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altri negativa (a causa di macroelementi non nutritivi). L’apporto di sali infatti
può causare la disgregazione degli aggregati colloidali, riducendo la capacità di
scambio cationico e rendendo difficoltoso l’assorbimento, da parte delle radici,
dei principi nutritivi necessari.
In considerazione di tutto ciò si rende evidente come l’uso in agricoltura di
acque reflue depurate, rispetto alle acque convenzionali, richieda continue
verifiche e controlli costanti degli effetti sul suolo, sulle colture, e sui metodi di
irrigazione, e nel contempo richiede continue indagini sugli aspetti igienico-
sanitari connessi all’utilizzo di tali acque.
Il rischio infettivo può essere minimizzato utilizzando acque reflue che
abbiano subito trattamenti depurativi spinti al fine di eliminare la presenza di
microrganismi patogeni, oppure ponendo dei vincoli ben precisi sulle colture e
sui metodi irrigui in modo da utilizzare acque reflue anche parzialmente
trattate. A tal fine, la microirrigazione sub-superficiale si è rivelata il sistema
più idoneo in quanto evita il contatto diretto tra le acque e i prodotti, e inoltre,
migliorando l’efficienza di utilizzazione dell’acqua, rispecchia la necessità di
una più razionale gestione della risorsa che si va sempre più affermando in
questi anni.
1.2 OBIETTIVI ED ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
La presente tesi affronta le problematiche connesse al riutilizzo delle acque
reflue urbane depurate a scopo irriguo, con particolare riguardo al sistema della
microirrigazione come tecnica idonea a minimizzarne l’impatto ambientale e
tecnologico.
L’indagine esposta nei capitoli seguenti ha riguardato il secondo anno di
attività di un impianto di microirrigazione per la somministrazione di acque
reflue sottoposte ad un trattamento terziario mediante fitodepurazione.
Gli obiettivi specifici hanno riguardato l’analisi delle prestazioni del
sistema di microirrigazione attraverso:
- la valutazione e il confronto di due diverse tipologie di erogatori
- la valutazione di due diverse modalità di distribuzione (superficiale e
sub-superficiale)
- la valutazione della produttività delle colture irrigate con acque reflue,
in confronto a colture irrigate con acque convenzionali.
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La tesi è articolata in due parti. Nella prima parte (capitoli I,II,III,IV), di
carattere bibliografico, viene descritto il ruolo delle acque reflue nella gestione
integrata delle risorse idriche e vengono esaminati gli aspetti normativi a
livello nazionale. Nel capitolo III vengono discussi gli effetti che l’uso irriguo
di acque reflue può comportare sull’ambiente in generale, con particolare
rilevanza sulle colture. Nel capitolo IV viene descritta la tecnica della
microirrigazione, dalle origini fino alle più moderne evoluzioni, con riguardo
alle problematiche esistenti in relazione all’utilizzo di acque reflue. Nella
seconda parte (capitoli V,VI,VII), è descritta l’attività sperimentale condotta
presso l’impianto di microirrigazione presso il Comune di San Michele di
Ganzaria (CT) (capitolo V), con la metodologia seguita nel corso della
sperimentazione (capitolo VI) e i risultati vengono esposti e discussi nel
capitolo VII.
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2. L’USO DELLE ACQUE REFLUE PER L’IRRIGAZIONE
2.1 LE ACQUE REFLUE URBANE COME RISORSA.
All’inizio del 2005, nell’ambito della Dichiarazione Europea per una nuova
cultura dell'Acqua, è stato analizzato lo stato attuale della gestione delle risorse
idriche e individuate proposte per una sostenibile ed equa gestione dell'acqua in
Europa e nel mondo. L’UE con la Direttiva Quadro sulle Acque 2000/60/CE ha
affermato che “l'acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì
un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale”. Tale concetto era
stato affermato già nel 2003, proclamato “Anno internazionale dell’Acqua”
dalle Nazioni Unite; e così via indietro nel tempo fino al 1977 anno in cui è
stata tenuta la prima conferenza mondiale dell’Acqua di Mar del Plata, in cui le
Nazioni Unite hanno proclamato il “Decennio internazionale dell’acqua
potabile e del risanamento”. Ciononostante esistono ancora persone al mondo
che non hanno disponibilità d’acqua: nel 2003 circa 1,4 miliardi di persone non
aveva acqua potabile a sufficienza, 1 miliardo non beveva acqua sicura e 3,4
milioni morivano per malattie trasmesse dall’acqua. Nella migliore delle
ipotesi si prevede che, a metà di questo secolo, saranno 2 miliardi di persone in
48 Paesi a soffrire di scarsità d’acqua (Unesco, 2003).
Nel rapporto dell’Unesco, “Water for people – Water for life”, presentato il
5 marzo 2003, l’uso e le prospettive delle risorse idriche e le classifiche della
disponibilità idrica individuano tra i paesi più poveri d’acqua il Kuwait (10 m³
l’anno per abitante), seguito dalla Striscia di Gaza (52 m³), Emirati Arabi Uniti
(58 m³), Bahamas (66 m³), Qatar (94 m³), Isole Maldive (103 m³), Libia (113
m³), Arabia Saudita (118 m³), Malta (129 m³) e Singapore (149 m³). I più ricchi
d’acqua, invece, sono la Guyana Francese (812.121 m³ l’anno per abitante),
Islanda (609.319 m³), Guyana (316.689 m³), Suriname (292.566 m³), Congo
(275.679 m³), Papua Nuova Guinea (166.563 m³), Gabon (133.333 m³), Isole
Solomon (100.000 m³), Canada (94.353 m³) e Nuova Zelanda (86.554 m³).
L’Italia si classifica al 107° posto con 3.325 m³ di acqua l’anno per abitante.
Per quanto riguarda i consumi domestici, per poter parlare di condizioni
accettabili di vita occorrono non meno di 50 litri d'acqua al giorno per ogni
essere umano.
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Nel mondo si passa da una disponibilità media di 425 litri al giorno di un
abitante degli Stati Uniti a 10 litri al giorno di un abitante del Madagascar, dai
237 in Italia ai 150 in Francia, dai 260 per un israeliano ai 70 per un
palestinese. Tra vent’anni, ogni persona disporrà, in media, di un terzo d’acqua
in meno.
Il 71% della superficie terrestre è coperta d’acqua, ma solo il 3% è costituito
da acque dolci e tali risorse sono in pericolo a causa di vari fenomeni:
inquinamento, domanda crescente, utilizzo irrazionale delle risorse, e
cambiamenti climatici. La distribuzione delle riserve d'acqua dolce è
fortemente disuguale: molte aree hanno, soprattutto in alcuni periodi dell’anno,
un eccesso di acqua e sono soggette ad inondazioni, come il Bangladesh e la
regione del Mississippi negli Stati Uniti; altre, come l’Africa e l’Asia
occidentale, soffrono di frequenti periodi di siccità. Tuttavia, anche in regioni
tradizionalmente ricche d’acqua, come la sponda settentrionale del
Mediterraneo, l’Europa orientale ed alcune aree degli Stati Uniti, le risorse
idriche sono sempre più minacciate e si incominciano ad avvertire i segnali di
un suo esaurimento. Un’ulteriore minaccia alle riserve mondiali di acqua dolce,
proviene dalla crescita demografica: stime delle Nazioni Unite prevedono che
la popolazione umana raggiungerà gli 8,3 miliardi di persone nel 2025 e i 12
miliardi nel 2050 (fonte: www.runic-europe.org). Tale minaccia è
preoccupante poiché il rapporto tra crescita della popolazione e crescita del
consumo di acqua è più che proporzionale: di fronte ad un tasso di crescita
demografica che è raddoppiato nell’ultimo secolo, il consumo umano di acqua
è cresciuto di sei volte. Come conseguenza di questo quadro desolante, afferma
l’Organizzazione Mondiale della Sanità, più di un miliardo di persone non
hanno accesso all’acqua sicura da bere e più di 5 milioni muoiono ogni anno a
causa della mancanza d’acqua o della sua pessima qualità.
Molte sono state le iniziative, le dichiarazioni e gli impegni presi, a livello
nazionale ed internazionale, in favore di un più attento ed equo sfruttamento
delle risorse idriche del pianeta, e il numero e la qualità di tali iniziative
sottolineano l’attenzione con cui, negli ultimi anni, sono stati percepiti e
affrontati a livello internazionale i problemi legati all’acqua.
La crisi internazionale dell’acqua ha quindi messo in luce l’esigenza di un
uso razionale delle risorse idriche secondo i principi dello sviluppo sostenibile.
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L’uso prioritario è quello potabile, ciò costituisce motivo di tensione con altri
settori, in particolare con quello dell’agricoltura, fortemente idroesigente.
La domanda e la pressione per l’irrigazione è in continua crescita per
soddisfare le richieste di una maggiore produzione di cibo, a causa di una
minore crescita di aree coltivate nel mondo (0,1 %/anno). Tra il 1961 e il 1999,
è stata osservata una crescita doppia dell’area totale irrigata nel mondo,
superiore a 270 milioni di ettari, mentre l’area irrigata pro capite è rimasta
all’incirca costante a 460 ha/1000 abitanti (Figura 2.1)
Figura 2.1 – Evoluzione delle aree complessivamente irrigate nel mondo e delle
aree irrigate rapportate a 1000 abitanti (1961 – 1999)
In Italia si è avuto uno sviluppo della superficie agricola irrigata fino agli
anni ’90, come è riportato in Tabella 2.1.
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Tabella 2.1 – Superficie agricola irrigata per area geografica (1970-1993)
SUPERFICIE ARICOLA IRRIGATA PER AREA GEOGRAFICA (1970 – 1993)
Aree geografiche 1970 1993
Ettari
Nord 1.731.499 1.650.935
Centro 242.290 239.769
Sud 387.299 468.570
Isole 199.763 289.784
Italia 2.560.781 2.649.058
in % della superficie utilizzata
Nord 29,6 32,2
Centro 7,9 8,9
Sud 8,1 11,6
Isole 5,4 10,0
Italia 14,6 18,0
Fonte: Stime e dati censuari ISTAT
Nel 2000, dal 5° Censimento generale dell’agricoltura sono state rilevate in
Italia 2.500.000 aziende agricole, zootecniche e forestali, con superficie totale
pari a 19,6 milioni di ettari, di cui 13,2 milioni di superficie agricola utilizzata
(SAU). Rispetto al Censimento del 1990, il numero delle aziende è nel
complesso diminuito di 430 mila unità (-14,2%), a fronte di una riduzione più
contenuta della superficie totale per 3,1 milioni di ettari (-13,6%), di cui 1,8
milioni di SAU (-12,2). Le intensità delle variazioni intervenute tra i due
censimenti, con riferimento al numero delle aziende e alle loro superfici, sono
risultate differenti nelle varie ripartizioni territoriali. La diminuzione delle
aziende è stata molto intensa nel Nord-ovest (-39,8%) mentre è risultata più
contenuta al Centro (-9,4%), nel Mezzogiorno (- 6,8%). Al contrario, la
diminuzione della superficie è stata più contenuta nelle regioni settentrionali e
più intensa in quelle centrali, meridionali ed insulari. In riferimento alla SAU,
la diminuzione percentuale è stata intorno al 7% nel Nord, circa il 9% al
Centro, il 13,3% nel Meridione e il 22,1% nelle Isole. Le diverse dinamiche
delle aziende e delle superfici rilevate nelle singole ripartizioni si sono riflesse
in opposte tendenze rispetto alla superficie media per azienda. In generale,
questa è aumentata nelle regioni settentrionali, è rimasta sostanzialmente
costante nelle regioni centrali ed è diminuita nel Mezzogiorno.
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Il settore agricolo, secondo stime dell’IRSA-CNR (1999) assorbe circa il
60% dei consumi idrici totali ed inoltre rispetto ad altri usi, in particolare civile
(circa il 15%) ed industriale (25 %), richiede una qualità dell’acqua inferiore.
Una minore conflittualità si avrebbe sfruttando in modo opportuno risorse
idriche alternative, quali le acque reflue urbane trattate.
In Italia più di 4000 ha di colture sono irrigate con acque reflue trattate, la
maggior parte di esse vengono utilizzate nelle zone centro meridionali a causa
della poca disponibilità idrica. In Italia, il volume di acque reflue
potenzialmente utilizzabili è di rilevante entità e in continuo aumento essendo
pari a un’elevata e crescente parte delle acque erogate per uso civile. L’acqua
erogata per usi civili, e restituita dai sistemi fognari, ammonta ad una frazione
considerevole dei quantitativi oggi utilizzabili per scopi irrigui: circa il 29% a
livello nazionale, con una punta del 116% nell’Italia centrale (dove gli usi
irrigui sono meno rilevanti), come mostra la Tabella 2.2.
Tabella 2.2 – Acqua utilizzabile per l’agricoltura e acque reflue potenzialmente
disponibili
Risorse utilizzabili
a scopo irriguo
(hm3/anno)
Acqua erogata per
uso civile
(hm3/anno)
Acqua
erogata/Risorse
irrigue (%)
Nord 13.470 2.855 21
Centro 970 1130 116
Sud 3.506 1274 36
Isole 2.191 539 25
Italia 20.137 5798 29
Fonte: Un futuro per l’acqua in Italia, CNR, 1999
Indagini effettuate in alcuni regioni meridionali hanno evidenziato che il
volume di acque reflue utilizzabili è pari a circa 250-300 milioni di metri cubi
per la Sicilia e la Puglia e di oltre 100 milioni di metri cubi per la Sardegna
(Barbagallo et al., 2001). Riutilizzando una parte di acqua destinata alle utenze
civili, si potrebbero coprire fabbisogni agricoli di rilevante importanza per
l’irrigazione di molte aree irrigue attrezzate ma non irrigate o irrigate in modo
inadeguato. Le rilevanti risorse finanziarie impegnate in Italia nella
realizzazione di reti fognanti e impianti di depurazione, soprattutto ai fini della
tutela dei corpi idrici recettori superficiali e sotterranei, consentono di disporre
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di un patrimonio di infrastrutture che potrebbe più produttivamente essere
utilizzato anche per la realizzazione di sistemi di riuso di acque reflue.
Le acque reflue, per quanto detto, potrebbero essere considerate come una
nuova risorsa idrica, soprattutto per scopi agricoli (Friedler, 2001); già in
alcuni Paesi l’utilizzo di queste è ormai pratica comune da anni, infatti in
agricoltura è possibile l’uso di risorse di più scadente qualità, poiché non sono
richieste caratteristiche come la potabilità, o caratteristiche organolettiche
particolari.
In questo contesto, il riuso irriguo diventa una risorsa alternativa vitale ed
un elemento chiave per la gestione integrata delle risorse idriche a scala di
bacino (Asano, 2002; Lazarova et al., 2000).
2.1.1. Esperienze di riuso di acque reflue urbane
Ogni anno molte nazioni in tutto il mondo portano avanti progetti che
prevedono il trattamento e il riuso delle acque reflue (Angelakis et al., 2000).
La Figura 2.3 illustra la locazione dei maggiori progetti di riuso idrico nel
mondo. Il riuso idrico sta aumentando in modo significativo nelle aree, con
clima asciutto o relativamente asciutto, con disponibilità idrica rinnovabile
interna inferiore a 1700 m3/abitante/giorno, come mostra la Figura 2.3. la
disponibilità idrica di 1700 m3/abitante/giorno è definita come il valore di
soglia, indice di stress idrico, sotto il quale la maggior parte dei Paesi sono in
condizioni di stress idrico (World Bank, 1992).
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Figura 2.2 – Principali progetti di riuso di acque reflue realizzati nel mondo:
ubicazione geografica, tipologia di riuso, e volumi utilizzabili (Lazarova e Bhari,
2005)
Attualmente Israele è il Paese che fa più ricorso alle acque reflue, ad oggi
più del 65% della produzione totale di acque reflue di origine urbana è
utilizzato ed entro il prossimo decennio la percentuale salirà al 90% (Friedler
and Juanicó, 2000).
A scopo irriguo in Israele è stato realizzato il Dan Project: le acque reflue di
Tel Aviv e della regione di Dan, dopo essere state trattate nell’impianto di
depurazione, sono inviate prima alla disinfezione e poi ai bacini d’infiltrazione.
Più a sud le acque reflue trattate, al posto di quelle convenzionali, sono
prelevate tramite pozzi per essere utilizzate in agricoltura (Friedler, 2001).
Anche gli Stati Uniti d’America sono stati da sempre molto attenti alle
politiche di riuso delle acque reflue depurate (Metcalf e Eddy, 1991). Già nel
1926 nel Parco Nazionale del Gran Canyon (Arizona) fu prevista una rete duale
in cui le acque reflue trattate erano utilizzate per lo scarico della toilette,
irrigazione dei prati, per raffreddamento e alimentazione di caldaie. Un altro
interessante progetto iniziato nel 1962 a Whittier Narrows (California)
riguardava la ricarica delle falde sotterranee attraverso reflui civili. Lo studio
durò 20 anni ed evidenziò l’assenza d’effetti nocivi sul terreno.