6
come uno strumento essenziale nell’ottica di una sempre maggiore
uniformazione e armonizzazione dei sistemi giuridici nazionali.
In particolare si osserverà anche come la clausola di ordine
pubblico in diritto internazionale, che tradizionalmente riveste ancora
oggi una funzione di limite all’ingresso di valori e principi configgenti
con l’ordinamento richiesto, assuma oggi anche una funzione positiva e
propulsiva per l’evoluzione giuridica comune dei sistemi nazionali.
Il metodo di redazione scelto prevede una breve digressione sulla
disciplina prevista dalla Convenzione di Bruxelles e dal Regolamento n.
CE 44/2001, al fine di fornire le coordinate essenziali della disciplina
oggetto del presente studio; verranno successivamente forniti alcuni dati
circa la clausola di ordine pubblico, in particolare per quanto concerne il
suo ruolo e la sua evoluzione in diritto internazionale, soffermandosi
sulle caratteristiche che devono guidare l’interprete nel suo richiamo.
Infine verrà analizzato l’ordine pubblico nella sua ormai nuova
veste, ovvero come istituto che interviene, oltre che sul diritto
sostanziale -e ne verranno rintracciati i limiti e la nozione- anche sul
diritto processuale, verificandone i collegamenti con le norme nazionali
e convenzionali internazionali.
7
CAPITOLO I
IL REGOLAMENTO CE n. 44 / 2001
1.1 Cenni sulla disciplina comunitaria in materia di libera
circolazione delle decisioni giurisdizionali
Il 22 dicembre 2000 è stato approvato il Regolamento CE n.
44/2001, detto Bruxelles I, concernente la competenza giudiziaria, il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale. Tale Regolamento ha sostituito, ritoccandola in alcuni
punti con alcune modifiche di cui verrà dato conto nei limiti dell’oggetto
del presente studio, la Convenzione di Bruxelles, siglata il 27 settembre
1968 e concernente la medesima materia
1
.
L’entrata in vigore del Regolamento viene fissata nel 1 marzo 2002,
mantenendo le disposizioni della Convenzione di Bruxelles efficacia nei
confronti delle azioni proposte precedentemente a tale termine, così
come indicato dal considerando n. 19 del Regolamento stesso. E’ inoltre
possibile estendere l’efficacia temporale dell’applicazione del
Regolamento CE n. 44/2001 anche alle azioni intraprese prima del
fatidico 1 marzo 2002, in relazione al riconoscimento e/o esecuzione
1
Pubblicazione GUCE L12, 16 gennaio 2001; sulla revisione della Convenzione di Bruxelles del
1968 operata dal Regolamento CE n. 44/2001 cfr. anche M. L. NIBOYET, La révision de la
convention de Bruxelles du 27 septembre 1968 par le règlement du 22 décembre 2000, Gazette du
Palais, 12 giugno 2001, n. 163, p. 10 ; cfr. anche C. MEININGER-BOTHOREL, La reconnaissance
des jugements européens, Gazette du Palais, 13 novembre 2004, n. 318, p. 5.
8
delle decisioni straniere qualora il giudice d’origine abbia radicato la
propria competenza sulla base del Regolamento stesso
2
.
Circa l’ambito territoriale di applicazione del Regolamento CE esso
si estende a tutti i paesi facenti parte la Comunità Europea, eccezion fatta
per la Danimarca e per alcuni territori d’oltremare francesi nei cui
confronti tuttavia sarà applicabile la Convenzione di Bruxelles del 1968
3
.
La scelta di “comunitarizzare”
4
la Convenzione di Bruxelles in un
Regolamento comunitario risiede nella volontà di Cooperazione in
materia di Giustizia e Affari Interni (il cosiddetto terzo pilastro della
CEE il quale comprende, oltre le quattro note libertà fondamentali anche
la Politica Estera e di Sicurezza Comune)
5
che gli Stati facenti parte la
Comunità Europea hanno voluto sancire nella lettera del Trattato di
Amsterdam, siglato il 2 ottobre 1997. Così pure la scelta di dotarsi di un
regolamento comunitario, piuttosto che una riformulazione della materia
in un’altra convenzione internazionale o in una direttiva comunitaria
6
risponde alla necessità di uniformità di regole che la materia richiede.
La Convenzione di Bruxelles e il Regolamento Comunitario ben si
collocano nello spirito europeo di collaborazione in materia di
semplificazione delle formalità relative al riconoscimento ed esecuzione
delle decisioni straniere, già previsto dall’art. 220 del Trattato di Roma
2
Art. 66 comma 2 Reg. Bruxelles I.
3
Secondo quanto disposto dall’art. 299 Trattato CE che disciplina l’ambito territoriale di applicazione
del diritto comunitario.
4
L’espressione è utilizzata dalla maggior parte della dottrina internazionalistica.
5
Ci si riferisce alla libera circolazione di merci, servizi, capitali e persone e alla Politica Estera di
Sicurezza Comune (PESC).
6
La quale, ai sensi del Trattato CE, non disciplina direttamente la materia ma indica solo gli obiettivi
cui gli Stati devono tendere, con libertà nella scelta delle modalità per conseguirli e il pericolo, in
relazione alla volontà di armonizzazione giuridica propria dell’ordinamento comunitario, di
predisporre regole differenti.
9
del 1957
7
(ora art. 293 del Trattato CE): secondo tale articolo “gli Stati
membri avvieranno fra loro, per quanto occorra, negoziati intesi a
garantire, a favore dei loro cittadini…. la semplificazione delle formalità
cui sono sottoposti il reciproco riconoscimento e la reciproca esecuzione
delle decisioni giudiziarie e delle sentenze arbitrali”. Il Regolamento ha
voluto spingersi oltre, non limitandosi a disciplinare regole puramente
formali ma ha costruito un sistema capace di realizzare quella che, per la
dottrina internazionale dominante, è stata definita la “libera circolazione
delle decisioni giurisdizionali”
8
.
Si osserverà, dando un rapido sguardo al testo, che il Regolamento
e la Convenzione di Bruxelles prima di lui, rappresenta una Convenzione
internazionale “doppia”
9
: con tale termine ci si riferisce a un accordo
internazionale il quale se da un lato regolamenta l’esercizio della
giurisdizione civile e commerciale con criteri uniformi che derogano alla
normali regole di procedura nazionali, dall’altro lato detta precise regole
riguardo la procedura e il riconoscimento dei provvedimenti
giurisdizionali stranieri, ovvero gli effetti di tali decisioni
nell’ordinamento richiesto.
7
Trattato che fonda la Comunità del Carbone e dell’Acciaio (CECA) e che è la base della comunità
economica europea la quale, com’è noto, è figlia del Trattato di Roma.
8
Cfr. il preambolo del Regolamento CE n. 44/2001, punto 6 ; vedi anche la sentenza della Corte di
Giustizia delle Comunità Europee CGCE, 29 aprile 1999, Coursier, aff. C-267/97, pt. 25 ; cfr. S. M.
CARBONE, Il nuovo spazio giudiziario europeo, dalla Convenzione di Bruxelles al Regolamento CE
44/2001, Giappichelli editore, Torino 2002, IV ed., p. 193ss.; D. ALEXANDRE, A. HUET,
Compétence, reconnaissance et exécution (matières civile et commerciale), Répertoire communataire
Dalloz, gennaio 2003, n. 2; H. GAUDEMET-TALLON, Compétence et exécution des jugements en
Europe, LGDJ, Paris 2002, III ed., n. 348.
9
S. M. CARBONE, Il nuovo spazio..., op. cit., p. 6 ; T. BALLARINO, Manuale breve di diritto
internazionale privato, Cedam, Padova 2002, p. 20; P. GOTHOT, D. HOLLEAUX, La convention de
Bruxelles du 27.9.1968 – Compétence judiciaire et effets des jugements dans la CEE, Jupiter, Paris
1985, n.3.
10
Il suo ambito d’applicazione materiale è esteso e viene definito in
negativo dall’art. 1 R (e 1 C)
10
, il quale fa riferimento alla sola materia
civile e commerciale, eliminando al contempo la possibilità di
richiamare “la materia fiscale, doganale ed amministrativa” e “lo stato e
la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i
testamenti e le successioni; i fallimenti, i concordati e la procedure
affini; la sicurezza sociale; l'arbitrato”. Si noterà che le questioni relative
al diritto di famiglia non vengono considerate nella Convenzione e nel
regolamento comunitario, secondo una logica propria dei tempi in cui la
Convenzione è stata redatta, non rispondendo le logiche relative alla
protezione della famiglia, una competenza di primario interessa per la
Comunità Europea
11
e che sono oggetto di altro regolamento
comunitario
12
.
Il testo normativo, indicando dal suo titolo “la competenza
giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale”, chiarisce immediatamente la portata della materia di cui
tratta: se nella prima parte del testo - capo II - vengono individuate
regole relative alla determinazione della competenza giurisdizionale che
prevalgono sulle regole proprie del foro d’origine
13
, il quale dovrà
stabilire se ammettere o meno la possibilità di riconoscimento e/o
esecuzione della decisione straniera. Le norme di diritto comune relative
al riconoscimento delle decisioni straniere passano solitamente per il
duplice controllo del rispetto dei criteri attributivi della competenza
10
Per chiarezza espositiva e per evitare inutili ripetizioni si utilizzerà la dominazione di NUMERO C
ad indicare l’art. della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 e NUMERO R ad indicare il
Regolamento CE n. 44/2001.
11
T. BALLARINO, Manuale breve di diritto internazionale privato, op. cit.
12
Regolamento CE n. 1347/2000, detto anche “Bruxelles II”.
13
Essendo la Convenzione di Bruxelles del 1968 fonte normativa di origine internazionale e il
Regolamento CE fonte di origine comunitaria.
11
giurisdizionale e del controllo del rispetto di una qualche regolarità della
decisione. La Convenzione, e ora il Regolamento, indicando regole
attributive della competenza che sono al contempo anche condizioni di
applicazione della stessa, elimina la possibilità di controllo da parte degli
Stati cui il riconoscimento è richiesto, del rispetto delle regole relative al
radicarsi della controversia in un determinato foro. L’esclusione del
controllo della competenza viene limitato dagli art. 16 C e 22 R i quali
indicano la possibilità per il giudice adito di verificare d’ufficio la
propria competenza in relazione alle cosiddette competenze esclusive
14
,
mentre gli art. 20 C e 26 R nel caso di contumacia del convenuto
estendono il controllo sulla competenza, da verificarsi sempre d’ufficio,
per tutti gli ambiti della Convenzione e del Regolamento, oltre quindi le
competenze esclusive.
La seconda parte del Regolamento - capo III - concerne invece
l’efficacia da attribuire alle decisioni rese da giurisdizioni degli Stati
membri. Si precisa che il termine decisione debba intendersi in senso
ampio, essendo sufficiente che sia stata emanata da un organo
giurisdizionale degli Stati membri, senza che sia necessario che la stessa
abbia l’autorità di cosa giudicata, permettendo così anche a decisioni non
definitive di cadere sotto il suo ambito di applicazione.
Circa la nozione di organo giurisdizionale sono stati nel tempo
individuati alcuni caratteri che devono esser presenti al fine di definire
come tale l’organo: la sua permanenza, l’obbligatorietà della sua
funzione, il fondamento legale della sua disciplina e la sua funzionalità
14
Sono le competenze relative alla tutela dei consumatori e in materia di assicurazioni, ritenute
meritevoli di attenzioni superiori dal legislatore attraverso il citato meccanismo di verifica della
competenza giurisdizionale al fine di evitare possibili abusi delle procedure semplificate previste dalla
Convenzione e dal Regolamento.
12
nella direzione dell’applicazione della legge
15
. L’organo emanante la
decisione deve soddisfare anche altri requisiti in relazione al suo
carattere giurisdizionale quali l’autonomia e l’indipendenza rispetto ad
altri organi statali e, nel suo operare, il rispetto del contraddittorio e dei
principi della difesa. In relazione a ciò la Corte di Giustizia ha avuto
modo di indicare chiaramente con una recente pronuncia che, in materia
di arbitrato, l’assimilazione del collegio arbitrale a un organo
giurisdizionale non è possibile
16
.
Oltre alle decisioni definitive anche i provvedimenti provvisori o
cautelari sono suscettibili di riconoscimento (art. 47 R)
17
.
Il Regolamento accorda, come già accennato, grande fiducia alle
giurisdizioni dei Paesi membri, disciplinando una procedura
estremamente semplificata; tale procedura riduce allo stretto necessario
le condizioni per il controllo della decisione straniera e detta al contempo
una procedura unificata, assicurando così la possibilità di maggiore
armonizzazione del sistema di riconoscimento europeo delle sentenze
civili
18
.
Cardine del sistema è il principio del riconoscimento automatico
19
con la conseguenza che la decisione può immediatamente produrre i suoi
effetti negli altri Stati membri, senza una preliminare verifica della sua
regolarità intrinseca; anzi, il meccanismo automatico di riconoscimento
15
Vengono perciò riconosciuti come emanati da organi giurisdizionali anche i provvedimenti adottati
da organi giudiziari speciali, anche penali ed amministrativi, nei limiti delle statuizioni in campo civile
e commerciale.
16
CGCE, 1 giugno 1999, Eco Swiss China Time Ltd c. Benetton International NV, 1999, I, 3055.
17
E anche la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha emesso valutazioni in tal senso, col limite
che siano rispettate alcune regole, quali la notifica del provvedimento cautelare o la citazione a
comparire: cfr. CGCE, 21 maggio 1980, Denilauler c. Couchet, C-125/79.
18
B. BOUREL, U. DROBNIG, G. DROZ, B. GOLDMAN, O. LANDO, K. LIPSTEIN, C. MORSE, J.
PIPKORN, F. POCAR, L’influence des Communautés européennes sur le droit international privé
des Etats members, Larcier, Bruxelles 1981, p. 51.
19
Tale principio è anche solennemente affermato nel preambolo del Regolamento Bruxelles I, pt. 16.
13
permette di produrre conseguenze immediate anche sul piano della
litispendenza
20
.
Se il riconoscimento è automatico non così l’esecuzione: la
decisione straniera, anche se non avente il carattere della cosa giudicata,
può produrre i suoi propri effetti in modo automatico, definendo ciò che
è diritto fra le parti; l’esecuzione invece è subordinata a una particolare
procedura, l’exequatur (art. 31 C e art. 38 R); alla procedura di exequatur
è anche sottoposta la sentenza straniera qualora vi sia opposizione della
controparte.
La procedura per richiedere l’esecuzione si apre con istanza della
parte che vi ha interesse (art. 29 C e 32 R) in forma non contenziosa,
quindi senza contraddittorio, presso il foro del domicilio del convenuto o
presso il giudice del luogo dell’esecuzione (art. 39), derogando con ciò
alle regole di procedura nazionali che prevedono invece l’instaurazione
del contraddittorio fra le parti; in tale sede il giudice dovrà limitarsi a
verificare se siano rispettate le condizioni disposte dall’art. 27 C e 34 R,
senza il controllo delle regole attributive della competenza, nel limite
delle competenze necessarie ed esclusive, di cui si è detto.
Qualora ci sia contestazione sulla decisione del giudice richiesto
circa la regolarità della sentenza straniera, è possibile fare opposizione
presso il giudice d’appello. In questa sede, questa volta in
contraddittorio, le parti potranno chiedere al giudice di pronunciarsi
sull’esistenza delle condizioni di rifiuto previste dall’art. 34 R (ex art. 27
C.) e sul rispetto dei criteri relativi alla competenza, nei limiti delle
competenze esclusive e/o necessarie.
20
Cfr. art. 27 R
14
1.2 I controlli mantenuti
Trattando dei requisiti che le decisioni straniere debbano
soddisfare al fine di ricevere esecuzione o riconoscimento, la
Convenzione di Bruxelles, con uno stile di redazione legislativa
conforme ai propri obiettivi, delinea una serie di condizioni in negativo;
la presenza di una di queste condizioni, delineate dall’art. 27 C e 34 R,
permetterà al giudice del foro richiesto di negare il riconoscimento e/o
l’esecuzione evitando che il suo Paese incorra in sanzioni di tipo
internazionale o comunitario.
Sono quattro i criteri indicati dal Regolamento CE n. 44/2001 nei
confronti dei quali il giudice deve verificarne la conformità con la
decisione straniera, innovati in parte rispetto alla formulazione presente
nella Convenzione del 1968, la quale indicava anche un quinto motivo di
diniego relativo a decisioni emanate al di fuori della Comunità Europea.
Tali condizioni rappresentano una clausola di salvataggio per il buon
funzionamento del mutuo riconoscimento delle decisioni e della loro
esecuzione, permettendo alle giurisdizioni nazionali di recuperare un
certo controllo sull’ingresso delle statuizioni straniere nel proprio
ordinamento giuridico, soprattutto in relazione al pericolo di abuso della
semplificazioni procedurali previste dalla Convenzione, problema
segnalato dalla dottrina, in particolare per le pratiche di forum shopping,
cui il sistema si presta.
Dal tenore letterale delle disposizione si ricava che il
riconoscimento e l’esecuzione possono venir negati per motivi
determinati: la Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha svolto un
15
ruolo centrale nell’applicazione concreta della Convenzione prima e del
Regolamento di Bruxelles oggi. Anzi, si può affermare che il Protocollo
del 3 giugno 1971, annesso alla Convenzione di Bruxelles del 1968,
assegnando alla Corte di Lussemburgo il compito di interpretare e
applicare il sistema convenzionale abbia agevolato la creazione di
nozioni uniformi.
La scelta poi di ricondurre la materia in un regolamento
comunitario ha determinato un inquadramento della stessa alle regole
proprie del diritto comunitario, con la conseguenza che il rinvio
pregiudiziale previsto dall’art. 234 del Trattato CE dovrà venir integrato
col disposto dell’art. 68 Trattato CE: da ciò la conseguenza che,
nell’ambito della cooperazione giudiziaria di cui Regolamento CE n.
44/2001 fa parte, sarà necessario limitare il ricorso alla Corte di Giustizia
alle sole domande rivolte dai giudici di ultima istanza che abbiano il
carattere “proprio del ricorso di cassazione nell’interesse della legge e
del semplice procedimento consultivo”, in linea con quanto disposto dal
protocollo applicativo del 1971.
L’art. 34 comma 1 indica che il riconoscimento può esser negato
qualora produca effetti manifestamente contrari all’ordine pubblico dello
Strato richiesto. Tale formulazione ha modificato in parte la disposizione
originale, con l’aggiunta dell’avverbio “manifestamente”, secondo una
volontà interpretativa che si era già manifestata all’indomani della
redazione della Convenzione del 1968 e seguita da subito sia dalle
giurisprudenze nazionali che da quella comunitaria
21
.
Altre condizioni di regolarità al fine di procedere al
riconoscimento sono previste dal comma secondo, il cui fine è da
21
Cfr. paragrafi 3.1 e 3.2
16
rinvenire nel rispetto di alcuni diritti di difesa, innovato anch’esso
rispetto alla formulazione della Convenzione e che, come vedremo, in
relazione all’ordine pubblico indicato nel comma prima, ha creato un
vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale.
Infine, la Convenzione si assicura di evitare un contrasto fra
giudicati, con le disposizioni contenute nell’ art. 27, commi 3 e 4
22
.
1.3 Il divieto di riesame nel merito (artt. 36-45,2 R; artt. 29-34,3 C)
Seguendo una logica di reciproca fiducia nelle giurisdizioni
straniere e secondo una linea evolutiva comune del diritto internazionale
privato per quanto concerne il riconoscimento e l’esecuzione delle
decisioni, anche nella Convenzioni di Bruxelles del 1968 e nel
Regolamento CE n. 44/2001 che la sostituisce, la revisione nel merito
della decisione straniera è vietata
23
al fine di agevolare la libera
circolazione delle decisioni fra i Paesi membri.
Nei testi è rinvenibile, sia nella parte relativa al riconoscimento
delle decisioni sia in quella relativa alla disciplina dell’esecuzione, la
chiara disposizione che “in nessun caso la decisione straniera può
formare oggetto di un riesame nel merito”
24
. La formulazione in termini
così assoluti di tale principio non dovrebbe far sorgere dubbi in merito:
per i giudici delle giurisdizioni nazionali, aditi per l’applicazione del
Trattato, e ora per l’applicazione del Regolamento CE, la scelta sarà fra
22
Art. 34 comma 3 e 4 per il Regolamento CE n. 44/2001.
23
Sul divieto di riesame nel merito vedi anche H. GAUDEMET-TALLON, Compétence et
exécution..., op. cit., n. 376 e ss. ; P. GOTHOT, D. HOLLEAUX, La convention de Bruxelles..., op.
cit., n. 315 e ss.; S. M. CARBONE, Il nuovo spazio..., op. cit., p. 224.
24
Artt. 36 e 45,2 R e artt. 29 e 34,3 C.