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CAPITOLO 1: IL LIBRO
1.1 - INTERFACCE FISICHE E INTERFACCE LOGICHE
Qualunque strumento che ci aiuti a interagire col mondo intorno a noi in
modi il più possibile “adatti” alla nostra conformazione fisica e sensoria-
le, alle nostre abitudini di comportamento, alle nostre convenzioni cul-
turali e sociali svolgendo dunque una funzione di mediazione fra noi e il
mondo può essere considerato un’ interfaccia. Nel libro possiamo parlare
di specializzazione delle interfacce, pensando ad esempio alla differenza
fra tascabili (il termine stesso rimanda a una specifica situazione d’uso, il
libro portato in tasca e dunque facile da trasportare e leggere in qualunque
situazione) e libri “da scrivania”.
Infatti per McLuhan, un medium è “ogni estensione di noi stessi”.
Quella fra interfacce hardware ( ad esempio la tastiera o lo schermo di
un computer, un mouse, un joystick), che rappresentano per così dire la
“superficie fisica di contatto” fra i nostri sensi e la macchina, e le cosid-
dette interfacce software; il modo in cui un programma ci si presenta e ci
permette di utilizzare le sue funzionalità, ad esempio attraverso una deter-
minata suddivisione dello schermo e attraverso l’uso di finestre, pulsanti,
menu, icone.
In forma generale nel caso dell’informazione e più in particolare per
quanto riguarda i testi, una duplice dimensione dell’interfaccia: interfac-
cia fisica, e or ganizzazi one logica dell’informa zione sull’interfaccia. T ali
dimensioni sono peraltro in stretto rapporto e si influenzano reciproca-
mente: così, le caratteri stiche fisiche del supporto suggeriscono o al con-
trario escludono determinate modalità di organizzazione dei contenuti, e
viceversa la scelta di organizzare i contenuti in un certo modo suggerisce
o esclude l’impiego di determinati supporti, e dunque di determinate in-
terfacce digitali.
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Le interfacce fisiche rappresentano la superficie fisica di contatto fra i nostri sensi
e la macchina e qui sopra ci sono un paio di esempi di queste interfacce.
Le interfacce software è il modo in cui un programma ci si presenta e ci permette
di utilizzare le sue funzionalità e qui sopra ci sono un paio di esempi di queste
interfacce.
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1.2 - LE SITUAZIONI DI FRUIZIONE DEL TESTO:
LEAN FORWARD, LEAN BACK E MOBILITÀ
La fruizione lean forward si ha quando siamo
“protesi in avanti” verso l’informazione, come
come quando scriviamo, studiamo un libro se-
duti alla scrivania, o lavoriamo al computer. In
genere è caratterizzata da un uso attivo dell’in-
formazione: non ci limitiamo ad assorbire in-
formazioni ma le elabo riamo e le modifichia-
mo successivamente.
Ci aspettiamo dunque contenuti informativi
che si prestino a un lavoro di selezione e di
elaborazione attiva, in una situazione di fruizione che assorbe completa-
mente la nostra attenzione. Una situazione di questo genere permette di
lavorare bene con informazione fortemente interattiva (ad esempio iperte-
stuale), come facciamo quando navighiamo in rete, e non è un caso che la
modalità di fruizione dei videogiochi sia anch’essa lean forward. È la let-
tura lean forward che, nel mondo dei media digitali, tende a trasformarsi
in quella che Derrick De Kerckhove ha battezzato “screttura”, unione di
lettura e scrittura. In maniera in parte analoga, George Landow parla dei
lettori degli ipertesti caratterizzandoli come wreaders, insieme di scrittori
e lettori del testo.
La modalità lean back è invece caratterizzata
da una fruizione rilassata, “appoggiati all’in-
dietro” (ad esempio, in poltrona), di un’ infor-
mazione che ci assorbe ma da cui possiamo
lasciarci trasportare senza la necessità di inter-
venti attivi di elaborazione e manipolazione. È
il modo in cui in genere leggiamo un romanzo,
o guardiamo un film. La nostra attenzione è
anche in questo caso completamente catturata
da quel che vediamo o leggiamo, ma finché
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essa resta viva non ci è richiesto di agire o interagire con l’informazione
stessa se non a livello mentale. È solo quando l’attenzione cala magari
perché quel che stiamo guardando non ci piace o non ci interessa che
subentra un’ intervento attivo per modificare il contenuto del flusso in-
formativo. La fruizione lean back è quella tipica della televisione e del
cinema, almeno quando stiamo guardando qualcosa che ci interessa e che
assorbe tutta la nostra attenzione.
A volte, però, l’informazione che sarebbe destinata a una fruizione
lean back viene invece assorbita in forma di fruizione secondaria, o in
background. In questo caso la nostra attenzione non è completamente
assorbita dall’informazione, che riceviamo, che rappresenta per noi una
sorta di background informativo verso il quale ci rivolgiamo solo a tratti.
Esempio tipico è quello, assai frequente, in cui la televisione o la radio
sono accese in una stanza in cui si chiacchiera o si stanno facendo an-
che altre cose. Un’informazione spesso programmaticamente “pensata”
in funzione di situazioni di fruizione secondaria è quella pubblicitaria,
almeno quando il suo obiettivo è più che catturare totalmente l’attenzione
del fruitore quello di far “passare” un messaggio in forma quasi incon-
sapevole, ad esempio attraverso meccanismi di ripetizione. Le situazioni
di fruizione secondaria sembrano moltiplicarsi anche in relazione al dif-
fondersi di quello che potremmo chiamare “multitasking informativo”: lo
studente ascolta una lezione conservando in un orecchio l’auricolare del
lettore MP3 dal quale contemporaneamente ascolta musica; leggiamo il
giornale ascoltando la radio o la televisione...
Infine, le situazioni di mobilità determina-
no un’ulteriore tipologia di uso dell’infor-
mazione. Si potrebbe essere tentati di con-
siderare la fruizione in mobilità come un
caso particolare di fruizione secondaria, ma
va osservato che non necessariamente l’in-
formazione ricevuta in mobilità viene fruita
in maniera secondaria: quando ascoltiamo
il lettore MP3 sull’autobus o sulla metropo-
litana, quando leggiamo un libro in treno, e
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spesso persino quando telefoniamo camminando o ascoltiamo l’autoradio
in macchina, la nostra attenzione cosciente è impegnata solo in minima
parte dalle azioni richieste dalla situazione di mobilità e può concentrarsi
sul canale informativo, anche se normalmente lo fa per periodi di tempo
più brevi e più frequentemente interrotti.
Rolf Engelsing ha sottolineato la differenza fra la lettura “intensiva” tipica
di un mondo, fra il Medioevo e la seconda metà del XVIII secolo, in cui
i libri in circolazione erano relativamente pochi e venivano letti e riletti
spesso ad alta voce dedicando attenzione a ogni dettaglio e interiorizzan-
done i contenuti, e la lettura “estensiva” tipica del XIX e XX secolo, con
un mercato editoriale progressivamente più sviluppato e differenziato e la
conseguente maggiore disponibilità di libri, periodici, quotidiani che ve-
nivano (e vengono) spesso letti una sola volta per essere poi accantonati
e non di rado dimenticati.
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1.3 - COS’È UN LIBRO?
Al termine “libro”, come ben sap-
piamo, si associano diverse conno-
tazioni. In molte lingue, la radice
etimologica della parola usata per
designare un libro (il greco biblion,
il latino liber e i suoi derivati, l’alto
tedesco bokis e i suoi derivati) è lega ta all’ogg etto fisico utilizzato come
supporto della scrittura: biblios era il nome usato per il papiro egiziano,
liber designava la pellicola compresa fra la corteccia e il tronco di un al-
bero, bokis era il nome alto tedesco del faggio. La storia etimologica del
termine rimanda dunque al libro come oggetto fisico, e a un significato la
cui componente primaria è quella di supporto fisico per la scrittura. Nel
corso del tempo e in maniera più stabile dopo la rivoluzione gutenber-
ghiana il termine “libro” si è così venuto ad associare in primo luogo a
una raccolta rilegata di pagine a stampa, caratterizzata da una certa lun-
ghezza e dall’assenza di periodicità nella pubblicazione.
L’UNESCO, anche se solo a scopi statistici, ha di fatto suggerito in ma-
niera inevita bilmente arbitraria di definire un libro come una pubblicazio-
ne a stampa, non periodica, di almeno 49 pagine.
Il legame fra paginazione e paginazione fissa è ovvio nel libro come og-
getto fisico, in cui come si è detto il testo diviene tutt’uno con il proprio
supporto, ma non è affatto scontato nel caso dei libri elettronici, che pur
essendo paginati possono essere composti di un numero di pagine varia-
bile a seconda della formattazione di volta in volta prescelta.
La variabilità di paginazione che può caratterizzare edizioni a stampa di-
verse di uno stesso libro viene dunque trasferita, nel caso di libri elettroni-
ci che non adottino una paginazione fissa, alle singole situazioni di lettu-
ra: l’utente può così leggere lo stesso testo su dispositivi di lettura diversi,
impostare diverse dimensioni dei caratteri o della pagina, ecc., e come
risultato di queste operazioni si troverà in mano libri paginati diversa-
mente. Con la complicazione, però, rappresentata dal fatto che mentre nel
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libro a stampa il testo e il suo supporto rappresentano dal punto di vista
fisico un’unità quasi inscindibile , nel caso dell’e-book testo elettronico e
dispositivo di lettura sono realtà completamente indipendenti, e possono
viaggiare in maniera separata anche nella loro gestione commerciale.
Due realtà a confronto che ora si battono per la supremazia sul mercato ma, in
verità sono completamente indipendenti uno dall’altro, e quindi possono convi-
vere insieme anche nella loro gestione commerciale.
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1.4 -COS’È UN LIBRO ELETTRONICO?
L’espressione “libro elettronico” sot-
tintende che un e-book sia anche, anzi,
sia in primo luogo un libro. Poiché l’i-
dea di libro elettronico abbia un senso,
infatti, è innanzitutto il lettore che deve
riconoscere il libro elettronico come un
libro, e che deve essere disposto ad af-
fiancare e in alcuni casi addirittura a so-
stituire la lettura in digitale alla lettura
su carta. Altrimenti potremo avere un dispositivo nuovo e certo interes-
sante, che ci permetterà forse di “leggere” nuove forme di testualità nate
specificatamente per l’ambiente elettronico, ma non un libro.
La maggior parte dei dispositivi di lettura utilizza schede di memoria
standard, simili a quelle utilizzate dalle macchine fotografiche digitali o
dai telefoni cellulari di ultima generazione, che già oggi possono ospita-
re fino a 32 gigabyte di dati. Quanto basta per contenere il testo di oltre
65.000 libri.
L’espressione “libro elettronico” e i suoi equivalenti inglesi “electronic
book” o (più frequente a partire dalla metà degli anni ‘90) “e-book”, pos-
sono così designare sia il dispositivo fisico utilizzato per leggere un testo
elettronico (il dispositivo di lettura, o “reading device”), sia il testo elet-
tronico (ricavato o meno da un libro precedentemente pubblicato a stam-
pa), sia il “prodotto commerciale” venduto o distribuito in rete e associato
a una specifica licenza d’uso.
L ’ambiguità fondament ale e la principale oscillazione di significato è in-
dubbiamente legata alla differenza fra e-book come oggetto testuale ed
e-book come strumento (fisico) di lettura.
Proprio intorno al 2004-2005 molti servizi commerciali nati per iniziativa
di grandi gruppi editoriali (ad esempio, SpringerLink, nato dalla fusione
di Springer e Kluwer), ma anche alcune biblioteche digitali nate per ini-
ziativa di volontari, come in Italia il progetto Manuzio, hanno cominciato
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ad utilizzare il termine e-book per riferirsi ai testi elettronici disponibi-
li all’interno di una collezione digitale on-line. Nel caso dei principali
servizi commerciali, questi testi sono accessibili attraverso una specifica
interfaccia web che consente anche operazioni di ricerca e talvolta di an-
notazione. Un filo conduttore è rappresentato comunque dal riferimento
al modello rappresentat o dal libro, presente in ben 31 definizioni su 39 nel
censimento condotto da Vassiliou e Rowley. Un riferimento importante,
ma che non ci aiuta troppo a chiarire la questione: a volte infatti è relativo
al libro come forma di organizzazione testuale, a volte al libro a stampa
come fonte del contenuto digitalizzato.
Nel complesso, comunque, chi parla di e-book sembra fare spesso riferi-
mento a un’eccezione assai estesa del termine, attribuendo la qualifica di
libro elettronico a qualunque testo compiuto, or ganico e sufficientemente
lungo, eventualmente accompagnato da metadati descrittivi, disponibile
in un qualsiasi formato elettronico che ne consenta fra l’altro la distribu-
zione in rete, e la lettura attraverso un qualche tipo di dispositivo hardwa-
re, dedicato o no.
Michael Hart, il fondatore del progetto Gutenberg, ri-
tiene così che sia nel caso del libro a stampa sia nel
caso del libro elettronico l’elemento determinante sia
il contenuto, mentre gli aspetti fisici dell’interf accia di
lettura “siano questioni meramente formali con poca
o nessuna esistenza nella mente degli autori, ma piut-
tosto artefatti degli editori”. E coerentemente, come
si è già accennato, considera i libri elettronici a pieno