VI
INTRODUZIONE
L’origine di questo lavoro è il frutto di un maturato interesse per l’affascinante “mondo”
balcanico.
La “Questione del Kosovo” è ormai antica quanto è remota la rivendicazione del popolo
serbo su questo territorio. Le popolazioni slave, in seguito immedesimatesi nei serbi,
occuparono il Kosovo nel VII secolo (d.c.) contemporaneamente alla loro conquista di
gran parte dello spazio balcanico. La zona che ricopre l’odierno Kosovo era stata
anticamente abitata dagli Illiri, i quali nell’interpretazione storica di molti, sarebbero gli
antenati dei moderni albanesi.
L’antica ed atavica ostilità tra i serbi e gli albanesi per il Kosovo, sarebbe dunque
cominciata, a partire dal VII secolo.
Tuttavia, a lungo la rivendicazione serba si è basata su un successivo avvenimento
storico, di cui ancora oggi è possibile verificarne i nefasti effetti, data l’eccessiva
strumentalizzazione di quest’evento.
Nel 1389, il Kosovo sotto il dominio dell’Impero ottomano fu teatro di un leggendario
combattimento: la battaglia di Kosovo Polje.
Questa battaglia continua ancora oggi ad essere interpretata, nella concezione collettiva
serba, come esemplare modello di resistenza del popolo serbo al supplizio, e la sconfitta
subita dagli ottomani nel 1389, subisce un’inversione di significato trasformandosi in
una vittoria morale slava ortodossa sull’invasore musulmano.
Per tanto il Kosovo diventa nella mente serba la culla della loro civiltà, e quindi un
territorio che non può e non deve esistere se non come parte integrante del loro Paese.
Gli albanesi a lungo sono stati quindi considerati illegittimi abitanti di questo territorio,
e per troppo tempo la stessa esistenza di questa minoranza, che nel corso della storia
diviene maggioranza, conseguentemente all’abbandono di queste terre da parte serba, è
stata ripetutamente negata.
Al di là dei reali o presunti miti storici, di cui i Balcani sembrano esserne il tortuoso
risultato, raccontare dell’evoluzione dello status giuridico del Kosovo sembra essere il
miglior modo per arrivare a comprendere almeno un frammento di quell’intricato
universo umano lacerato dalle guerre, dalla violenza e dall’odio.
VII
Muovendo dal presupposto che il punto nevralgico della cosiddetta “Questione del
Kosovo” sia la sua evoluzione costituzionale nel corso della storia, si è tentato di
descrivere gli istanti fondamentali di tale evoluzione.
1
1. DALLA FORMAZIONE DEL REGNO DEI SERBI, CROATI E
SLOVENI AL REGNO DI JUGOSLAVIA
1.1. La formazione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni
La storia della Jugoslavia, come Stato unitario dei popoli slavi meridionali
1
, affonda le
sue radici nel contesto della crescita del sentimento nazionalista che investì molti paesi
nel XIX secolo, ed è intrinsecamente legata alla crisi dei due grandi imperi che per
secoli dominarono nella regione balcanica: l’Impero Ottomano e quello austro-ungarico.
All’inizio del XX secolo i territori che avrebbero costituito lo Stato jugoslavo avevano
un assetto ben diverso da quello che si sarebbe determinato negli anni successivi: a nord,
la Slovenia, la Bosnia-Erzegovina, la Croazia e la Vojvodina facevano parte dell’Impero
asburgico
2
. A sud, invece, il Regno di Serbia e il Regno del Montenegro erano
indipendenti. La Macedonia, infine, rappresentò l’oggetto del contenzioso delle guerre
balcaniche fra Romania, Bulgaria, Serbia, Montenegro, Grecia e Turchia.
In tale contesto sorsero due movimenti nazionalisti: da una parte il pancroatismo,
dall’altra il panserbismo, entrambi databili, almeno nel loro periodo di massima
espansione, nel primo decennio del Novecento.
Il nazionalismo croato voleva raggiungere la formazione di una Grande Croazia che
riunisse tutti i popoli slavi meridionali della monarchia asburgica e costituisse quindi il
“terzo pilastro” dell’Impero, trasformando così la duplice monarchia austro-ungarica in
una triplice austro-magiaro-croata. Tale tendenza si basava sulla precisa identità politica,
storica, etnica e religiosa dei croati e degli sloveni (la Slovenia era, infatti, ricompresa in
1
Un primo progetto politico jugoslavo iniziò a delinearsi già verso la fine del Settecento, rafforzandosi
poi durante il breve periodo delle Province Illiriche (1809-1814) create da Napoleone, quando iniziò a
diffondersi l’idea di nazione. Con la Restaurazione si diffuse il movimento dell’“Illirismo”, i cui seguaci
perseguivano in maniera particolare l'unità linguistica dei popoli slavi del sud. Questo movimento
culturale si rafforzò poi nella prima metà del XIX secolo propugnando il risveglio nazionale e
l’integrazione degli slavi del sud per arginare la crescente pressione nazionale austriaca ed ungherese.
Dopo i moti rivoluzionari europei del 1848 sull’onda dell’illirismo si affermò il cosiddetto
“joguslavismo”, un nazionalismo basato sull’idea di comunità etnica e linguistica. Lo “joguslavismo”
assunse poi forme e sfumature diverse legate sia alle caratteristiche culturali e religiose delle popolazioni
dei Balcani, sia agli sviluppi politici in atto nella regione, come la comparsa di partiti politici di forte
ispirazione etnica.
2
Slovenia e Bosnia-Erzegovina erano soggette all’Austria, la Croazia e la Vojvodina all’Ungheria. Cfr. M.
RALLO, L’epoca delle rivoluzioni nazionali in Europa (1919-1945), Edizioni Settimo Sigilli, Roma,
1989 p. 7.
2
questo progetto)
3
, identità chiaramente mitteleuropea e danubiana, quindi distante da
quella balcanica di serbi, montenegrini e macedoni.
I croati, per altro, trovavano anche appoggio presso la stessa Corte di Vienna nella
persona dell’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo
4
.
Di connotazioni completamente opposte era invece il panserbismo, che predicava
l’unione di tutte le genti slavo-ortodosse dei Balcani (con esclusione dei bulgari) in una
Grande Serbia che avrebbe dovuto riunire il Regno di Serbia, il Montenegro, le porzioni
di Macedonia soggette a Turchia e Bulgaria, nonché tutte le minoranze serbe presenti in
Croazia-Slavonia e della Bosnia-Erzegovina.
Il panserbismo era agitato da organizzazioni nazionaliste serbe e da alcuni circoli
militaristi di Belgrado. Da questi ambienti nacque la società segreta Mano Nera, la
quale fomentò in Macedonia la ribellione antiturca, che nel 1912 sfociò nella Prima
Guerra Balcanica
5
. Con un trattato di pace firmato a Londra la Lega balcanica
6
ottenne
importanti territori a scapito dell’Impero Ottomano. Tuttavia fu proprio il problema
della suddivisione dei territori conquistati all’origine dello scoppio di una Seconda
Guerra Balcanica nel giugno del 1913, ad un solo mese dalla firma della pace londinese
7
.
Conclusosi anche quest’ultimo conflitto le aspirazioni panserbiste si rivolsero a nord
verso la Bosnia-Erzegovina, tali mire espansionistiche da parte del Regno di Serbia
costituirono un'importante precedente per l’esplosione della Prima Guerra Mondiale.
3
Gli sloveni, da parte loro, sprovvisti di particolari tradizioni storiche, finirono per aderire ai croati. Essi
vedevano, infatti, con favore l’obiettivo dei croati, come loro erano cattolici e fedeli sudditi asburgici.
4
Cfr. M. RALLO, L’epoca delle rivoluzioni nazionali in Europa (1919-1945), op. cit. p. 7.
5
La Prima Guerra Balcanica durò dall’ottobre 1912 al maggio 1913. Serbia, Grecia, Bulgaria e
Montenegro si unirono nella Lega balcanica, prendendo come pretesto il rifiuto dei turchi di concedere
l’autonomia alla Macedonia dichiararono guerra alla Turchia. Il conflitto si concluse con la completa
disfatta dell’esercito ottomano. A questo seguì un trattato di pace conclusosi a Londra nel maggio del
1913. In base a tale trattato i turchi dovettero abbandonare quasi tutta la penisola balcanica.
6
La Lega balcanica era sostanzialmente un’alleanza militare venutasi a creare nel marzo del 1912 tra
Serbia, Bulgaria, Montenegro e Grecia, allo scopo si scacciare gli ottomani dal loro territorio.
7
I dissidi più gravi si verificarono in particolare tra la Serbia e la Bulgaria, che insoddisfatta della
ripartizione dei territori rivendicava gran parte della Macedonia. La Bulgaria era inoltre convinta di aver
sostenuto il maggior peso durante la Prima Guerra Balcanica e sopravalutando le proprie forze attaccò la
Serbia, dando così origine allo scoppio della Seconda Guerra Balcanica nel giugno del 1913. Romania,
Grecia e Montenegro entrarono nel conflitto a fianco della Serbia decretando infine la sconfitta della
Bulgaria. Ne seguì il Trattato di Bucarest con il quale vennero definitivamente regolate le suddivisioni
territoriali delle zone che in precedenza erano soggette all’Impero Ottomano.
3
Fu, infatti, a causa dell’ostile atteggiamento serbo, che l'Austria-Ungheria cominciò a
nutrire serie preoccupazioni. Tali timori erano poi condivisi anche dalla Germania, che
guardava alla Serbia come ad un satellite della minacciosa Russia
8
.
La situazione, sempre più tesa, esplose nel giugno 1914, quando gli uomini di Mano
Nera uccisero in un attentato l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, il massimo
sostenitore alla Corte di Vienna della tendenza pancroata
9
.
L’Austria-Ungheria lanciò allora un ultimatum alla Serbia: reprimere i movimenti
eversivi diretti contro di essa e punire i colpevoli, ma insoddisfatta della risposta serba il
28 luglio 1914 dichiarò guerra alla Serbia
10
.
Iniziava così la Prima Guerra Mondiale e l’idea della formazione di uno Stato che
potesse unire tutti i popoli slavi nei Balcani si spostò dallo spazio teorico a quello
pratico trasformandosi in vero e proprio programma politico
11
.
Nel frattempo il leader di Mano nera cadeva in disgrazia, arrestato e condannato a morte
fu accusato di aver partecipato ad un complotto, che poi fallì, contro il Principe
Alessandro Karageorgevic
12
. Con lui finiva anche Mano Nera, mentre negli ambienti
che erano stati vicini a quest’organizzazione maturava ora l’idea di un progetto ancora
più ambizioso: non più la Grande Serbia era nei progetti di Belgrado, ma la Jugoslavia.
Ai serbi, ai montenegrini e ai macedoni avrebbero dovuto aggiungersi i croati, gli
sloveni, i bosniaci, e ovviamente tutti gli altri serbi sparsi per il territorio balcanico. Un
progetto piuttosto utopico che sembrava non considerare le notevoli differenze culturali,
politiche e religiose di fatto esistenti fra croati-sloveni e serbo-montenegrini
13
.
Il Partito radicale serbo, la più importante forza politica serba di allora, sosteneva che
tutti i territori, questa volta non solo quelli compresi nel progetto di una Grande Serbia,
8
Sembra, infatti, che lo stesso panserbismo fosse occultamente finanziato dalla Russia e che il leader di
Mano Nera, il capo dei servizi segreti serbi fosse in continuo contatto con quelli zaristi. Cfr. M. RALLO,
L’epoca delle rivoluzioni nazionali in Europa (1919-1945), op. cit. p. 9.
9
I principali attentatori furono dei serbi di Sarajevo, anche se all’attentato parteciparono anche dei
musulmani di Bosnia. Cfr. J. KRULIC, Storia della Jugoslavia, Milano, Bompiani 1997, p. 180.
10
Nel 1914 all’interno dell’Impero Austro-ungarico vivevano tanti serbi quanti croati. L’anno successivo
l’Austria con l’aiuto della Bulgaria occupò la Serbia; tra il 1915 e il 1918 l’esercito serbo partecipò alle
operazioni militari con gli alleati sul fronte di Salonicco, mentre croati, sloveni e serbi di Croazia furono
mobilitati nell’esercito austro-ungarico. Cfr. J. KRULIC, Storia della Jugoslavia, op. cit. p. 180.
11
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino 2004, p. 19.
12
La dinastia Karageorgevic regnò nel Regno di Serbia dal 1903, quando un colpo di Stato rovesciò la
precedente dinastia, quella degli Obrenović e il nipote di George Petrović Karageorgevic salì al trono con
il nome di Pietro I. Alessandro Karageorgevic era figlio del sovrano in carica Pietro I di Serbia.
13
Era la vecchia utopia di uno Stato Illirico che adesso tornava a manifestarsi. Cfr. M. RALLO, L’epoca
delle rivoluzioni nazionali in Europa (1919-1945), op. cit. p. 10.
4
ma come sopra menzionato anche quelli ove risiedevano croati, sloveni e bosniaci,
avrebbero dovuto essere annessi, dopo la fine della guerra al Regno serbo, poiché esso
costituiva l’unico soggetto politico-istituzionale importante, ma soprattutto
internazionalmente riconosciuto e quindi in grado di negoziare con le potenze
dell’Intesa e poter ottenere migliori condizioni sulle “compensazioni territoriali”
14
.
Accanto al progetto serbo e a quello croato si stava intanto delineando ciò che si
potrebbe definire “una terza via” dell’unificazione. Nel 1915 si formò a Londra il
Comitato Jugoslavo, composto da esponenti dell’emigrazione politica slava, provenienti
dai territori controllati dalla monarchia asburgica. I suoi membri erano tutte figure
politiche che trovarono asilo all’estero dopo il loro allontanamento in seguito allo
scoppio della Prima Guerra Mondiale. Il Comitato fece suo un progetto d’unione dei
serbi, croati e sloveni in una federazione di Stati su di una linea d’uguaglianza. Esso
propugnava la tesi secondo cui la nuova formazione statale non poteva essere il risultato
di un’annessione, ma frutto della libera volontà di ambedue le parti di avanzare verso
l’unificazione. Tutto ciò con il medesimo diritto di fissare quali dovevano essere le
modalità d’organizzazione del nuovo Stato
15
.
Il progetto trialistico croato (che auspicava alla trasformazione della duplice monarchia
austro ungarica in una triplice austro-magiaro-croata) intanto sembrava sfumare
nell’evidente progredire della guerra: l’Impero Austro-ungarico era ormai al tracollo e
di conseguenza le sorti del conflitto finivano per vanificare del tutto ogni ipotesi
trialistica.
Fu così che lo scontro sulle modalità d’unificazione che aveva preso forma a causa delle
tendenze contrastanti tra panserbismo e pancroatismo prese un’altra rotta, ora il dissidio
si polarizzò sempre più fra concezione “centralista” e “federalista”. La prima
rappresentata dalla volontà del Regno di Serbia e la seconda incarnata dal Comitato
Jugoslavo. D’altronde in tutto questo periodo gli sforzi per l’unificazione jugoslava
restarono appannaggio quasi esclusivo del Governo serbo e del Comitato Jugoslavo,
14
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 22.
15
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. pp. 23-24.
5
furono loro gli unici a spendersi apertamente sul tema del panslavismo balcanico.
16
Nonostante questo sforzo comune le due tendenze rimanevano in netto contrasto.
Il Governo serbo predicava un concetto d’unitarismo jugoslavo, ma in realtà mirava ad
annullare le diverse tradizioni nazionali.
Il Comitato Jugoslavo, invece premeva per il mantenimento di un determinato grado
d’identità politica ed amministrativa delle diverse componenti nazionali, anche se era
ben consapevole del fatto che l’unità fosse l’unico sbocco di un processo politico
internazionale inevitabile
17
.
Intanto a tre anni dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale il ritmo delle vicende
internazionali accelerò improvvisamente. La Russia zarista non esisteva più, gli Stati
Uniti entrarono in guerra (prima contro la Germania e poco dopo anche contro
l’Austria-Ungheria), e all’Imperatore austriaco Francesco Giuseppe (morto alla fine del
1916) succedette il figlio Carlo
18
.
In questo inatteso contesto internazionale la Serbia fece pressione sul proprio Presidente
del Consiglio Pasić, a capo del Partito radicale serbo, affinché si riuscisse a giungere ad
un accordo con il Comitato Jugoslavo. Lo stesso Pasić considerava politicamente
conveniente programmare un incontro per confrontarsi con gli esponenti
dell’emigrazione politica slava, ma soprattutto per esercitare pressione nei confronti
delle forze dell’Intesa allo scopo d’ostacolare la loro determinazione a voler mantenere
in vita l’Impero Austro-ungarico, anche in caso di sconfitta
19
.
Il Comitato Jugoslavo e il Governo serbo si riunirono quindi a Corfù il 20 luglio 1917.
In questa sede i contrasti tra tendenze centraliste e federaliste giunsero ad una parziale
soluzione di compromesso, che può essere considerata un vero e proprio atto di
concepimento di un’entità statale jugoslava
20
.
16
Le altre varie componenti politiche degli Slavi compresi nell’Impero Austro-ungarico puntavano più ad
ottenere una ridefinizione costituzionale in maniera tale da poter essere accorpate sotto un unico sistema
politico-amministrativo che restasse tuttavia all’interno dell’Austria-Ungheria. Cfr. I. PELLICCIARI, Tre
nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1917-1921), op.
cit. p. 21.
17
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 23.
18
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 23.
19
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 23.
20
Cfr. M. RALLO, L’epoca delle rivoluzioni nazionali in Europa (1919-1945), op. cit. p. 10.
6
Nel documento finale, che venne redatto in conclusione della riunione, si decise
l’istituzione di un Regno federativo secondo i principi del diritto di autodecisione, ma
emersero posizioni notevolmente distanti su molti punti essenziali proprio in relazione
all’organizzazione del futuro Stato. Distanza che conferma la tesi secondo cui la fase di
preparazione all’unificazione fu semplicemente anticipatrice del duro confronto che si
verificherà nel momento di definire la forma di Stato e di governo
21
.
Pasić, il più acceso sostenitore della tendenza unitaria, avrebbe voluto che la Serbia
compiesse una funzione analoga a quella del Piemonte nella storia dell’unità d’Italia
22
.
Tuttavia, il problema d’integrazione che seguì l’unione dei territori jugoslavi fu per
molti aspetti incomparabile a quello italiano
23
.
Il Patto, composto di 14 articoli, venne sottoscritto dal Presidente del Comitato
Jugoslavo, dal Presidente del Consiglio dei Ministri e dal Ministro degli Affari Esteri
del Regno serbo. Nella dichiarazione finale si legge:
“Prima di tutto, i rappresentanti dei Serbi, Croati e Sloveni nuovamente e
con vigore annunciano che questo nostro popolo dai tre nomi è uno per
sangue, per lingua parlata e scritta, per comune sentire della sua unicità,
per continuità ed unità del territorio su cui vive, e per interessi comuni
vitali […]”
24
.
Riguardo al nome, l’accordo fu raggiunto sulla denominazione “Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni”, poiché i serbi rifiutarono sia il nome di Jugoslavia, sia “Regno unito dei
Serbi e jugoslavi
25
”.
La dinastia doveva essere quella dei Karageorgevic e riguardo ad una futura
Costituzione per la nuova entità, il patto si esprimeva in questo modo:
“La Costituzione stabilita, dopo la conclusione della pace, dall’Assemblea
Costituente, eletta a suffragio universale, diretto e segreto, servirà di base a
21
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op.cit. p. 23.
22
Crf. E. GATTA, La Costituzione Jugoslava del 1931, Firenze, Sansoni Editore, 1947, p. 8.
23
Per di più la Jugoslavia cominciava ad unificarsi con un ritardo di settantasette anni rispetto all’Italia.
Crf. G. FRANZINETTI, I Balcani: 1878-2001, Roma, Carocci, 2001, p. 45.
24
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op.cit. p. 24.
25
La questione del nome fu agitata e largamente discussa già prima della costituzione dello Stato serbo-
croato-sloveno. Si pensò di creare un “Regno unito dei serbi e jugoslavi” a somiglianza di quello di Gran
Bretagna e Irlanda, ma anch’esso non fu accolto dalla Serbia perché sembrava escludere i serbi dagli
jugoslavi. Cfr. A. CARENA, Dalla Costituzione del Vidov-Dan alla Costituzione jugoslava del 3
settembre 1931, op.cit. p.325.
7
tutta la vita dello Stato: essa sarà l’origine e la fine di tutti i poteri e di tutti
i diritti sui quali la vita nazionale sarà regolata. La Costituzione darà al
popolo la possibilità di esercitare le sue energie particolari nelle autonomie
locali, definite dalle condizioni naturali, sociali ed economiche. La
Costituzione dovrà essere accolta nella sua totalità da una maggioranza,
numericamente qualificata dall’Assemblea costituente. La Costituzione,
come tutte le leggi votate dall’Assemblea Costituente, non entrerà in vigore
che dopo la sanzione del Re”
26
.
Sostanzialmente quest’atto comune del Governo serbo e del Comitato Jugoslavo,
indicava come meta la formazione di uno Stato serbo-croato-sloveno retto da una
monarchia costituzionale democratica e parlamentare.
A causa del precipitare degli eventi e della sempre più chiara consapevolezza che
l’Impero Austro-ungarico era ormai al tracollo, maturò poi all’interno degli ambienti
politici slavi, indipendentemente dalla loro tendenza “centralista” o “federalista”, una
maggior intenzione a creare una rappresentanza unitaria degli slavi dell’Impero.
Se già nel Regno di Serbia la tendenza unificatrice era radicata nello stesso governo,
così non era per il resto dei territori (Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina) le cui
volontà erano ora raffigurate dal Comitato Jugoslavo, ma che per il momento erano
ancora formalmente parte dell’Impero Austro-ungarico.
La svolta decisiva in questo senso fu intrapresa a Zagabria, quando si fondò il Consiglio
Nazionale degli Sloveni, Croati e Serbi (conosciuto anche come Consiglio Nazionale di
Zagabria) composto dai rappresentanti delle popolazioni fino ad allora soggette alla
monarchia austriaca e ungherese.
Nacque quindi il primo organo di coordinamento politico di tutti i partiti slavi compresi
nell’Austria-Ungheria, che si definì appunto organo di rappresentanza politica, anche se
per ora il principale obiettivo rimaneva quello di arrivare ad una modifica dello status
costituzionale dei popoli slavi dell’Austria-Ungheria
27
.
Nei giorni successivi incoraggiato dall’ormai inarrestabile andamento degli eventi sulla
scena mondiale e dalla progressione di relazioni informali sempre più continue con le
26
Cfr. E. GATTA, La Costituzione Jugoslava del 1931, op. cit. p. 11.
27
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op.cit. p. 27.
8
potenze dell’Intesa, filtrate dal Comitato Jugoslavo, il Consiglio Nazionale di Zagabria
dichiarava:
“Il Consiglio Nazionale degli Sloveni, Croati e Serbi dopo la sua prima
riunione tenuta il 17, 18, e 19 ottobre del corrente anno, comunica al
popolo degli Sloveni, Croati e Serbi che, avendo ricevuto pieni poteri da
tutti i partiti e gruppi nazionali, da questo momento assume la direzione
della politica nazionale. D’ora in poi in genere nei problemi nazionali
nessun partito o gruppo o collettività parlamentare prenderà piø iniziative
pubbliche particolari, nØ entrerà separatamente in trattative con fattori
estranei alla nazione: in tutti questi problemi sarà invece unico
rappresentante e fattore decisivo il Consiglio Nazionale”
28
.
Lo stesso Consiglio poco dopo richiamò gli aderenti a tutti i partiti e gruppi politici,
rappresentanti i diversi territori slavi nell’Impero Austro-ungarico e presenti nella sua
composizione, a riunirsi in tutte le località sotto il nome di Comitati del Consiglio
Nazionale degli Sloveni, Croati e Serbi
29
.
Il 16 ottobre 1918 l’Imperatore Carlo prese atto delle istanze di cambiamento richieste
dagli slavi e con un proclama riconobbe tutti i Consigli Nazionali formatesi in seguito
all’appello del Consiglio Nazionale di Zagabria, elevandoli a corpi rappresentativi
regionali
30
.
Nei giorni successivi rompendo ogni relazione con l’Impero, insieme ai vari Comitati, il
Consiglio Nazionale degli Sloveni, Croati e Serbi approvò lo scioglimento dei legami
costituzionali e statuali con l’Austria e l’Ungheria e la proclamazione della Croazia,
Slavonia e Dalmazia con Fiume a Stato indipendente, dando luogo allo Stato SHS
31
ovvero “Stato degli Sloveni, Croati e Serbi”, che comprendeva “il territorio etnografico
28
Cfr. I. PELLICCIARI Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. pp. 37-38.
29
Diramazioni locali del Consiglio Nazionale degli Sloveni, Croati e Serbi. Cfr. I. PELLICCIARI Tre
nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1917-1921), op.
cit. p. 38.
30
Avevano competenze in merito alla gestione degli affari delle proprie province e di tutela degli interessi
dei singoli popoli sia nei rapporti tra loro, sia nei confronti del governo centrale. Cfr. I. PELLICCIARI
Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1917-1921),
op. cit. p. 33.
31
Occorre distinguere tra Stato SHS e Regno SHS. Nel primo caso, la sigla abbreviata sta per “Sloveni,
Croati e Serbi”, nel secondo per “Serbi, Croati e Sloveni”. Il Regno SHS si costituirà poi nel 1918. Cfr. I.
PELLICCIARI Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni
(1917-1921), op. cit. p. 32.
9
di questo popolo senza riguardo per i confini territoriali e statali entro i quali oggi
vivono Sloveni, Croati e Serbi”
32
.
Immediatamente dopo la sua proclamazione, il nuovo Stato iniziò un’intensa attività
diplomatica allo scopo di ottenere il riconoscimento internazionale, anche perché la
conferenza di pace a conclusione della Prima Guerra Mondiale, che avrebbe dovuto
deliberare sui nuovi assetti internazionali, sulla completa riorganizzazione dei Balcani e
sulla sorte dell’Austria-Ungheria, era molto vicina
33
.
In concomitanza con la fine del primo conflitto mondiale sulla scena politica jugoslava
si affacciavano quindi come soggetti protagonisti lo Stato SHS, supportato dal Comitato
Jugoslavo, da una parte ed il Regno di Serbia dall’altra. Erano loro che dovevano
negoziare l’unificazione jugoslava.
Tuttavia il contrasto fra le due principali tendenze “centralista” e “federalista”, si
delineò nuovamente a Ginevra, quando, dal 6 al 9 novembre 1918, il governo serbo, i
rappresentanti del nuovo Stato SHS ed alcuni delegati del Comitato Jugoslavo, si
riunirono per discutere un accordo sulla formazione di un unico Stato.
L’oggetto della contesa politico-istituzionale fu fin da subito rappresentato dalla forma
di governo e dal carattere istituzionale che il nuovo Stato avrebbe dovuto assumere
34
.
All’ordine del giorno vi erano quattro punti:
- riconoscimento del Consiglio Nazionale di Zagabria, come rappresentante e
organo di governo degli sloveni, croati e serbi un tempo facenti parte dell’Impero
Austro-ungarico;
- creazione degli organi comuni dello Stato dei serbi, croati e sloveni
35
;
- protesta contro l’occupazione di alcuni territori da parte dell’esercito italiano;
- rapporti con il Montenegro, in vista dell’unificazione
36
.
32
Dai documenti ufficiali dell’epoca. Cfr. I. PELLICCIARI Tre nazioni, Una Costituzione, Storia
costituzionale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 39.
33
È da notare che il nuovo StatoSHS fu riconosciuto soltanto dall'Imperatore Carlo, ma non dalla
comunità internazionale, che sino alla fine della Prima Guerra Mondiale, invece ne ignorava l'esistenza,
mentre riconosceva il solo Comitato Jugoslavo che godeva tra l'altro di grandi simpatie del presidente
americano Woodrow Wilson.
34
Cfr. I. PELLICCIARI Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 46.
35
Qui l’aggettivo ricomprende tutti i serbi, anche quelli non residenti nel Regno di Serbia.
36
Dopo la Conferenza nell’accordo siglato tra le parti contraenti venne stabilito che il Montenegro
sarebbe stato ricompreso nei confini territoriali del nuovo Stato. Nonostante si trattasse di un Regno
indipendente non venne considerato come una parte contraente di un accordo confederale tra Stati, venne
invece previsto che aderisse ad un accordo serbo-jugoslavo. Fu sostanzialmente messa in primo piano la
10
Dall’incontro di Ginevra nacque un accordo che prevedeva un assetto confederale per la
nuova entità e la formazione di un governo comune di 12 componenti, di cui la metà
avrebbe dovuto essere nominata dal Governo serbo e l’altra metà dallo Stato SHS
37
.
Fu inoltre stabilito che questo livello governativo comune avrebbe dovuto essere in
collegamento col governo del Regno di Serbia e col Consiglio Nazionale di Zagabria, a
cui vennero delegate alcune competenze rigidamente elencate:
- la politica estera e i relativi organi ad essa preposti;
- gli affari militari, sia che si riferissero alla sicurezza del territorio nazionale sia
alle trattative di pace;
- la direzione della marina militare;
- la direzione della marina mercantile, del commercio e della sanità marittima;
- gli affari relativi alla preparazione della Costituente e quelle misure per il
passaggio dalla vita statale provvisoria alla vita statale ordinaria, che sarà
regolata sulla base del futuro Stato comune
38
.
Il Governo serbo però non ratificò mai l’accordo, poiché contestava ai territori governati
dal Consiglio Nazionale di Zagabria la qualifica di Stati sotto il profilo internazionale,
riconoscimento che era chiaramente in contrasto con la tendenza centralista serba, che
mirava ancora ad un’annessione unilaterale dei territori dello Stato SHS fondendoli in
un sistema politico ed amministrativo che risultasse semplicemente la continuazione di
quello serbo, senza troppe modifiche.
Il protocollo di Ginevra non fu mai riconosciuto, a causa appunto dell’intensa disputa
tra Governo serbo e Consiglio Nazionale di Zagabria, perdendo così validità giuridica
sia a livello internazionale sia interno.
La conferenza di Ginevra resta comunque una delle tappe fondamentali nella
formazione del nuovo Stato unitario, giacché il fallimento dell’accordo non arrestò la
determinazione del Consiglio Nazionale degli Sloveni, Croati e Serbi di raggiungere
l’unificazione.
sua componente etnica piuttosto che la sua identità di Stato. Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una
Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 49.
37
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 47.
38
La dislocazione delle forze nei rispettivi territori e l’amministrazione degli affari militari dei territori
stessi restarono di competenza dei governi nazionali. Tutte le disposizioni sono contenute nel testo della
Conferenza di Ginevra. Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del
Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1917-1921), op. cit. , p. 48
11
Tuttavia anche all’interno di quest’ultimo si assistette ad una sempre più evidente
radicalizzazione di due posizioni, una disposta a giungere ad un’unificazione con il
Regno di Serbia, l’altra invece molto preoccupata, come si è visto non senza validi
motivi, dell’eventualità che l’impronta istituzionale serba avrebbe potuto dilatarsi senza
eccessive rettifiche ai nuovi territori, come se si procedesse verso una semplice
estensione territoriale serba
39
.
In ogni caso l’urgenza di continuare i negoziati imposta dalle minacce all’integrità dello
Stato SHS, in particolare a causa delle occupazioni italiane compiute in quel periodo,
segnò il successo dell’aspirazione serba. Fu così che le difficoltà sul piano del
riconoscimento internazionale accelerarono il processo d’unificazione con il Regno
serbo come unica via d’uscita realizzabile
40
.
Il 19 novembre 1918 il Consiglio Nazionale di Zagabria, finì quindi col proclamare
l’unione alla Serbia della Croazia, della Slovenia, della Slavonia (regione sud-orientale
della Slovenia odierna), della Dalmazia (regione sud-occidentale della Slovenia odierna),
della Bosnia-Erzegovina, del Kosovo-Metohija (il secondo termine è il nome
tradizionale serbo per la parte occidentale della provincia) e della Macedonia del Vardar;
Pochi giorni dopo anche l’Assemblea nazionale del Montenegro e quella della
Vojvodina proclamarono l’unione alla Serbia.
Il 1° dicembre 1918 ventotto rappresentanti del Consiglio Nazionale di Zagabria
presentarono al Reggente Principe Alessandro
41
una mozione in cui annunciarono la
formazione del nuovo Stato e offrirono al sovrano la reggenza delle nuove province,
chiedendo la formazione di un governo parlamentare e la convocazione di una
Costituente
42
.
39
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 50.
40
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 46.
41
Era, infatti, stato previsto in precedenza che il potere sovrano sarebbe stato esercitato in via provvisoria
dal Re della Serbia. Alessandro Karageorgevic, figlio del sovrano in carica Pietro I di Serbia, ottenne la
reggenza del Regno a causa delle precarie condizioni di salute del padre.
42
In vista dell’unificazione definitiva tramite un’unica Costituzione Pasić Presidente del consiglio del
Governo serbo, affermò: “Siamo un popolo dalle tre diramazioni etniche. Soltanto una Costituzione può
appianare le nostre diversità e valorizzare le nostre somiglianze. Se falliremo, porteremo nei decenni
questo come un costante rischio sopra le nostre teste”. Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una
Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (1917-1921), op. cit. p. 5.
12
Alessandro sulla base delle istanze del Consiglio Nazionale di Zagabria, rispose alla
mozione proclamando solennemente l’unione del Regno di Serbia alle province dello
Stato indipendente dei serbi-croati-sloveni (Stato SHS), nel Regno unitario dei serbi-
croati-sloveni, promettendo inoltre la convocazione di una Costituente:
«In conformità con quanto stabilito dal Comitato Centrale del Consiglio
Nazionale in data 24 novembre 1918, una Delegazione [...] Il 1° dicembre
1918, in un indirizzo rivolto al Reggente Alessandro, ha proclamato
l’unificazione dell’intero popolo sloveno, croato e serbo in uno Stato unico
ed unitario sotto il potere sovrano del Re Pietro I ovvero della Reggenza
[...]. Con questo atto è terminata la funzione del CN come organo di vertice
dell’autorità sovrana dello Stato SHS sul territorio della ex Austria-
Ungheria. Con la costituzione dei ministeri cesserà di esistere anche la sua
funzione amministrativa, che fino ad allora verrà svolta dalla Presidenza
del CN, in accordo con il governo serbo».
43
La sera del 1° dicembre 1918 la delegazione del Consiglio Nazionale di Zagabria
fu accolta a Belgrado nel palazzo della Corona dal Reggente Alessandro e qui
ebbe luogo quello scambio d’indirizzi che può essere considerato l’atto formale
che sancì l’unione tra Regno di Serbia e Stato SHS e la nascita del Regno dei
Serbi, Croati e Sloveni (Regno SHS).
Dopo la formazione del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni il compito del Comitato
Jugoslavo poteva dirsi concluso.
Con la proclamazione della nascita del Regno venne alla luce la questione relativa alla
natura del nuovo Stato, ovvero, se era appunto da considerarsi “nuovo”, oppure
successore istituzionale del Regno di Serbia, ampliato con i nuovi territori
44
.
Ci vollero, infine, quasi due anni prima che i confini territoriali del Regno SHS
venissero definiti, e ciò avvenne per altro in diverse fasi. Il problema delle frontiere fu
discusso alla conferenza di pace di Versailles. In questa sede l’Italia reclamò
l’annessione al suo territorio dell’Istria, della Dalmazia e di alcuni altri tratti della costa
43
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. , p. 62.
44
Cfr. I. PELLICCIARI, Tre nazioni, Una Costituzione, Storia costituzionale del Regno dei Serbi, Croati
e Sloveni (1917-1921), op. cit. , p. 59.
13
adriatica, sulla base degli accordi di Londra del 1915
45
. La presa della città di Fiume
(1919), una delle aree più contese in questa zona, da parte di un contingente di volontari
guidati dal poeta italiano Gabriele D’Annunzio
46
, e le pressioni internazionali portarono
al Trattato di Rapallo nel 1920. Con questo trattato l’Italia ottenne tutta l’Istria, Zara e
l’isola di Lagosta, mentre Fiume fu dichiarata città libera sotto il controllo della Società
delle nazioni.
Il 10 settembre 1919 venne firmato il trattato di pace con l’Austria, il 27 novembre
quello con la Bulgaria e il 4 giugno del 1920 quello con l’Ungheria.
Il nuovo Stato Jugoslavo ufficialmente chiamato “Regno dei Serbi, Croati e Sloveni”
era uno Stato recente la cui complessità nazionale in un territorio così limitato poteva
considerarsi unica in Europa
47
.
Da subito si verificarono forti contrasti per il problema delle nazionalità. In quel periodo
in questo territorio si parlavano tre lingue slave (serbo-croato, sloveno e macedone), tre
non slave parlate da più di 400.000 persone (tedesco, albanese e ungherese) ed inoltre si
registrava la presenza di diverse minoranze: turca, slovacca, rumena, valacca, italiana.
Queste nazionalità, ovviamente, professavano una quantità di fedi diverse; vi erano,
infatti, ortodossi, cattolici, musulmani, protestanti ed ebrei
48
.
Si trattava di un insieme multietnico estremamente difficile da governare, con un
sistema di partiti particolarmente complesso, dove quasi tutte le forze politiche si
identificavano con un gruppo nazionale
49
.
45
Il Trattato di Londra fu un patto politico-militare a perfezionamento dell’Intesa, già di fatto esistente da
oltre un decennio tra Gran Bretagna, Francia e Russia, stipulato nella capitale inglese il 5 settembre 1914
in seguito allo scoppio delle ostilità della Prima Guerra Mondiale. Con il Trattato, le tre potenze alleate
nel conflitto contro la Germania e l’Austria-Ungheria si impegnavano a non concludere la pace
separatamente a nessuna condizione. All’Intesa aderirono l’Italia, nel 1915 col patto di Londra, e il
Giappone. Nel febbraio 1918, rovesciato l’impero zarista, il nuovo governo bolscevico fece tuttavia
infrangere alla Russia il trattato, firmando con la Germania, le cui truppe avanzavano in Lituania e in
Ucraina, la pace di Brest-Litovsk e ritirandosi dalla guerra. Il Patto di Londra fu un patto segreto di
alleanza militare firmato il 26 aprile 1915 dal presidente del Consiglio Antonio Salandra e dal ministro
degli Esteri Sidney Sonnino con i rappresentanti di Francia, Gran Bretagna e Russia, nel quale si
definivano le condizioni per l'ingresso dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale. All'Italia vennero garantiti,
in caso di vittoria, il Trentino, il Sud Tirolo fino al Brennero, Trieste e Gorizia, l'Istria fino al golfo del
Quarnaro (ma non il porto di Fiume), una parte della Dalmazia con diverse isole dell'Adriatico, la città di
Valona in Albania, il protettorato sull'Albania e infine una non precisata porzione di territori africani.
Reperibile in: Microsoft® Encarta® Enciclopedia Online 2007 http://it.encarta.msn.com. Data di
consultazione 08/02/2008.
46
Occupazione palesemente accettata dalle forze dell’Intesa (Russia, Inghilterra e Francia).
47
Cfr. J. KRULIC, Storia della Jugoslavia, op. cit. p. 13.
48
Cfr. J. KRULIC, Storia della Jugoslavia, op. cit. , p. 17.
49
Tra i partiti Serbi il più importante era il Partito radicale, con a capo Nikola Pasić, originariamente un
partito agrario e populista, era poi diventato moderato, la sua base elettorale era per la maggior parte