4INTRODUZIONE
Le pagine che seguono sono dedicate all'analisi dell'art. 9 legge 18 giugno
1998, n. 192, che introduce, all'interno del nostro ordinamento, il divieto di abuso
di dipendenza economica.
L'argomento trattato potrebbe non essere particolarmente evocativo. Ciò è
dovuto allo strumento attraverso il quale tale divieto è entrato a fare parte del
nostro ordinamento: la legge 192/98 è, infatti, rubricata “Disciplina della
subfornitura nelle attività produttive”, e l'inserimento in una legge di settore ha
sicuramente influito, almeno inizialmente, sul processo di conoscenza della
normativa.
Superata, però, questa prima fase e nonostante sia stata ormai raggiunta
un'opinione concorde, in dottrina e in giurisprudenza, riguardo l'applicabilità
dell'istituto in esame a tutti i rapporti interimprenditoriali, permangono ancora
numerosi ostacoli derivanti sia dalla formulazione letterale della norma, affetta
dall'indeterminatezza tipica di ogni clausola generale, sia dal punto di vista della
concretizzazione dei precetti normativi in essa contenuti, che implicano una
conoscenza assolutamente non marginale del sostrato economico all'interno del
quale possono svilupparsi le diverse condotte abusive; un tipo di conoscenza che,
in molti casi, non è posseduta dall'organo giudicante preposto alla trattazione
della controversia.
La mancanza di competenze di tipo economico e aziendalistico, in capo al
giudice ordinario, è un dato fisiologico e non certamente patologico. Il legislatore
era perfettamente conscio di tale problematica al momento della prima
formulazione della proposta di legge, dato che tale provvedimento avrebbe
5dovuto novellare la legge antitrust nazionale e attribuire la relativa competenza a
conoscere delle violazioni del divieto all'Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato. Le ragioni della diversa collocazione sistematica, e della loro
irrilevanza al fine della generale applicabilità della normativa considerata,
saranno, peraltro, oggetto di opportuna trattazione nel primo capitolo.
Le motivazioni che spingono ad analizzare un istituto osteggiato sin dalla
sua genesi, e spesso ignorato dagli operatori giuridici, sono rappresentate
dall'enorme incidenza che il divieto di abuso di dipendenza economica potrebbe
avere all'interno della realtà imprenditoriale italiana, in ragione delle applicazioni
che la medesima norma ha avuto e continua ad avere all'interno dei Paesi europei
che già conoscono quest'istituto.
L'ambito di applicazione entro cui si innesterebbe il divieto è costituito da
quei rapporti commerciali di lunga durata, caratterizzati dalla necessità, per
quella che poi diventerà l'impresa dipendente, di sostenere unilateralmente degli
investimenti specifici al fine di adattare il proprio impianto produttivo o
distributivo alle particolari esigenze della controparte.
La tesi, che si cercherà principalmente di dimostrare nel secondo capitolo,
è che questi investimenti siano in grado di generare un potenziale estorsivo, che
possa essere sfruttato dalla parte in posizione dominante all'interno del rapporto,
per ottenere una rinegoziazione del contratto a proprio vantaggio e,
conseguentemente, in danno della parte dipendente.
Le condotte abusive sanzionate dall'art. 9 non si limitano, però, a questo
caso tipico. Le possibili violazioni del divieto non sono, infatti, racchiuse
all'interno di un novero tassativo di casi, ma sono lasciate alla concreta
valutazione dell'interprete. Al prudente apprezzamento del giudice è, poi,
6demandata anche la ricostruzione degli elementi tipici necessari alla
configurabilità del fatto illecito, risolvendosi, questo, in un bilanciamento tra gli
opposti interessi delle parti, all'interno del quale, peso notevole è attribuito
proprio all'esistenza di uno stato di dipendenza di un'impresa nei confronti
dell'altra. Tutto ciò sarà oggetto del capitolo terzo di questa trattazione.
La parte che, però, ha maggiore rilevanza dal punto di vista pratico è
rappresentata dalle risposte che l'istituto dell'abuso di dipendenza economica
fornisce, al fine di reprimere i comportamenti illeciti e ripristinare lo status quo
ante la condotta abusiva.
Il quarto capitolo è, infatti, dedicato ai rimedi attivabili in conseguenza
delle violazioni dell'art. 9 l. 192/98. Appare evidente come l'importanza di un
istituto e, in particolare, di questo istituto, debba essere valutata, oltre che
attraverso il principio che esso incarna, soprattutto dal punto di vista
dell'effettività della tutele che è in grado di approntare alle situazioni incise da un
particolare comportamento illecito.
Vedremo come il grado di concretezza della protezione disposta
dall'ordinamento sia, nel caso di specie, particolarmente elevato, dato che
include, oltre all'ordinario risarcimento del danno, la previsione della nullità per
il patto che realizza l'abuso e la possibilità di ottenere, quantomeno, un ordine
giudiziale a contrarre sotto forma di provvedimento inibitorio.
La grande incisività dei rimedi previsti, unita alle tematiche
dell'autonomia contrattuale, dei poteri di eterodeterminazione del contratto da
parte del giudice, della giustizia sostanziale del contratto e dell'abuso del diritto,
che vengono, di volta in volta, ad intrecciarsi con l'abuso di dipendenza
economica, rendono l'analisi che segue assolutamente necessaria al fine di
7migliorare la comprensione della disposizione in oggetto e, si auspica, al fine di
una maggiore applicazione della stessa da parte della corti nazionali.
8I. DIVIETO DI ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA:
NOZIONI INTRODUTTIVE
1) Divieto di abuso di dipendenza economica: clausola generale o norma
eccezionale?
La legge 18 giugno 1998 n. 192, titolata “Disciplina della subfornitura
nelle attività produttive”, regolamenta per la prima volta, in modo organico, il
contratto di subfornitura. Questo corpus normativo si compone di undici articoli,
ispirati da una generale ratio di tutela dell'impresa subfornitrice, che, prima
dell'emanazione della legge, era spesso oggetto di comportamenti opportunistici
da parte dell'impresa committente, proprio a causa della carenza di disposizioni
legislative che presidiassero il rapporto.
La grande attenzione che gli interpreti hanno mostrato nei confronti di
questa normativa non è, però, dovuta all'interesse suscitato dalla nuova
regolamentazione legislativa del negozio, anche se incidente su un tessuto
economico come quello italiano che, come è noto, è composto in larga misura da
piccole e medie imprese, e nonostante la subfornitura costituisca un'espressione
della tendenza verso uno « sviluppo dell'impresa a rete contrattualmente
integrata1 », denominata anche outsourcing, che impone ai soggetti della catena
produttiva o distributiva, notevoli sforzi di cooperazione ed integrazione2.
1 G. TUCCI – C. CALIA, La subfornitura in Italia: sette anni di applicazione della legge 18 giugno
1998, n. 192, in Riv. dir. priv., 2006, p. 101.
2 Cfr. G. VETTORELLO, Il contratto di subfornitura, in I contratti del commercio, dell'industria e del
mercato finanziario, a cura di F. Galgano, Torino, 1999, p. 1349, secondo il quale: « il concetto
di cooperazione consiste nella ricerca di occasioni di ravvicinamento e di creazioni di sinergie
tra gli operatori economici i quali, non rinunciando peraltro alla loro individualità, desiderano
rafforzarsi a vicenda per aumentare la loro competitività ed efficienza ». Per un'analisi della
9Il motivo di tanto successo è riferibile ad uno specifico articolo, l'art. 9,
che di seguito si riporta:
9. Abuso di dipendenza economica.
1. È vietato l'abuso da parte di una o più imprese dello stato di dipendenza economica
nel quale si trova, nei suoi o nei loro riguardi, una impresa cliente o fornitrice. Si
considera dipendenza economica la situazione in cui una impresa sia in grado di
determinare, nei rapporti commerciali con un'altra impresa, un eccessivo squilibrio di
diritti e di obblighi. La dipendenza economica è valutata tenendo conto anche della
reale possibilità per la parte che abbia subito l'abuso di reperire sul mercato
alternative soddisfacenti.
2. L'abuso può anche consistere nel rifiuto di vendere o nel rifiuto di comprare, nella
imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie,
nella interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto.
3. Il patto attraverso il quale si realizzi l'abuso di dipendenza economica è nullo. Il
giudice ordinario competente conosce delle azioni in materia di abuso di dipendenza
economica, comprese quelle inibitorie e per il risarcimento dei danni.
3-bis. Ferma restando l'eventuale applicazione dell'articolo 3 della legge 10 ottobre
1990 n. 287, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato può, qualora ravvisi
che un abuso di dipendenza economica abbia rilevanza per la tutela della concorrenza
e del mercato, anche su segnalazione di terzi ed a seguito dell'attivazione dei propri
poteri di indagine ed esperimento dell'istruttoria, procedere alle diffide e sanzioni
previste dall'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, nei confronti dell'impresa o
delle imprese che abbiano commesso detto abuso.
La norma in esame introduce, all'interno dell'ordinamento italiano, il
“divieto di abuso di dipendenza economica”, conosciuto, finora, solo da quegli
studiosi italiani che si fossero occupati di diritto comparato, dato che norme
equivalenti, almeno dal punto di vista dell'efficacia precettiva, erano e sono
cooperazione tra imprese si veda U. DRAETTA, il diritto dei contratti internazionali – la
cooperazione tra imprese, Padova, 1995; si veda , inoltre, M. PITTALIS, Outsourcing, in Contr,
impr., 2000, p. 1006 ss.
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presenti all'interno dell'ordinamento tedesco, francese e in altri Paesi europei3.
Ciò che è balzato subito agli occhi di coloro che si sono soffermati ad
analizzare le norme corrispondenti all'art. 9, presenti negli altri Stati, è la diversa
collocazione sistematica del divieto di abuso di dipendenza economica: è, infatti,
noto che i diversi legislatori nazionali hanno inserito la disposizione in oggetto
all'interno della propria disciplina antitrust, attribuendo la relativa competenza a
3 Per quanto riguarda l'ordinamento tedesco « L'art. 20, comma 2 e 3 del GWB che prevede che i
divieti di trattamento discriminatorio ingiustificato e di impedimento all'accesso al mercato posti
a carico dell'impresa dominante sono estesi anche alle imprese e alle associazioni di imprese da
cui dipendono piccole e medie imprese che forniscono o acquistano un determinato tipo di merce
o servizi commerciali, nella misura in cui per esse non vi sono “possibilità sufficienti o
ragionevoli di rivolgersi ad altre imprese”. Si presume che il fornitore di un certo tipo di bene o
servizio si trovi in una posizione di dipendenza economica nei confronti del suo acquirente se,
oltre alle riduzioni di prezzo o agli altri sconti usualmente praticati, quest'ultimo beneficia
regolarmente di favori speciali che non sono concessi agli altri acquirenti. È, altresì, vietato alle
imprese dominanti e a quelle contrattualmente forti di approfittare della loro posizione per
obbligare le altre imprese ad accordare loro condizioni vantaggiose ingiustificate » tratto da G.
COLANGELO, L'abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei
contratti. Un analisi economica e comparata, Torino, 2004, pp. 113-114; per un'analisi diffusa
della genesi e dell'applicazione della norma nell'ordinamento tedesco cfr. P. FABBIO, L'abuso di
dipendenza economica, Milano, 2006 p. 7 ss.. Nell'ordinamento francese, invece, « la fattispecie
della dipendenza economica trova la sua prima formulazione nella Ordonnance del 1 dicembre
1986, n. 1243, il cui art. 8-2 prevedeva che, accanto allo sfruttamento abusivo della posizione
dominante, fosse vietato anche lo sfruttamento abusivo della dipendenza economica nella quale
si trovasse, nei confronti di una impresa o di un gruppo di imprese, un cliente o un fornitore che
non disponesse di “soluzioni equivalenti”. La norma precisava, altresì, che la condotta abusiva
dello stato di dipendenza economica era proibita “dans le memes conditions” previste al
precedente art. 7, ossia qualora avesse per oggetto o per effetto di impedire, restringere o
falsare il gioco della concorrenza su un mercato, e che poteva consistere nel rifiuto di vendere,
nell'imposizione di contratti leganti o di condizioni di vendita discriminatorie e nella rottura di
relazioni contrattuali in atto per il solo fatto che il partner commerciale rifiutasse di accettare
condizioni ingiustificate. Il successivo art. 9 disponeva, infine, la nullità di qualsiasi convenzione
o clausola contrattuale connessa con una delle suddette pratiche. La versione odierna del divieto
in oggetto, come modificato dalla Loi n. 2001-420 che ha modificato l'art. L 420-2 del Code de
commerce, nel quale era confluito l'art. 8 della Ordonnance, stabilisce che « è altresì vietato,
laddove è suscettibile di influenzare il funzionamento o la struttura della concorrenza, lo
sfruttamento abusivo, da parte di una società o di un gruppo di società, della condizione di
dipendenza economica in cui si trova nei suoi confronti un'impresa cliente o fornitrice. Le
condotte abusive possono consistere in un rifiuto di vendere, in tied sales o in pratiche
discriminatorie di cui all'articolo L 442-6 », tratto da G. COLANGELO, L'abuso di dipendenza, cit.,
p.116 ss.. Analoghe disposizioni a quella dell'art. 9 l. 192/98 sono inserite nelle leggi antitrust: a)
austriaca, art. 34 della l. federale 19 ottobre 1988 che vieta, oltre all'abuso di posizione
11
conoscere dell'eventuale violazione del divieto, alle rispettive autorità garanti
della concorrenza e del mercato.
La differente collocazione sistematica operata dal legislatore nazionale
potrebbe avere come portato giuridico una serie di conseguenze, che rendono la
discussione sui motivi della diversa localizzazione tutt'altro che oziosa. Ci si
riferisce, ovviamente, al diverso ambito di applicazione che avrebbe la norma, se
si aderisse alla corrente interpretativa che qualifica la stessa come eccezionale, e
dominante, anche l'abuso di posizione dominante verticale di un impresa, specificando che questa
ricorre quando per le imprese clienti o fornitrici « la prosecuzione dei rapporti commerciali in
atto è necessaria, per evitare gravi svantaggi aziendali»; b) greca, art. 2 comma 2 della l.
703/1977 « è vietato l'abuso della dipendenza economica di un'impresa da parte di una o più
imprese. Sussiste una relazione di dipendenza quando l'impresa è cliente o fornitore di beni o
servizi e non dispone come tale di alternative equivalenti. L'abuso può consistere in particolare
nell'imposizione di condizioni contrattuali inique o nell'improvvisa e ingiustificata interruzione
di relazioni commerciali pluriennali ». La disposizione è stata poi abrogata per alleggerire il
carico di lavoro dell'Autorità nazionale antitrust. Le situazioni di abuso di dipendenza economica
continuano, però, ad essere sanzionate dal giudice ordinario attraverso il divieto di abuso del
diritto (art. 281 codice civile greco) e/o dall'autorità antitrust in caso di intese restrittive della
concorrenza (art. 1 l. antitrust); c) portoghese, art. 4 del decreto legge 29 ottobre 1993, n. 371 « è
altresì vietato lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese, dello stato di dipendenza
economica, nel quale si trova nei loro riguardi un'impresa cliente o fornitrice, per il fatto di non
disporre di un'alternativa equivalente, specificatamente quando si traduce nella fissazione dei
prezzi di acquisto o vendita e di altre condizioni contrattuali, nella limitazione o controllo della
produzione, distribuzione, sviluppo tecnico o investimenti, nella divisione dei mercati, nella
applicazione di condizioni diverse rispetto a transazioni simili, nel rifiuto di acquistare e vendere
beni, nella subordinazione della conclusione del contatto all'accettazione di obblighi
supplementari non connessi all'oggetto del contatto »; d) spagnola, art. 6 della legge 17 luglio
1989, n. 16 vieta lo sfruttamento abusivo anche della « situazione di dipendenza economica nella
quale possono trovarsi imprese clienti o fornitrici che non dispongono di alternative equivalenti
per l'esercizio della loro attività. Lo stato di dipendenza economica è presunto laddove, oltre
agli sconti usualmente praticati, un fornitore assicura al suo cliente vantaggi aggiuntivi, non
riconosciuti ad altri acquirenti simili ». Vengono poi tipizzati come esempi di abuso di
dipendenza economica « l'interruzione, anche parziale, di una relazione commerciale in corso,
laddove non vi sia stata una precedente notifica scritta recante un preavviso minimo di sei mesi,
salvo che intervenga a seguito di gravi violazioni del contratto o in casi di forza maggiore;
nonché la minaccia di interrompere la relazione commerciale al solo fine di ottenere o di tentar
di ottenere prezzi, condizioni di pagamento, modalità di vendita, pagamenti di corrispettivi
ulteriori o altre condizioni commerciali non incluse nelle condizioni generali pattuite dalle parti
». Si rimanda per i testi di approfondimento sulle singole legislazioni nazionali a P. FABBIO,
l'abuso, cit., pp. 88-89.
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pertanto confinata all'interno dell'ambito dei contratti di subfornitura, o a quella
che, invece, rivendica un'efficacia del divieto in oggetto anche al di fuori della
sua sedes materiae.
Siamo, quindi, di fronte a quello che si presenta come un problema
squisitamente ermeneutico, che andrà, pertanto, risolto con gli ordinari mezzi a
disposizione dell'interprete. In particolare, sarà onere di chi sostenga la tesi
estensiva, vincere la presunzione di norma eccezionale con cui il legislatore ha
ammantato l'art. 9 dimostrando, nel caso di specie, l'irrilevanza della
collocazione sistematica del divieto in oggetto rispetto all'ambito di applicazione
dello stesso.
2) Genesi legislativa della disposizione e indicazioni interpretative
ricavabili
Può essere utile ripercorrere quello che è stato il procedimento normativa
di formazione della legge (e questo fu particolarmente travagliato), per ricavare,
attraverso l'esame degli atti parlamentari, dei pareri delle diverse commissioni o
autorità e di tutti gli altri documenti allegati, delle indicazioni interpretative sulla
normativa risultante dal procedimento, in particolare riguardo l'ambito di
applicazione della stessa.
Si potrebbe obiettare che questo criterio non dovrebbe essere quello da
privilegiare in sede interpretativa, dato che in più di un'occasione il legislatore
nazionale ha dimostrato di licenziare provvedimenti – incidenti anche su materie
di una certa rilevanza – senza tenere in debito conto la dimensione sistematica in
cui la nuova normativa andava ad incardinarsi. L'interprete, pertanto, dovrebbe
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affidarsi a criteri ermeneutici extraprocedimentali, che privilegino la coerenza del
sistema, piuttosto della volontà intrinseca desumibile dall'esame dell'iter
legislativo.
L'obiezione è, in linea di principio, fondata. Ciò è, peraltro, testimoniato
dalla scarsa fortuna che, nell'ordinamento italiano, ha l'argomento storico-
soggettivo, eccetto per quello che riguarda l'interpretazione degli atti comunitari.
Quanto detto, però, non deve condurre ad un rigetto dello stesso per i motivi
sopra menzionati, perché, nel caso di specie, si osserverà come l'intenzione del
legislatore fosse assolutamente chiara e coerente riguardo alla collocazione del
divieto all'interno di quella che è la nostra legge antitrust4, e solo una vivace
dialettica con l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha fatto
desistere il primo dal suo intento iniziale.
Nello specifico, il progetto di legge unificato A.S. n. 46 della XII
legislatura all'art. 10 qualificava come abuso di posizione dominante alcune
situazioni di vantaggio che la parte contrattualmente più forte riusciva ad
ottenere, proprio in virtù della sua posizione di dominanza relativa, dalla
controparte debole del rapporto5.
L'AGCM, esercitando il potere concessole dall'art. 22 l. 287/90, formulava
una segnalazione in merito6, esprimendo parere negativo e sostenendo che : «
La necessità di prevedere dei rapporti contrattuali di subfornitura improntati a
4 Legge 10 ottobre 1990, n. 287.
5 « Costituisce abuso di posizione dominante, ai sensi dell'art.3 della legge 10 ottobre 1990, n.
287, la sistematica imposizione da parte del committente – il quale, grazie alla sua posizione di
mercato, goda di una posizione contrattuale superiore a quella della controparte – di ordinativi,
termini di pagamento tali da assicurargli abnormi disponibilità di liquidità a scapito del
fornitore o da addossare al fornitore ogni ordinario onere di stoccaggio, senza adeguato
compenso, o da determinare per il fornitore gravi difficoltà organizzative in ordine
all'approvvigionamento di materie prime e alla disponibilità di manodopera ».
6 « AS046 del 20 giugno 1995, in Boll., n. 23, 1995 ».