1. Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero
regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente
all'Unione europea o apolide, contiene:
a) la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri
nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;
b) l'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del
lavoratore nel Paese di provenienza.
2. Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le
dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1.
3. Il contratto di soggiorno per lavoro è sottoscritto in base a quanto previsto dall'articolo 22 presso lo
sportello unico per l'immigrazione della provincia nella quale risiede o ha sede legale il datore di lavoro o
dove avrà luogo la prestazione lavorativa secondo le modalità previste nel regolamento di attuazione".
5
Illustrerò nel corso del presente lavoro gli elementi del contratto di soggiorno che hanno spinto una parte
della dottrina a sottolinearne la scarsa portata innovativa.
6
Così A. Rondo, (2003).
6
Relazione governativa
7
, rendendo in tal modo più difficile l'ingresso in Italia ad altri
titoli, quali il ricongiungimento familiare o l'asilo.
Per quanto possano essere risultati chiari gli obiettivi dichiarati dal legislatore, la figura
del contratto di soggiorno ha destato notevoli dubbi interpretativi sia per quanto
riguarda la sua natura giuridica e funzione, sia per quanto concerne alcuni profili
applicativi e di legittimità costituzionale; di tutto ciò si cercherà di dare ampio conto nel
presente capitolo.
Il contratto di soggiorno per lavoro, stipulato per iscritto, a pena di nullità, tra il datore
di lavoro (italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia) e il lavoratore
straniero, è determinante ai fini del regolare ingresso e soggiorno in Italia di
quest'ultimo; infatti, il contratto in questione già rileva nella fase che precede l'ingresso
in Italia dello straniero, essendo espressamente previsto nell'art. 22 secondo comma del
Testo Unico (così come modificato dall'art. 18 della legge n.189/2002) che, tra i
requisiti necessari per ottenere il nulla osta al lavoro (e, conseguentemente, il visto di
ingresso), vi sia anche la presentazione, da parte del datore di lavoro, della "proposta di
contratto di soggiorno per lavoro" comprensiva delle due garanzie proprie del contratto
di soggiorno che saranno di seguito analizzate
8
.
7
"…La linea guida seguita dal provvedimento è quella di giustificare l'ingresso e la permanenza sul
territorio nazionale dello straniero per soggiorni duraturi solo in relazione all'effettivo svolgimento di una
attività lavorativa sicura e lecita, di carattere temporaneo o anche di elevata durata. In questo ambito sono
garantite adeguate condizioni di lavoro e di alloggio, collegando il contratto di lavoro ad un impegno del
datore di lavoro nei confronti del lavoratore e dello Stato e rendendo sempre possibile il rientro volontario
nel paese di origine, mediante una garanzia di mezzi necessari".
Nello stesso senso si veda anche la parte introduttiva del documento programmatico 2004 - 2006.
8
Art. 22, comma 2, T. U. : "Il datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia che
intende instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con
uno straniero residente all'estero deve presentare allo sportello unico per l'immigrazione della Provincia di
residenza ovvero di quella in cui ha sede legale l'impresa, ovvero di quella ove avrà luogo la prestazione
lavorativa:
a) richiesta nominativa di nulla osta al lavoro;
b) idonea documentazione relativa alle modalità di sistemazione alloggiative per il lavoratore straniero;
c) la proposta di contratto di soggiorno con specificazione delle relative condizioni, comprensiva
dell'impegno al pagamento da parte dello stesso datore di lavoro delle spese di rientro dello straniero
nel Paese di provenienza;
d) dichiarazione di impegno a comunicare ogni variazione concernente il rapporto di lavoro".
7
Il vero e proprio contratto verrà invece concluso soltanto dopo che lo straniero sarà
entrato in Italia. Egli dovrà recarsi, entro otto giorni dall'ingresso nel territorio
nazionale, presso lo sportello unico per l'immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per
la sottoscrizione, solo a seguito della quale potrà essere rilasciato il permesso di
soggiorno (così come previsto dal combinato disposto dell'art. 5 comma 3 bis e dell'art.
22 sesto comma del Testo Unico).
9
Quanto alla durata del contratto di soggiorno, il legislatore, dopo aver provveduto
all'abrogazione dell'equiparazione tra la durata del visto d'ingresso e quella del
permesso di soggiorno, nel nuovo comma 3 bis dell'art. 5 del T.U. (introdotto dall'art. 5,
comma 1, lett. e), l. n. 189/2002) ha previsto che la durata del permesso di soggiorno
per motivi di lavoro debba coincidere con quella del contratto di soggiorno e comunque
non superare il limite massimo di nove mesi, di un anno e di due anni, a seconda che si
tratti, rispettivamente, di contratto di lavoro stagionale, a tempo determinato e
indeterminato. Tuttavia questi limiti temporali, - ad eccezione di quello relativo al
contratto a tempo determinato, che originariamente il Testo Unico non contemplava-
risultano essere identici a quelli già indicati dalle lett. b) e d) dell'art. 5, comma 3 del
T.U., che la stessa legge n. 189/2002 aveva provveduto ad abrogare; di qui una parte
della dottrina, in aperto contrasto con quanto proclamato dalla Relazione governativa,
ha tratto un primo elemento per dimostrare la scarsa portata innovativa del nuovo
istituto. Inoltre è stato osservato che i limiti di durata testé esaminati risultano essere
9
Lo sportello unico per l'immigrazione, che costituisce un'ulteriore novità approntata dalla l. n. 189/2002,
è costituito in ogni Provincia presso la prefettura - ufficio territoriale del governo ed è responsabile
dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato e
indeterminato.
Art. 5 comma 3 bis T.U.: "Il permesso di soggiorno per motivi di lavoro è rilasciato a seguito della stipula
del contratto di soggiorno per lavoro di cui all'art. 5 bis (omissis)".
Art. 22, comma 6 del T.U.: "(Omissis) Entro 8 giorni dall'ingresso, lo straniero si reca presso lo sportello
unico per l'immigrazione che ha rilasciato il nulla osta per la firma del contratto di soggiorno che resta ivi
conservato e, a cura di quest'ultima, trasmesso in copia all'autorità consolare competente ed al centro per
l'impiego competente".
8
sicuramente più rigorosi rispetto al limite triennale (ex art. 7, comma 1) indicato dalla
proposta di direttiva comunitaria COM (2001) 386 relativa alle "Condizioni d'ingresso e
di soggiorno dei cittadini di Paesi terzi che intendono svolgere attività di lavoro
subordinato e autonomo", salvo il caso del lavoro stagionale, per il quale il Consiglio
europeo ha proposto (ex art. 12, comma 1) una durata massima di soli sei mesi
10
.
Sempre con riferimento alla tematica in esame, può essere invece salutata con favore,
sia in termini di maggiore semplificazione, sia di perfetta conformità con l'analoga
disposizione contenuta all'art. 12 della citata proposta di direttiva, la previsione
introdotta dal nuovo comma 3 ter dell'art. 5 T.U., secondo la quale "allo straniero che
dimostri di essere venuto in Italia almeno due anni di seguito per prestare lavoro
stagionale può essere rilasciato, qualora si tratti di impieghi ripetitivi, un permesso
pluriennale, a tale titolo, fino a tre annualità, per la durata temporale annuale di cui ha
usufruito nell'ultimo dei due anni precedenti con un solo provvedimento".
Per quanto riguarda l'oggetto del contratto di soggiorno per lavoro, l'art. 5 bis T.U. si
limita ad indicare due soli elementi:
la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il
lavoratore conforme ai parametri dell'edilizia residenziale pubblica (Art. 5 bis primo
comma lett. a)
l'impegno del datore stesso al pagamento delle spese di rientro del prestatore nel
paese di provenienza, una volta cessato il rapporto di lavoro ( Art. 5 bis primo
comma lett. b)
Queste due garanzie, poste entrambe a carico del datore di lavoro, vengono configurate
dal legislatore come requisiti indispensabili per il rilascio del permesso di soggiorno.
10
R. Finocchi Ghersi (2002)
9
Infatti, il contratto di soggiorno che ne fosse privo non costituirebbe, ai sensi dell'art. 5
bis secondo comma del T.U., "titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno"; e
pertanto quest'ultimo, se fosse ugualmente concesso, sarebbe necessariamente
caratterizzato da invalidità c.d. sopravvenuta
11
.
Ragionando invece da un punto di vista strettamente privatistico, in dottrina si è
largamente affermata la convinzione che la mancanza delle garanzie di cui all'art. 5 bis
T.U. inciderebbe non solo, come detto poc'anzi, sul permesso di soggiorno ma anche
sullo stesso contratto di soggiorno, provocandone un'invalidità da intendersi
appartenente alla species della nullità determinata dalla violazione di norme imperative
ex art. 1418, primo comma c.c.
12
; e questa soluzione potrebbe essere suffragata anche
tenendo in considerazione la disposizione dell'art. 22, comma 12 del Testo Unico (così
come modificata dalla legge n. 189/2002), la quale prevede l'arresto per il datore di
lavoro che occupi alle proprie dipendenze manodopera extracomunitaria priva di
permesso di soggiorno
13
.
Tuttavia, nella convinzione che il lavoratore extracomunitario si trovi in una condizione
personale già di per sé debolissima, potrebbe apparire preferibile la tesi secondo cui la
mancanza delle garanzie di cui all'art. 5 bis T.U. non comporta la nullità del contratto
ma soltanto l'inidoneità dello stesso a produrre l'effetto di consentire il rilascio del
permesso di soggiorno; a questa soluzione soccorrerebbe il principio della
11
Si può agevolmente arrivare a questa conclusione riconoscendo che il contratto di soggiorno per lavoro
funge da atto presupposto per il rilascio del successivo permesso di soggiorno (atto provvedimentale)
conclusivo dell'iter procedimentale.
M. L. De Margheriti (2005) evidenzia come il secondo comma costituisca il "nucleo centrale" dell'art. 5
bis T.U., in quanto richiama la relazione instaurata dalla legge tra permesso di soggiorno e contratto.
12
Ovviamente le norme imperative di legge concretamente violate sarebbero quelle che disciplinano
l'ingresso ed il soggiorno del lavoratore immigrato.
13
G. Ludovico (2004), U. Terraciano e M. Chiacchiera (2002), V. Angiolini (2002), A. Algostino (2003),
M. L. De Margheriti (2005).
La tesi sembrerebbe trovare una conferma anche nel testo originario del disegno di legge presentato
dall'Esecutivo, nel quale espressamente si indicava che "il contratto di soggiorno per lavoro subordinato
fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro,
cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione Europea o apolide contiene, a pena di nullità, le
garanzie di cui alle lett. a) e b).
10
conservazione del contratto ai sensi dell'art. 1367 del codice civile, grazie al quale si
potrebbero garantire almeno gli effetti tipici del contratto di lavoro, data l'impossibilità
di consentire quelli di rilievo pubblicistico, consistenti nel rilascio del permesso di
soggiorno. Ciò consentirebbe di mantenere l'operatività non solo dei contratti, conclusi
tra un datore di lavoro e un lavoratore extracomunitario, che siano privi delle garanzie
relative all'alloggio e alle spese di rientro nel paese d'origine, ma anche di quelli
stipulati al di fuori della procedura indicata dall'art. 22 del Testo Unico; anche in queste
condizioni il contratto di soggiorno resterebbe idoneo non solo a produrre tutti gli effetti
connessi all'esercizio dell'autonomia contrattuale (obbligo di prestazione e di
controprestazione), ma anche quelli consistenti in obblighi contributivo -
previdenziali
14
.
Infine, sempre con riferimento al possibile contenuto del contratto di soggiorno, alcuni
commentatori ritengono di dover indicare tra gli obblighi derivanti dalla stipulazione del
negozio in esame anche l'impegno a comunicare ogni variazione concernente il
rapporto di lavoro. A mio giudizio questa non sembra essere la soluzione più corretta
poiché il legislatore si è limitato a considerare come fonte di quest'obbligo un'apposita
dichiarazione (art. 22, comma 2, lett. d) da allegare alla richiesta nominativa di nulla
osta, né il regolamento attuativo di cui al D.P.R. n. 334/2004, nel modificare il D.P.R. n.
394/1999, ha previsto che l'obbligo di comunicare ogni variazione del posto di lavoro
debba risultare anche nella proposta di contratto di soggiorno, scelta che invece è stata
14
La tesi indicata, proposta da U. De Augustinis (2003) e da R. Mancino (2003), è stata respinta dalla
dottrina maggioritaria, che ha ricordato come l'inefficacia del contratto di soggiorno determini il mancato
rilascio del permesso di soggiorno, con la inevitabile nullità, per violazione di norme imperative di legge,
del contratto di lavoro eventualmente stipulato con il lavoratore straniero privo di titolo di soggiorno e la
conseguente permanenza, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale (v. anche la sent. Corte
Cass., sez. lav., 13 ottobre 1998, n. 10128), dei soli diritti del lavoratore relativi ai crediti retributivi e
contributivi maturati nel corso del rapporto, secondo quanto previsto dall'art. 2126 c.c. e dall'art. 9,
comma 1 della convenzione OIL n. 143 del 1975, ratificata con l. n. 158/1981.
Art. 1367 c.c.: "Nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono
avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno".
11
direttamente operata sia per le garanzie di cui all'art. 5 bis del T.U., sia per il trattamento
retributivo e assicurativo applicato (v. il nuovo art. 30 bis lett. c), d), e) del D.P.R. n.
394/1999). Nonostante ciò, considero più opportuno trattare in questa sede (v. par. 5),
dedicata al contratto di soggiorno, anche l'impegno di cui all'art. 22, comma 2, lett. d)
del T.U., dato che la dottrina ha spesso indicato l'esistenza di elementi di contiguità tra
questa obbligazione e le due garanzie concernenti l'alloggio e il pagamento delle spese
di rientro.
12
2. La natura giuridica del contratto di soggiorno
Si è visto precedentemente come il legislatore, nella disposizione (l'art. 5 bis T.U.) che
avrebbe dovuto dare una definizione esaustiva dell'istituto giuridico di cui si discute, sia
stato invece piuttosto vago nello specificare l'oggetto del contratto di soggiorno per
lavoro, limitandosi alla semplice indicazione di due garanzie (la garanzia della
disponibilità di un alloggio e l'impegno al pagamento delle spese di rientro nel paese
d'origine) poste a carico del datore di lavoro.
Vi è stato pertanto chi
15
, in dottrina, ha tratto da ciò la convinzione che le due
obbligazioni poc'anzi citate siano il contenuto esclusivo del contratto di soggiorno e che
pertanto non si tratti di un contratto sinallagmatico, ma di un contratto tipico (che esige
la forma scritta) con obbligazioni a carico di una sola parte (il datore di lavoro,
appunto): in altre parole, un contratto a prestazioni unilaterali. Ne deriverebbe che il
contratto di soggiorno non sarebbe un contratto di lavoro; e ciò anche perchè la sua
funzione economico - sociale (vale a dire la causa) sarebbe del tutto diversa da
quest'ultimo, avendo di mira il soddisfacimento di interessi di natura pubblicistica
connessi all'assicurazione di condizioni abitative dignitose e alla possibilità di rimpatrio
dello straniero al termine del rapporto di lavoro. Tuttavia il contratto di soggiorno,
proprio per la sua funzione destinato ex lege a soddisfare, sarebbe necessariamente
connesso mediante una relazione di propedeuticità con il contratto di lavoro
subordinato che datore di lavoro e immigrato stipulano, creandosi una "combinazione
negoziale" tra i due contratti tale comunque da non inficiare l'autonomia e la causa
propria di ciascuno ma limitandosi ad un semplice "nesso che ne esprime il
coordinamento in vista della funzione unitaria di assicurare un'occupazione degli
15
G. Dondi, (2002); con riferimento alla relazione di propedeuticità tra contratto di soggiorno e contratto
di lavoro, v. L. Montuschi (2002).
13
stranieri in linea con le esigenze di un loro ingresso nel nostro paese compatibile con i
vincoli pubblicistici che si pongono".
A sostegno di questa tesi potrebbe anche soccorrere lo stesso nomen iuris (contratto di
soggiorno per lavoro subordinato), così come indicato dalla rubrica dell'art. 5 bis del
Testo Unico, disposizione quest'ultima che, oltretutto, "sembrerebbe evocare una figura
negoziale regolativa del soggiorno piuttosto che del lavoro"
16
; e ciò in quanto l'articolo
in questione sembra indicare chiaramente, quale contenuto essenziale del contratto di
soggiorno, la prestazione da parte del datore di lavoro delle più volte richiamate
garanzie, senza fare alcun riferimento alla necessità di definire nel contratto le
condizioni di lavoro. Né sarebbe di ostacolo a tale interpretazione il fatto che, sia nella
versione definitiva del contratto di soggiorno, sia in quella provvisoria proposta al
momento della richiesta di nulla osta al lavoro, siano presenti elementi tipici del
contratto di lavoro
17
(ad esempio: indicazioni delle mansioni, del livello di
inquadramento, dell'orario e della sede di lavoro, ecc.) in quanto questa circostanza
potrebbe trovare una sicura spiegazione nella necessità di consentire alla pubblica
amministrazione di controllare le condizioni di lavoro che si intendono offrire allo
straniero al fine di garantire adeguata tutela alle regole che presiedono al corretto
funzionamento del mercato del lavoro
18
.
16
N. Castelli, (2003)
17
Questo argomento, come del resto dirò più avanti, viene infatti posto come decisivo dagli Autori che
considerano il contratto di soggiorno come un contratto di lavoro.
18
Così argomenta N. Castelli, pur non prendendo posizione nella disputa dottrinale tra chi sostiene che il
contratto di soggiorno sia un contratto a prestazioni unilaterali e chi invece lo considera un normale
contratto di lavoro. L'Autrice si limita ad aggiungere che, se fosse la prima tesi ad essere quella corretta,
non si capirebbero le motivazioni che hanno spinto il legislatore a predisporre un documento specifico, in
aggiunta al permesso di soggiorno, finalizzato unicamente alla prestazione delle garanzie di cui all'art. 5
bis t. u., quando invece sarebbe stato sufficiente includerle tra le condizioni per ottenere il permesso di
soggiorno. L'A. infine sottolinea che, qualunque sia l'opzione interpretativa più corretta, l'unica vera
innovazione data dall'introduzione del nuovo istituto sembra essere quella dell'appesantimento della
procedura autorizzatoria.
14
In definitiva, contratto di soggiorno, permesso di soggiorno e contratto di lavoro
costituirebbero fasi successive, distinte anche se tra loro interconnesse, di un
procedimento diretto a regolare l'accesso dei lavoratori extracomunitari nel mercato del
lavoro nazionale.
19
Al contrario la maggior parte della dottrina ritiene o dà per scontato che il contratto di
soggiorno sia un vero e proprio contratto di lavoro
20
, istituto finalizzato all'instaurazione
di rapporti di lavoro subordinato (di qualsiasi genere, sia a tempo indeterminato sia a
tempo determinato e per lavoro stagionale) con cittadini extracomunitari, caratterizzato
tuttavia dalla presenza delle due specifiche obbligazioni, poste in capo al datore di
lavoro dall'art. 5 bis del Testo Unico e configurabili come clausole legalmente imposte,
oltre che dalla necessità di conformarsi alle "prescrizioni del contratto collettivo
applicabile alla fattispecie"
21
e al rispetto della forma scritta, a pena di nullità.
A sostegno di questa interpretazione vengono poste una serie di argomentazioni.
In primo luogo, già la stessa qualificazione delle parti del contratto, che l'art. 5 bis T.U.
individua rispettivamente nel "datore di lavoro italiano o straniero regolarmente
soggiornante in Italia" e nel "cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione Europea
o apolide", ha indotto i commentatori a pensare che le due parti, con il negozio giuridico
che vanno a sottoscrivere, provvedano anche a disciplinare il rapporto di lavoro cui
19
La tesi fin qui esposta viene sostenuta anche da M. Cerase (2002), il quale definisce il contratto di
soggiorno come un atto di diritto privato soggetto alle regole generali fissate negli art. 1322 ss. c.c. e che
si configura come accordo aggiuntivo rispetto al contratto di lavoro e collegato ad esso.
20
G. Ludovico (2002, 2004), Millo (2002), A. Rondo (2003), P. Bonetti (2004), M. L. De Margheriti
(2005); in senso analogo v. anche il documento programmatico 2004 - 2006, che definisce il contratto di
soggiorno per lavoro subordinato come "uno specifico tipo di contratto finalizzato all'instaurazione del
rapporto di lavoro con il lavoratore subordinato straniero", nel quale le due garanzie relative all'alloggio e
al pagamento delle spese di rientro si pongono come "elementi ulteriori" rispetto ai "normali elementi che
costituiscono il contenuto essenziale del contratto di lavoro subordinato".
In ogni caso l'adesione a quest'ultima tesi o a quella precedentemente illustrata non sembra comportare
conseguenze pratiche o giuridiche di rilievo, fatto salvo che, se, come sembra preferibile, si ritiene il
contratto di soggiorno essere un contratto di lavoro sottoscritto dalle due parti contraenti, le condizioni
contrattuali in esso contenute potranno essere tutelate dal diritto del lavoro e quindi anche dal diritto
processuale del lavoro, trovando dunque applicazione il rito speciale del lavoro disciplinato dal Titolo IV,
Libro secondo, del codice di procedura civile (in questo senso M. Noci, 2005).
21
Così recita l'art. 22, quinto comma del T.U..
15
intendono vincolarsi. In secondo luogo, dal momento che ai sensi dell'art. 22 comma 2
22
e comma 5
23
del Testo Unico l'ordinamento ha inteso subordinare la legalità
dell'ingresso, del soggiorno e dell'assunzione di un lavoratore extracomunitario alla
predisposizione da parte del datore di lavoro di una precisa proposta contrattuale per la
quale sia stata verificata l'indisponibilità di manodopera nazionale o comunitaria e la
conformità alle prescrizioni del contratto collettivo nazionale applicabile, si è tratto dà
ciò la convinzione della necessità che, sia al momento della presentazione della richiesta
di nulla osta (dove il contratto di soggiorno appare ancora soltanto come proposta), sia
all'atto della sottoscrizione presso lo sportello unico per l'immigrazione, il contratto di
soggiorno contenga la specificazione delle condizioni di lavoro offerte al lavoratore
straniero (mansioni, livello di inquadramento, retribuzione, orario di lavoro, ecc.): solo
la precisa indicazione delle stesse, infatti, permetterebbe agli apparati della pubblica
amministrazione a ciò predisposti di verificare l'indisponibilità di manodopera di
lavoratori nazionali o comunitari e il rispetto delle previsioni del contratto collettivo
applicabile
24
.
22
Vedi nota n. 8.
23
"Lo sportello unico per l'immigrazione, nel complessivo termine massimo di quaranta giorni dalla
presentazione della richiesta, a condizione che siano rispettate le prescrizioni di cui al comma 2 e le
prescrizioni del contratto collettivo di lavoro applicabile alla fattispecie, rilascia, in ogni caso, sentito il
questore, il nulla osta nel rispetto dei limiti numerici, quantitativi e qualitativi determinati a norma
dell'articolo 3, comma 4, e dell'articolo 21 e, a richiesta del datore di lavoro, trasmette la documentazione,
ivi compreso il codice fiscale, agli uffici consolari, ove possibile in via telematica. Il nulla osta al lavoro
subordinato ha validità per un periodo non superiore a sei mesi dalla data del rilascio".
24
M. L. De Margheriti evidenzia un ulteriore elemento formale utile a dimostrare che il contratto di
soggiorno coincide con il contratto di lavoro: l'indicazione, da parte del comma sesto dell'art. 22 T.U.,
della necessità che lo sportello unico invii il contratto di soggiorno al centro per l'impiego competente. La
stessa Autrice, pur ritenendo che nemmeno il regolamento di attuazione (D.P.R. n. 394/1999, e successive
modifiche) abbia chiarito fino in fondo la natura giuridica del contratto di soggiorno, segnala alcuni
elementi in esso contenuti che "sembrerebbero far propendere per la tesi che configura il contratto di
soggiorno per lavoro subordinato alla stregua di un contratto di lavoro dai contenuti più ampi…". In
particolare, sembrerebbe potersi ricavare la piena identificazione tra il contratto di soggiorno e il contratto
di lavoro dalla previsione dell'art. 30-bis, comma 3, lett. c) del regolamento di attuazione, che contempla
espressamente, tra i documenti che il datore di lavoro deve presentare per ottenere il nulla osta al lavoro,
"la proposta di stipula di un contratto di soggiorno a tempo indeterminato, determinato, o stagionale, con
orario a tempo pieno o a tempo parziale e non inferiore a 20 ore settimanali e, nel caso di lavoro
domestico, una retribuzione mensile non inferiore al minimo previsto per l'assegno sociale..."